
Elia Richetti,
rabbino
|
È strano che, dopo aver permesso a Bil‘àm di
andare da Balàq, sia pure con l’avvertenza di dire e fare solo ciò che
D. gli dirà, Ha-Qadòsh Barùkh Hu’ Si adiri perché Bil‘àm va: se glielo
ha permesso in quello stesso momento, perché è contrario?
|
|
Leggi
|
Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
Di Gerusalemme
|
Sono stati ritrovati i corpi di Eyal, Gil'ad
e Naftali. E poi sono stati portati a sepoltura con rito ebraico,
riuniti per sempre nel cimitero di Modi'in al centro dello Stato
d'Israele. Nella tradizione ebraica esistono cinque fasi nel lutto:
prima del funerale, la prima settimana, il mese, l'anno, e poi tutta la
vita di chi rimane. È consuetudine rispettare il massimo riserbo almeno
nella prima settimana e sarebbe quindi saggio mantenere ancora il
silenzio. Ma nella dolorosa contingenza, è inevitabile che si guardi in
faccia alla realtà. L'unione e la solidarietà di tutti in Israele in
questi momenti di tragedia è evidente e trascende il quotidiano, ma la
realtà ha tante facce diverse, molteplici sono i possibili livelli di
analisi, e non è facile ritrovarsi tutti insieme attorno a un unico
grande consenso. Per esempio in queste tragiche circostanze, è più
necessaria l'euforia del bagno di folla o l'intimità della solitudine?
Si è voluto mobilitare la preghiera che è certamente il fondamento
dell'essere collettivo di Israele, ma è servita la preghiera? O
vogliamo sostenere che la preghiera c'è stata ma non è stata accolta? O
più semplicemente che la preghiera aiuta chi prega, e oltre questo noi
non possiamo capire? Chi organizza le grandi manifestazioni di
solidarietà pubblica, pensa davvero solo al benessere delle vittime o
cerca anche un'occasione per farsi notare? La colpa del tragico evento
ricade sugli ebrei, come sostengono sempre gli antisemiti? E cosa
dobbiamo pensare quando lo dice anche il rabbino Lior, che è uno dei
capi dell'insediamento ebraico di Kiryat Arba? La punizione degli
assassini deve coinvolgere collettivamente tutti i palestinesi della
zona di Hebron e di Halhul da cui sono partiti i terroristi, oppure va
limitata alla ricerca puntuale dei due rapitori? E vista la relazione
certa di costoro con Hamas, va punito il centro maggiore di attività di
Hamas che è Gaza, magari sospendendo l'erogazione di elettricità che
ancora oggi arriva quasi tutta da Israele? Per rappresaglia, è meglio
distruggere mille abitazioni di terroristi palestinesi o costruire
mille abitazioni di nuovi residenti ebrei? Se è vero che la Giudea e
Samaria è un "territorio conteso", vuol dire che oltre agli ebrei vi è
un'altra parte che ne contende la sovranità? E se questa parte esiste,
bisogna con essa stringere maggiori e sempre più affollati rapporti di
vicinato, o cercare di troncare i rapporti separandosi fisicamente
magari con una barriera? Se esiste un conflitto sul territorio,
dovrebbe questo spingere a maggiori precauzioni da parte della
popolazione civile ebraica? Come, per esempio, trasporti organizzati
più frequenti e meglio difesi? O un servizio telefonico di emergenza
gestito da persone con un cervello? Se Abu Mazen non è in grado di
acchiappare e consegnare alla giustizia due ripugnanti assassini che si
nascondono e hanno complici sul suo territorio, ci si può fidare di lui
come tutore dell'ordine in un futuro stato palestinese? E infine, cosa
pensare degli analisti e dei politici che hanno elogiato la formazione
del governo di unità palestinese OLP-Hamas? Parleranno di uno sporadico
e insensato atto di violenza giovanile contro generiche persone
innocenti, o di un tassello nell'attuazione sistematica di un programma
annunciato di guerra santa finalizzata a eliminare lo Stato d'Israele?
|
|
Leggi
|
 |
ROMA – Il dramma delle spose bambine al
centro del convegno organizzato per questo pomeriggio (17.30-20.00)
nella biblioteca del Senato dalle associazioni Summit e Remembrance
Forum Italy, presiedute entrambe dalla giornalista ed ex parlamentare
Fiamma Nirenstein. Ad intervenire anche il sottosegretario agli Esteri
Benedetto Della Vedova, Valentina Colombo (Università Europea di Roma),
Hend Nasiri (promotrice della “Campagna Nazionale contro i matrimoni
delle minorenni”, Yemen), Ernesto Caffo (presidente SOS Il Telefono
Azzurro Onlus), Isabella Bossi Fedrigotti (giornalista e presidente
Plan Italia).
|
|
 |
Ucei-Fondazione Cantoni
Borse di studio per Israele |
Anche per l’anno accademico 2014-2015
l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e la Fondazione Raffaele
Cantoni tornano a offrire borse di studio per ragazzi italiani che
intendono sostenere un progetto di formazione nello Stato di Israele.
|
|
Leggi
|
 |
L’appello di Netanyahu: “Nessuno si faccia
giustizia da solo” |
Giustizia è la parola che risuona in questi
giorni in Israele. La vogliono i genitori di Eyal, Gilad e Naftali, che
hanno visto i propri tre giovani figli morire per mano del terrorismo
palestinese. La vuole la famiglia del sedicenne Mohammed Abu Khudair,
il cui corpo bruciato è stato ritrovato ieri mattina in una foresta nei
pressi di Gerusalemme. “Agire in fretta per trovare i responsabili” ha
dichiarato il premier Benjamin Netanyahu – come riporta La Stampa – in
riferimento all’uccisione del giovane palestinese. Le autorità
sospettano che l’atto barbarico, come l’ha definito il sindaco di
Gerusalemme Nir Barkat, sia riconducibile a una vendetta dell’estrema
destra israeliana in risposta al rapimento e assassinio di Gilad Shaar,
Eyal Yifrach and Naftali Fraenkel. “Nessuno si faccia giustizia da
solo”, l’appello di Netanyahu.
L’odio però continua a crescere e ne sono la dimostrazione le terribili
parole rilasciate al giornalista Maurizio Molinari (La Stampa) dalla
madre di uno dei due uomini considerati responsabili del rapimento dei
tre ragazzi israeliani. La donna, Nadia Abu Aisheh, si dice orgogliosa
per quanto i suoi figli hanno compiuto, si definisce come “la madre di
un martire per la Palestina” ovvero di “colui che sceglie di dare la
vita per uccidere degli ebrei” e la vittoria è nel “riuscirci”. Parole
diametralmente opposte arrivano dalla famiglia Fraenkel, che alla
notizia dell’uccisione del giovane palestinese hanno dichiarato, “non
c’è differenza tra il sangue di un ragazzo ebreo e quello di un arabo.
Un assassinio è un assassinio, non esiste giustificazione, non esiste
perdono”. Parole, come sottolinea il Corriere, in risposta a chi sul
web e social network gridava vendetta per Eyal, Gilad e Naftali e si è
scatenato in violenze di strada.
|
|
Leggi
|
|
|
israele
"Giustizia,
non vendetta"
“Israele
è uno Stato di diritto e tutti devono agire secondo diritto. Nessuno si
faccia giustizia da solo”. A intervenire è il primo ministro israeliano
Benjamin Netanyahu. Inammissibile la giustizia sommaria, da qualsiasi
parte arrivi. Una risposta alle violenze di questi giorni, la
riaffermazione dell'animo democratico di Israele. E a chiedere
giustizia sono le famiglie di Eyal, Gilad e Naftali, i tre ragazzi
assassinati, secondo le autorità, da due terroristi palestinesi legati
al gruppo di Hamas. Molte le domande che gravitano attorno al caso, in
particolare dopo la divulgazione dell'audio in cui si sente la
richiesta di aiuto di uno dei ragazzi (“mi hanno rapito”, si sente
bisbigliare Gilad Shaar, cui voce è stata riconosciuta dai genitori). I
genitori chiedono chiarezza su cosa accadde quel tragico 12 giugno.
