Benedetto
Carucci Viterbi,
rabbino
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Il Faraone ha liberamente indurito il suo
cuore ben prima che Dio intervenga per renderglielo duro. E la durezza
di cuore gli impedisce di capire il senso evidente delle piaghe. Chi
non vuol vedere non vede; allora come oggi.
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David
Bidussa,
storico sociale
delle idee
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Intorno
alla metà di aprile prossimo cade il centenario del genocidio degli
armeni. È stato il primo episodio di una lunga catena inaugurata nel
1915 e ancora aperta. Al netto della tecnica (come sterminare) molte
cose erano già venute fuori in quell’occasione: civili che per
divertirsi sparano o seviziano i perseguitati; stupri; violenze sui
minori e sugli anziani. Insomma una vasta gamma di atti che poi “hanno
fatto scuola”. Vi sembra che qualcuno ne parli?
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TORINO - Si terrà oggi alle 16 al
Circolo dei Lettori di via Bogino 9 l’incontro “Islamismo, società
islamica, antisemitismo”, parte del ciclo in memoria del prof. Vittorio
Dan Segre z. l. Dopo le serate con Maurizio Molinari e David Meghnagi
oggi pomeriggio il relatore sarà Ugo Volli.
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Oslo, i cittadini musulmani
abbracciano la sinagoga
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Un
cordone composto da oltre mille persone di fede islamica ha cinto la
sinagoga di Oslo al termine dello Shabbat. Le immagini della catena
umana, promossa per esprimere amicizia e vicinanza alla comunità
ebraica norvegese, hanno fatto il giro del mondo. “Se i jihadisti
vogliono usare violenza nel nome dell’Islam devono prima passare
attraverso noi musulmani”, il monito degli organizzatori riportato oggi
da Repubblica.
Dall’Italia alla Jihad.
“Ha fatto il bagnino, poi l’operaio nella zona di Ravenna. Quindi lo
hanno assunto come barista a Milano. Avrà servito caffè e alcolici, ma
per poco tempo. Perché la sua strada era un’altra: la Jihad”. Il
Corriere racconta così la figura di Neji Ben Amara, tunisino, 36 anni,
che sarebbe caduto sotto lo stendardo dell’Isis in Siria: ucciso da
guerrigliera curda nella battaglia di Kobane o – secondo i suoi amici –
in un raid aereo giordano.
Il voto per la Palestina.
“La leadership palestinese è notoriamente laica, riformista e aperta:
un contraltare sul campo alla tragica degenerazione fondamentalista in
atto”. È quanto sostiene Vincenzo Vita, presidente dell’associazione
nazionale Italia-Palestina, in un lettera inviata al Corriere per
promuovere il riconoscimento dello Stato palestinese da parte del
Parlamento italiano.
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OSLO,
un abbraccio che ha commosso il mondo
Musulmani
ed ebrei insieme
per
sconfiggere il terrorismo
"Appuntamento
alle 18.30 alla sinagoga di Oslo per il Fredens Ring, l'anello della
pace". È con un invito lanciato su Facebook che Hajrah Arshad, 17
anni, e altri otto ragazzi hanno riunito ieri più di mille cittadini
musulmani che, insieme, hanno circondato la sinagoga della capitale
norvegese per lanciare una ferma condanna agli attacchi perpetrati in
Europa dalla frangia estremista dell'Islam a una settimana dall'agguato
alla sinagoga centrale di Copenaghen nel quale è stato ucciso la
guardia volontaria Dan Uzan.
Un'iniziativa fortemente simbolica lanciata sui social con queste
parole: "Islam significa proteggere i nostri fratelli e sorelle
indipendentemente dalla religione alla quale appartengono. Islam
significa essere al di sopra dell'odio e non scendere mai al livello di
chi odia. Islam significa proteggersi l'un l'altro. I musulmani
vogliono mostrare quanto sia forte la loro condanna verso ogni tipo di
antisemitismo".
Entusiasta Ervin Kohn, presidente della Comunità ebraica di Oslo, che
ha definito l'evento 'unico'. "È stato bellissimo fare l'avdalah (la
preghiera della fine dello Shabbat) davanti a 1300 persone. Non era mai
successo prima", scrive Kohn su Twitter. Mentre la giovane Arshad,
anima dell'evento ha spiegato: "Dopo l'attacco terroristico a
Copenaghen, questo ci è sembrato il momento adatto per prendere le
distanze dall'ondata di odio che sta colpendo gli ebrei".
Sul Times of Israel è poi il columinist Waqas Sarwar a firmare un
articolo dal titolo "Perché io, un musulmano, andrò in sinagoga" nel
quale scrive quanto i musulmani e gli ebrei siano legati da destini
simili: "Dobbiamo imparare a vivere insieme in pace e armonia,
riconoscendo le religioni dell'altro, la storia e condividendo quello
che abbiamo in comune. E questa non è un'opzione. Proprio per questo
insieme a tanti altri sono andato in sinagoga sabato. Per proteggere i
miei fratelli e sorelle ebree".
Prima di loro erano stati i musulmani inglesi che per contrastare le
sanguinose azioni dell'Isis avevano lanciato l'hashtag 'Not in my
name', non in mio nome, prendendo le distanze da chi vuole dimostrare
che l'Islam sia sinonimo di morte.
