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Roberto
Della Rocca,
rabbino
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Potrebbe
essere interessante capire se il progetto Shabat Achàt, che si è
realizzato sabato scorso in molte Comunità, sia riuscito a coinvolgere
quegli ebrei che solitamente non vivono appieno lo spirito dello Shabat
o se invece sia stato essenzialmente uno Shabat come tanti altri e con
le solite persone. Durante questo Shabat ho pensato molto a quella
preoccupazione sempre più diffusa tra molti ebrei che è quella di far
conoscere meglio l’ebraismo alla società che ci circonda e di come
combattere pregiudizi e luoghi comuni sugli ebrei. Sono convinto che
l’osservanza dello Shabat è forse una delle opportunità più
straordinarie. Provate per un istante a immaginare se tutti i ragazzi
ebrei, costretti ad andare a scuola di Shabat, decidessero di non
scrivere, realizzando in questo modo, oltre che un preciso dettame
della Torah, l’espletamento di un diritto alla diversità previsto dalle
Intese stipulate dall’Ucei con lo Stato italiano che tanto abbiamo
voluto.
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Dario
Calimani,
anglista
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Tutt’attorno,
orfani ed esiliati. Non esistono più i bei partiti di un tempo, con le
loro idee grandi e sicure e le loro figure note e stagionate. La
destra, disfatta, è in rotta. Finalmente scomparsi, almeno per ora,
nani e ballerine. La sinistra, sbigottita e ancora legata a vecchie
ideologie, superata dal reale in corsia d’emergenza, dà nostalgici
colpi di coda di fronte al cambiamento. Visione pietosa. La realtà
corre spregiudicata verso il nuovo che attende alla fine del tunnel,
lunghissimo e per ora tutto buio. Nel caos, i vampiri del populismo
esaltano la moralità della mafia. C’è tuttavia una grande novità, ed è
il ritorno al governo degli antichi crociati, beneamati, benevoli,
ottimisti e sorridenti. I tentacoli sono ovunque, e hanno teste
antiche. Siamo tutti orfani ed esiliati. Ma la speranza domina su
tutto, ed ancora non ce ne siamo accorti.
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Netanyahu-Abu Mazen,
lo scontro si infiamma
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Torna
ad infiammarsi lo scontro tra il primo ministro israeliano Benjamin
Netanyahu e il leader palestinese Abu Mazen. Ieri Netanyahu ha
annunciato l’intenzione di costruire mille nuove case a Gerusalemme Est
con queste parole: “Israele ha diritto a costruire nella sua capitale
come la Gran Bretagna lo ha a Londra e la Francia a Parigi”. Dopo
questo annuncio Abu Mazen ha deciso di rivolgersi ad Obama perché,
scrive Maurizio Molinari (La Stampa), “vede nell’insediamento di
famiglie ebraiche nel quartiere arabo di Silwan, nell’accesso di fedeli
ebrei alla Spianata delle Moschee e nello schieramento di mille agenti
di polizia nei quartieri arabi i contorni di un unico piano per
‘ebraicizzare la città che sarà nostra capitale’”.
Nei governi occidentali viene intanto salutata con favore la vittoria
elettorale, in Tunisia, delle forze che maggiormente si richiamano ai
valori laici a scapito del partito islamico Ennahda salito al potere
nel 2011. Scrive Francesco Battistini (Corriere della sera): “Mancano i
dati ufficiali, ma gli exit poll avevano fatto capire già domenica sera
la grande sorpresa: troppo grande la distanza, troppo forte la
delusione, i fratellini musulmani d’Ennahda calano sotto il 30 per
cento, perdendo un quarto dei voti e il credito che la prima delle
rivoluzioni arabe aveva loro concesso”.
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israele
Alta tensione a Gerusalemme
Ad
un passo da una nuova intifada. Il popolare quotidiano israeliano
Yedioth Ahronot dedica la sua prima pagina alla tensione sempre più
alta che si vive a Gerusalemme. “Un altro morto è sarà intifada”, il
titolo d'apertura del giornale, che ha inviato i suoi giornalisti a
Silwan, quartiere arabo nella zona Est della Capitale israeliana. Da
qui proveniva l'attentatore, legato al movimento terroristico di Hamas,
che mercoledì scorso a Gerusalemme ha lanciato la sua auto contro
alcune persone in attesa del tram che attraversa la città. Un attacco
che è costato la vita a una bambina di 3 mesi e a una ragazza di
vent'anni e che ha causato diversi feriti. L'attentatore, poco più che
ventenne, è stato ucciso dalla polizia israeliana e, al suo funerale,
celebrato ieri a Silwan, gli animi si sono ulteriormente scaldati. “Qui
è come una bomba ad orologeria – afferma un abitante della zona,
intervistato da Yediot Ahronot – Qui le persone si sentono messe al
muro”. Un clima incandescente, aggravatosi dalla decisione del premier
Benjamin Netanyahu di costruire oltre mille unità abitative a
Gerusalemme Est.
