Roberto
Della Rocca,
rabbino
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Yitrò,
suocero di Moshè e prototipo di una sincera conversione all'ebraismo,
porta nella radice del suo nome - y t r - il significato di un qualcosa
che si aggiunge. La Parashah di Yitrò, che contiene anche le Dieci
Parole, si apre con l'azione dell'ascolto (Shemòt, 18; 1) perché,
diversamente da altri che sentono ma non ascoltano, Yitrò òde e
comprende a fondo il messaggio della Torah.
Si potrebbe dedurre che il valore aggiunto che può apportare una
persona che vuole far parte del popolo ebraico dipende anche da quanto
quest'ultimo è veramente aperto ad ascoltare e ad apprendere.
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Dario
Calimani,
anglista
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I
fatti di Roma stanno sconvolgendo tutto il mondo ebraico italiano. È
inutile cercare di sminuirne la gravità ed è inutile, ora, cercare di
tirarsi indietro dalle responsabilità, come è inutile cercare di
eufemizzare il dibattito, che chiede di essere affrontato a viso
aperto, se non si vuole semplicemente mettere un momentaneo
silenziatore a un’arma carica. Qualcuno ha insegnato a intendere il
dialogo come il monologo interiore di chi si guardi allo specchio e si
dia ragione. C’è chi pensa che l’altro non abbia il diritto né di
pensare né di esprimere la propria idea e sia, per il puro fatto di
essere l’altro, sempre nel torto. E ci sono Maestri d’intelletto che
dichiarano giusto zittire l’altro. Ma chi è costretto al silenzio non
si convince dei suoi errori, si convince invece di aver di fronte un
avversario incapace di far valere le sue ragioni se non con il sopruso,
anziché con la logica e con la parola. Il silenzio dell’altro non rende
di per sé giuste le proprie idee, e soprattutto non rende migliore la
causa che si difende. L’alibi per questa vittoria della sopraffazione
violenta sarebbe l’amore assoluto per Israele. Come se chi la pensa
criticamente nei riguardi di una politica israeliana contingente non
avesse anche lui contato i suoi morti nella Shoah o non avesse anche
lui i suoi amici e i suoi parenti in Israele, non avesse anche lui, con
Israele, la sua storia d’amore. Qualcuno non vuole che si parli di
fascismo e di squadrismo. Non ne parleremo. Ma qualcuno sta ben
scrivendo, su media diversi, di tradimento dell’ebreo di sinistra. Una
definizione, oltre che una ragione, per tutto ciò la si deve pur
trovare. A meno che il protrarsi della situazione non giochi a favore
di una certa visione politica della vita comunitaria. ‘Cui prodest’ è
sempre un interrogativo lancinante che squarcia il sereno equilibrio di
ogni riflessione sull’argomento. Sapere poi, come afferma qualcuno, che
c’è chi cerca visibilità o carriera cavalcando l’ebraismo non rende
certo giusta la prepotenza con cui lo si contrasta. E che sia un
rabbino a giocare su questo equivoco non fa bene né all’etica né
all’immagine. Perché dal rabbino mi aspetto che insegni il dovere del
rispetto reciproco, non che giustifichi, per qualsiasi motivo, le
prevaricazioni. Che mi insegni soprattutto – se qualcosa ha da
insegnarmi – a non giudicare l’altro fino a che non ci si sia trovati
al suo posto (Pirké Avoth), ossia finché non si siano colti – in buona
fede – i suoi reali intenti. Chi giudica, inoltre, dovrebbe partire
dalla premessa necessaria di un proprio giudizio di sé, perché gli
intellettuali che approfittano di situazioni e posizioni a fini di
visibilità o di carriera ci sono su ogni versante della politica, e
anche su ogni versante della società: ebraica e non, borghese o di
ghetto, laica o religiosa. Dai Maestri ci si aspettano altri
insegnamenti che non siano le giustificazioni partigiane per una lotta
fratricida. E chi ha acceso le micce ha ora il dovere di sporcarsi le
mani per disinnescarle con una generosa concessione al senso di
responsabilità. E gli auguriamo di non bruciarsi.
