10 luglio 2014 - 12 Tamuz 5774 |
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Su Pagine Ebraiche 24, la Newsletter
quotidiana di metà giornata, oggi i pensieri del rav Elia Richetti e di
Sergio Della Pergola. Nella sezione pilpul una riflessione di Stefano
Jesurum e Daniel Funaro.
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Shimon Peres
@PresidentPeres 9 lug We cannot accept death, there is
no compromise with bombshells and no compromise when there's danger
above the head of mothers and children
Benjamin Netanyahu @netanyahu 9 lug
On behalf of Israel's citizens, I thank all IDF soldiers and ISA
personnel who are participating in the operation. #ProtectiveEdge
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Iron Dome, la "cupola"
che salva le vite umane
Shimon Peres
ha lanciato un chiaro avvertimento: “Un attacco via terra potrebbe
accadere presto. Non posso dare una data. Se stanotte si fermassero i
lanci di missili, ad esempio, non ci sarebbe nessuno sconfinamento. Ma
se continuano, presto o tardi, questa sarà la risposta”. È questa la
chiave che viene scelta da molti giornali per ripercorrere le ultime
ore di tensione in Medio Oriente. “Israele a Hamas: fermatevi”, titola
il Corriere della sera. “Fermatevi o invadiamo Gaza”, la prima pagina
di Repubblica. “Israele: basta razzi o invadiamo”, la scelta del
Messaggero.
Sotto il fuoco continuo di Hamas, ieri Israele ha vissuto l’incubo di un attacco (sventato grazie a Iron Dome)
alla centrale nucleare di Dimona. Inviato a Gaza, Maurizio Molinari
racconta il conflitto visto dagli abitanti della Striscia, spesso
utilizzati dai terroristi di Hamas come scudi umani per accrescere, con
il più aperto disprezzo del valore della vita, la conta dei morti.
L’obiettivo di Hamas,
sottolinea Molinari, è quello di riuscire in risultato mai raggiunto
nemmeno dagli Hezbollah: “Portare la morte a Tel Aviv o colpire la
centrale nucleare di Dimona, presa di mira già ieri”. Sul Corriere,
Davide Frattini racconta proprio la storia della “cupola di ferro” che
ha permesso di scongiurare la caduta di missili sulla popolazione delle
principali città israeliane. Anni di ricerche, anni di incertezze. Fino
agli evidenti successi delle scorse ore. “Le idee bizzarre e quasi
fantascientifiche dei primi abbozzi – spiega Frattini – sono state
sostituite da un misto di algoritmi matematici, tecnologia radar,
prontezza umana”.
Su Repubblica le riflessioni dell’ambasciatore d’Israele a Roma Naor Gilon,
che in una lettera al direttore Ezio Mauro scrive: “È tempo che la
comunità internazionale faccia rispettare le condizioni che essa stessa
ha stabilito per Hamas: riconoscimento di Israele, degli accordi
precedenti e l’abbandono del terrorismo. È anche tempo che il
presidente dell’Autorità palestinese rompa quest’alleanza con Hamas e
torni al tavolo dei negoziati con Israele senza precondizioni. L’unica
via per giungere a una soluzione concordata di due Stati per due popoli
passa attraverso l’unione degli elementi pragmatici contro quelli
estremisti e attraverso il negoziato”. In un'intervista a Umberto De
Giovannangeli dell’Unità ribadisce il concetto: “La nostra richiesta
all’Europa, all’Italia e a tutta la comunità internazionale è di
premere fortemente su Hamas affinché accetti le tre condizioni
fondamentali per il negoziato. Senza di queste, nessun governo di unità
palestinese potrà essere legittimato”.
Impegnato a sensibilizzare l’opinione pubblica anche il suo omologo presso la Santa Sede Zion Evrony,
che ai lettori di Avvenire scrive: “Immaginate la vostra città, la
vostra casa sotto continuo attacco missilistico. Provate a pensare ai
vostri figli che, mentre le sirene cominciano a suonare, stanno andando
a scuola e hanno solo quindici secondi di tempo per trovare un rifugio.
Quindici secondi che possono significare vita o morte. Israele vive una
situazione molto difficile e ha il dovere di difendersi da
un’organizzazione terroristica, Hamas, il cui unico scopo è quello di
distruggerci”.
Nel
silenzio generale delle istituzioni, scrive Aurelio Mancuso sul
Garantista, “l’unica voce che si leva in Italia è quella autorevole del
presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Renzo Gattegna
che chiede l’intervento dell’Europa e del governo”. Un intervento senza
ambiguità per fermare l’azione criminosa di una compagine di terroristi
che, aveva spiegato Gattegna in una nota, “tiene in ostaggio con la
prevaricazione la propria popolazione civile per attuare i propri
crimini e cerca con ogni mezzo, anche abbietto, di allontanare ogni
prospettiva di pace”.
Di pace aveva parlato il presidente statunitense Barack Obama
in un articolo pubblicato in esclusiva dal quotidiano israeliano
Haaretz. Oggi sul Corriere della sera la traduzione in italiano dei
suoi progetti per il Medio Oriente. “Non è mai troppo tardi per
seminare i semi della pace, una pace vera e sentita che esiste non solo
nei progetti dei leader, bensì nei cuori di tutti gli israeliani e
palestinesi. È questo – aveva commentato Obama – il futuro al quale gli
Stati Uniti daranno tutto il loro appoggio, come il più grande amico di
Israele, l’amico più fidato e più forte”.
Da leggere inoltre, sul settimanale Tempi, la testimonianza dell’educatrice Angelica Edno Calo Livne dal kibbutz Sasa,
da sempre all’avanguardia nelle pratiche di convivenza e reciproco
rispetto tra giovani di culture, religioni e sensibilità diverse.
La grande forza di Israele è anche quella di andare avanti nonostante
le avversità contingenti. Una testimonianza arriva ad esempio dal
cantante Asaf Avidan, protagonista questa sera a Roma. “Sono un giramondo, canto per sentirmi vivo” dice in un’intervista a Leggo.
Adam Smulevich
twitter @asmulevichmoked
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