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7 maggio 2013 - 27 Iyar
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Roberto
Della Rocca,
rabbino
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In occasione
del viaggio nei paesi baltici organizzato dal progetto Kesher
della Comunità di Milano ieri, una cinquantina di persone, ci siamo
recati a pregare nella sinagoga Chor di Riga
dove nel 1941 vi fu un massacro di ebrei nell'incendio messo in atto
dai nazisti con l'aiuto dei miliziani lettoni. Nel perimetro di quella
che era la più grande delle 300 sinagoghe della Lettonia, circondato
dai resti delle antiche mura, ci si trova contornati da rifiuti di ogni
tipo: escrementi di animali e di umani, sacchetti di immondizia,
siringhe usate da tossicomani, bottiglie di alcolici, insomma un vero
oltraggio alla sacralità del luogo e alla memoria delle vittime del
terribile progrom perpetrato. Uno dei tanti modi di
dissimulazione dei misfatti di un passato in questi luoghi ancora più
rimosso e offuscato dalla più recente occupazione sovietica. Rileggendo
in queste ore il saggio sui responsa dalla Shoah, curati per la
Morcelliana dal professor Massimo Giuliani, sono tornato a chiedermi,
assieme al compianto autore - il rav Ephraim Oshry di Kovno, se i
nemici del nostro popolo, molti dei quali continuavano ad andare in
chiesa, chiesero ai loro preti e ministri cosa fare degli ebrei che
uccidevano e dei luoghi di culto che distruggevano. Non riesco a non
scalpitare al pensiero di come queste persone, nelle loro inquietanti
forme di schizofrenia religiosa, che andavano a Messa e nello stesso
giorno sgozzavano poppanti, abbiano potuto trovare legittimazione
nell'ambito di una religione esaltata per la sua presunta
abbondanza di amore per il prossimo contrapposta a una più antica
cultura accusata, viceversa, come sedicente testimone di legalismo e
formalità. Mentre barbari incivili continuano a oltraggiare luoghi
sacri e la memoria di vittime innocenti, noi ebrei, sulle tracce dei
nostri padri, dei nostri nonni z.l e dei nostri antenati, continuiamo a
cercare la forma corretta per santificare il Nome di Dio e la Sua
creazione, anche prima di andare a morire e anche dopo la tragedia.
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Dario
Calimani,
anglista
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![](http://www.moked.it/unione_informa/110329/DarioCalimani.jpg) |
Arrestare
un criminale di Auschwitz a quasi settant’anni di distanza è certamente
un atto di giustizia. Ma vedere che dopo settant’anni l’antisemitismo
ritorna in un paese europeo è deprimente, perché ti fa ricredere, se
mai ci hai creduto, sulla funzione didascalica della storia. E d’altro
canto, il giornalista del Manifesto che riferisce i fatti parlando
delle “comunità giudaiche di tutto il mondo” usa termini magari anche
corretti, ma dall’antico sapore antisemita. E forse non lo sa, il che è
anche peggio.
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Qui Budapest - Le sfide lanciate al Congresso mondiale nelle valutazioni e nelle riflessioni dei delegati italiani |
I
delegati italiani che hanno partecipato alla riunione del World Jewish
Congress a Budapest raccontano le loro impressioni relativamente alle
proposte e alle iniziative concrete adottate nel corso della tre giorni
ungherese. Lotta all'antisemitismo, libertà religiosa, equilibri
politici interni al Congresso: una sfida di futuro declinata nel segno
della trasversalità e della collaborazione tra diverse anime e
correnti.
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Melamed - La giustizia nel piatto |
Vivere
con un euro e venti centesimi al giorno, a Milano, è possibile? A cosa
bisogna rinunciare? Provarci per qualche giorno può servire a cambiare
il proprio modo di pensare, o a sensibilizzare chi ci sta intorno. E
magari a spingere amici e colleghi a mettersi concretamente in gioco,
ad aiutare chi ha bisogno.
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Israele - Rabbinato, politica a confronto
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Il rinnovo
dei decennali incarichi di rabbino capo ashkenazita e sefardita di
Israele al centro del confronto politico. Riflettori su un presunto
accordo sui nomi da appoggiare tra il partito di destra
nazional-religiosa Habayit Hayehudi e il partito sefardita haredi Shas.
