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3 settembre 2013 - 28 Elul 5773
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav
Roberto
Della Rocca,
rabbino
Ogni anno, con il sopraggiungere di Rosh HaShanah, assistiamo a un riavvicinamento alle tradizioni anche da parte di molti che durante il resto dell’anno raramente si vedono nei vari Batè HaKeneset o ad altre manifestazioni comunitarie. Non si tratta evidentemente di una semplice abitudine, né di un fenomeno ripetitivo di atavica memoria. C’è davvero, oltre alle ansie e ai timori che il giudizio divino può suscitare nel nostro animo in questo periodo dell’anno, un profondo desiderio di riconquistare una parte di noi stessi per lungo tempo trascurata, valori e ideali che probabilmente non abbiamo mai abbandonato del tutto. Il ritrovarci assieme a altri nostri fratelli, in questi giorni dell’anno, ci dovrebbe rendere più consapevoli del fatto che essere ebrei significa andare oltre ciò che, abitualmente, siamo capaci di fare. Soprattutto nell’ambito dei nostri rapporti con gli altri, i Yamim Noraim costituiscono una grande occasione per imparare ad andare oltre ai nostri limiti. Con l’augurio che sia un anno di riscoperta del grande valore della Aavàt Israel.
 
Dario
Calimani,
anglista
“Un cristiano non può essere antisemita”. Lo ha detto papa Francesco, e l’affermazione fa sorridere e al tempo stesso fa venire i brividi. Se fosse stato vero nei secoli passati…
 
“Coordinamento,
autonomia  e solidarietà”
In occasione del Rosh HaShana 5774 il Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha inviato ai Consiglieri UCEI, ai Presidenti delle Comunità ebraiche italiane, ai rabbini e agli altri esponenti ebraici un messaggio augurale.
 
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Voci a confronto
“Le suore brigidine ci hanno nascosto, ma soprattutto ci hanno restituito la dignità permettendoci di vivere la nostra identità ebraica”. La testimonianza di Piero Piperno sull’ultimo numero di Italia Ebraica è oggi ripresa quasi integralmente da Avvenire in vista della prossima consegna, alle suore del convento di Piazza Farnese, di alcuni attestati di coraggio rilasciati in estate dal Centro Simon Wiesenthal di Los Angeles. Incontro in Vaticano tra papa Francesco e alcuni esponenti del World Jewish Congress. Nell’occasione il pontefice ha rivolto i propri auguri per l’imminente ingresso dell’anno ebraico 5774 confrontadosi, con i propri interlocutori, su sfide e iniziative nel segno dei valori comuni. A partire dall’impegno per la risoluzione delle controversie internazionali, Siria in primis. “Un cristiano non può mai essere antisemita”, ha poi sottolineato Francesco (Corriere della sera). Il conflitto tra lealisti e ribelli siriani è ancora oggi dominante sulla stampa italiana e internazionale. Sulla Stampa Maurizio Molinari fa il punto sul fronte arabo anti-Assad, mentre Michael Sfaradi – su Libero – si sofferma sul piano di evacuazione predisposto, in caso di necessità, per gli abitanti di Tel Aviv. Al Festival del Cinema di Venezia il regista israeliano Amos Gitai conquista il premio Bresson con il suo nuovo lavoro: una pellicola che racconta la convivenza di ebrei e musulmani in una bidonville posta tra Jaffa e la Striscia di Gaza. “Continuo a credere nella convivenza tra popoli diversi – ha affermato – e rifiuto la logica della violenza” (Corriere). Sul dorso romano del Corriere l’invito di Paolo Conti affinché, con la 70esima ricorrenza del rastrellamento al Portico d’Ottavia, il 16 ottobre diventi “giorno di lutto cittadino”.
 
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Risorse e bilanci
Sul numero di Pagine Ebraiche di agosto, un approfondimento sull’ultimo Bilancio dell’Unione delle Comunità Ebraiche.
 
