Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
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“Il Signore parlò a Moshè e Aron dicendo
così: “Ognuno presso il proprio vessillo ed alle insegne delle loro
case paterne si accampino i figli di Israele” (Numeri 2, 1).
Questo versetto, estrapolato dalla parashah Bemidbar che leggeremo
questo Shabbat, mi ha particolarmente inquietato in questi giorni e in
questi tempi.
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
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Faccio abbastanza fatica a dare un senso
alle coordinate attorno a cui si muove la polemica che infuria in
questi giorni sulla stampa (non solo ebraica) a proposito del libro di
Giulio Meotti e a proposito di Israele. Non ne capisco i contenuti,
probabilmente per un limite mio. Intanto non è chiara l’indicazione
“intellettuali di sinistra”. Personalmente ho scritto qualche anno fa
un libro sull’antisemitismo a sinistra, dichiarandomi io stesso figlio
di quella tradizione politica e provando anche a fornire delle
categorie politiche che a mio giudizio caratterizzano la sinistra del
nostro tempo. Ma nella polemica attuale non vedo traccia di categorie
politiche: molto semplicemente chiunque da ebreo avanza pubblicamente
delle critiche all’operato del governo israeliano o prova a immaginare
dei percorsi di dialogo con i (purtroppo molti) nemici di Israel per
costruire un percorso di convivenza, diventa immediatamente un
“intellettuale ebreo di sinistra”. Da questa non-categoria politica si
passa poi alla diagnosi medico-sociale per cui si richiama la ben nota
patologia cosiddetta dell’“odio di sè” e, com’è noto, di fronte ai
poveri pazzi non si può che assumere un pietoso atteggiamento di
commiserazione. A me sembra che chi declina in questi termini la sua
legittima polemica politica segua una strada piuttosto povera e
fuorviante. L’ebraismo italiano è oggi afflitto da un crescente
isolamento. Nel panorama internazionale il suo peso è irrilevante, pur
avendo dalla sua una storia gloriosa e plurisecolare, e soprattutto una
collocazione geopolitica apparentemente privilegiata (Roma). Forse a
causa di trasformazioni che sfuggono a un diretto controllo, o forse a
causa di una completa integrazione alle dinamiche politiche italiane
che sono visibilmente travolte da un generale impoverimento di
linguaggi e idee, fatto sta che anche l’ebraismo italiano riesce sempre
più spesso a generare polemiche fuori dal tempo e dalla realtà. Nel
resto del mondo, in Israele come negli Stati Uniti, le critiche contro
gli ebrei “di sinistra” ci sono, ma hanno caratteristiche piuttosto
differenti: sono fondate su analisi politiche, non sono ossessive e non
assumono caratteristiche che trascendono la normale dialettica.
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"Shoah, rigettiamo paragoni fuori luogo" |
"Gli ebrei italiani assistono con sgomento e
preoccupazione a una campagna elettorale in cui ripetutamente si
evocano simbologie, fatti e personaggi di un passato terrificante per
lanciare messaggi subliminali e denigrare avversari, nella illusoria
speranza di raccogliere facili consensi fra un elettorato che in realtà
è molto più maturo di quanto non si ritenga”. Così è intervenuto il
presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna.
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Jorge Bergoglio
e il Medio Oriente |
Numerosi quotidiani non sono oggi in edicola
a causa dello sciopero dei lavoratori poligrafici contro il mancato
intervento dei governi a tutela degli esodati del settore editoriale
(tra gli altri, Corriere della Sera, Repubblica, la Stampa).
In primo piano sui giornali che hanno proseguito regolarmente la
propria attività, il viaggio di Jorge Bergoglio in Medio Oriente, al
via domani con la prima tappa in Giordania. Ma è sulla visita in
Israele che si concentra la maggiore attenzione degli osservatori.
Sul Giornale, Fiamma Nirenstein ne ripercorre il programma,
sottolineando che è la prima volta che un papa visiterà la tomba
dell’ideatore del sionismo Theodor Herzl, ma soprattutto si concentra
sulla complessità della situazione della popolazione cristiana nei
paesi dell’area.
