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26 agosto 2014 - 30 Av 5774
PAGINE EBRAICHE 24


ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav
Roberto
Della Rocca,
rabbino
Inizia con oggi, il primo dei due giorni di Rosh Chodesh Elùl, l’impegnativo percorso di quaranta giorni di Teshuvah che ci accompagnerà fino al digiuno di Kippùr. In verità, e senza ipocrisie, nelle nostre Comunità, in quelle stesse sinagoghe dove ci concentriamo nelle intense preghiere, nelle riflessioni sul nostro comportamento riproponendoci cambiamenti propositivi per il futuro, e dove ascoltiamo lezioni e discorsi edificanti dei vari rabbini, abbondano le persone che non si parlano e che si guardano in cagnesco. Da sempre la nostra tradizione ai discorsi retorici e a generiche dichiarazioni di principio, predilige piccole azioni quotidiane e fattive.
 
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Dario
Calimani,
anglista
Pensavamo di esserne usciti, di aver imboccato la strada giusta per la civiltà. Con qualche piccolo intoppo sul nostro percorso, è vero, ma ci vedevamo già fuori dal lungo tunnel della disumanità e della barbarie. Ora ci tocca dar ragione al pessimismo del poeta: "Now days are dragon-ridden, the nightmare / Rides upon sleep" - 'Ora i draghi cavalcano i giorni, e l'incubo cavalca il sonno".
 
La minaccia del terrore
Non c'è differenza tra la minaccia del Califfato e quella di Hamas. Lo spiega sul Corriere della Sera, il demografo Sergio Della Pergola in un corsivo in chiede che “L'occidente non rinunci a condannare il sogno islamista di una società ingiusta”. Richiamando un editoriale di Antonio Ferrari, apparso sul Corriere il 23 agosto, Della Pergola sottolinea le analogie tra la barbara esecuzione del giornalista James Foley da parte di un miliziano dello Stato Islamico e le fucilazioni di piazza di Hamas di oltre 20 palestinesi, uccisi perché presunti informatori di Israele. In entrambi i casi gli aguzzini compaiono nelle immagini incappucciati e in entrambi i casi “fanno parte di movimenti islamici armati, di ispirazione sunnita, dediti alla 'liberazione' del loro territorio da una supposta 'occupazione' straniera”, sottolinea Della Pergola. Il demografo israeliano si chiede quale società possa nascere da movimenti tanto brutali, che hanno in spregio i valori della democrazie e dei diritti umani. Ma soprattuto, si chiede perché l'Occidente ordini in modo perentorio all'Isis di rispettare questi valori mentre la stessa determinazione non viene usata nei confronti di Hamas.
Sul Fatto Quotidiano Furio Colombo cita Sergio Della Pegola e il suo testo apparso sulla newsletter dell'UCEI, Pagine Ebraiche 24, il 22 agosto scorso. Colombo suggerisce al primo ministro Matteo Renzi di analizzare il documento di Della Pergola – il testo pubblicato è l'anticipazione dell'editoriale che apparirà sul numero di settembre del mensile Pagine Ebraiche – per capire cosa accade in Iraq e dintorni. Fortemente critico nei confronti della politica estera italiana, Colombo chiede al primo ministro di richiamare persone competenti – e cita Emma Bonino, già ministro degli Esteri – per confrontarsi con il problema mediorientale e di leggere appunto il testo di Della Pergola in cui “spiega che le guerre islamiche in corso sono almeno quattro diverse guerre, con feroci divisioni e un nemico comune. Ma dimostra anche che "il nemico comune" di queste guerre non è, come si dice e si pensa, uno solo, Israele. La lista è più lunga e fa luce. Nemici che devono essere distrutti sono gli ebrei, sono i cristiani di tutte le denominazioni, sono i curdi, sono gli yazidi. Sono le altre minoranze che, tutte, hanno abitato queste terre per secoli prima dell'islamismo”.
 
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#IsraeleDifendeLaPace Domande e risposte
Domande chiare e risposte chiare e autorevoli, punto per punto, ai complessi problemi della crisi mediorientale. Aggiornamenti costanti ora per ora. L'impegno di fare chiarezza sui diversi nodi del conflitto in corso tra lo Stato di Israele e i terroristi di Hamas.
Sul portale dell'ebraismo italiano www.moked.it il lancio di una nuova area informativa dedicata dalla redazione a notizie, schede, dichiarazioni  sugli ultimi sviluppi relativi all'operazione delle forze di sicurezza israeliane nella Striscia di Gaza. Tutti i cittadini che ritengono di poter aggiungere un contributo positivo per arricchire il notiziario possono mettersi in contatto scrivendo a desk@ucei.it.
 
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  davar
QUI ROMA - l'intervento del rav di segni
"Nessun incontro con Leonelli,

il killer dell'Eur un mitomane"
“Mai sentito nominare. In ufficio abbiamo un intero faldone di gente fuori di testa che mi scrive: ci sono persone di tutti i tipi, ma francamente questo delirio non me lo ricordo”. Il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni commenta così, per i nostri lettori, l'intervista del quotidiano Repubblica al proprietario della villa in cui è stata decapitata la colf ucraina Oksana Martseniuk.
In un passaggio dell'intervista Giovanni Ciallella racconta infatti della crisi mistica attraversata dall'assassino, il 35enne Federico Leonelli, che in un determinato momento della sua vita si sarebbe avvicinato ai testi della tradizione ebraica fino a sviluppare una vera e propria ossessione per gli stessi oltre all'intenzione di arruolarsi in Tsahal.
Sollecitato a spiegare quale idee si fosse fatto sull'uomo, Ciallella risponde: “Nessuna idea, le spiego quello che diceva lui. Mi raccontava di aver incontrato il rabbino di Roma e di essere pronto a unirsi all'esercito israeliano contro Hamas e i terroristi armati di missili”.
Affermazioni sulle quali rav Di Segni interviene con queste parole: “Mi capita di incontrare e parlare con molta gente, anche per strada. Forse un giorno gli avrò pure stretto la mano e un mitomane come Leonelli avrà creduto chissà cosa. Sono dell'idea che la sua vicenda debba essere oggetto di investigazioni psichiatriche, non penso servano altre valutazioni da parte mia”. Nell'intervista si racconta anche dell'opposizione formulata dalle istituzioni israeliane alle sue folli richieste. Anche se con alcune imprecisioni: si parla infatti di consolato mentre a Roma ha sede l'ambasciata e nessun visto, diversamente da quanto si legge, è necessario per accedere in territorio israeliano.
Anche al Portico d'Ottavia nessuno ha mai visto né sentito parlare di Leonelli prima del folle omicidio. Dal Bar Totò, storico punto di ritrovo in "piazza", all'info point della Comunità ebraica la risposta è unanime: un millantatore.


Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(ha collaborato Rachel Silvera)
#ISRAELEDIFENDELAPACE
Le reticenze dell'Occidente

nei confronti di Hamas
Caro direttore, Antonio Ferrari, in un commento apparso sul Corriere del 23 agosto, coglie nel segno quando, riferendosi alle esecuzioni di supposti «collaborazionisti» sulla pubblica piazza a Gaza, scrive che «difendersi ricorrendo alla concorrenza della ferocia è una barbarie che si rivelerà anche politicamente suicida». L'osservazione nasce dall'analogia, che molti notano, fra le azioni dell'incappucciato che ha barbaramente trucidato il giornalista americano James Foley nel nome del califfato islamico, e quelle degli incappucciati palestinesi che a Gaza hanno fucilato decine di persone nel nome della lotta di liberazione di Hamas. L'obiezione che si tratti di due situazioni completamente diverse non sembra reggere al vaglio di un'osservazione più attenta. In entrambi i casi gli incappucciati fanno parte di movimenti islamici armati, di ispirazione sunnita, dediti alla «liberazione» del loro territorio da una supposta «occupazione» straniera: in Iraq, dalle ingerenze del mondo americano e occidentale, ma anche sciita, curdo, cristiano e yazida; a Gaza, da quelle di Israele, ma anche dell'Autorità palestinese, di fatto cessate nell'agosto 2005. In entrambi i casi l'esecuzione pubblica avviene senza alcuna procedura legale nella quale sia stata fornita una prova di colpevolezza e sia stato consentito ai condannati a morte di far udire le proprie ragioni. Ma al di là del parallelismo nelle tragiche coreografie, in entrambi i casi il problema di fondo è quale società civile vorrebbero creare questi movimenti di «liberazione» se dovessero riuscire nel loro intento; quali sarebbero le istituzioni democratiche e le garanzie civili, quali i diritti delle minoranze etniche e religiose, del genere femminile, dei diversi. L'Occidente, che certo si riconosce in questi parametri irrinunciabili, e che sembra pretenderli senza compromessi da parte dell'lsis, appare invece stranamente reticente nel richiedere lo stesso ad Hamas. La rappresentazione mediatica e politica dei fatti in Iraq e a Gaza resta in gran parte divisa da paratie stagne, e questo lancia un segnale preoccupante sulla capacità e volontà di giudizio in Occidente. Resta infine l'inquietante domanda: chi paga?

