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30
agosto
2010 - 20 Elul 5770 |
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Riccardo
Di Segni,
rabbino capo
di Roma
Sarà la magistratura a
chiarire le dinamiche e le responsabilità di quanto è successo nella
sala parto dell'ospedale di Messina, dove due medici avrebbero litigato
mettendo a rischio una partoriente là presente e il bambino che doveva
nascere. Ma questo episodio getta un'insolita luce su un brano biblico,
tanto importante quanto complicato. E' la legge della parashà di
Mishpatim (Esodo 21:22) che dice: "se due uomini litigano e colpiscono
una donna incinta e i suoi figli escano e non ci sarà una disgrazia
ecc." Su questo brano si basano vari e importanti principi giuridici,
dalla responsabilità di lesioni non intenzionali, alla modalità di
rifusione del danno fino alla valutazione dello status del feto. E'
proprio su questo brano (letto nella versione ebraica o nella
traduzione greca) che si definisce la diversa visione giuridica ebraica
e cristiana sull'aborto. Ma aldilà di questo, la scena che descrive la
Torà è strana. Perchè due uomini che si azzuffano dovrebbero colpire e
danneggiare proprio una donna incinta e non una persona qualsiasi?
L'incidente di Messina spiega che questo è possibile, anche oggi, in
modi nuovi. In altre situazioni si direbbe che la realtà supera
l'immaginazione, qui si può dire che la realtà supera il midrash.
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Il Foglio di ieri se la prende
con monsignor Marchetto, segretario del Pontificio consiglio per i
migranti e gli itineranti, per il suo attacco alla politica di
espulsioni dei rom portata avanti dalla Francia, accusandolo di aver
paragonato le espulsioni dei rom a un "nuovo Olocausto". In questi
termini, del resto, la notizia è stata data anche da altri giornali,
fra cui El Mundo e l'Unità. Leggendo attentamente sui giornali che la
riportano il testo dell'intervista rilasciata da monsignor Marchetto,
però, leggiamo non che i rom "sono vittime di un olocausto", bensì che
essi "sono stati vittime anch'essi di un olocausto". La differenza è
abissale, perché Marchetto non fa un inaccettabile parallelo fra
l'Olocausto e le espulsioni, ma si riferisce al fatto storico che i rom
e i sinti sono stati sterminati durante l'Olocausto, uno
sterminio che non è un'opinione politically correct di Marchetto, ma un
fatto storico: dai quattro ai cinquecentomila i sinti e i rom
sterminati, del dicembre 1942 il "decreto di Auschwitz" emanato da
Himmler con cui si decretava la loro deportazione nei campi di
sterminio, il campo degli zingari, ad Auschwitz, 21000 i prigionieri
che vi passarono, gli ultimi tremila mandati alle camere a gas nella
notte fra l'1 e il 2 agosto del 1944. L'aver trasformato un passato
"sono stati vittime" in un presente "sono vittime" cambia quindi
notevolmente il senso del discorso, come del resto fa ogni cattiva
lettura. Ma purtroppo viviamo in un'epoca in cui nessuno sa più
l'italiano e anche quando lo conosce non fa la fatica di leggere quel
che è davvero scritto, ma quel che si immagina, o che gli fa comodo,
sia scritto.
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L'integrazione e la
pace
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Una
lunga intervista con Il re di Giordania, Abdallah II, è stata trasmessa
ieri sera dal primo canale della televisione israeliana. Nato nel 1962,
il re ha parlato con calma, senza la solita retorica contro Israele,
più come un giovane amico memore dell’amicizia fra suo padre Re Hussein
ed il Premier Rabin. E ha allargato il campo delle conversazioni che si
apriranno questa settimana, il 2 settembre, a Washington fra israeliani
e palestinesi. “Il quadro più largo per il popolo israeliano è
l’integrazione d’Israele nel mondo arabo-islamico. Questo è il premio”,
ha detto. Poco dopo è tornato sull’argomento aggiungendo: ”Se
israeliani e palestinesi si siederanno al tavolo e risolveranno i loro
problemi, allora tutti questi elementi che tentano di agire per la
distruzione di Israele, non avranno più una giustificazione, non solo
nella regione ma anche più lontano da qui.” Argomento per ora
ipotetico, ma non privo di fascino. L’integrazione di Israele nel Medio
Oriente sarebbe indubbiamente una meta che meriterebbe dei sacrifici.
