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 24 maggio 2018 - 10 Sivan 5778

alef/tav
Su Pagine Ebraiche 24, la Newsletter quotidiana di metà giornata, oggi i pensieri del rav Elia Richetti e di Giorgio Berruto. Nella sezione pilpul una riflessione di Stefano Jesurum, Maria Teresa Milano e Sara Valentina Di Palma.
 
 
L'ultimo saluto a Philip Roth
Philip Roth visto dall'Italia. I quotidiani nazionali dedicano ampio spazio al grande scrittore americano, da poco scomparso all'età di 85 anni. “Roth – scrive Giulio Busi sul Sole 24 Ore - è un Giacobbe postmoderno che si trova a combattere contro se stesso e, contemporaneamente, si divincola tra i sogni, o gli incubi, altrui”. Una lotta “durata ben più di una notte, è anche quella con l'ebraismo, tra dubbi sfinenti e riconquistate certezze.Il lettore che si lascia trasportare dal grande epos ebraico-americano di Roth non deve aspettarsi ricompense immediate. Bisogna conquistarsela, quella metà della profezia che il cuore non sa immaginarsi”. Per Alessandro Piperno (Corriere) “Roth è attratto dalle contraddizioni, e da tutto ciò che è storto e non funziona, è animato dal sospetto che nella vita i conti tornino raramente”. E, aggiunge Pierluigi Battista sul Corriere, era uno scrittore che “sapeva usare le armi dell'umorismo da esercitare su tutto, anche su Israele e sul sogno sionista, che difendeva con passione, ma senza la cecità del seguace fanatico incapace di vedere le proprie manchevolezze”. Nicola Lagioia su Repubblica lo definisce “il profeta del grande romanzo americano”, mentre Furio Colombo racconta dei suoi due incontri con Roth, e in particolare di quando l'autore di Pastorale americana gli chiese di Primo Levi: “Voglio parlare di quell'uomo, voglio scriverne”, aveva spiegato Roth a Colombo. Lo scrittore americano incontrerà poi Levi e lo intervisterà, come ricorda Gianni Riotta su La Stampa. Il quotidiano torinese pubblica inoltre un'intervista rilasciata da Roth a Elèna Mortara, curatrice del primo dei Meridiani dedicati proprio allo scrittore.

Venezia, il Padiglione Israele. Il tema della XVI Biennale di architettura (da sabato 26 sino al 25 novembre 2018) sarà Freespace, ricorda oggi il Corriere, facendo una panoramica sui vari allestimenti. “Israele – scrive il Corriere - è alle prese con la Cava dei Patriarchi di Hebron che diventa moschea o sinagoga a seconda della stagione liturgica”. A raccontare il progetto espositivo israeliano “Status Quo, structures of negotiations”, una delle curatrici, Tania Coen-Uzzielli. Intervistata da La Stampa, Coen-Uzzielli spiega cosa significa status quo per Israele: “Si tratta di un meccanismo politico-amministrativo che serve a regolare l'uso dei luoghi santi per le diverse comu nità religiose a partire dalla fine del XIX secolo. Abbiamo cercato di capire quale funzione esercita la sovranità rispetto ai luoghi religiosi, e come vengono regolati gli spazi rivendicati contemporaneamente dalle tre più importanti religioni monoteistiche del mondo. L'architettura è il mezzo con cui capire come lo spazio viene organizzato, attraverso in principio di divisione e condivisione. Ci piace pensare a queste architetture come luoghi di agonismo e non antagonismo”.

Israeliani e palestinesi. Il Corriere 7 pubblica un'analisi di Paolo Lepri sulla situazione del conflitto tra Israele e palestinesi, dal titolo “Quando la diplomazia perde la strada”. Secondo Lepri, “la divisione in due Stati è ormai impraticabile. Ed è sempre più difficile distinguere i torti e le ragioni dei due fronti, funestati da errori e cinismo. Lo scrittore Abraham Yehoshua è tra i sostenitori di una soluzione confederata, una divisione in cantoni”.

Milano per Bartali. Gazzetta racconta della serata organizzata dal KKL al Museo della scienza e tecnologia di Milano, dedicata alla realizzazione della pista ciclabile Haruvit, inaugurata in Israele il 3 maggio e dedicata al campione e Giusto Gino Bartali. Presenti all'evento l'ambasciatore di Israele, Ofer Sachs, il presidente mondiale di KKL, Daniel Atar e la nipote Gioia Bartali.

Daniel Reichel twitter @dreichelmoked
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