“Il papa parte in un momento molto difficile per i cristiani nel mondo
islamico – scrive -Paradossalmente, l’unica tappa in cui il Papa potrà
sorridere liberamente è Israele. È infatti l’unico Paese in cui la
popolazione cristiana è cresciuta e non subisce persecuzioni di sorta:
nel 2012 i cristiani erano 158mila, nel 2013 161mila, l’80 per cento si
definisce comunemente (anche se ormai molti vogliono essere chiamati
cristiani israeliani) arabi cristiani, e il 20 per cento russi”.
“La visita del pontefice si propone di testimoniare la volontà di
dialogo con ebrei e musulmani. Ma alcune prese di posizione di
Bergoglio possono risultare più scomode del previsto” l’analisi
proposta da L’Espresso.
Il viaggio di Bergoglio viene guardato anche nella prospettiva di un
suo possibile significato rispetto al rapporto tra israeliani e
palestinesi. Da leggere, in questa prospettiva, il riassunto di
un’intervista rilasciata dal Segretario di Stato, il cardinale Pietro
Parolin, al Centro televisivo vaticano, che viene riportata
dall’Osservatore romano.
“Chiamato poi a rispondere a una domanda sulla posizione della Santa
Sede a proposito del dialogo israelopalestinese il porporato fa notare
che i predecessori di Papa Francesco «in occasione dei loro viaggi in
Terra Santa e in moltissime altre occasioni» hanno espresso «la
posizione che la Santa Sede ha assunto» nei riguardi della questione.
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israele
– Elezioni presidenziali
La
sfida di Dalia
Dalia
Itzik, la prima donna a presiedere la Knesset tra il 2006 e il 2009, ha
ottenuto le firme dei dieci deputati necessari per candidarsi alla
presidenza dello Stato d’Israele ed entra ufficialmente nella
competizione.
Nata a Gerusalemme nel 1952, Itzik ha servito in Parlamento per più di
vent’anni, fino al 2006 nel partito laburista, poi fino alle elezioni
del gennaio 2013 nelle file del centrista Kadima. Nel suo percorso
verso la presidenza ha guadagnato il supporto di figure appartenenti a
varie forze dell’arco politico, dal centro governativo di Yesh Atid,
all’opposizione religiosa del partito sefardita Shas e spera di
ottenere anche quello del ministro degli Esteri Avigdor Lieberman che
si porterebbe dietro la sua destra laica nazionalista di Yisrael
Beytenu.
Se riuscisse a vincere il consenso di Lieberman, Dalia potrebbe davvero
sorprendere, come sottolinea il Jerusalem Post, e creare guai ai suoi
avversari più blasonati.
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qui
trieste - il laboratorio della memoria
Minoranze,
ferite aperte, diritti
Il
pubblico che ha seguito la prima sessione del seminario “La Memoria dei
Traumi, il XX secolo” in corso in questi giorni nella sala del
Laboratorio della Memoria di Trieste, ha potuto apprezzare come
affrontare un tema in maniere anche molto diverse fra loro possa essere
una grande ricchezza.
I contesti disciplinari sono stati i più diversi, e gli interventi dei
relatori, moderati dallo storico Giacomo Todeschini (Università
di Trieste) hanno concretizzato l’augurio di coloro che hanno voluto la
nascita del laboratorio, riaffermando la centralità di Trieste non solo
come capitale e luogo di incontro di tutte le minoranze, ma anche come
spazio di riflessione e conoscenza delle sofferenze, e dei diritti
delle minoranze. E l’incrocio fra gli interventi di chi lavora con
l’analisi e la raccolta delle testimonianze sia scritte che orali e il
punto di vista di un neuroscienziato ha stimolato le numerose domande
arrivate alla fine della sessione, e un confronto diretto fra i
relatori che si è prolungato ben oltre le attese.