Sergio
Minerbi, diplomatico
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Qui
Genova - Cultura ebraica in mostra
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Per
il presidente della Comunità ligure Maurizio Ortona “non si può non
cominciare dal più grande, Lele Luzzati: in collaborazione con il Museo
Luzzati, grazie all'amicizia del direttore Sergio Noberini, abbiamo
allestito, nel museo ebraico, una vasta panoramica dell'opera di
Luzzati, intitolata Viaggio nel mondo ebraico”. Questo viaggio è
l'interpretazione che Luzzati dette dell'ebraismo: lo comunicò con
scenette, disegni, maschere e scenografie, teatrini e stoffe. A Genova,
il fulcro della Giornata Europea della Cultura Ebraica 2010, dedicata
al tema dell'arte, è la mostra allestita per l'occasione nei locali del
museo ebraico. La mostra è divisa in tre diverse sezioni, le quali
daranno modo agli spettatori di seguire un percorso lungo le tappe più
significative della storia ebraica, attraverso l'occhio degli artisti
che l'hanno rappresentata. [...]
Manuel Disegni
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Qui Monte San Savino - L'omaggio ad Amos Oz
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A
oltre due secoli dalla scomparsa dell'ultimo ebreo di Monte San Savino
in seguito ai moti antifrancesi e antigiacobini del 1799, nelle strade
e nelle piazze del piccolo borgo della Valdichiana aretina per un
giorno si torna a parlare ebraico. L'evento clou della Giornata Europea
della Cultura Ebraica, ormai un appuntamento fisso per i sansavinesi
(che alcuni in zona chiamano “gli ebrei della Valdichiana”) sarà una
mostra dedicata ad Amos Oz, penna e coscienza critica di Israele che
non ha mai nascosto l'orgoglio di scrivere in quella lingua dal sapore
antico che per lui ha “il suono melodioso di un pregiato strumento
musicale” e di cui è ambasciatore nel mondo. [...]
Adam Smulevich
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Rosh haShanà
5771...
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...Un
anno per costruire il futuro
Il periodo che precede l’inizio di un nuovo anno rappresenta un momento
in cui i nostri pensieri si rivolgono al futuro. Nel Talmud, nel
trattato di Sukkah leggiamo “Se ascolterai l’antico, ascolterai il
nuovo”. Da questo passo comprendiamo che, nell’ebraismo per costruire
un autentico rinnovamento, occorre mantenere il legame con il passato,
senza lasciarsi distrarre dalle mode passeggere e necessariamente
superficiali. In questo 5771 auguro alle nostre Comunità di poter
guardare avanti per costruire un futuro che affondi le sue radici nelle
fonti dell’eternità del popolo ebraico: le sue tradizioni.
Alfonso
Arbib, rabbino capo di Milano
...Un anno per la comprensione
Si apre il 5771, l’anno nel quale gli ebrei italiani sono chiamati a
rinnovare gli strumenti che permettono al nostro ebraismo di avere una
vita organizzata e strutturata. Da come li rinnoveremo dipende
un’alternativa vitale: riusciremo a ricreare qualcosa di genuinamente
ebraico che rappresenti degnamente i valori che ancora ci
caratterizzano, o costruiremo un bellissimo castello destinato a
sgretolarsi al primo soffio, seppellendo quanto resta di un passato
glorioso? Voglio augurare a tutti noi che in quest’anno Ha-Kadosh
Barukh Hu ci doni la capacità di comprenderci fra di noi, in modo da
poter tutti collaborare a costruire un futuro valido e
stabile. Kethivà wa-chatimà tovà.