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qui roma
Nuove sfide e nuovi traguardi
nel nome del rav Elio Toaff
In
tanti ieri hanno affollato le sale del Maxxi di Roma per la serata
organizzata dalla Fondazione Elio Toaff e dedicata alla raccolta fondi
destinata a nuovi importanti progetti. All’asta trentuno opere
d’autore, dalle foto di Golda Meir di Roberto Schezen al ritratto del
rabbino emerito Elio Toaff di Daniele Recchione fino alla scultura
dell’eclissi di Giovanni Albanese, i cui ricavati serviranno a
raggiungere tre nobili scopi: la ristrutturazione degli asili della
Comunità ebraica di Roma, la creazione dell’archivio Elio Toaff e lo
sviluppo, in collaborazione con la Comunità di Sant’Egidio, di una
scuola in Pakistan. La presentatrice Lorena Bianchetti introduce un
video che ricostruisce il passato e il presente di rav Toaff, che non
ha potuto partecipare alla serata: un collage di ricordi, speranze e
dichiarazioni. “Mio padre mi ha sempre detto di non fare il rabbino –
racconta attraverso lo schermo – ma io non gli ho dato retta. Un suo
insegnamento però l’ho seguito, quello di non essere rigido, di andare
sempre incontro al prossimo”. Rievoca poi momenti dolorosi e topici
della sua carriera: “Il periodo più difficile della mia vita è stato
l’attentato al Tempio Maggiore nel quale morì il piccolo Stefano Gay
Tachè. Quello più bello fu quando nacquero i miei figli e mi resi conto
di quanto le persone mi volessero bene. Quello che non dimenticherò mai
infine fu la visita del papa Wojtyla, sono stato forse il primo rabbino
che abbia mai abbracciato”. Il filmato si conclude con una frase
emblematica: “Per essere giusti bisogna avvicinarsi alla cultura,
bisogna essere istruiti”.
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qui roma - pitigliani kolno'a festival
Il cinema israeliano protagonista
Presentata
oggi la nona edizione del Pitigliani Kolno’a Festival, la kermesse che
porta a Roma, dal 1 al 5 novembre, il cinema israeliano e di argomento
ebraico. Tanti i film che raggiungeranno per la prima volta la capitale
e verranno poi commentati da diversi personaggi del grande schermo. Ad
introdurre, Ronny Fellus, consigliere del Centro Ebraico Italiano Il
Pitigliani: “Oramai questo festival ha quasi dieci anni, un traguardo
reso possibile anche grazie ai nostri sponsor e alla città di Roma che
continua a credere nel progetto”. Interviene quindi l’On. Michela Di
Biase, presidente della Commissione Cultura di Roma Capitale: “Per noi
è sempre un piacere poter partecipare all’iniziativa e contribuire
all’arricchimento e allo scambio”. “Da anni la stampa parla del
fermento positivo del cinema israeliano. Vengono continuamente prodotti
decine di film di qualità. Dopo quattro nomination agli Oscar, speriamo
che quest’anno, con ‘Gett’, sia la volta buona” spiega Eldad Golan,
nuovo addetto alla Cultura dell’Ambasciata israeliana. E “Gett”,
candidato all’Oscar come miglior film straniero, sarà appunto il
lungometraggio con il quale si aprirà il festival sabato sera (in una
proiezione su invito). “Non è tutto – interviene Ariela Piattelli,
direttrice del PKF con Dan Muggia – arriverà tra gli ospiti Gila
Almagor, l’Anna Magnani del cinema israeliano che domenica 2 alle 18.30
alla Sala Deluxe della Casa del Cinema interverrà dopo la proiezione
del film ‘Matzor’ girato nel 1969 dal regista italiano Gilberto Tofano.
Grande omaggio inoltre al compianto Assi Dayan, protagonista della
serie In Treatment e figlio di Moshe”.