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Progetti Otto per Mille
Presentazione domande |
Scadrà
il 28 febbraio il termine per la presentazione dei progetti da
realizzare con il contributo Otto per Mille. Gli Enti o associazioni
interessati dovranno compilare l'apposita scheda dimostrando di aver
presentato il modello EAS all'Agenzia delle Entrate. La Commissione
Bilancio e Otto per Mille valuterà l'ammissibilità dei progetti e
proporrà l'assegnazione del contributo previa approvazione del
Consiglio dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
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Il futuro della Memoria
è nelle mani della scuola
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“Dovete
far sì che queste cose non succedano mai più, che domani l’Italia e
l’Europa siano migliori. Questa memoria deve trasformarsi in storia e
dobbiamo sentire la responsabilità di portare con noi il significato di
questa esperienza”. Parole dirette agli studenti dal ministro
dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza, in visita ad Auschwitz in
occasione del Viaggio della Memoria, a cui ha partecipato il presidente
del Senato Pietro Grasso. Al loro fianco il presidente UCEI Renzo
Gattegna con cui il ministro ha firmato una circolare per consolidare
il lavoro sul insegnamento della Shoah nelle scuole, svolto
congiuntamente dal ministero dell’Istruzione, dell’Università e della
Ricerca e dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (Corriere.it). A
raccontare a giovani gli orrori della vita nel campo di concentramento,
i Testimoni Sami Modiano e Andra e Tatiana Bucci, affiancati dallo
storico Marcello Pezzetti, direttore del Museo della Shoah di Roma
(Avvenire).
Il Giorno della Memoria dovrebbe rimanere fuori da polemiche legate
alla politica. Eppure si è fatta sentire ieri l’assenza del primo
cittadino di Napoli, Luigi De Magistris alla presentazione delle
iniziative per la Giornata della Memoria del prossimo 27 gennaio con il
rabbino capo di Napoli e del Meridione Scialom Bahbout. Alle critiche
il sindaco, tornato dal discusso viaggio in Cisgiordania dove ha
ricevuto la cittadinanza onoraria palestinese, ha risposto che “il
Comune di Napoli ha organizzato, insieme alla comunità ebraica di
Napoli, le iniziative per la Giornata della memoria, a cui parteciperò
come sempre ho fatto, essendo convinto che non ci sia futuro
democratico per un Paese senza memoria, in particolare della tragedia
della Shoah”(Il Mattino).
Con l’approssimarsi del 27 gennaio la Memoria è uno dei temi di
riflessione su cui si soffermano i quotidiani italiani. Se sul
Messaggero si da spazio alla spinosa questione taglio annunciato dal
Campidoglio su viaggi delle Memoria (scelta obbligata spiegano dal
Comune di Roma), il Corriere della Sera si sofferma su una storia di
testimonianza che intreccia la tragedia della Shoah a quella dei
desaparecidos in Argentina. E’ la storia di Vera Vigevani Jarach, che
perse il padre ad Auschwitz, e della figlia Franca, scomparsa nelle
mani della dittatura militare argentina.
