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22 marzo 2013 - 11 Nisan
5773 |
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Alfonso Arbib,
rabbino capo
di Milano
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Gli
ebrei escono dall'Egitto senza aver meriti propri. I meriti li
acquisiranno 50 giorni dopo, quando riceveranno la Torà sul Monte
Sinai. Nonostante ciò però, prima dell'uscita dall'Egitto, vengono
comandate al popolo ebraico alcune mitzvòt. Come mai? I Chakhamìm,
basandosi su un verso dello Shir Hashirìm, dicono che in quel momento
il popolo era nudo e aveva bisogno di coprirsi con le mitzvòt. Si
tratta di un insegnamento importante. Senza mitzvòt si è ebraicamente
nudi.
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Gadi
Luzzatto Voghera, storico
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In
Italia, fra ebrei e cristiani “vi furono certamente attriti e contrasti
anche a livello elementare, ma le differenze – religiose, etniche o
solo consuetudinarie – non sembra siano state in generale tali da
precludere una convivenza che non di rado si sviluppa in abitudini di
cordiale convivialità, nel senso più ampio del termine. (...) Dal
carteggio di Carlo Borromeo apprendiamo che nel 1575, a Cremona, ebrei
e cristiani ‘indifferentemente vanno l’uno in casa dell’altro, mangiano
et bevono insieme (...), i figlioli et putti christiani vanno con ogni
libertà nelle case degli hebrei et conversano con i loro figlioli’.
(...) Un processo del 1590 ci descrive una scena di nozze in casa di un
ricco ebreo ferrarese con tre tavole imbandite: una per i cristiani,
una per gli ebrei e una dove cristiani ed ebrei stanno allegramente
insieme”. Sono parole scritte da Corrado Vivanti (1928-2012) nel 1990
in un saggio che pianificava un grande progetto culturale in cui la
storia degli ebrei in Italia veniva pensata come parte integrante e
indispensabile della storia d’Italia. Un’idea di grande valore che ha
aperto la strada a esperienze che oggi ci sono familiari come la
giornata europea della cultura ebraica. Sulla figura e sull’opera di
questo grande figlio dell’ebraismo mantovano scomparso lo scorso anno
si svolge oggi un convegno a Mantova.
Nel ripensare il significato dei rapporti fra ebrei e maggioranza
cristiana nella penisola, Vivanti concludeva con una riflessione che
trovo molto attuale e di immediata emergenza. “D’altra parte – scriveva
Corrado – le vecchie minoranze possono anche venire assimilate e
scomparire, ma gli uomini, per la natura stessa della loro storia, sono
sospinti da continue trasformazioni, mossi senza posa e ristoro da
obiettivi mutevoli, e nuove minoranze si introducono incessantemente
fra i popoli, e nuovi ‘disordini et scandali’ possono insorgere per
nuove ‘conversationi’ in mezzo a loro, soprattutto se chi presiede al
vivere civile non è aperto a sensi di tolleranza”.
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Israele - Il nuovo Medio Oriente e il messaggio di Obama
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Se
si dovesse dare un nome al viaggio del presidente statunitense nel
Medio Oriente, il termine sincerità sarebbe il più appropriato per
tutti gli attori interessati a questo retoricamente e simbolicamente
straordinario periplo di Barack Obama.
Ha detto la verità Obama quando ha assicurato lo Stato ebraico del
sostegno immutabile dell’America, quando ha toccato il cuore dei
giovani ricordando la loro responsabilita dell’avvenire del paese,
invitandoli a guardare alla realtà attraverso gli occhi dei palestinesi
che hanno diritto come tutti ad uno Stato, ma non quello di porre
condizioni (fine degli insediamenti) per trattare per la pace. Ha detto
la verità facendo capire che non il Medio Oriente – ma l’economia
americana e il Pacifico – sono diventati il fulcro dell’interesse di
Washington riconoscendo il diritto di Israele di difendersi come megli
crede ma senza coinvolgere a priori gli Stati Uniti .
