…sport

Ma lo sport non doveva unire perché portatore di un messaggio universale capace di superare le specificità nazionali? Leggo, con piacere, che la nazionale di calcio palestinese si sta preparando per giocare la sfida con l’Afghanistan, considerata come la più importante della propria storia, anche perché valida per la qualificazione ai Mondiali che si disputeranno in Brasile nel 2014. Speravo di leggere nelle parole di giocatori e allenatori toni che si sottraessero al clima di conflitto permanente; del resto, se all’inizio delle Olimpiadi pechinesi si sono viste un’atleta russa ed una georgiana abbracciarsi sul podio perché lo stesso non può avvenire per israeliani e palestinesi? Speravo, invece si sono udite solo parole di rivendicazione nazionalistica. C’è, forse, una rabbia che non concede lo spazio per alcun riconoscimento di uguaglianza, e che non ammette che la propria condizione sia posta sullo stesso piano di quella dell’Altro. Forse, è la rabbia di Esaù da cui scappa Yaakov. Noi ebrei la conosciamo bene perché è da allora che ci perseguita… È, però, vero, che il nostro patriarca è riuscito a trovare le parole per disinnescarla. C’è da meditare anche su questo…

Davide Assael, ricercatore