Spielberg: "Orso d'oro alla carriera,
una forma di Tikkun Olam"
“Le ansie, le incertezze e le paure che mi tormentavano quando ho iniziato a girare Duel (1971) sono rimaste vive per 50 anni, come se il tempo non fosse passato”. “Per mia fortuna, quella gioia elettrica che provo come regista il primo giorno di lavoro è imperitura come le mie paure. Perché per me non c'è posto più simile a casa che un set”. Acclamato e applaudito, sul palco della Berlinale il celebre regista americano Steven Spielberg ritira il prestigioso Orso alla carriera. Ringrazia e sottolinea di essere consapevole “di non aver ottenuto nulla da solo. Tutti i miei film sono stati delle collaborazioni con grandi artisti”. Poi con ironia sottolinea che, nonostante il premio alla carriera, non ha intenzione di smettere. “Non ho finito! Voglio continuare a lavorare, voglio continuare a imparare e scoprire e a spaventare a morte me stesso, e a volte anche voi”.
Nel suo accorato discorso, prima della proiezione del suo ultimo e autobiografico film The Fabelmans, Spielberg ha affermato di avere un “incalcolabile debito con il cinema tedesco” per poi evidenziare il valore simbolico del premio ricevuto dalla Berlinale. “Questo onore ha un significato particolare per me perché sono un regista ebreo. Mi piace credere che questo sia un piccolo momento di uno sforzo continuo e molto più grande, volto a risanare i luoghi spezzati della storia; quello che gli ebrei chiamano 'tikkun olam', la riparazione e il restauro del mondo. Ho creato la Fondazione Shoah nel 1994 perché sono convinto che sia vero ciò che ha scritto lo storico Yosef Hayim Yerushalmi: il contrario della giustizia non è l'ingiustizia, è l'oblio. La riconciliazione è possibile solo quando si ricorda ciò che è accaduto”.
Per combattere l'oblio è nata la Shoah Foundation, che nel corso degli anni ha raccolto in video le testimonianze dei sopravvissuti al genocidio ebraico. Un impegno, ha ricordato Spielberg, che ha trovato il sostegno del governo tedesco, della Berlinale e di privati in tutta la Germania. “Il popolo tedesco si è dimostrato disposto a leggere la storia del proprio Paese e a confrontarsi con le lezioni di antisemitismo, intolleranza e xenofobia, foriere della Shoah”, la riflessione di Spielberg. “Altri Paesi, compreso il mio, possono imparare molto dalla coraggiosa determinazione del popolo tedesco ad agire per impedire ai fascisti di prendere il potere”.
IL CICLO DI INCONTRI ALLA BIBLIOTECA NAZIONALE DELL'EBRAISMO ITALIANO
Il Talmud, universo da scoprire
Nel Talmud, opera fondamentale della letteratura rabbinica, si discute di tutto. “Se dobbiamo fare una distinzione fondamentale, ci sono due argomenti principali affrontati: uno è chiamato Halakha, la regola che dobbiamo osservare; l'altro è Aggadah, ovvero, per difetto, tutto ciò che non è Halakha, tutto ciò che non è strettamente regola: interpretazioni rabbiniche, insegnamenti, storie, leggende. Tutto praticamente. Le due cose nel Talmud sono mescolate: si possono avere pagine intere di Halakha e poi parti di Aggadah, che può durare tre righe o tre pagine”. Su questa seconda parte, ha raccontato rav Riccardo Di Segni, è diventato fondamentale il lavoro di un maestro del Cinquecento: rav Yaakov ben Habib, che ha avviato il “lavoro sistematico di tirar fuori in ordine gli insegnamenti di Aggadah del Talmud”. Si tratta dell'opera conosciuta come Ein Yaaqov o Ein Israel a cui il rabbino capo di Roma ha dedicato la lezione che ha inaugurato un nuovo ciclo di incontri organizzato dalla Biblioteca Nazionale dell’Ebraismo Italiano e curato da Giorgio Segrè e rav Gianfranco Di Segni (le lezioni sono fruibili sul canale Facebook e YouTube della Fondazione e sulla webtv UCEI). Come ha ricordato quest'ultimo in apertura, la Biblioteca possiede nel suo fondo molte edizioni dell'Ein Yaaqov e dell'Ein Israel. Copie stampate tra i primi del Settecento e la metà dell'Ottocento provenienti da tutta Italia, che rappresentano un patrimonio tutto da scoprire. Ed è proprio questo l'obiettivo, ha sottolineato Segrè, del ciclo di incontri della Biblioteca (ex Centro Bibliografico UCEI,): “valorizzare i beni librari e archivistici presenti qui da noi”. Un progetto avviato dunque dalla lezione del rabbino capo di Roma – con il saluto della presidente UCEI Noemi Di Segni -, che rappresenta una importante collaborazione tra la Fondazione Beni Culturali Ebraici in Italia e il Collegio Rabbinico Italiano.
L'INIZIATIVA AL MEMORIALE DELLA SHOA DI MILANO PROMOSSA DALL'ADEI WIZO
“Iran, la protesta delle donne avrà sempre voce”
“Non chiamatelo Iran. Quello non è l’Iran, ma il regime di Teheran”. Chiedono a gran voce di distinguere il paese dal suo sanguinario governo le attiviste Delshad Marsous e Rayhane Tabrizi. “È il regime che nega la Shoah, noi no. Sappiamo cos’è e questo luogo ce lo ricorda”, aggiungono intervenendo al Memoriale della Shoah di Milano, nel corso dell’iniziativa organizzata dall’Adei Wizo dedicata al ruolo delle donne nella resistenza iraniana. Protagoniste, Marsous e Tabrizi, che dall’Italia fanno sentire la propria voce in solidarietà con le donne e gli uomini che da mesi manifestano contro il regime degli Ayatollah. Una protesta innescata dall’uccisione Mahsa Amini il 22 settembre scorso per mano della polizia morale iraniana. Da allora migliaia di manifestanti sono stati arrestati, centinaia uccisi. In loro nome, raccontano le due attiviste, continuano da lontano a mantenere alta l’attenzione sulle repressioni di regime, sperando che la protesta riesca in futuro a coinvolgere tutta la società e a rovesciare il governo. A seguire questo impegno, il regista Ruggero Gabbai, che sta lavorando a un documentario sulla dissidenza in esilio. “È incredibile la forza, il coraggio e la generosità di queste donne - le parole di Gabbai - Loro dicono: ‘non abbiamo nulla da perdere. Se le nostre sorelle e i nostri fratelli stanno morendo in Iran, anche noi dobbiamo combattere’".