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Qui Firenze - Pomeriggio al museo con Zeruya Shalev |
Un
nuovo appuntamento per i “Pomeriggi al Museo” organizzati dalla
Comunità di Firenze con l’obiettivo di fare del museo ebraico cittadino
un luogo di incontro e di proposta culturale sempre più rilevante. Dopo
l’incontro inaugurale con la direttrice Dora Liscia Bemporad, nelle
scorse ore è stata la volta della scrittirice israeliana Zeruya Shalev
che, assieme alla drammaturga Laura Forti, ha dialogato relativamente
al suo ultimo romanzo ‘Quel che resta della vita’ (ed. Feltrinelli) in
cui ad essere esplorati sono i temi della vecchiaia e del rapporto non
sempre facile tra genitori e figli. Questo pomeriggio, alle 18, si
replica con la presentazione del libro 'Essere qualcun altro. Ebrei
postmoderni e postcoloniali' (ed. Cafoscarina) di Shaul Bassi. Tra le
pagine del testo, che sarà presentato dell'assessore alla cultura
Enrico Fink, i profili e le complesse vicende delle molte anime
dell'ebraismo mondiale e italiano attraverso i secoli. L'autore
interverrà via skype per un saluto.
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Il WJC a Budapest |
Spesso
i grandi organismi internazionali sono carrozzoni poco efficienti. Non
è sempre così, ma le organizzazioni ebraiche non sfuggono alla regola.
Le frequento da molti anni, le considero assolutamente indispensabili,
ma non posso fare a meno di costatare come la loro funzione si riduca
al profluvio di parole, buffet e incontri piacevoli per i delegati da
tutto il mondo. Quando però ci si mettono, le strutture sovra-nazionali
hanno inevitabilmente un peso, un impatto e un'incisività maggiori e
globali. Come ci dimostra il Board del World Jewish Congress, convocato
eccezionalmente a Budapest, teatro di un antisemitismo insorgente e
preoccupante. Ronald S. Lauder, presidente del Congress, ha mostrato
intelligenza politica nella convocazione, ed è stato abile e deciso
nell’invitare il premier ungherese Viktor Orbàn, per chiedergli conto
delle misure antidemocratiche e discriminatorie adottate dal suo
governo. Orbàn si è difeso condannando genericamente antisemitismo e
razzismo, guardandosi dal parlare delle scelte assai discutibili del
suo esecutivo. Bene in ogni caso che la questione sia stata posta e che
un canale di comunicazione stabilito. Rimane la preoccupazione per
quanto sta avvenendo nel cuore dell’Europa, a settanta anni da una
delle pagine più terribili della stessa Shoah, la deportazione
massiccia e rapidissima degli ebrei ungheresi. La saldatura tra crisi
economica e recrudescenza razzista; l’ostilità crescente nei confronti
dei rom – messi assai peggio degli ebrei! – che si associa
all’antisemitismo tradizionale; la retorica antieuropeista che vede
negli ebrei un potere transnazionale e minaccioso; l’indifferenza
sostanziale dei vicini nei riguardi di una legislazione sempre più
antidemocratica e repressiva. Sono tutte cose che abbiamo già visto. E
personalmente sono contrario agli allarmismi. Ma abbiamo la
responsabilità di evitare che gli allarmi diventino giustificati.
Tobia
Zevi, Associazione Hans Jonas twitter @tobiazevi
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Storie - Poesia e Lager: sulla strada per Leobshütz |
Può
la poesia raccontare l’orrore dei lager? Theodor W. Adorno aborriva
l’estetizzazione della Shoah e sentenziò: “Dopo Auschwitz scrivere
ancora dei poemi è barbaro”. Primo Levi, in una lettera del 1979
confidò a Giancarlo Borri: “a dispetto di Adorno, non solo si possono
ancora fare poesie dopo Auschwitz, ma su Auschwitz stesso si possono, e
forse si debbono, fare poesie...”. E infatti in Europa nel dopoguerra
ci hanno provato in molti, con versi dolenti e delicati, potenti e
disperati: non solo gli italiani Primo Levi, Umberto Saba e Vittorio
Sereni, ma anche tanti altri, come Rose Ausländer, Paul Celan, Jean
Cayrol, Charlotte Delbo, Robert Desnos, Max Jacob, Jadwiga Leszczynska,
Nelly Sachs, Jorge Semprun, Adam Zich. A questo tema è stato dedicato
qualche anno fa, nel 2007, un saggio curato da Alberto Cavaglion,
intitolato Dal buio del sottosuolo. Poesia e Lager, edito dall’Istituto
piemontese per la storia della Resistenza. (...)
Mario
Avagliano twitter
@Marioavagliano
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notizie flash |
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rassegna
stampa |
Siria - Emma Bonino: "No ad azioni militari"
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la rassegna |
"Non
ritengo esistano soluzioni militari possibili in Siria, almeno
nell'immediato". Così il ministro degli Esteri Emma Bonino intervenendo
questa mattina a Londra su una possibile azione per dirimere la
drammatica conflittualità tra forze governative e ribelli.
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Era
ricercato dal 1945. Dopo quasi 70 anni l’arresto: Hans Lipschis, 93
anni, uno degli ultimi guardiani di Auschwitz ancora in vita, entro i
prossimi due mesi sarà incriminato per concorso in omicidio. Al quarto
posto nella lista dei criminali nazisti stilata dal Centro Wiesenthal,
è stato fermato su indicazione della procura di Stoccarda.
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