Venezia – Luce su Israele alla Biennale
L’Italia della cultura riparte da Venezia. Con la festosa presentazione alla stampa e agli addetti ai lavori della Biennale Architettura (l’apertura al pubblico avrà luogo nelle prossime ore, mercoledì 29), la vigilia della Mostra internazionale del Cinema che pone in cartellone molte pellicole di interesse ebraico, l’attesa Giornata europea della cultura ebraica di questa domenica (di cui Venezia con la sua antichissima Comunità sarà quest’anno città capofila) e la storica regata sul Canal grande che si terrà sempre nello stesso giorno, sono centinaia di migliaia i visitatori che si stanno dirigendo o hanno programmato una visita per vedere la Laguna e i suoi tesori e partecipare alle innumerevoli iniziative culturali.
Molto intensa l’agenda degli appuntamenti. A cominciare dall’inaugurazione del padiglione nazionale di Israele ai Giardini e dall’attesa apertura del grande Padiglione Italia, una vetrina di come l’Italia è cresciuta o potrà crescere che il governo Monti ha affidato all’architetto Luca Zevi, anche Consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
A fianco dell’ambasciatore di Israele a Roma Naor Gilon, fra le tante autorità presenti in questi giorni in Laguna, il presidente dell’Unione Renzo Gattegna che ha visitato l’esposizione nazionale di Gerusalemme. L’ambasciatore Gilon ha fra l’altro incontrato, nel corso della giornata, gli ebrei veneziani e il presidente della Comunità ebraica di Venezia, Amos Luzzatto.
In una Biennale che si conferma, come hanno ricordato ai giornalisti il presidente della Biennale Paolo Baratta e il curatore David Chipperfeld, il laboratorio internazionale di punta per ripensare il rapporto fra l’essere umano e lo spazio, lo sviluppo, la crescita, la ricerca dell’equilibrio con l’ambiente, il padiglione nazionale di Israele segue il filo dell’ironia e della libera ricerca critica considerando i forti contrasti generati dai più recenti sviluppi urbanistici e culturali del paese ebraico nell’ambito di un mondo sempre più globalizzato e massificato.
Il padiglione israeliano, intitolato “Aircraft Carrier” (“Portaerei”) vede la partecipazione degli architetti Assaf Evron, Fernando Guerra, Florian Holzherr, Nira Pereg, Jan Tichy e dei curatori e dei commissari Erez Ella, Milana Gitzin Adiram, Dan Handel, Miki Gov, Arad Turgeman. L’iniziativa presenta i drammatici cambiamenti nell’architettura israeliana a partire dal 1973, e dell’influenza americana che li ha resi possibili. Questa data segna uno spartiacque nella storia del capitalismo globale, così come nell’interesse strategico americano verso il Medio Oriente e nei mutamenti interni alle strutture sociali, economiche e territoriali di Israele. Tutti questi elementi insieme – prodotti da conflitti territoriali e da crisi energetiche – hanno trasformato radicalmente l’architettura israeliana.
La mostra getta uno sguardo sugli ambienti costruiti che ne emersero combinando commento visuale e materiali storici. Questi ambienti raccontano non solo la storia dell’impatto senza precedenti del liberismo capitalista in un paese precedentemente fondato su un sistema di welfare di stampo socialista, ma anche quella di un nuovo orientamento culturale e architettonico oggi messo in discussione da un’altra crisi importante.
Il padiglione è diviso nel luogo della mostra e in un “negozio”, disposti in due distinti piani del palazzo. Al piano terra, siete invitati ad acquistare uno o più tra una trentina di prodotti “merchandise” che il designer industriale Tal Erez ha creato esclusivamente per il progetto. Ciascuno di questi prodotti rappresenta un momento chiave nella storia delle relazioni israelo-americane.
Al primo piano, questi prodotti diventeranno uno strumento di informazione, mentre materiale archivistico e opere d’arte commissionate saranno presentati su grandi oggetti nello spazio.
I fenomeni architettonici al centro di questa mostra sono divisi in quattro categorie: Segnali (tentativi di compagnie e di individui di mostrare il proprio potere politico e sociale attraverso progetti edili); Emporium (l’ascesa del teorema del libero mercato e la rapida trasformazione della società israeliana dall’austerità socialista a una frenesia iper-consumista); Alleati (la capitalizzazione statale di modelli e ambizioni di sviluppo privato come strumenti di promozione a fini nazionali); Flottiglie (la segregazione dello spazio israeliano in ambienti discreti con architetture parallele costruite per sub-società diverse).
Ogni categoria è rappresentata da una diversa combinazione di materiali d’archivio e opere d’arte su commissione. Queste esposizioni, insieme ai prodotti di largo consumo (“mercanzie”), permetteranno agli spettatori di comprendere appieno i processi che hanno formato l’architettura israeliana contemporanea.
La mostra è accompagnata da un catalogo – pubblicato dall’ editore tedesco Hatje Cantz e redatto dai curatori – che contestualizza i fenomeni al’interno dei grandi processi di trasformazione storica. Il libro include testi di Milton Friedman, Justin Fowler, Eeva-Liisa Pelkonen, Tamar Berger, e Or Aleksandrowicz, insieme alle opere visuali degli artisti che partecipano alla mostra e dei designer grafici della Baltimore “Post-Typography”.
La Biennale Architettura resterà aperta fino agli ultimi giorni del prossimo novembre.
l.p.