David
Sciunnach,
rabbino
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I
Maestri ci insegnano che il Lulav, con le sue 4 specie, rappresenta 4
tipi diversi di ebreo, ed è risaputo che se ne mancasse solo una di
queste specie non ci sarebbe possibile fare la benedizione, perché
questa mitzvah sarebbe incompleta. Il Lulav viene presentato a Dio come
un’unica cosa, così è il popolo d’Israele che si presenta al suo
Creatore unito. Diceva il grande Rabbì Chayìm Yakòv di Karmana,
conosciuto come Perì Chayìm, le iniziali della parola Lulav sono le
iniziali della frase che quotidianamente pronunciamo nella preghiera
del mattino: Leodoth Lechà Uliahadach Beahavà – per poterTi rendere
omaggio, per professare la Tua unità con verità ed amore.
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David
Assael,
ricercatore
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L’incredibile
serie di errori politici degli Stati Uniti, di un’Europa inesistente e
di un mondo arabo in guerra civile permanente ha portato i terroristi,
stupratori seriali dell’Is (questo Stato, che, per il rispetto
dell’Islam, uccide musulmani a migliaia) alle porte, o oltre, della
Turchia, ossia di un Paese Nato. Ci si aggira in una serie di
contraddizioni senza fine: servirebbe un intervento di terra, ma
nessuno, da Erdogan a Obama, ha intenzione di mettere gli stivali sul
terreno; si vorrebbe armare i peshmerga kurdi, ma non si vuole
concedere uno Stato kurdo (stranamente questa idea non scandalizza
l’Occidente come succede per uno Stato ebraico); Assad è nemico, ma
serve, così l’Iran; teocrazie come l’Arabia Saudita o lo schiavista
Qatar partecipano alla lotta di liberazione dei popoli. Ed in mezzo a
questa confusione, gli unici che sembrano avere le idee chiare sono
questi assassini, spargitori di morte e dolore. Forse, ci si era illusi
tutti troppo presto che l’11 settembre fosse esaurito.
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Orrore e preoccupazione
per i cristiani rapiti in Siria
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Orrore
e preoccupazione per il rapimento di un parroco e di venti fedeli
cristiani in Siria, vicino al confine con il Libano. I sequestratori
apparterrebbero al Fronte Al Nusra, legato ad Al Qaeda, segnalato in
avvicinamento all’esercito del Califfo che combatte tra Siria e Iraq.
Come riporta Davide Frattini sul Corriere monsignor Georges Abu Khazen,
responsabile delle comunità di rito latino nell’area del fiume Oronte,
ha dichiarato all’agenzia Fides: “Non riusciamo a contattare nessuno e
non siamo stati contattati da nessuno. Sappiamo solo che anche lunedì
il convento è stato saccheggiato e altre persone del villaggio si sono
nascoste”. Convocato da papa Bergoglio un concistoro sul Medio Oriente
in cui saranno centrali le violenze subite oggi dai cristiani in molti
paesi (L’Osservatore Romano). Sottolinea Franca Giansoldati sul
Messaggero: “Persecuzioni, aggressioni, violenze sulle donne destinate
a divenire schiave e per finire le decapitazioni. Il Medio Oriente è
diventato un bollettino di guerra anche per il Vaticano dove non passa
giorno che non arrivino notizie disgraziate sulla situazione delle
comunità cristiane”.
Sul fronte della lotta all’Isis da segnalare l’accelerata che gli Stati
Uniti starebbero dando in queste ore all’impegno sul territorio in
considerazione dello scarso risultato conseguito con i raid aerei.
Fronte caldissimo, rileva Maurizio Molinari sulla Stampa, la città di
Kobane al confine tra Siria e Turchia.
“L’ordine del giorno del Consiglio della Comunità ebraica prevede:
uscire dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e uscire dalla
Fondazione Museo della Shoah. Se a ciò si aggiunge la lettera scritta
dal presidente Riccardo Pacifici per annunciare l’intenzione di
dimettersi dalla Fondazione del Museo della Shoah al sindaco Ignazio
Marino, ecco che si capisce il momento della Comunità ebraica romana.
Tutt’altro che semplice”.