“L’opera di ricovero e salvataggio (degli ebrei) fu chiaramente
coordinata dai vertici della Chiesa” e “la ricostruzione storica
dell’aiuto che prestò la Chiesa non è frutto di posizioni ideologiche
filocattoliche ma nasce da puntuali ricerche”. Prende posizione dalle
pagine dell’Osservatore romano la storica Anna Foa, come già in
passato, in merito alle valutazioni del ruolo avuto dalla Chiesa, e
dalle sue alte cariche, durante il periodo della persecuzione ebraica
da parte del nazifascismo. Secondo Foa a cancellare “l’immagine
proposta negli anni Sessanta di un papa indifferente alla sorte degli
ebrei o addirittura complice dei nazisti” sono lo studio e la ricerca
storica condotte in questi anni sulle “modalità con cui fu portata
avanti l’opera di ricovero e salvataggio dei perseguitati” (in merito
la storica cita tra gli altri l’ultimo lavoro dell’ex ministro Andrea
Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio), in particolare
“sulla vita degli ebrei durante l’occupazione, dalla ricostruzione di
storie di famiglie o di individui”. A fianco a questa analisi storica,
Foa propone poi la tesi per cui la convivenza obbligata tra i cattolici
e gli ebrei che trovarono rifugio negli istituti ecclesiastici sia
stato il retroterra su cui avviare il dialogo tra i due mondi, un
dialogo iniziato dal basso seppur interrotto nell’immediato dopo guerra
e poi riavviato nel corso degli anni. “Io credo – scrive la storica
-che questa familiarità nuova e improvvisa, indotta senza preparazione
dalle circostanze, in condizioni in cui una delle due parti era
braccata e rischiava la vita ed era quindi bisognosa di maggior “carità
cristiana”, non sia stata senza conseguenze sull’avvio e sulla
recezione del dialogo”.
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qui milano
Il ministro Kyenge al Memoriale
“Da qui si costruisce il futuro”
Una
visita attenta e una grande sensibilità nei confronti della materia. Il
ministro dell’Integrazione Cecile Kyenge ha partecipato alla cerimonia
di intestazione dell’Auditorium del Memoriale della Shoah ai coniugi
Joseph e Jeanne Nissim. A guidare il ministro attraverso il percorso
nei sotterranei della Stazione centrale di Milano da cui migliaia di
persone furono deportate verso l’orrore dei campi nazisti è stato il
vicepresidente della Fondazione Memoriale e vicepresidente dell’Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane Roberto Jarach. E dal Memoriale Kyenge
ha ricordato la terribile intolleranza che di quell’orrore fu causa,
lanciando un alto monito contro il razzismo.
“Questa pagina triste deve aiutarci a costruire per i nostri figli un
futuro che sappia ricollegarsi al passato e al presente, in cui sia
valorizzata la diversità e una politica inclusiva” la sua riflessione.
“Se vogliamo combattere il razzismo, dobbiamo imparare a metterci nei
panni dell’altro, pensare che ciò che capita al nostro vicino potrebbe
succedere anche a noi. Con questi presupposti siamo chiamati a
costruire nuove politiche culturali, in Italia e in Europa. E per farlo
si parte anche da luoghi come questo”.
A sottolineare come il Memoriale rappresenti proprio “un patrimonio
della città di Milano rivolto al futuro” è stato, nel corso
dell’incontro introdotto dal giornalista Antonio Ferrari, Roberto
Jarach, ringraziando i coniugi Nissim per il loro impegno e
ripercorrendo la storia della struttura, che in queste settimane ha
raggiunto un traguardo importante: l’apertura alle scolaresche e alla
cittadinanza in giornate fisse (si inizierà il 26 e 27 gennaio, quando
i visitatori saranno accompagnati anche da personaggi di primo piano
della cultura milanese, tra gli altri Gad Lerner e Natalia Aspesi -
prenotazioni sul sito www.ticketone.it).
“Quando crescono i segnali di intolleranza e antisemitismo diventa
ancora più urgente coinvolgere i giovani nella riflessione sui crimini
del passato contro il negazionismo. Ma è importante farlo in modo nuovo
attraverso esempi positivi - ha ricordato Gabriele Nissim, presidente
dell’associazione ‘Gariwo, la Foresta dei Giusti’, che ha organizzato
l’iniziativa insieme alla Fondazione Memoriale – Attraverso l’esempio
dei Giusti oggi abbiamo la responsabilità di educare alla
responsabilità”.
Poi i discorsi hanno lasciato spazio alla rappresentazione teatrale,
con lo spettacolo “Il Memorioso” (in scena Massimiliano Speziani con la
regia di Paola Bigatto).
