18 settembre 2014 - 23 Elul 5774
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Su Pagine Ebraiche 24, la Newsletter
quotidiana di metà giornata, oggi i pensieri del rav Elia Richetti e di
Sergio Della Pergola. Nella sezione pilpul una riflessione di Stefano
Jesurum e Daniel Funaro.
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Rabbi Sacks
@rabbisacks (17 Set)
Nothings closer to God than a broken heart; nothings stronger than a heart healed by His forgiveness.
Musée Juif Belgique @MJB_JMB (15 Set) "Venez
chacun visiter ce Musée, et montrons ensemble que la culture doit être
plus forte que la haine..." Discours @eliodirupo @MJB_JMB
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Il World Jewish Congress incontra papa Bergoglio
“La porta della pace deve restare aperta”: queste le parole con cui papa Bergoglio
ieri sera ha accolto Ronald Lauder, presidente del Congresso ebraico
mondiale, come riportato nell’articolo firmato da Gian Guido Vecchi sul
Corriere della Sera. Un confronto sui diversi fronti,
dall’antisemitismo alla persecuzione dei cristiani, al quale ha
assistito anche il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Renzo
Gattegna, che al Corriere racconta: “Il papa si è detto preoccupato per
l’estendersi dei conflitti e ha invitato a scongiurare il pericolo di
una terza guerra mondiale”.
C’è intanto interesse, sempre relativamente alle attività UCEI, per il Master in Cultura Ebraica e Comunicazione
che partirà in ottobre. Sul quotidiano Libero, che titola ‘A Roma il
corso che incrocia l’ebraismo con la comunicazione’, l’invito del
presidente dell’Unione: “Si tratta di un corso innovativo – dice
Gattegna – con la possibilità di approfondire, da molteplici punti di
vista, la ricchezza della cultura ebraica”.
Guerra, quella contro l’Isis, che per il momento non sarà via terra.
Così ha dichiarato il presidente degli Stati Uniti Barack Obama.
“Non sarà un altro Iraq, con noi una coalizione di oltre 40 paesi”
titola il Sole 24 Ore. Compito principale degli Stati Uniti, infatti
quello di continuare i raid aerei. Anche se, si legge: “di stivali
americani in Iraq ce ne sono già parecchi, con centinaia di uomini dei
corpi di élite destinati ad assistere il comatoso esercito iracheno che
dovrebbe affiancare i peshmerga curdi e le milizie sciite contro
l’Isis”. E a combattere contro l’Isis, c’è anche un tassista partito da
Roma, scrive il Tempo: “Sarebbe già partito un cittadino curdo, che di
professione fa il tassinaro e che vive da anni nella Capitale (…)
l’uomo ha lasciato moglie e figli per andare in Iraq, dove avrebbe
imbracciato le armi a fianco dei curdi per resistere all’Isis. Ha
deciso di farlo perché non condivide quello che sta accadendo e la
creazione di uno Stato islamico anche che se vive in Italia da tempo
non ha mai dimenticato le sue origini”.
“Sobibor, viene alla luce
l’ultimo tassello della Shoah”. Sulla Stampa Maurizio Molinari riporta
una straordinaria scoperta, avvenuta lavorando sui frammenti di ricordi
dei pochissimi sopravvissuti: “AI termine di sette anni di scavi con
gli strumenti più avanzati dell’archeologia, una task force del Museo
Yad VeShem di Gerusalemme ha ritrovato nel sottosuolo della Polonia una
delle camere a gas del campo di sterminio di Sobibor, contribuendo a
portare alla luce un tassello della Shoah che i nazisti tentarono di
occultare distruggendolo e piantandovi sopra nel 1943 un’intera
foresta”. Sobibor era un lager creato appositamente con il solo scopo
di uccidere: “Costruito nel 1942 per portare a termine la totale
eliminazione degli ebrei polacchi in pochi mesi” ricorda lo storico
della Shoah Marcello Pezzetti. Yoram Haimi, archeologo, ha spiegato le
drammatiche modalità del ritrovamento: “Le abbiamo trovate vicino a un
pozzo dove i tedeschi avevano gettato resti umani e oggetti dei
deportati, come un anello nuziale con la scritta rituale ‘At Mekudeshet
Li’ (Tu mi sei consacrata)”.
“Non c’è futuro per gli ebrei tedeschi”, questa l’analisi di Henryk Broder,
editorialista dello Spiegel e della Welt in un articolo di Giulio
Meotti sul Foglio. Broder commenta aspramente la situazione: “Il
problema è più profondo, è la sindrome della negazione che attanaglia
la Germania. È vero che è un antisemitismo importato, come scrive
Bittner sul New York Times, ma anche che ha una base tedesca”.
Più di 400 sarebbero i palestinesi dispersi
dopo un naufragio in mare avvenuto a largo di Malta. “Altri 15
palestinesi sono morti nel naufragio davanti all’Egitto”, riporta
Avvenire. Alto il numero di profughi che continuano a lasciare la
Striscia di Gaza, molti dei quali arrivano in Italia fingendosi siriani.
Cambiano le regole del basket:
d’ora in poi sarà possibile giocare a capo coperto. Spiega la Gazzetta
dello Sport: “L’ultimo Bureau della Federazione internazionale di
pallacanestro ha tolto la proibizione di indossare turbanti, veli,
copricapi religiosi durante le partite di basket. Fino ad oggi, le
regole permettevano soltanto l’uso di una banda larga al massimo 5
centimetri per bloccare il sudore e fermare i capelli”. Jasjit Singh,
direttore esecutivo della fondazione americana per i diritti dei Sikh,
ha dichiarato: “Spero che la Fiba riconosca presto a Sikh, musulmani ed
ebrei ortodossi il diritto di giocare con i rispettivi articoli di
fede, senza permessi, documenti o solo entro i propri confini”.
Presentazione del libro “Come pesci sulla terra”
di Paola Fargion prevista per oggi alla Sormani a Milano. Un romanzo
che, come titola il Corriere della Sera, racconta “l’amarsi e lasciarsi
durante la guerra del Kippur”.
A proposito della mostra milanese su Marc Chagall,
Susanna Nirenstein firma su Repubblica una interessante storia del
rapporto tra ebraismo ed arte figurativa. Un rapporto che subisce un
impennata a partire da metà del 700: “Gli artisti ebrei scelsero
all’inizio uno stile accademico per essere meglio accettati (guardate
Gottlieb su Internet, è meraviglioso, e ce ne sono tanti altri), poi,
dal 1850, cercarono di creare una scuola ‘ebraica’ dai motivi
orientalisti, ma più massicciamente presero parte ai movimenti
d’avanguardia, portandovi soggetti che appartenevano alla loro cultura
di popolo: ebrei in preghiera, vita di shtetl, miserie e splendori,
persecuzioni e misticismo, lettere del la lingua sacra, sionismo,
socialismo.”
Su Repubblica, intervista al cantautore Leonard Cohen
che, interrogato sulle sue origini ebraiche risponde: “Me lo chiedeva
sempre anche Allen Ginsberg, ma io non ho mai rinnegato le mie radici,
sono nato in una famiglia molto osservante. La Torah mi ha dato valori
essenziali alla mia sopravvivenza. La ricerca dell’illuminazione non è
in contraddizione con il mio credo, durante la meditazione non ho un
D-o da pregare, dovevo solo imparare a ignorare me stesso”.
Rachel Silvera twitter @rsilveramoked
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