Adolfo
Locci,
rabbino capo
di Padova
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Quando un uomo abbia un figlio traviato e ribelle…” (Deuteronomio 21:18)
Nel Talmud i maestri affermano che un caso del genere “non c’è stato e
non ci sarà. Perché allora la Torà ne parla? Studia e ricevine il
premio” (Sanhedrin 71a). Rabbì Shelomo Efraim ben Aharon Luntschitz
(1550 – 1619) sostiene che questi versi rappresentino allegoricamente
un grande insegnamento: attenzione a non approfittare del fatto che
“siamo figli per l’Eterno”, e dunque autorizzati a commettere qualsiasi
reato, perché poi il Signore misericordioso ci perdonerà come un padre.
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Anna
Foa,
storica
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Dice
bene David Bidussa nel suo commento di ieri, sostenendo che il vero
problema di Vergès non era il fatto che difendeva degli indifendibili
ma il fatto che relativizzava il loro delitto. Storicizzarlo, renderlo
comprensibile nel suo contesto storico, in qualche modo giustificarlo,
voleva anche dire abolire la questione della responsabilità
individuale. Fare dei delitti di Carlos, di quelli di Pol Pot di tanti
altri simili a loro dei delitti politici voleva dire in realtà non
porsi mai il problema del loro agire, delle azioni di cui gli imputati
dovevano individualmente rispondere, fossero uno, cento, un milione di
omicidi.
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"Nuove sfide per la
leadership ebraica"
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Sul
numero di Pagine Ebraiche di agosto attualmente in distribuzione, è
pubblicata in forma integrale la relazione tenuta dal presidente
dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna in
occasione del Consiglio del 14 luglio 2013.
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Voci a confronto |
“Basta
violenze”. Lo afferma il generale Al-Sisi nel giorno del fallimento dei
nuovi cortei pro-Morsi. Aumenta però il numero delle vittime: 36
detenuti vicini ai Fratelli Musulmani sono morti durante un tentativo
di fuga (Stampa). A destare particolare orrore, una nuova volta, il
dramma della comunità cristiana d’Egitto. Cinquanta edifici e chiese
distrutte, migliaia di persone nel panico. Al Zawahiri incita intanto
alla vendetta contro i copti (Messaggero).
Ha fatto il giro del web l’immagine delle due atlete russe baciatesi
ieri a Mosca nella giornata conclusiva dei mondiali d’atletica. Una
manifestazione d’affetto che in molti hanno interpretato come una forma
di protesta per i nuovi dispositivi anti-gay adottati dal governo Putin
(Repubblica). Torna il grande calcio e tornano cori e buu razzisti.
Ieri a Roma, durante la supercoppa, nel mirino dei tifosi laziali sono
finiti tre calciatori della Juventus: Pogba, Asamoah e Ogbonna.
L’arbitro Rocchi ha disposto la conclusione dell’incontro con alcuni
secondi di anticipo (Gazzetta dello sport).
Richiesta shock della federcalcio palestinese alla Fifa: escludere la
federarazione israeliana dal massimo consesso mondiale per aver
impedito, questa l’accusa, “l’ingresso di alcune squadre arabe in
Cisgiordania” (Corriere dello sport).
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Risorse e bilanci
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Sul
numero di Pagine Ebraiche di agosto, attualmente in distribuzione, un
approfondimento sull’ultimo Bilancio dell’Unione delle Comunità
Ebraiche.
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L'OMAGGIO ALLO SCRITTORE TRIESTINO
Boris Pahor, cento anni per un'Europa libera
Si
apre una settimana di grandi festeggiamenti per Boris Pahor, lo
scrittore triestino che più di ogni altro ha dato dignità e
rappresentanza agli sloveni della Venezia Giulia e che domenica
prossima compirà cento anni di vita. Una delle firme più prestigiose e
a lungo dimenticate del Novecento. Antifascista, partigiano, cattolico.
Penna implacabile contro i crimini del nazifascismo ma anche contro la
repressione comunista nei territori dell''ex Jugoslavia. Padre di testi
memorabili come “Necropoli”, “Il rogo nel porto” e “Qui è proibito
parlare” ma anche un amico per la redazione del portale dell'ebraismo
italiano e di Pagine Ebraiche che ha voluto incontrare in due diversi
edizioni del laboratorio giornalistico Redazione Aperta.
Molti i temi affrontati nel corso dell'esclusiva intervista rilasciata
a Daniela Gross e pubblicata su Pagine Ebraiche nel 2011. Dai traumi
più duri dell'infanzia alla prigionia nei campi di lavoro nazisti,
dalla responsabilità di essere punto di riferimento intellettuale di un
popolo discriminato al dovere imprescindibile della testimonianza. E
ancora, a saldare il flusso dei ricordi, le prime reminiscenze della
Trieste ebraica di inizio Novecento. “Sono
nato in via del Monte 13, in una casa alla sommità della salita su cui
si trovava anche allora la scuola ebraica, davanti al vecchio cimitero
ebraico. La sera mia madre stirava alla luce del lampione appeso a
illuminarne l’entrata. Dei miei anni di ragazzo – racconta Pahor –
ricordo invece le passeggiate nel ghetto, prima che venisse abbattuto,
con le sue piccole rivendite e quell’odore inconfondibile in cui il
profumo del caffè si mischiava agli effluvi delle friggitorie di pesce.
E poi i libri...”
Un commovente contributo da parte di un maestro della letteratura
contemporanea che, al tramonto della propria vita, continua a tenere
dritto il timone della speranza e a riporre le migliori aspettative e i
migliori auspici nell'impegno delle nuove generazioni. A patto che,
precisa, “si trovi la maniera di stare al mondo in un altro modo”.
A Boris Pahor un caloroso mazal tov da parte di tutta la redazione!
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
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Oltremare
"Shabbat & The City"
Narrano
leggende urbane che a Tel Aviv ci siano oltre 200 templi. Piccoli o
grandi, stracolmi o che a malapena riescono a fare minian, cioè a
raggiungere quel minimo di 10 uomini adulti per chiamarsi “comunità”.
Io ci credo, anche perchè Tel Aviv era un centro per nulla periferico
di studio e di vita ebraica quando ancora il concetto di ebreo laico
non aveva preso piede come oggi, e un po’ tutti si ritrovavano al
tempio quotidianamente o quasi.
Daniela Fubini, Tel Aviv
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In
cornice - Erode
Il
revisionismo storico coinvolge anche Erode? La sua figura è vista in
modo chiaramente negativo dai nostri Maestri. Basti pensare al racconto
riportato in uno dei primi fogli del trattato di Baba Batra’, in cui
Erode è incolpato dell’assassinio di tutti i membri del Sanhedrin – uno
escluso che però subì l’accecamento, e anche di intrattenere strani
rapporti con la moglie imbalsamata.
Daniele Liberanome,
critico d'arte
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Tea
for two - We are family
Verità
universalmente riconosciuta: è più facile creare una famiglia ebraica
quando non si ha pressione sociale piuttosto che quando si vive
quotidianamente con questo pensiero fisso. Notavo come radical molto
chic, con gonne fantasia e top dai motivi tribali, riescano a trovare
il ‘bravo marito ebreo’ molto più facilmente delle stressatissime
jewish princesses che si dividono tra studio e corsi di cucina.
Rachel Silvera, studentessa
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