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qui milano
Interrogarsi sull'identità ebraica
Chi
è ebreo? Questo il quesito al centro degli ultimi due incontri di
Kesher a Milano, e del saggio da cui prende spunto il dibattito
intrapreso, dal titolo “Cosa significa essere ebreo? 50 Saggi
rispondono a Ben Gurion”, tradotto in italiano dal francese a cura
dell'Associazione di cultura ebraica Hans Jonas e pubblicato in ebook
da Proedi (Milano). A tentare di dare una risposta ieri sera rav
Roberto Della Rocca, direttore del Dipartimento Educazione e Cultura
dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Simone Mortara,
consigliere della Comunità ebraica di Milano, e rav Paolo Sciunnach,
insegnante alla Scuola delle Comunità. Leggi
qui mantova
Adesioni millantate
La
Comunità ebraica di Mantova è estranea alle iniziative condotte da
Articolo 3 – Osservatorio sulle discriminazioni. La precisazione
arriva dal presidente Comunità mantovana Emanuele Colorni, dopo la
diffusione della notizia che l'Osservatorio starebbe preparando un
esposto all'Ordine dei giornalisti del Piemonte contro il vicedirettore
de La Stampa Massimo Gramellini. Motivo della denuncia, il passaggio di
uno scritto del giornalista dello scorso 24 ottobre legato alla
proposta shock a Borgaro (provincia di Torino) di realizzare una linea
di un bus per i rom della zona. In un articolo apparso sul Fatto
Quotidiano è emerso un collegamento inesistente della Comunità ebraica
mantovana con la vicenda sulla base delle dichiarazioni di un esponente
dell'Istituto di Cultura sinta di Mantova Sucar Drom.
“Articolo 3, come si legge nell'atto costitutivo, - specifica Colorni -
è un'associazione non riconosciuta disciplinata dal Codice civile e
aperta a tutte le singole persone che intendano impegnarsi nel sostegno
alla realizzazione delle finalità istituzionali”. Colorni, poi, ricorda
come l'ex presidente della Comunità ebraica mantovana “Fabio Norsa
(z.l.) sia stato, anni addietro e a titolo personale, uno dei cinque
soci fondatori dell'Osservatorio e ne abbia ricoperto a suo tempo la
carica di presidente”.
Come è noto, aggiunge il direttore della redazione giornalistica UCEI
Guido Vitale, l'Osservatorio utilizza per le proprie ricerche la
rassegna stampa dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, un
servizio che peraltro è sempre a disposizione di tutti i cittadini. Non
vi sono e non vi sono mai stati altri rapporti in essere e nessuno su
questa base può millantare, per assecondare i propri fini e
giustificare le proprie azioni, adesioni che non ha mai ricevuto".
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Uno spazio per lo studio |
Il
mio articoletto della scorsa settimana ha innescato su queste colonne
un dibattito cui hanno preso parte i rabbanim Riccardo Di Segni, Adolfo
Locci, Pierpaolo Punturello, Gianfranco Di Segni e anche Daniel Funaro.
Sono onoratissimo di questa attenzione – oltretutto da parte persone
assai più autorevoli e preparate di me – e devo dire che questa prima
discussione va oltre ogni più rosea aspettativa. L’obiettivo del mio
scritto era infatti proprio di aprire un confronto allargato. Mi pare
che un (piccolo) episodio come questo testimoni chiaramente l’utilità
dei mezzi di informazioni online, se ben adoperati, e anche il ruolo
dei commentatori “laici” (in ebraico si direbbe hiloni, che ha in
effetti un’accezione più vasta). Dunque non resta che rilanciare:
perché non proviamo a immaginare un ciclo di studi, che coinvolga tutta
l’Italia ebraica e ospiti stranieri, attorno a un’agenda di temi
selezionata? Credo che si renderebbe un ottimo servizio all’ebraismo
(italiano), e credo che non manchino associazioni e persone disposte a
rimboccarsi le maniche.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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I 90 anni di Gianfranco Moscati |
Il
prossimo 30 dicembre Gianfranco Moscati compirà 90 anni. Nacque nel
1920, ultimo di cinque figli, in viale Certosa a Milano, e nel
dopoguerra ha vissuto tra Napoli e Locarno, in Svizzera.
A queste tre terre è legata la sua storia. A Milano, dopo l’emanazione
delle leggi razziste del 1938, subì la persecuzione fascista e, dopo
l’8 settembre del 1943, anche quella nazista, e fu costretto a
rifugiarsi con la famiglia in Svizzera. A Napoli si trasferì nel 1952,
al seguito del fratello Sandro, per motivi di lavoro, e s’innamorò
della città del Vesuvio e vi restò per più di cinquant’anni.
Dal 1967 Moscati ha cominciato a raccogliere documenti, lettere,
cartoline, oggetti, libri e francobolli sui temi dell’ebraismo,
dell’antisemitismo e delle persecuzioni, in Italia e in Europa.
Preziosa la sua attività nell’esporre e pubblicare quanto trovato (fra
i lavori più recenti, “Racconti ebraici”, scritto a quattro mani con
Gustavo Ottolenghi). Moscati ha donato una parte della sua
straordinaria collezione all’Imperial war museum di Londra, che gli ha
dedicato una sezione del suo sito web, e una parte al Meis, il Museo
dell’ebraismo italiano di Ferrara.
Mario Avagliano
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