Sergio Della Pergola

(Corriere della Sera 26 agosto 2014)
#ISRAELEDIFENDELAPACE
Ashdod, colpito un asilo
La minaccia per la sicurezza di Israele sembra arrivare non soltanto dalla Striscia di Gaza ma anche dai confini settentrionali. Per questa ragione il governo, si apprende da Radio Israel, ha inviato truppe di supporto a protezione delle aree più vicine al Libano e alla Siria. Continua intanto il lancio di ordigni da parte di Hamas. La prima città ad essere colpita, questa mattina alle 6.32, è stata Tel Aviv. Le sirene risuonano adesso in un ampio raggio di chilometri, anche se concentrate soprattutto nel Sud. L'episodio più grave ad Ashdod, dove è stato raggiunto il cortile di un asilo (nella foto).

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#ISRAELEDIFENDELAPACE
Salvare una vita
“Sì, un arabo gli ha sparato e un arabo lo ha salvato. In apparenza sembra una contraddizione. Ma in realtà non c'è. Stavo facendo il mio lavoro. Questo è quello che faccio”. Intervistato dal direttore del Times of Israel David Horovitz, Ahmed Eid, capo del reparto di chirurgia al Hadassah Hospital di Gerusalemme, non cela la sua irritazione. A innervosirlo, il fatto che faccia notizia che un arabo-israeliano di fede musulmana abbia curato un soldato israeliano ebreo. O meglio, gli abbia salvato la vita.
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pilpul
Solidarietà
“La durezza delle nostre posizioni nei confronti di Israele, in qualsiasi senso, nasce da una scelta libera e cosciente, o è il sostituto psicologico di problemi personali non risolti?”. Con questa e altre domande Rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, chiudeva alcuni mesi fa un’assemblea comunitaria incandescente. Ci ho ripensato in questi giorni per via di un fatto straordinario: duecento ragazze e ragazzi israeliani, perlopiù provenienti dal martoriato Sud di Israele, hanno trascorso parte dell’estate tra Ostia, Fregene, Livorno e Trieste, ospiti delle varie comunità ebraiche, a loro volta sostenute da privati.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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Storie - Il censimento del 1938
Anche nel Novecento, in estate la burocrazia andava in vacanza. Ma in quell’agosto del 1938 il regime fascista di Benito Mussolini richiamò in servizio prefetti, uffici comunali, carabinieri, responsabili del partito e via dicendo, per affidare loro il delicato compito del censimento degli ebrei in Italia. L’operazione fu ordinata con priorità assoluta, con la richiesta ai funzionari di mantenere massima segretezza sulla procedura (nei telegrammi la parola ebreo era in cifra e corrispondeva a 24535).

Mario Avagliano
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Educazione al dialogo
I bombardamenti continuano. Stanotte anche la Siria e il Libano si sono aggregate alla festa. Perché no? Perché non inveire su qualcuno che reagisce solo per difendersi? Che non capisce la lingua del terrore e della violenza barbarica? Non ho mai visto tanta TV come in questi giorni, passo da arutz 10 a arutz 2 alla uno. Cambiando ogni volta che c’è la pubblicità, cercando di cogliere ogni elemento, ogni particolare che mi faccia capire di più. Decine di famiglie del sud d’Israele vagano tra un kibbutz e l’altro della Galilea e del Golan. I loro bambini sono terrorizzati e ora, dopo la tragedia di Daniel Tragerman, 4 anni e mezzo, che è rimasto ucciso nella sala da pranzo del suo kibbutz, la ferita nella testa e nel cuore sarà ancora più profonda.

Angelica Edna Calò Livne
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