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8 ottobre 2014 - 14 Tishri 5775
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav
David
Sciunnach,
rabbino
I Maestri ci insegnano che il Lulav, con le sue 4 specie, rappresenta 4 tipi diversi di ebreo, ed è risaputo che se ne mancasse solo una di queste specie non ci sarebbe possibile fare la benedizione, perché questa mitzvah sarebbe incompleta. Il Lulav viene presentato a Dio come un’unica cosa, così è il popolo d’Israele che si presenta al suo Creatore unito. Diceva il grande Rabbì Chayìm Yakòv di Karmana, conosciuto come Perì Chayìm, le iniziali della parola Lulav sono le iniziali della frase che quotidianamente pronunciamo nella preghiera del mattino: Leodoth Lechà Uliahadach Beahavà – per poterTi rendere omaggio, per professare la Tua unità con verità ed amore.
 
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David
Assael,
ricercatore
L’incredibile serie di errori politici degli Stati Uniti, di un’Europa inesistente e di un mondo arabo in guerra civile permanente ha portato i terroristi, stupratori seriali dell’Is (questo Stato, che, per il rispetto dell’Islam, uccide musulmani a migliaia) alle porte, o oltre, della Turchia, ossia di un Paese Nato. Ci si aggira in una serie di contraddizioni senza fine: servirebbe un intervento di terra, ma nessuno, da Erdogan a Obama, ha intenzione di mettere gli stivali sul terreno; si vorrebbe armare i peshmerga kurdi, ma non si vuole concedere uno Stato kurdo (stranamente questa idea non scandalizza l’Occidente come succede per uno Stato ebraico); Assad è nemico, ma serve, così l’Iran; teocrazie come l’Arabia Saudita o lo schiavista Qatar partecipano alla lotta di liberazione dei popoli. Ed in mezzo a questa confusione, gli unici che sembrano avere le idee chiare sono questi assassini, spargitori di morte e dolore. Forse, ci si era illusi tutti troppo presto che l’11 settembre fosse esaurito.
 
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Orrore e preoccupazione
per i cristiani rapiti in Siria
Orrore e preoccupazione per il rapimento di un parroco e di venti fedeli cristiani in Siria, vicino al confine con il Libano. I sequestratori apparterrebbero al Fronte Al Nusra, legato ad Al Qaeda, segnalato in avvicinamento all’esercito del Califfo che combatte tra Siria e Iraq. Come riporta Davide Frattini sul Corriere monsignor Georges Abu Khazen, responsabile delle comunità di rito latino nell’area del fiume Oronte, ha dichiarato all’agenzia Fides: “Non riusciamo a contattare nessuno e non siamo stati contattati da nessuno. Sappiamo solo che anche lunedì il convento è stato saccheggiato e altre persone del villaggio si sono nascoste”. Convocato da papa Bergoglio un concistoro sul Medio Oriente in cui saranno centrali le violenze subite oggi dai cristiani in molti paesi (L’Osservatore Romano). Sottolinea Franca Giansoldati sul Messaggero: “Persecuzioni, aggressioni, violenze sulle donne destinate a divenire schiave e per finire le decapitazioni. Il Medio Oriente è diventato un bollettino di guerra anche per il Vaticano dove non passa giorno che non arrivino notizie disgraziate sulla situazione delle comunità cristiane”.
Sul fronte della lotta all’Isis da segnalare l’accelerata che gli Stati Uniti starebbero dando in queste ore all’impegno sul territorio in considerazione dello scarso risultato conseguito con i raid aerei. Fronte caldissimo, rileva Maurizio Molinari sulla Stampa, la città di Kobane al confine tra Siria e Turchia.

