Con una significativa cerimonia, svoltasi nel gennaio del 2020, l’Ordine degli Architetti di Roma aveva deciso di invalidare l’atto di espulsione di quattro suoi iscritti radiati con la promulgazione delle leggi razziste. Un atto senza più valore, un segno simbolico di cesura rispetto a quel passato d’infamia.
Si riallaccia anche a quel momento la mostra “Il tempo ritrovato. Storie di architetti ebrei”, inaugurata al MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma nell’ambito del progetto internazionale Architecture and Remembrance che vede tra gli altri la collaborazione della Fondazione CDEC di Milano. In risalto, tra le sale del museo capitolino votato al racconto della contemporaneità e dei suoi protagonisti, “nove storie di approcci progettuali e vite differenti”.
La mostra – che ricorda il segno lasciato da figure come Daniele Calabi, Angelo Di Castro, Romeo Di Castro, Enrico De Angeli, Vito Latis, Gino Levi Montalcini, Alessandro Rimini, Ernesto Nathan Rogers, Nina Livia Viterbo – si basa su documenti d’archivio, elaborati progettuali e testimonianze. Con l’impegno a restituire “dignità personale e professionale” a queste nove personalità, scontratesi con la violenza dell’antisemitismo fascista.
Molti gli spunti di riflessione emersi anche nel corso dell’evento che della mostra è stato il preludio, un convegno dedicato ad “Architettura e Memoria” che ha visto al tavolo dei relatori studiosi e professionisti che hanno contribuito a questa iniziativa, parte di un percorso in più tappe che appena pochi giorni fa ha toccato Milano con una giornata in ricordo di Alessandro Rimini, padre di molti edifici del suo tessuto urbano che continuò ad operare clandestinamente sotto la falsa identità di Guido Lara. “Il concetto fondamentale che dobbiamo tenere presente è che le leggi razziste hanno determinato una perdita complessiva per l’Italia e per l’Europa, tanto da comportare un vero e proprio suicidio culturale” ha tra gli altri affermato Gadi Luzzatto Voghera, il direttore della Fondazione CDEC.
“La democrazia non è un dogma statico,
l'ebraismo può aiutare a ripensarla”
Dopo la pausa delle festività, sono ripresi i colloqui per arrivare a un compromesso sulla riforma della giustizia promossa dal governo Netanyahu. Nel frattempo le manifestazioni contrarie alle proposte della maggioranza sono proseguite, toccando quota diciotto settimane consecutive. E ci sono state anche iniziative di piazza a favore della riforma, che, nella versione attuale, modificherebbe in modo sostanziale l'assetto democratico del paese. Per i contrari, distruggendo il bilanciamento tra i poteri a favore della maggioranza e a danno del giudiziario; per i favorevoli, riequilibrando la situazione a fronte di una Corte suprema considerata troppo invadente. Uno scontro tra posizioni diametralmente opposte che sta creando delle vere fratture, sottolinea a Pagine Ebraiche Gabriele Segre, direttore della Fondazione Vittorio Dan Segre e studioso di politica israeliana e internazionale. Ma per Segre queste fratture possono essere un'opportunità per il paese - e non solo - per ripensare a cosa ci sia dietro alla parola che entrambe le piazze invocano: “democrazia”. “Quanti di coloro che gridano 'democrazia' durante le manifestazioni in Israele sanno realmente di cosa parlano?”, l'interrogativo da cui muove la riflessione di Segre. “È una domanda che abbraccia un po' tutte le società occidentali in questa fase. Noi tutti infatti abbiamo innalzato il concetto di democrazia a una sorta di verità intrinseca, a un nuovo dogma, a una certezza immutabile e non discutibile. Abbiamo un'idea definita e definitiva”. Eppure la democrazia è un sistema dinamico.
IL PREMIO THOMAS RICKLIN ALLA RICERCATRICE DIANA DI SEGNI
Maimonide e la Guida dei perplessi,
un nuovo contributo agli studi
L’edizione critica della traduzione latina medievale del secondo libro del Dux neutrorum vel dubiorum (La Guida dei perplessi) di Maimonide è valsa a Diana Di Segni, ricercatrice in Storia della filosofia medievale all’Università degli Studi di Milano La Statale, il Premio internazionale Thomas Ricklin coordinato dal Centro interateneo CETEFIL per l’edizione di testi filosofici medievali e rinascimentali. Assegnato nella sala conferenze del Rettorato dell’Università del Salento, il riconoscimento va a premiare un lavoro che “segue di soli quattro anni l’edizione del I libro (Leuven 2019) e costituisce la seconda tappa di un progetto editoriale di straordinaria importanza per gli studi sulla filosofia ebraica nel medioevo”.
Con una decisione del 31 marzo scorso, l’Autorità italiana per la protezione dei dati personali ha vietato l’uso del Programma AI ChatGPT. Il divieto è stato successivamente revocato dopo che la società OpenAI, che offre ChatGPT dalla California, ha accettato di rispettare le condizioni per la protezione dei dati personali e dei bambini stabilite dal Garante. Pubblichiamo al riguardo la traduzione di un intervento scritto da Paul Nemitz, l’artefice del Regolamento generale sulla protezione dei dati dell’UE, che l’Autorità italiana per la protezione dei dati ha applicato a ChatGPT, per la testata ebraica tedesca “Jüdische Allgemeine”:
Quando, come nel dibattito odierno sull’intelligenza artificiale, le promesse di salvezza vengono accostate alle previsioni di apocalisse, occorre essere cauti. Era già successo con l’energia nucleare. E infatti, sia il fondatore di Microsoft Bill Gates che il fondatore di Tesla e ora padrone di Twitter Elon Musk hanno paragonato l’IA all’energia nucleare, con il suo presunto grande potenziale e i suoi enormi rischi. La cosiddetta intelligenza artificiale, che attualmente non è altro che statistica applicata combinata con meccanismi di autoapprendimento computerizzato, sta affascinando molti perché produce testi incredibilmente leggibili sotto forma di ChatGPT, partendo da domande o inizi di testo che sottoponiamo al programma. Al momento chiunque può provarlo. Questo sistema di OpenAI in California, originariamente fondato come no-profit, sta già producendo miliardi di entrate per Microsoft, che ha acquistato OpenAI per decine di miliardi. Un po’ più vicino a noi, possiamo vedere dal software di traduzione DeepL di Colonia i progressi che l’intelligenza artificiale ha fatto negli ultimi anni nella padronanza del linguaggio. È bene sapere che Deepl traduce meglio dei servizi di traduzione del gigante statunitense dell’intelligenza artificiale. Perché la traduzione, secondo Umberto Eco, è la lingua comune dell’Europa.