L’eredità di Netanyahu
Da lungo tempo circolava in Israele la malignità che Bibi Netanyahu è succube politicamente di due persone: il padre Ben Zion (nell’immagine), e la moglie Sara. Il padre, che è morto questa settimana all’età di 102 anni, è stato un noto storico, specialista dell’ebraismo iberico durante il periodo dell’inquisizione, ma anche segretario del capo del movimento revisionista Zeev Jabotinsky negli anni ’30. Ben Zion Netanyahu è stato fiero e coerente oppositore del piano delle Nazioni Unite di spartizione della Palestina in uno Stato ebraico e uno Stato arabo al termine del Mandato britannico; esponente certo molto colto e articolato della vecchia scuola storiografica ebraica, ma anche di quella certa visione negativista del mondo che non lascia alcuna speranza alla trattativa col nemico e che alla fine intravvede solamente un cosmico confronto fra le forze del bene e del male, e la morte inevitabile. Di tutti. In confronto alle idee espresse dall’anziano padre, Bibi – che alcuni considerano troppo di destra – poteva apparire come un attivista di sinistra. Non è dato sapere quanto nella recente retorica di Bibi – coi suoi frequenti richiami alla Shoah e alla persecuzione perenne del popolo ebraico – sia stato farina del suo sacco, e quanto sia stato invece detto per istintiva metabolizzazione dei messaggi paterni, o forse perfino per offrire alcuni momenti di conforto al vecchio, amato, e declinante genitore. Ora che il babbo non c’è più, resta da vedere se Bibi vorrà radicalizzare ancora di più i suoi messaggi, sostituendosi in un certo senso alla figura del padre; o se – finalmente liberato dall’incombente figura – preferirà la via opaca del pragmatismo politico a quella immacolata dell’ideologia pura. L’influenza di Sara, intanto, continua.
Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme