Ron Leshem e quell’incontro mancato
Doveva essere uno degli incontri più significativi del Salone del libro di Torino. Un momento simbolico, carico di nuove possibilità di dialogo. Ma alla fine le ragioni della politica hanno avuto la meglio. L’incontro fra lo scrittore israeliano Ron Leshem e l’iraniano Mahmoud Doulatabadi, in programma stamattina, è dunque saltato. E i due autori hanno incontrato il pubblico ciascuno per suo conto. Un vero peccato, soprattutto alla luce di Leshem, Underground Bazar (Cargo editore), dedicato proprio all’incontro con il mondo iraniano.
“Attendevo con grande interesse quest’incontro con Doulatabadi, ma sapevo che sarebbe stato molto difficile realizzarlo”, dice Ron Leshem. “Non mi stupisce però che l’appuntamento sia saltato: per gli iraniani incontrare un israeliano può essere molto pericoloso – continua – Anche nei giorni della riforma del presidente Katami sono stati uccisi dalla polizia segreta più di cento giornalisti, scrittori, traduttori, editori. E il mondo è rimasto in silenzio. Per questo iraniani e israeliani non s’incontrano mai in pubblico. Ed è un peccato perché si elimina così un’opportunità preziosa di dialogo”.
“Le somiglianze tra i nostri popoli sono più profonde delle differenze. E questa somiglianza è bella e terribile al tempo stesso” ha ricordato lo scrittore nell’incontro condotto da Farian Sabahi. “Sono molto attratto dalle cose vietate – ha continuato – Così mi sono chiesto cos’avrei fatto io in una situazione quale quella iraniana. Volevo anche capire in che modo un giovane si arrende a un credo religioso, come si vive in un paese in cui c’è un regime. Ed è una questione politica, prima che religiosa. Un tema che riguarda non solo l’Iran o Israele ma molti altri paesi. Quella storia in qualche modo mi ha trovato e l’ho scritta insieme agli iraniani che poi sono diventati miei amici. Anche se non è una storia dell’Iran ma una storia d’amore che coinvolge i giovani iraniani”.
Quanto alle analogie fra i due paesi, Leshem ha sottolineato come tanti ragazzi iraniani si trovino oggi a vivere in un mondo di illusioni, alimentato da internet (è vero che lì c’è la censura, ma i ragazzi sanno bene come fare a evitarla). “Io vivo a Tel Aviv, che è un’isola di liberalismo con club, discoteche, bar, la spiaggia in cui si può girare nudi. Ma chi sta lì spesso non s’interessa del contesto più generale: vive in questa bolla di libertà, in una realtà di sesso, droga e rock’n roll, senza più la speranza di poter cambiare le cose”.
Infine le minacce di guerra. “Non credo ci sia un pericolo incombente. Mi spaventa di più il fatto che dall’altra parte del confine ci siano donne lapidate a morte per adulterio o persone picchiate e uccise per la strada per presunti comportamenti immorali. Il mio nemico, in realtà, è la politica basata sulla religione”.
Daniela Gross twitter @dgrossmoked