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  davar
rosh hashanah 5774
Ricordiamoci del futuro
Ci sono almeno due buone ragioni per versare lacrime sincere. Un intenso dolore, ovviamente. Ma anche una sorta di commozione, quella che si prova ammirando le capacità professionali altrui. In genere si piange per un motivo, oppure per un altro. Non so come, il collega Joerg Bremer, corrispondente da Roma del più autorevole quotidiano europeo, la Frankfurter Allgemeine Zeitung, è riuscito invece con un suo articolo a farmi mischiare le lacrime. Magistrale la sua professionalità, nel raccontare in poche parole e senza sprecarne alcuna, una storia, la nostra. Dolorosissimo il tema, soprattutto per chi, come molti di noi, ha probabilmente trascorso l’anno dimenticandosi di affrontare i veri problemi dei tempi nostri. Il titolo “Die Sehnsucht nach deutsche Vita” (Alla ricerca di una vita tedesca, che suona come ‘Dolce vita’ sulla base di una perfida e intraducibile assonanza) ci racconta di un’intera generazione di giovani italiani che prepara le valige. I nostri giovani se ne vanno. Quelli su cui abbiamo investito, quelli cui avremmo dovuto consegnare il futuro. C’è chi ha l’aria di partire per le vacanze e spera di non tornare. Chi si tuffa in un Erasmus tentando di tirarla per le lunghe. Chi trova finalmente un lavoro adeguato. Chi ha conquistato nelle nostre scuole competenza e professionalità e ora vorrebbe farsi valere là dove tali doti non vengono di norma prese a calci. Sono stufi della nostra politica, della burocrazia, della morte delle speranze. E chi non parte, accarezza almeno la speranza di farlo. La Germania, con il suo mercato del lavoro in forte crescita, il suo sistema di vita semplice e trasparente, è una meta privilegiata, ovviamente non la sola. E Bremer racconta le speranze, i successi e le disillusioni dei tanti giovani che cercano di imparare qualche parola di una lingua difficile prima di lasciare l’Italia, sbarcano e conquistano il successo, oppure talvolta non riescono a resistere e ritornano sconfitti. La sua inchiesta serve a dirci che non si tratta di singoli casi isolati, dei figli degli amici, o dei nostri, che vanno in giro per il mondo. E’ un esercito che ci volta le spalle. Quello che è vero per la società italiana lo è ancora di più per gli ebrei italiani. A Berlino, dove in pochi anni da 6000 gli ebrei superano i 100 mila, a Londra e a Tel Aviv. Siamo i primi ad apprezzare i benefici della globalizzazione, della possibilità di andare lontano. Ma se i casi singoli, soprattutto quando la meta è Israele, non possono che suscitare simpatia, possiamo davvero permetterci un esodo massiccio della nostra gioventù più motivata? Prima che sia troppo tardi, sarebbe forse meglio rivedere l’agenda. Nell’anno che sta per concludersi abbiamo perso tempo, assieme a milioni di connazionali, abbandonandoci al vittimismo, alla malevolenza, all’invidia. Abbiamo mancato di riconoscere i meriti di chi lavora. Ci siamo appassionatamente disputati una torta delle risorse che diventa sempre più piccola senza minimamente preoccuparci di ingrandirla. Come se non bastassero i nemici veri, ci siamo inventato nemici immaginari. Non è solo imbecille, è anche un fattore che avvelena la crescita. Molti dei nostri giovani non possono capirlo e, al di là della crisi, trovano un motivo in più per fare le valige. Perché così facendo sbarriamo la strada del loro futuro. Nel nuovo anno, fra i tanti buoni propositi, potremmo cercare di pensare a loro. Impegnamoci per una formazione culturale e professionale che non sia di cartapesta e per la creazione di posti di lavoro veri. Fermiamo la retorica, la superficialità, il precariato. Restituiamo spazio alla speranza. Il direttore della Stampa Mario Calabresi ha ben colto questo punto parlando del futuro dei giovani giornalisti italiani in un editoriale intitolato “Creare lavoro, non solo difenderlo” (di fronte alla crisi, scrive, “un solo soggetto e sconfitto: i giovani giornalisti o gli aspiranti tali, quasi che il problema fossero loro. Non solo gli si dice che per salvare l’esistente e necessario alzare un muro che li tenga lontani, ma non gli si da nemmeno la possibilita di imparare”). Per quanto mi riguarda ho deciso di cominciare l’anno con gli occhi asciutti. L’ultima lacrima che mi restava l’ho spesa per l’emozione di firmare una dichiarazione, la sesta, diretta all’Ordine dei giornalisti a certificare la conclusione di un nuovo praticantato giornalistico. Sei giovani ebrei italiani cresciuti in campo ebraico sono oggi giornalisti professionisti a testa alta. Grazie al Consiglio e alla Giunta dell’Unione per questo piccolo grande segnale di coraggio che fa ripartire la speranza e crea grandi risorse con piccoli investimenti. Nel 5774, prima di perderli e di doverli rimpiangere, investiamo sui nostri giovani. E ricordiamoci del nostro futuro.