Rav Elia Richetti
Rabbino capo di Venezia, Presidente dell’Assemblea dei Rabbini d’Italia
...Un anno di palline bianche
Mutuando un esempio classico del marketing, il leader di una comunità
dovrebbe comportarsi come quell'amministratore che estrae casualmente
una pallina da un sacchetto che ne contiene alcune bianche e le altre
di vari colori, ciascuna in gradazioni dal più scuro al più chiaro. Se
la sfera estratta è bianca, rappresentazione di una soluzione ottimale
esistente, egli la deve riconoscere come tale e rimetterla nel
sacchetto. Se invece la sfera è colorata, egli deve adottare delle
iniziative o strategie per farla diventare, se non proprio bianca,
almeno di tonalità più chiara. Se si procede con metodo e con costanza
in questa direzione, alla fine avremo tutte palline bianche, cioè
problemi e situazioni ben impostati e ben risolti. E' questo l'augurio
che io formulo ai presidenti delle ventuno Comunità Ebraiche italiane. Shanà
Tovà.
Guidobaldo Passigli, presidente Comunità ebraica di Firenze
...Un anno per il caporale Shalit
Prigionieri di Sion – Assirè Zion – sono tutti quei nostri fratelli che
per anni, per decenni, hanno vissuto sotto regimi totalitari e
antisemiti, regimi che li hanno tenuti segregati dal resto del mondo
ebraico e spesso li hanno fatti oggetto di persecuzioni. Il loro
desiderio di salire verso Israele e di ricongiungersi con i
correligionari nel mondo li espose a dure repressioni e
all’impossibilità di emigrare. Oggi che questa segregazione non esiste
più, dobbiamo levare un pensiero reverente e riconoscente a chi ha
mantenuto nelle avversità la propria fede e la volontà di restare unito
all’Am Israel. Sono stati questi moderni Amanti di Sion – Chovevè Zion
– che hanno tenuto accesa la fiamma dell’Ebraismo in un periodo oscuro
ed hanno così permesso il rafforzamento del nostro Stato. Avvicinandosi
i Giorni Terribili – Yamim Noraim – in cui si ricordano con commozione
i propri defunti, si elevi un pensiero anche a coloro che per Sion
hanno lottato e sofferto, e in particolare al caporale Gilad Shalit,
tuttora nelle mani dei suoi spietati rapitori in una sconosciuta
prigione. A tutti i lettori di Pagine Ebraiche va il nostro più caldo
augurio di Chatimà Tovà e Mo’adim le-Simchà.
Samuel
Zarrough, presidente della Comunità ebraica di Livorno |
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Qui Padova - Elezioni e permutazioni
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In
occasione della Giornata Europea della Cultura Ebraica, il 5 settembre
2010, la Comunità ebraica di Padova offre, tra le diverse attività in
programma, un percorso tra Ghematrià e permutazioni attraverso i lavori
di 23 artisti italiani e stranieri che si sono prestati a
reinterpretare i concetti principali della mistica ebraica con opere di
pittura, scultura, fotografia, video. La mostra Elevazioni &
permutazioni 2, nata dalla collaborazione tra Maria Luisa Trevisan e
Nadine Shankar, docente di filosofia all’accademia di Belle Arti
Bezalel di Gerusalemme, verrà allestita nei locali della ex sinagoga
tedesca in via delle Piazze con una parte delle opere esposte nei mesi
estivi al Laboratorio di ricerca d’arte Contemporanea PaRDeS di Mirano.
[...]
Michael
Calimani
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National Geographic: a
Tel Aviv la Miami beach
del Mediterraneo
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Sabbia
fina, ombrelloni, bar e ristoranti, campi da calcio e beach volley,
palestre all’aperto. È il lungomare di Tel Aviv, chilometro dopo
chilometro in grado di soddisfare le esigenze di qualsiasi amante della
tintarella. Oggi la vivace spiaggia che nella lunga estate israeliana
diventa il cuore della vita della città, diurna e notturna, ha visto
ufficializzare le sue ambizioni di meta ideale per vacanze all’insegna
delle due emme (mare & movida). La prestigiosa rivista National
Geographic ha inserito la spiaggia di Tel Aviv al nono posto della top
ten delle spiagge cittadine del mondo. Prime tre classificate
Barcellona, la sudafricana Cape Town, e Honolulu, arcipelago delle
Hawaii, tanto per capirci. Scrive il National Geographic: “Nella
‘bolla’, come viene spesso definita la città per la tendenza dei suoi
abitanti a rimanere indifferenti di fronte alle tensioni della regione,
si trovano ristoranti, locali, discoteche aperte fino all’alba. [...]