Presenti in sala erano, tra gli altri, anche il presidente della
Comunità ebraica Walker Meghnagi, diversi consiglieri UCEI, il
vicesindaco Ada Lucia De Cesaris, l’ex ministro Maria Stella Gelmini i
presidenti di Consiglio comunale e provinciale Basilio Rizzo e Bruno
Dapei.
“La partecipazione di figure appartenenti a diverse forze politiche
rappresenta un segnale importante nella direzione di affermare che
questo è il luogo di tutti” il commento di Jarach, rilanciando
l’appuntamento alla cittadinanza il prossimo 26 e 27 gennaio.
Rossella Tercatin
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Gli indifferenti
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Immaginiamo
– D-o non voglia! – che accada qualcosa di brutto a Cécile Kyenge,
ministra per l’Integrazione. Immaginiamo che uno squilibrato, un
esagitato, prenda sul serio quanto ha letto negli ultimi giorni – che
so? – su “La Padania”. Immaginiamo che questo qualcuno interpreti la
pubblicazione dell’agenda del Ministro non solo come un contributo alla
cronaca, ma come un’istigazione a colpire oltre che contestare.
Immaginiamo per un attimo. Di chi sarebbe la colpa? Dell’aggressore,
certo. Ma anche di tutti noi. Per aver perso la capacità di indignarci
di fronte a espressioni di odio, intolleranza e razzismo che fino a
pochi anni fa non avremmo consentito. Quando si legge che la Kyenge
vuole portare in Italia la “negritudine” (movimento di pensiero
raffinato fondato da Léopold Sédar Senghor), quando la Ministra è
continuamente paragonata a varie specie di primati, quando il colore
della pelle torna e essere un argomento, è chiaro che si sta scherzando
col fuoco. E noi? Molti – sono gli “indifferenti” di gramsciana memoria
– semplicemente si voltano dall’altra parte. Alcuni, soprattutto a
sinistra, difendono la Ministra con stanca ritualità. Pochi si rendono
conto della reale gravità del problema. Ci sono infine i mestatori
chic. Non radical-chic. Quelli del pane al pane vino al vino. Quelli di
“basta col buonismo”. Sono quelli che pubblicano articoli razzisti, che
prendono voti alimentando paura e odio, che esasperano il clima con la
penna e la parola senza rendersi conto (o forse sì?) della materia
pericolosa con cui giocano. Sono quelli che non pagherebbero, se
accadesse qualcosa. Perché alla fine pagherebbe solo l’autore del
gesto, quello che alle loro parole ci ha creduto davvero.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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L'intelligenza rispettosa |
Howard
Gardner nel suo libro Cinque chiavi per il futuro parla delle diverse
forme di intelligenza necessarie per affrontare le prossime sfide. Una
di queste è “l’intelligenza rispettosa” che nasce dalla capacità di
trovare soluzioni diversificate e rende consapevoli delle differenze
esistenti tra le persone. Permette inoltre di collaborare e rispettare
il pensiero degli altri connettendosi alla ”intelligenza etica”, la
quale va al di là dell'individuo stesso ponendosi all'interno della
società e facendosi carico delle esigenze degli altri. .
Ambra Tedeschi
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Storie
- Poesie dall'esilio
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Dal
tempo e dalla sua rima mi sono estraniato, / il tempo la mia rima mi ha
rubato. / Dove i mondi crollano e s’annientano popolazioni, / per
addensarsi in rima la parola non ha più occasioni. / Mettere in canto
l’orrore non è forse azzardato, / strappare a ciò che non ha rima
qualcosa di rimato, / per chi ancora le parole possiede nella parola
cacciar di frodo / per illustrare la carie ossea della lingua trovare
il modo, / e dove tutte le parole vengono meno, / scandire in sillabe
la danza della morte a cuor sereno?”. Così recitano i versi di una
delle poesie più belle di Han Sahl, ebreo tedesco.
Mario Avagliano
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