Così Alessandro Capponi sul Corriere della
Sera Roma in un articolo in cui si parla dell’equilibrio (che viene
definito “fragilissimo”) raggiunto durante l’ultimo cda della
Fondazione in Campidoglio (sede provvisoria del Museo nella Casina dei
Vallati, sede definitiva a Villa Torlonia), ma soprattutto in cui si
anticipa la decisione di Pacifici di mettere all’ordine del giorno
della prossima riunione consiliare l’uscita della Comunità romana
dall’Unione. Una decisione che, se si prendessero per buoni gli
elementi citati dal Corriere, sarebbe basata su motivazioni oscure e
incoerenti. Scrive infatti Capponi: “È noto che la scelta definitiva
del Museo a Villa Torlonia non piacesse a Pacifici e alla base della
comunità, ma stavolta i motivi ufficiali paiono essere altrove: nel
‘patto tradito’ di non commentare la soluzione offerta dal Comune per
il Museo, e dunque nella scelta di Renzo Gattegna, il presidente
dell’UCEI, di elogiare la soluzione senza aspettare il Consiglio della
Comunità. E però è evidente che i dissidi tra la comunità romana e
l’Ucei, tra Pacifici e Gattegna, esistano già da un po’”. In un altro
passaggio Capponi, che non cita le proprie fonti ed è evidentemente
male informato, sembra invece dare credito alla tesi che vorrebbe la
Comunità romana discriminata al momento della distribuzione delle
risorse raccolte dall’UCEI con l’Otto per Mille (“Gli ebrei romani sono
più o meno la metà di quelli italiani e la loro percentuale non viene
rispettata nella ripartizione dei fondi”).
Conclude il giornalista: “Naturalmente il Museo della Shoah è
patrimonio di tutti, della città intera, ma è innegabile che sarebbe
politicamente curioso se dal cda della Fondazione uscisse – ammesso
che, stavolta, le dimissioni di Pacifici e di Settimio Di Porto vengano
confermate nel prossimo cda della Fondazione – proprio la Comunità
ebraica. Autorevoli esponenti, della Comunità e della politica,
lavorano perché ‘prevalga il buon senso’”.
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SCIENZA
Un Nobel fra mente e cervello
Soddisfazione
per i risultati ottenuti anche grazie a una collaborazione di anni, la
gioia per il grande riconoscimento ottenuto da colleghi preziosi con
cui continuare a lavorare sul quotidiano: questa per Alessandro Treves,
che si occupa di neuroscienze cognitive alla Sissa, la Scuola
Internazionale di Studi Superiore di Trieste, è stata la notizia del
Nobel per la Medicina dato a John O’Keefe e ai coniugi May-Britt e
Edvard Moser. Una intesa professionale, quella di Treves, che si è
rinsaldata anche dopo l'ultimo viaggio in Israele fatto assieme a
Moser: “Di Limbo (Liminar Investigations of Memory and Brain
Organization), il progetto che dirigo qui a Trieste, i Moser apprezzano
in particolare il lavoro sui modelli matematici, sono persone con cui
lavoriamo da anni e sono riuscito anche a coinvolgerli in un progetto a
cui tengo molto, portando Edvard in Israele a gennaio, poche ore prima
che gli venisse conferito a New York un premio noto come anticipatore
del Nobel: ho raccolto a Jaffa una trentina di neuroscienziati di tutta
Europa che si sono confrontati con altrettanti colleghi israeliani”.
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QUI ROMA
Campidoglio, l'omaggio a Kazik
Quello
che lo ha colpito di più delle sue giornate romane è l’attenzione dei
giovani, di quei ragazzi cui cerca di trasmettere il testimone del
ricordo e della consapevolezza. Dopo aver incontrato in sinagoga gli
studenti coinvolti nel Viaggio della Memoria Simcha Rotem, 91 anni,
nome di battaglia Kazik, uno degli ultimi eroi della rivolta del Ghetto
di Varsavia ancora in vita, riceve in Campidoglio l’applauso di molte
centinaia di persone e si dice commosso per l’accoglienza ricevuta.
“Grazie, grazie di cuore” afferma con piglio deciso. In Italia per
presentare il suo recente scritto “Il passato che è in me” (ed.
Salomone Belforte), Rotem ha al fianco la curatrice dell’opera Anna
Rolli, lo psicologo David Meghnagi (che ha scritto la postfazione) e
Carla Di Veroli, responsabile di Roma Capitale per le politiche sulla
Memoria.
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QUI TORINO
Luciano Segre (1933 - 2014)
Torino
dà il suo ultimo saluto a un grande protagonista del mondo politico ed
economico italiano, Luciano Segre, scomparso ieri all'età di 81 anni.
Innumerevoli i consigli dispensati ad amici, colleghi, collaboratori;
lunga la lista di chi si affidò alla sua autorevolezza per ricevere un
parere, un opinione, un pensiero. Orgoglioso delle sue radici ebraiche,
Segre sfuggì, negli anni bui del nazifascismo, alla persecuzione
razziale grazie al coraggio di un prete, don Martino Michelone, che
nascose lui e la sua famiglia nella parrocchia di Moransengo, un
piccolo comune dell'astigiano. Una storia a lungo tenuta privata fino a
quando, con l'aiuto dell'amico Gad Lerner, Segre decise di impegnarsi
perché nel Giardino dei Giusti di Yad Vashem, istituzione israeliana
che onora la memoria delle vittime della Shoah, trovasse posto un
albero con il nome del suo salvatore. E proprio Lerner in queste ore lo
ha ricordato con parole di affetto. “Un uomo generoso, aspro, giusto,
dotato di un umorismo impareggiabile - scrive il giornalista -
con il quale dal primo giorno in cui ci siamo conosciuti, il 2 maggio
1993, abbiamo sentito il bisogno di non lasciarci più”. Tra chi lo
ricorda anche Marco Luzzati, presidente dell'archivio Terracini di
Torino. “Una vera personalità con mille interessi, molto legato alla
sua identità ebraica”, afferma Luzzati.