Hanno detto la verità i palestinesi che hanno accolto Obama con la
distruzione della sua effige a Ramallah e il tiro di due missili da
Gaza confermando il detto che non perdono mai l’occasione di perdere
un’occasione .
Ha detto la verità Netanyahu riaffermando la formula di “due Stati per
due popoli” ma intendendo realizzarla alle condizioni più o meno di
Bennett e del partito sionista religioso da cui dipende oggi la
coalizione (inclusione di tutti gli insediamenti, in Israele con la
soluzione del conflitto attraverso all’integrazione economica),
pensando più al pericolo del collasso della Siria piuttosto che a
quello dell’Iran e ai palestinesi.
Ha detto la verità il re di Giordania (in una conversazione con un
giornalista americano legato a Obama) affermando che i diplomatici
americani sono ciechi davanti al pericolo islamico (lupo vestito da
pecora); che Israele ha bisogno di uno Stato palestinese per evitare di
affogare nella palude dell’apartheid; che l’epoca delle monarchie arabe
è finita ma che né la sua famiglia né i servizi di sicurezza ne i capi
delle tribù giordane lo capiscono, continuando a guardare al passato
piuttosto che al futuro e a falso democratico come il premier turco.
Cosa lascia Obama dietro di sé?
La speranza di evitare uno scontro armato con l’Iran attraverso i negoziati.
Un sostegno, senza partecipazione con Israele, se questo decide di attaccare l’Iran.
Il fatto che la questione palestinese non è più prioritaria per l’America
La responsabilità turca e saudita per la Siria e il contenimento dell’Islam sciita.
Una fiducia ritrovata anche se condizionata di Israele.
Non è poco e Netanyahu può sentirsi soddisfatto. E’ anche l’invito agli
israeliani a assumersi le loro responsabilità e al nuovo governo di
risolvere le sue contraddizioni politiche ed economiche se non vuole
trovarsi isolato nel mezzo della giungla mediorientale .
Vittorio Dan Segre
(Nell'immagine il ritratto di Vittorio Dan Segre realizzato da Giorgio Albertini)
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Israele - "La sicurezza si conquista soltanto attraverso la pace"
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Il
discorso tenuto ieri dal presidente americano Obama al Centro Congressi
di Gerusalemme, davanti a un pubblico molto numeroso e tantissimi
giovani. Oggi la visita allo Yad Vashem e la partenza per la Giordania.
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Roma - "Museo della Shoah, vi racconto le mie emozioni" |
Italia
ebraica, il mensile di cronache comunitarie edito dall'UCEI, inaugura
le sue pagine romane con un'intervista a Leone Paserman, presidente della
Fondazione Museo della Shoah, all'indomani dell'approvazione
dell'ultima variante urbanistica da parte del Consiglio di Roma
Capitale.
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Francesco - La scelta del nome
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Il
direttore dell'Osservatore Romano Giovanni Maria Vian commenta per i
lettori di Pagine Ebraiche la scelta del nome Francesco adottata da
papa Bergoglio.
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Milano - Il sogno di Manuela è realtà grazie a ReWalk |
Sarà
un moderno esoscheletro di produzione israeliana a permettere una giovane e
coraggiosa atleta paraplegica di correre in posizione eretta i dieci
chilometri della Stramilano.
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Qui Vercelli - L'etica della possibilità |
Docente
universitario, una lunga esperienza alle spalle in campo sociale e
pedagogico, Dario Arkel presenterà domenica a Vercelli il suo ultimo
romanzo.
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Qui Roma - Un abbraccio di Memoria |
Persecuzione
antiebraica durante il nazifascismo, i desaparecidos argentini. Due
differenti drammi del Novecento, un comune abbraccio di Memoria grazie
alla testimonianza di Giulia Spizzichino.
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Qui Firenze - Insegnare la Shoah, studiosi a confronto |
Shoah:
peculiarità, punti di contatto con altri genocidi, sua trasmissione
alle nuove generazioni. A confronto, nella sede fiorentina della New
York University, studiosi italiani e stranieri.