Rossella
Tercatin
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Arte ebraismo
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Un
titolo significativo per la Giornata Europea della Cultura Ebraica del
prossimo 5 Settembre. In una società come quella italiana ed europea
che si confronta quotidianamente con le sfide e i problemi del
multiculturalismo con passi in avanti e pericolosi passi indietro,
l’arte è uno strumento di divulgazione e di comprensione dell’altro.
L’arte, soprattutto contemporanea, è stata spesso interprete delle
tendenze culturali e sociali in atto e talvolta anticipatrice di
queste. [...]
Riccardo
Hofmann, Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
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Tacchi a spillo.
L’Italia e l’Islam |
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Fino a
che punto l’economia detta legge sulla politica? Fino a che punto
contano il mercato, gli affari, il profitto? E sotto la pressione della
crisi economica regge ancora la democrazia parlamentare? C’è da
dubitarne – in Occidente e soprattutto in Italia. In tale contesto non
stupisce la visita di Gheddafi. Non è la prima volta. Gli affari sono
affari, anche se non hanno molto a che vedere con il bene pubblico e
sono spesso privati, tanto privati da passare sotto silenzio.
Al di là poi dei petrodollari, la Libia si è offerta di
«collaborare» per fare in modo che i disperati, che attraversano il
deserto, non giungano fino alle rive del mediterraneo. Non importa
come. Il sipario è calato su quel che avviene dietro le quinte. La
coscienza è alleggerita e alla fin fine grata alla Libia che si offre
come equivoco bastione per difendere la fortezza dell’Europa.
Grata al punto da considerare stravaganze e bizzarrie le mosse studiate
e ponderate dell’ambiguo «leader» libico (perché poi «leader»? Non
governa con poteri quasi assoluti da decenni?). Così oggi i giornali
parlano di «show» a proposito della lezione sul Corano imposta da
Gheddafi, esponente del panarabismo e restauratore della shari’a nel
suo paese da dove, tra linciaggi e agguati mortali, nel 1967 – in
concomitanza con la guerra dei sei giorni in Israele – furono cacciati
tutti gli ebrei.
Una lezione sul Corano. Un monito affinché l’Islam sia la religione del
futuro in Europa. Che male c’è? La domanda non nasce solo da quel
«disincanto del mondo» che ha colpito da tempo l’Occidente. Qui il
disincanto si mescola con il cinismo molto italiano, aumentato a
dismisura negli ultimi tempi.
Tacchi a spillo, gonne attillate, generose scollature: immagine indegna
e umiliante dell’Italia al femminile – promossa dal governo – pronta a
vendere la propria presenza per un po’ di euro, a mettersi sul mercato
per ascoltare una lezione di Corano. Non sanno o fanno finta di non
sapere come sono trattate le donne nel mondo mussulmano? Certo non
saranno tra le firmatarie dell’appello per salvare Sakineh dalla
lapidazione. Pensano a sé: incassano i soldi e colgono la lezione sul
Corano come una opportunità per una eventuale carriera. Seguono
supinamente l’economia e le sue leggi (l’etica, ci dicono, è ormai un
optional).
Non riflettono sul fatto che la donna come «altro», la donna nella sua
alterità, non riesce a trovare spazio nell’Islam? Il che è poi sintomo
della tendenza alla dominazione, alla difficoltà a riconoscere
qualsiasi «altro» non musulmano. Il modo in cui vengono trattate le
donne è infatti sempre la spia di una civiltà. Non ci riflettono
perché, a loro volta, sebbene nella modalità diversa di un paese non
pre-moderno, ma post-moderno, eppure irriducibilmente maschilista, sono
soggetti secondari, persone non libere, perché non rispettate.
Consapevoli o no, costituiscono un insulto per le donne di questo paese.
Donatella
Di Cesare, filosofa
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rassegna
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“Ebrei
geneticamente diversi”.
Germania, furore per Sarrazin
Il Messaggero, 30 agosto
Addio a 99 anni alla vedova
Perlasca
Shrek, una storia ebraica e
Winnie un filosofo..
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche.
Gli articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili.
Gli utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it
per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete ricevuto questo messaggio perché
avete trasmesso a Ucei l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non
desiderate ricevere ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un
nuovo indirizzo e-mail, scrivete a: desk@ucei.it
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