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QUI ROMA
Stefano Gay Tachè, il premio
è la memoria viva
Trentadue
anni fa il Tempio Maggiore di Roma venne travolto da uno dei suoi più
grandi traumi: durante un giorno di festa, Shemini Atzeret, il 9
ottobre del 1982, un terribile attentato ferì 37 persone all’uscita
della sinagoga e strappò la vita a un bambino di soli due anni: Stefano
Gay Tachè. Ritorna per non dimenticare un riconoscimento a lui
dedicato: il “Premio Stefano Gay Tachè – L’amico dei bambini”, oggi
consegnato alla presenza dei genitori, del fratello Gadiel, del
presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici, Valeria
Baglio, presidente delle Politiche Educative Scolastiche di Roma
Capitale, Emiliano Sciascia, presidente del IV Municipio, Paolo De
Paolis, assessore ai Servizi scolastici ed educativi del IV Municipio e
Raffaele Pace, presidente dell’associazione Ebraismo e Dintorni. Il
concorso per l’infanzia invita le scuole romane a partecipare, facendo
poi comporre un elaborato scritto, una riflessione sui temi
dell’accoglienza e del dialogo. Protagonista, in questa edizione,
l’Istituto Comprensivo Via Tedeschi i cui alunni hanno recitato la
poesia “Ho dipinto la pace” e cantato l’Inno alla gioia davanti ai
presenti. Un momento per “sedersi e dipingere la pace” e per non
dimenticare Stefano.
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Ticketless
- Yafuzu |
Questa
settimana ho partecipato a una simpatica trasmissione radiofonica. Si
festeggiano i 90 anni della radio italiana, più o meno una trentina in
più della mia età. Sono sempre stato un assiduo ascoltatore, e non solo
della eccellente Radio Tre. Riesco a scrivere ascoltando, una fortuna
che hanno pochi. Il conduttore della trasmissione mi ha chiesto che
cosa ritengo indispensabile per il futuro. Gli ho risposto che per
fortuna alla radio alcune cose si conservano inalterate nel corso dei
decenni e mi auguro accada così per l’eternità. Per esempio la
possibilità di ascoltare ogni anno dal Tempio Maggiore di Roma la voce
del cantore che intona la struggente melodia di “Yafuzu” alla chiusura
del digiuno del Kippur. Non so se gli ebrei romani sono pienamente
consapevoli di questo tesoro che rallegra i malati e gli oppressi
ovunque si trovino, purché abbiano vicino a sé una radio. Nulla riesce
a commuovermi come quelle note antiche che arrivano direttamente al
cuore, nemmeno il suono dello shofar. In anni molto lontani, quando il
mio agnosticismo era così rigido dall’impedirmi di capire, il mio unico
filo con l’ebraismo era Yafuzu. Solo quella voce ha consentito di far
nasce in me il dubbio, che è sempre meglio della certezza dogmatica.
Alberto Cavaglion
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Periscopio
- "La leggenda bianca" |
Confesso
di provare un certo disagio tutte le volte che leggo dei ricorrenti
incontri volti a riesaminare, col coinvolgimento congiunto di esponenti
della Chiesa cattolica e del mondo ebraico, il ruolo svolto da Pio XII
durante la guerra e, segnatamente, nei confronti della Shoah. Un
disagio che deriva dalla netta sensazione di essere al cospetto di una
sorta di ‘processo’ falsato e forzato, in cui tutti hanno già deciso
quale deve essere l’esito finale (assoluzione piena, pienissima, anzi,
pubblico encomio ed elogio per l’imputato, con nota di biasimo per
tutti coloro che hanno assurdamente osato trascinarlo sul banco degli
imputati), e i pochi giurati ancora tentennanti subiscono una
fortissima pressione affinché sottoscrivano la dovuta sentenza (ma come
fai ancora a dubitare? sei di un’ostinazione tremenda!). La
celebrazione di questo processo, com’è noto, è funzionale al
raggiungimento di un esito positivo del processo di canonizzazione in
corso per papa Pacelli, per il quale pare che si ritenga necessario una
sorta di ‘disco verde’ da parte del mondo ebraico, attestante che il
Pontefice non ebbe – come molti sostengono, e come tanti elementi
starebbero a dimostrare – un atteggiamento debole, se non connivente,
nei riguardi del nazismo, e, segnatamente, nei confronti della Shoah.
Ma questa delle responsabilità del Pontefice di fronte all’Olocausto
non sarebbe altro, secondo un’espressione ormai molto in voga, entrata
nella ‘vulgata’ comune, che una malevola “leggenda nera”, destinata
inevitabilmente a essere sfatata e smentita.
Francesco Lucrezi, storico
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