“L’ordine del giorno del Consiglio della Comunità ebraica prevede: uscire dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e uscire dalla Fondazione Museo della Shoah. Se a ciò si aggiunge la lettera scritta dal presidente Riccardo Pacifici per annunciare l’intenzione di dimettersi dalla Fondazione del Museo della Shoah al sindaco Ignazio Marino, ecco che si capisce il momento della Comunità ebraica romana. Tutt’altro che semplice”.
 Così Alessandro Capponi sul Corriere della Sera Roma in un articolo in cui si parla dell’equilibrio (che viene definito “fragilissimo”) raggiunto durante l’ultimo cda della Fondazione in Campidoglio (sede provvisoria del Museo nella Casina dei Vallati, sede definitiva a Villa Torlonia), ma soprattutto in cui si anticipa la decisione di Pacifici di mettere all’ordine del giorno della prossima riunione consiliare l’uscita della Comunità romana dall’Unione. Una decisione che, se si prendessero per buoni gli elementi citati dal Corriere, sarebbe basata su motivazioni oscure e incoerenti. Scrive infatti Capponi: “È noto che la scelta definitiva del Museo a Villa Torlonia non piacesse a Pacifici e alla base della comunità, ma stavolta i motivi ufficiali paiono essere altrove: nel ‘patto tradito’ di non commentare la soluzione offerta dal Comune per il Museo, e dunque nella scelta di Renzo Gattegna, il presidente dell’UCEI, di elogiare la soluzione senza aspettare il Consiglio della Comunità. E però è evidente che i dissidi tra la comunità romana e l’Ucei, tra Pacifici e Gattegna, esistano già da un po’”. In un altro passaggio Capponi, che non cita le proprie fonti ed è evidentemente male informato, sembra invece dare credito alla tesi che vorrebbe la Comunità romana discriminata al momento della distribuzione delle risorse raccolte dall’UCEI con l’Otto per Mille (“Gli ebrei romani sono più o meno la metà di quelli italiani e la loro percentuale non viene rispettata nella ripartizione dei fondi”).
Conclude il giornalista: “Naturalmente il Museo della Shoah è patrimonio di tutti, della città intera, ma è innegabile che sarebbe politicamente curioso se dal cda della Fondazione uscisse – ammesso che, stavolta, le dimissioni di Pacifici e di Settimio Di Porto vengano confermate nel prossimo cda della Fondazione – proprio la Comunità ebraica. Autorevoli esponenti, della Comunità e della politica, lavorano perché ‘prevalga il buon senso’”.
 
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  davar
SCIENZA
Un Nobel fra mente e cervello
Soddisfazione per i risultati ottenuti anche grazie a una collaborazione di anni, la gioia per il grande riconoscimento ottenuto da colleghi preziosi con cui continuare a lavorare sul quotidiano: questa per Alessandro Treves, che si occupa di neuroscienze cognitive alla Sissa, la Scuola Internazionale di Studi Superiore di Trieste, è stata la notizia del Nobel per la Medicina dato a John O’Keefe e ai coniugi May-Britt e Edvard Moser. Una intesa professionale, quella di Treves, che si è rinsaldata anche dopo l'ultimo viaggio in Israele fatto assieme a Moser: “Di Limbo (Liminar Investigations of Memory and Brain Organization), il progetto che dirigo qui a Trieste, i Moser apprezzano in particolare il lavoro sui modelli matematici, sono persone con cui lavoriamo da anni e sono riuscito anche a coinvolgerli in un progetto a cui tengo molto, portando Edvard in Israele a gennaio, poche ore prima che gli venisse conferito a New York un premio noto come anticipatore del Nobel: ho raccolto a Jaffa una trentina di neuroscienziati di tutta Europa che si sono confrontati con altrettanti colleghi israeliani”.
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QUI ROMA
Campidoglio, l'omaggio a Kazik
Quello che lo ha colpito di più delle sue giornate romane è l’attenzione dei giovani, di quei ragazzi cui cerca di trasmettere il testimone del ricordo e della consapevolezza. Dopo aver incontrato in sinagoga gli studenti coinvolti nel Viaggio della Memoria Simcha Rotem, 91 anni, nome di battaglia Kazik, uno degli ultimi eroi della rivolta del Ghetto di Varsavia ancora in vita, riceve in Campidoglio l’applauso di molte centinaia di persone e si dice commosso per l’accoglienza ricevuta. “Grazie, grazie di cuore” afferma con piglio deciso. In Italia per presentare il suo recente scritto “Il passato che è in me” (ed. Salomone Belforte), Rotem ha al fianco la curatrice dell’opera Anna Rolli, lo psicologo David Meghnagi (che ha scritto la postfazione) e Carla Di Veroli, responsabile di Roma Capitale per le politiche sulla Memoria.
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QUI TORINO
Luciano Segre (1933 - 2014)
Torino dà il suo ultimo saluto a un grande protagonista del mondo politico ed economico italiano, Luciano Segre, scomparso ieri all'età di 81 anni. Innumerevoli i consigli dispensati ad amici, colleghi, collaboratori; lunga la lista di chi si affidò alla sua autorevolezza per ricevere un parere, un opinione, un pensiero. Orgoglioso delle sue radici ebraiche, Segre sfuggì, negli anni bui del nazifascismo, alla persecuzione razziale grazie al coraggio di un prete, don Martino Michelone, che nascose lui e la sua famiglia nella parrocchia di Moransengo, un piccolo comune dell'astigiano. Una storia a lungo tenuta privata fino a quando, con l'aiuto dell'amico Gad Lerner, Segre decise di impegnarsi perché nel Giardino dei Giusti di Yad Vashem, istituzione israeliana che onora la memoria delle vittime della Shoah, trovasse posto un albero con il nome del suo salvatore. E proprio Lerner in queste ore lo ha ricordato con parole di affetto. “Un uomo generoso, aspro, giusto, dotato di un umorismo impareggiabile  - scrive il giornalista - con il quale dal primo giorno in cui ci siamo conosciuti, il 2 maggio 1993, abbiamo sentito il bisogno di non lasciarci più”. Tra chi lo ricorda anche Marco Luzzati, presidente dell'archivio Terracini di Torino. “Una vera personalità con mille interessi, molto legato alla sua identità ebraica”, afferma Luzzati.
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QUI ROMA
Stefano Gay Tachè,
il premio
è la memoria viva
Trentadue anni fa il Tempio Maggiore di Roma venne travolto da uno dei suoi più grandi traumi: durante un giorno di festa, Shemini Atzeret, il 9 ottobre del 1982, un terribile attentato ferì 37 persone all’uscita della sinagoga e strappò la vita a un bambino di soli due anni: Stefano Gay Tachè. Ritorna per non dimenticare un riconoscimento a lui dedicato: il “Premio Stefano Gay Tachè – L’amico dei bambini”, oggi consegnato alla presenza dei genitori, del fratello Gadiel, del presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici, Valeria Baglio, presidente delle Politiche Educative Scolastiche di Roma Capitale, Emiliano Sciascia, presidente del IV Municipio, Paolo De Paolis, assessore ai Servizi scolastici ed educativi del IV Municipio e Raffaele Pace, presidente dell’associazione Ebraismo e Dintorni. Il concorso per l’infanzia invita le scuole romane a partecipare, facendo poi comporre un elaborato scritto, una riflessione sui temi dell’accoglienza e del dialogo. Protagonista, in questa edizione, l’Istituto Comprensivo Via Tedeschi i cui alunni hanno recitato la poesia “Ho dipinto la pace” e cantato l’Inno alla gioia davanti ai presenti. Un momento per “sedersi e dipingere la pace” e per non dimenticare Stefano.