Perché, come ha scritto Roger Cohen, "solo i musulmani coraggiosi, in
definitiva, potranno sconfiggere i mercanti di morte jihadisti con le
loro bandiere nere".
Rachel Silvera
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STATI
UNITI
Ari,
il re del poker ha la kippah
A
chip and a chair, dicono i giocatori di poker. Finché hai una fiches da
poterti giocare, puoi sedere al tavolo verde e sfidare la sorte. Certo,
farlo con una kippah in testa è decisamente inconsueto visto il divieto
nella tradizione ebraica di giocare d’azzardo. Eppure Ari Engel, figlio
di un rabbino ortodosso americano, ha fatto del poker il suo lavoro.
Per lui il Texas Hold’em, specialità del poker, è un gioco di abilità,
di calcolo delle probabilità, di strategia. “Il poker non appartiene ai
casinò”, dichiarava il giovane Engel in un’intervista alla Jta, agenzia
americana di informazione ebraica. “Certo ci sono molte cose che sono
oltre il tuo controllo, ma molte di più lo sono. Io non azzardo affatto
quando gioco”. Un’idea condivisa dalla maggior parte dei giocatori
professionisti del tavolo verde (anche se oramai buona parte dei
giocatorisi diletta on-line): se fosse tutta una questione di fortuna,
noi non arriveremmo la maggior parte delle volte in fondo ai tornei,
sostengono quelli che il mondo dell’Hold’em considera dei campioni. E
tra loro anche il giovane Ari Engel, che da studente di yeshiva e
laureando in Finanza industriale alla New York University è passato al
fascino delle carte, facendo del poker un lavoro a pieno titolo.
Decisione che a sorpresa ha trovato il benestare dei genitori. Sia per
la problematica religiosa sia perché dire ai tuoi che vuoi diventare un
professionista di poker in genere non sembra una notizia che possa
renderli felici.
Daniel
Reichel
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SORGENTE
DI VITA
La
minaccia dell'Isis
La
storia, gli obiettivi e le strategie del califfato islamico
che dalla Siria all’Iraq, dal Sinai alla Libia, fino agli
attentati nel cuore dell’Europa, minaccia il mondo intero: l’
analisi di Maurizio Molinari corrispondente da Gerusalemme del
quotidiano La Stampa e autore del libro “Il califfato del terrore” apre
la puntata di Sorgente di vita di domenica 22 febbraio. Si parla poi
dei 150 anni della Comunità ebraica di Napoli raccontati dalle preziose
testimonianze, dai libri antichi, arredi liturgici, tessuti preziosi,
quadri, fotografie e oggetti di vita quotidiana, ma anche documenti
inediti e rari in mostra all’Archivio di Stato della città
partenopea.
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Produrre
l'odio |
Si
fa un grande parlare di un abbandono progressivo dell’Europa da parte
degli ebrei. I ripetuti atti di antisemitismo, un clima di intolleranza
crescente, le manifestazioni di diffusa aggressività ma anche,
aggiungono certuni, le crescenti difficoltà economiche, sarebbero alla
base di un congedo che se in alcuni paesi è senz’altro tangibile in
altri ha dimensioni molto più contenute ma non per questo del tutto
trascurabili. Così soprattutto in Francia, che si candida a divenire
l’epicentro del disagio. Ancora una volta poiché, come ben sappiamo,
non è certo fatto nuovo che proprio nella patria della rivoluzione
repubblicana e laica, laddove fu formulato compiutamente il rapporto
tra minoranze e maggioranza al di fuori degli schemi di antica servitù,
si manifesti questo angosciante fantasma. Al di là dei singoli casi,
tuttavia, quello che più in generale rende irrequieti, se non a volte
apertamente inquieti, è la percezione di un fenomeno che potrebbe
essere in via di maturazione un po’ ovunque.
Claudio Vercelli
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Nugae
- Per induzione
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Ecco
cos’hanno in comune storie d’inquietudini psicologiche e strampalate
storie d’amore. Il fatto che a quanto pare sono entrambe perfette per
l’esordio alla regia di due attori da red carpet e occhialoni da sole.
Un po’ di nomi: sono di questa settimana le notizie che Ewan McGregor
dirigerà la trasposizione cinematografica del romanzo “Pastorale
americana” di Philip Roth, e che Ben Stiller sarà regista di una serie
tv basata su “Storia d’amore vera e supertriste” di Gary Shteyngart.
Andando con ordine, confessione per confessione: non ho letto
“Pastorale americana”, rimandando il confronto a un momento di
sufficiente pace dei sensi per affrontarne i tormenti; ma d’altra parte
non ho letto nemmeno “Storia d’amore vera e supertriste”, perché
sebbene in quanto storia romantica mista a critica sociale mista a
disavventure alla Woody Allen di un trentanovenne ebreo russo emigrato
in America intellettualoide e tendente alla calvizie abbia attratto la
mia attenzione, purtroppo la Feltrinelli è un luogo di perdizione dove
si entra con un desiderio e si esce con venti.
Francesca Matalon, studentessa di lettere antiche
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