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Prima leggere poi litigare
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Il
pluralismo e la capacità di dialogo nell’ambito dei media ebraici
italiani stanno aumentando o diminuendo? È stato uno dei temi discussi
durante lo Shabbaton comunitario torinese a Ivrea. Le opinioni erano
varie: qualcuno ha sottolineato la positiva novità offerta da Pagine
ebraiche e da Moked, qualcun altro ha ricordato con nostalgia Ha Tikwà,
l’organo della FGEI “aperto al libero confronto delle idee nel rispetto
di tutte le opinioni”. Personalmente vedo qualche progresso: le persone
che oggi litigano probabilmente un tempo non si parlavano per nulla e
forse neppure si conoscevano; d’altra parte la FGEI, pur formalmente
priva di un indirizzo ideologico specifico, mi pare avesse, almeno in
alcuni periodi della sua esistenza, un’utenza piuttosto omogenea che
rendeva poco probabili conflitti violenti. continua>>
Anna Segre, insegnante
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Chametz, allontaniamolo da noi e dalla Casa di Israele
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Pesach
è un’opportunità unica: tutti siamo chiamati ad aprire le nostre porte
perché nessuno deve rimanere fuori dalla Casa d’Israele. In questo
giorno l’Angelo della morte passa oltre (pasàch) le case degli ebrei e
vedendo la mezuzà, simbolo dell’identità ebraica, dichiara che questa
casa potrà continuare ad essere ebraica.
E’ il dialogo tra le generazioni che prevale in questa occasione:
sapremo noi consegnare il testimone ai nostri figli perché a loro volta
siano in grado di fare altrettanto con i loro? Sapremo vincere le sfide
che attendono oggi il popolo ebraico e in particolare la Casa ebraica
in Italia, senza lasciarci distrarre dalle tante sollecitazioni
esterne? Riusciremo a superare le polemiche che hanno accompagnato in
questi ultimi tempi la/le Comunità e hanno fortemente minato i rapporti
tra i leader stessi delle Comunità? continua>>
Rav
Scialom Bahbout, rabbino capo di Napoli
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La grandezza di
Pesach
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Cena
a Pietroburgo, famiglia ebraica. Sento: “La colpa della crisi è tutta
di questi asiatici, utzbeki, tagiki, coreani: vengono qui, parlano male
il russo, puzzano si vestono in modo diverso da noi, sono disposti a
fare qualsiasi lavoro, in dieci vivono in due stanze, si proteggono tra
loro…”. Pare un estratto dalla stampa antisemita pietroburghese di fine
Ottocento. Penso: che grande messaggio la Haggadah di Pesach, che ci
chiede di sentirci oggi, ora, adesso, schiavi in terra straniera. continua>>
Laura Salmon, slavista
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notizie flash |
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rassegna
stampa |
Pacifici intervistato da Haaretz
su politica e futuro ebrei italiani
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Leggi
la rassegna |
L'autorevole quotidiano israeliano Haaretz
pubblica nella sua edizione di oggi il resoconto di un lungo colloquio
con il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici. Nel
testo il giornale attribuisce al leader ebraico italiano un forte
allarme sulla situazione nel paese e la considerazione che gli iscritti
della Comunità capitolina dovrebbero prepararsi a lasciare l'Italia.
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“Oggi,
mentre assistiamo al crepuscolo della generazione che fondò Israele,
voi – i giovani di Israele – dovete reclamare il futuro. Tocca a voi
scrivere il prossimo capitolo della storia di questa grande nazione.
Confido nel fatto che ci aiuterete a realizzare questa promessa e nutro
la speranza che riusciremo ad attingere a quanto di meglio vi è in noi
per vincere, dopo così tante guerre, la battaglia per la pace. E
riparare questo mondo”. L’emozionante discorso pronunciato da Barack
Obama a Gerusalemme, oggi riportato integralmente da Repubblica, è
forse l’elemento più forte di questa storica missione mediorientale.
continua>>
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
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