Così come invocano giustizia i famigliari del sedicenne Mohammed Abu
Khudair, il cui corpo bruciato è stato ritrovato ieri mattina in una
foresta nei pressi di Gerusalemme. “Crimine brutale” - come l'ha
definito Netanyahu – di cui ancora non sono stati identificati i
responsabili, nessuna pista è esclusa anche, stando a fonti di diversi
media israeliani, gli investigatori stanno battendo la pista
dell'estremismo di destra israeliano. L'assassinio sarebbe stato
compiuto come vendetta per l'omicidio di Eyal, Gilad e Naftali.
Accorato l'appello a fermare le violenze da parte della famiglia di
Naftali Fraenkel, che ha condannato l'assassinio del giovane
palestinese. “Non c'è differenza tra il sangue di un ragazzo ebreo e
quello di un arabo. Un assassinio è un assassinio, non esiste
giustificazione, non esiste perdono”, hanno affermati i Fraenkel. Le
autorità israeliane sono dunque impegnate a rispondere alle domande di
giustizia delle famiglie coinvolte.
Leggi
|
Israele
Ore
di tensione
Gli
scontri per le strade di Gerusalemme, i razzi sparati da Gaza che
continuano a colpire il sud del paese, il nervosismo che serra gli
animi dopo i funerali di Eyal, Gilad e Naftali. Israele vive in queste
ore momenti di grande tensione, con il nuovo, terribile episodio
dell’uccisione di Mohammed Abu Khdeir, palestinese di 16 anni, il cui
corpo carbonizzato è stato ritrovato ieri mattina in una foresta nei
pressi della Capitale. Dure le parole dei leader d’Israele
sull’accaduto, a partire dal premier Benjamin Netanyahu. Le indagini
sono ancora in corso, ma secondo quanto riportato dalla stampa
israeliana, l’ipotesi che sembra prevalere è quella di un episodio di
vendetta. E il sospetto di una dinamica simile ha infiammato la
popolazione arabo-israeliana di Gerusalemme Est, che nelle scorse ore è
stata teatro di scontri come non se ne vedevano da tempo,
Alla luce di quanto sta accadendo con Gaza, Israele sta mobilitando
truppe di terra e carri armati nel sud, anche se una fonte militare ha
rivelato al quotidiano Haaretz in condizione di anonimato che le
autorità vogliono evitare un’escalation di violenza, e che se Hamas
interromperà il lancio di razzi “alla quiete si risponderà con la
quiete”.
Leggi
|
Qui
Roma
Perché
il Giorno della Memoria
Una
pietra di inciampo contro il silenzio. Contro “quell'intollerabile
tentativo dei miei concittadini di passare per vittime, di essere
vincitori con i vincitori, buoni e nobili. Di essere brava gente”. Alza
la voce Furio Colombo per spiegare perché, quasi vent'anni fa,
intraprese la sua battaglia – assieme al senatore Athos De Luca - per
istituire il Giorno della Memoria. Quattordici anni sono passati dalla
data della prima celebrazione ed è venuto il momento di tirare le
somme. Di ritornare sui perché della sua nascita e di fare un bilancio
di oltre un decennio di Giorni della Memoria. E ancora di rispondere,
oggi come allora, alle critiche. Tutto questo trova spazio nel
libro Il paradosso del Giorno della Memoria. Dialoghi, di Furio
Colombo, Athos De Luca, con Vittorio Pavoncello, presentato ieri
nella Sala Nassirya del Senato della Repubblica. A riflettere in
quest'occasione su prospettive, contraddizioni, problematiche legate
all'istituzione del 27 Gennaio, insieme agli autori, la storica Anna
Foa, il parlamentare Luigi Manconi, il giornalista Toni Jop e
l'architetto Luca Zevi.