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Oltreconfine
Lesina-Hvar,
isola di solidarietà nel cuore dell’Adriatico
È
una delle mete più amate dai turisti: mare, natura selvaggia,
un'emozione continua. L'isola croata Lesina, Hvar in croato, è un punto
di ritrovo estivo conteso da migliaia di turisti da ogni dove. Le
scorie, i dolori di un passato angosciante sembrano ormai lontani
affogati in un cocktail nel corso e in una romantica passeggiata
lungomare. A farli riaffiorare, assieme a una straordinaria vicenda di
solidarietà che vede protagonisti gli abitanti dell'isola, è la
testardaggine di Mario Viola, romano molto vicino alla Comunità
ebraica, che con pazienza certosina è andato a scavare nei meandri più
reconditi di una vicenda di cui sembrava essersi persa la memoria.
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Inutile,
quindi educativa |
A
volte, soprattutto in questo periodo dell’anno, mi capita di pensare
che insegnare il latino sia diventato semplicemente impossibile. O,
meglio, che si possa insegnarlo, ma sia impossibile verificare con un
minimo di correttezza e trasparenza quanto gli allievi hanno appreso.
Nascondere un telefonino in una manica o sotto una sciarpa è fin troppo
facile (con il greco almeno c’è il problema dell’alfabeto diverso) e i
genitori sono sempre pronti a difendere i propri figli quando sono
sospettati di aver copiato. Questo ovviamente accade in tutte le
materie, ma nel caso del latino è particolarmente evidente, forse
perché né gli allievi né i genitori vedono un’utilità pratica nella
disciplina e quindi sembrano dare per scontato che qualunque
comportamento scorretto sia giustificato.
Anna Segre, insegnante
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La
politica di demenza digitale |
Come
per tutte le altre demenze, non esiste o non è possibile stabilire un
limite per la demenza digitale. Nessuno sa dove inizi, dove finisca, o
dove potrebbe portare. Quel che però è certo, è che l'ultimo annuncio
di Beppe Grillo di istituire dei “processi popolari in rete”- per
“giudicare le colpe e l'onestà” dei cosiddetti “distruttori del paese”,
ovvero “giornalisti, imprenditori e politici” - costituisce sicuramente
uno dei parossismi di questa grave malattia del nostro secolo, oltre
che una delle ormai innumerevoli farneticazioni del leader
pentastellato e dei suoi seguaci.
Francesco Moises Bassano, studente
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Il
linguaggio della partecipazione |
Roma.
Una compagnia teatrale, dal nome “L’albero della neve”, ha voluto
affrontare la coraggiosa impresa di mettere in scena il processo al
gerarca nazista Eichmann con uno spettacolo intitolato "Il secchio”.
"Trasformare in parole quello che avete passato sulla vostra pelle, ma
che riguarda anche noi, era veramente difficile" spiegano gli autori
Daniela Coppola e Fabio Salvati "volevamo cogliere l'attualità del
discorso e renderlo più divulgativo possibile". Ed è soprattutto al
personaggio di Hanna Arendt che affidano il compito di questa
attualizzazione.
Ilana Bahbout
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Il
razzismo della porta accanto |
Un
paio di giorni fa ero nella sala d’attesa del Comune di Genova per fare
dei documenti. Non c’era ressa, c’erano sedie per tutti e i numeri
scorrevano veloci sul tabellone. A un certo punto, un ragazzo di colore
accede allo sportello e la mia vicina di sedia, una giovane signora
dall’aria mite, prorompe a voce alta in una sfuriata razzista contro i
“negri” che hanno rovinato l’Italia e contro la polizia che non spara a
vista “a quelli lì” (“… come farebbero in America”). Una donna più
anziana interviene a darle man forte. Sopraffatta dallo sdegno,
reagisco e vengo apostrofata da entrambe come “buonista ipocrita” che
vive nei “quartieri alti”, che “di extra-comunitari non ne ha mai visto
uno da vicino!”. Alzo la voce e dico che un extra-comunitario, in
realtà, me lo sono sposato. Entrambe le donne scuotono la testa con
beffarda complicità: “beh, allora è chiaro”, dice la giovane, “è una di
loro!”.
Laura Salmon, slavista
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