pilpul
Ticketless - Yafuzu
Questa settimana ho partecipato a una simpatica trasmissione radiofonica. Si festeggiano i 90 anni della radio italiana, più o meno una trentina in più della mia età. Sono sempre stato un assiduo ascoltatore, e non solo della eccellente Radio Tre. Riesco a scrivere ascoltando, una fortuna che hanno pochi. Il conduttore della trasmissione mi ha chiesto che cosa ritengo indispensabile per il futuro. Gli ho risposto che per fortuna alla radio alcune cose si conservano inalterate nel corso dei decenni e mi auguro accada così per l’eternità. Per esempio la possibilità di ascoltare ogni anno dal Tempio Maggiore di Roma la voce del cantore che intona la struggente melodia di “Yafuzu” alla chiusura del digiuno del Kippur. Non so se gli ebrei romani sono pienamente consapevoli di questo tesoro che rallegra i malati e gli oppressi ovunque si trovino, purché abbiano vicino a sé una radio. Nulla riesce a commuovermi come quelle note antiche che arrivano direttamente al cuore, nemmeno il suono dello shofar. In anni molto lontani, quando il mio agnosticismo era così rigido dall’impedirmi di capire, il mio unico filo con l’ebraismo era Yafuzu. Solo quella voce ha consentito di far nasce in me il dubbio, che è sempre meglio della certezza dogmatica.

Alberto Cavaglion
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Periscopio - "La leggenda bianca"
Confesso di provare un certo disagio tutte le volte che leggo dei ricorrenti incontri volti a riesaminare, col coinvolgimento congiunto di esponenti della Chiesa cattolica e del mondo ebraico, il ruolo svolto da Pio XII durante la guerra e, segnatamente, nei confronti della Shoah. Un disagio che deriva dalla netta sensazione di essere al cospetto di una sorta di ‘processo’ falsato e forzato, in cui tutti hanno già deciso quale deve essere l’esito finale (assoluzione piena, pienissima, anzi, pubblico encomio ed elogio per l’imputato, con nota di biasimo per tutti coloro che hanno assurdamente osato trascinarlo sul banco degli imputati), e i pochi giurati ancora tentennanti subiscono una fortissima pressione affinché sottoscrivano la dovuta sentenza (ma come fai ancora a dubitare? sei di un’ostinazione tremenda!). La celebrazione di questo processo, com’è noto, è funzionale al raggiungimento di un esito positivo del processo di canonizzazione in corso per papa Pacelli, per il quale pare che si ritenga necessario una sorta di ‘disco verde’ da parte del mondo ebraico, attestante che il Pontefice non ebbe – come molti sostengono, e come tanti elementi starebbero a dimostrare – un atteggiamento debole, se non connivente, nei riguardi del nazismo, e, segnatamente, nei confronti della Shoah. Ma questa delle responsabilità del Pontefice di fronte all’Olocausto non sarebbe altro, secondo un’espressione ormai molto in voga, entrata nella ‘vulgata’ comune, che una malevola “leggenda nera”, destinata inevitabilmente a essere sfatata e smentita.

Francesco Lucrezi, storico
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