Guido Vitale, giornalista
Pagine Ebraiche, settembre 2013


medio oriente
Se Israele si sente più sola
“Atem lo levad”, “Voi non siete soli” aveva detto Obama nel suo discorso a una platea di giovani a Gerusalemme durante la visita dello scorso marzo.
Dopo gli ultimi sviluppi della crisi siriana, la stampa israeliana e internazionale raccontano come siano in tanti, nello Stato ebraico, a sentirsi oggi un po’ più soli (nell’immagine Barack Obama con il suo vice Joe Biden durante il discorso a proposito dell’intervento americano in Siria).
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rosh hashanah 5774
La risposta ebraica agli auguri
inviati da papa Francesco


Il quotidiano della Santa Sede L'Osservatore Romano in distribuzione nelle prossime ore riporta una dichiarazione del presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna in merito agli auguri per il prossimo anno ebraico 5774 formulati da papa Francesco in occasione di un incontro con i leader del World Jewish Congress. Nell'articolo, che riportiamo di seguito, si fa inoltre menzione al messaggio inviato nelle scorse ore dal papa al rabbino capo di Roma rav Riccardo Di Segni.

Gli ebrei italiani hanno accolto «con amicizia e spirito di fratellanza» gli auguri formulati dal Papa alla vigilia di Rosh haShanah, la festività che segna l’inizio dell’anno ebraico 5774. Lo dichiara all’Osservatore Romano il presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane (Ucei), Renzo Gattegna, che sottolinea l’importanza dei temi trattati dal Pontefice durante l’incontro con una delegazione del World Jewish Congress svoltosi lunedì 2 settembre, e cioè «condivisione di valori e radici comuni, consapevolezza e rispetto delle reciproche diversità, difesa della dignità dell’uomo contro la barbarie del fondamentalismo religioso, impegno e sacrificio per la realizzazione di un futuro di autentica armonia tra i popoli». Temi che, a giudizio di Gattegna, «lasciano intravedere un ampio ventaglio di opportunità di crescita e collaborazione per ebrei e cristiani». Per il presidente dell’Ucei siamo di fronte a «un processo che dal concilio Vaticano ii ad oggi, nel solco della nuova fase di apertura e dialogo inauguratasi in quella circostanza, ha portato a risultati di notevole concretezza». Si tratta di «un fuoco da alimentare costantemente con nuove iniziative e occasioni di incontro» e di «una sfida viva e attuale per l’anno 5774 alle porte. Ad accoglierci è infatti una fase storica di notevole complessità in cui ognuno di noi, con determinazione e con la massima consapevolezza, è chiamato ad offrire il proprio contributo in favore della pace». Per le prossime festività ebraiche il Papa, come di consueto, ha inviato un telegramma anche a Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, nel quale esprime «l’augurio più vivo», assicura il «ricordo nella preghiera» e auspica il consolidamento dell’«amicizia tra ebrei e cristiani».
(L'Osservatore Romano, 4 settembre 2013).

Qui milano
Consiglio, aria di crisi
Momenti di tensione e aria di crisi al Consiglio della Comunità ebraica di Milano. Il presidente Walker Meghnagi ha lasciato anzitempo la seduta con un gesto polemico. A scatenare i problemi, il dibattito circa la copertura dell’assessorato alla Scuola dopo le dimissioni di Daniele Schwarz lo scorso giugno.
In precedenza approvato il progetto di trasferimento dell’Ufficio rabbinico dalla sede della Sinagoga centrale agli uffici della Comunità, che si trovano all’interno dell’edificio scolastico.
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qui venezia
Omaggio a Amos Gitai
Nella giornata di Ana Arabia di Amos Gitai (nell’immagine una scena del film), la settantesima edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia va avanti offrendo interessanti spunti per la presenza di molti esponenti dell’ebraismo cinematografico.
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Rosh Hashanah 5774
Qui Parma - Un anno elevato
Rosh hashanah 5774
Qui Genova - Un anno di ricerca
Rosh hashanah 5774
Qui Vercelli - Un anno di fiducia
rosh hashanah 5774
Qui Modena - Un anno di studio
pilpul
La crisi della speranza
Con il Capodanno ebraico ci auguriamo che i prossimi dodici mesi siano buoni e dolci come il miele. Dal punto di vista psicologico è necessaria una dose di speranza, persino di incoscienza, per garantirsi l’entusiasmo necessario per ricominciare. Le vacanze servono proprio a questo, a liberare la testa dalle preoccupazioni e dai problemi concreti, per recuperare uno sguardo più leggero, più ampio, un po’ più ingenuo e positivo.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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Storie - La famiglia e il pacco
Ci sono microstorie della Shoah che commuovono e appassionano in modo particolare. Una di queste, è la vicenda della famiglia Klein-Sacerdoti, raccontata da Giorgio Sacerdoti nel libro “Nel caso non ci rivedessimo” (Archinto), con l’ausilio di lettere dell’epoca. I Klein sono di Colonia, in Germania, i Sacerdoti originari di Modena, ma vivono a Milano.

Mario Avagliano
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