Leggi
|
testimoni
del '900
Vittorio
Foa, un premio al futuro
Restano
pochi giorni per partecipare alla prima edizione del premio intitolato
dalla città di Formia a Vittorio Foa, il politico, giornalista e
scrittore che vi ha vissuto per lunghi anni. Il vincitore
dell’iniziativa promossa da Sandro Bartolomeo, sindaco della città che
a Foa aveva dato nel 1998 la cittadinanza onoraria "per meriti civili e
culturali", verrà annunciato ogni anno il 20 ottobre, nella giornata
dedicata alla memoria, alla storia, alla vita e alle opere di uno dei
grandi protagonisti e testimoni delle vicende italiane del Novecento.
In quel giorno si tiene il festival “Questo Novecento e oltre”, che
vuole analizzare, illustrare e approfondire la conoscenza dei fatti e
delle scelte che sono alla base della realtà attuale.
Leggi
|
Setirot
- Tutto il resto |
Al
momento in cui scrivo, non si sa ancora con certezza se il sedicenne
Mohammed Abu Khder sia stato assassinato per rappresaglia da ebrei
fanatici – e, nel caso, terroristi. Sicuramente sappiamo l'orrore che
porta il nome di Eyal Yifrah, Gilad Shaar, Naftali Fraenkel (la loro
memoria sia di benedizione). Tutto il resto è rumore, che sui social
media spesso diventa insopportabile fracasso, schiamazzo, incitamento
all'odio antiebraico e antiarabo. A Eyal, Gilad, Naftali e a Mohammed
dobbiamo invece il silenzio del dolore e del rispetto.
Stefano Jesurum, giornalista
|
|
Finestra
sul confine - Tensione |
Sto
tornando da un convegno a Gerusalemme. Sullo specchietto retrovisore
vedo gli occhi dell’autista del taxi che lentamente si chiudono. Sono
stanca anch’io ma siamo solo a Haifa, ci sono perlomeno altri 80 km
fino a Sasa. “Di dove sei?” gli domando “Sono di Beit Hanina,
Gerusalemme est”. Non è di molte parole e io comincio a
preoccuparmi. Il taxi l’ha organizzato KAS, il Konrad Adenauer Stiftung
con il quale stiamo attuando il progetto “Partnership of Regional
Leadership” per far conoscere e cooperare 150 ragazzi di 16-17 anni
dalla Giordania, Israele e Autorità Palestinese. Cerco di essere
simpatica: “Appena arriviamo al kibbutz ti preparo un bel caffè
espresso, cosi ti tiri un po’ su!”. Non sorride.
Edna Angelica Calò Livne
Leggi
|
|
Time
out - L'abisso |
Che
sia stato ucciso perché omosessuale o per vendetta è evidente che il
compito di uno Stato democratico sia quello di garantire che gli
assassini non rimangano impuniti. Lo ha detto anche Netanyahu, esiste
un abisso morale tra una nazione dove la madre di uno dei terroristi
celebra il rapimento di tre ragazzi innocenti e un'altra dove la madre
di uno di quei ragazzi condanna in egual misura la morte di un giovane
palestinese come se fosse il figlio. Non c'è vergogna a marcare questa
differenza, perché questa purtroppo è la realtà. E se le notizie, in
realtà neanche confermate, appurassero che le cause dell'omicidio del
ragazzo arabo non siano legate alla sua omosessualità, ma a una
vendetta, certamente a Israele spetterà il compito di assicurare
giustizia come ha sempre fatto contro ogni estremismo.
Daniel Funaro
Leggi
|
|
|