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18 Marzo 2015 - 27 Adar 5775
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav
David
Sciunnach,
rabbino
“Questi sono i computi del Tabernacolo, il Tabernacolo della Testimonianza …” (Shemòt 38, 21).
Ci dice il Grande Rebbe, Rabbì Menachem Mendel Shneerson, settimo Rebbe di Lubavitch, a proposito di questo verso: “Nella Parashà di Pekudé viene narrato in quale modo Moshè Rabbenù fa il computo di tutte le offerte fatte per la costruzione del Mishkàn – Tabernacolo. È questo computo un resoconto dettagliato di tutte le entrate e le uscite e del loro utilizzo, affinché fosse eliminata dall’inizio la possibilità di dubitare di Moshè stesso”.
 
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David
Assael,
ricercatore
Alle prime luci dell’alba sembra (l’ipotetico è d’obbligo) che Bibi sia riuscito nella sua grande rimonta, dopo che gli ultimi sondaggi lo davano perdente contro la coalizione guidata da Herzog e Livni. Vincente contro tutti e a discapito di tutti: contro il centro-sinistra israeliano, contro il Presidente Rivlin, che, rebus sic stantibus, dovrà rinunciare al suo progetto di governo di unità nazionale; contro l’Amministrazione Obama, contro la Comunità internazionale e la sua decisione di riconoscere uno Stato Palestinese all’ONU, contro ogni ipotesi di progetto di pace con i palestinesi.
 
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Torino - Oggi alle 18 a Palazzo Madama la conversazione con Marco Belpoliti, curatore della nuova edizione delle Opere di Primo Levi su "Che cosa significa studiare Primo Levi".
 
 
Israele, vince Bibi
In Israele, il Likud del primo ministro uscente Benjamin Netanyahu ha vinto le elezioni, conquistando 30 seggi contro 24 del rivale laburista Isaac Herzog e la sua Unione sionista. Questo il risultato delle votazioni per la Knesset, il parlamento israeliano, dopo lo scrutinio del 99 per cento dei seggi. A Netanyahu sarà dunque affidata la formazione del nuovo governo con la seguente coalizione di destra e religiosa: Likud (30), Habayt Hayehudi (8), Yisrael Beytenu (6), Shas (7), Uniti per la Torah (6). Il primo ministro attende il sì di Kulanu (10 seggi), guidato dall’ex Likud Moshe Kahlon, per poter ottenere la maggioranza alla Knesset (67 seggi). Terzo partito, la Lista araba che ha vinto 14 mandati, a seguire il partito di centro di Yesh Atid (11) guidato da Yair Lapid. La sinistra di Meretz (4) riesce a superare la soglia di sbarramento del 3,25 per cento, rimane invece fuori il partito religioso Yahad di Eli Yishai. Record di affluenza per questa tornata elettorale: 71,8 per cento, come nelle elezioni del 1999, e cinque punti percentuali in più rispetto alle elezioni elezioni del 2013.
 
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  davar
elezioni in israele
La vittoria di Netanyahu
“Sono onorato di questa grande responsabilità”, così il primo ministro in carica Benjamin Netanyahu, a poche ore dal risultato elettorale che ne ha sancito la vittoria. Il suo Likud, “contro ogni previsione e contro ogni forza contraria” come ha dichiarato il premier, ha battuto il centro-sinistra di Isaac Herzog. 30 seggi per il Likud contro 24 dell'Unione Sionista: proiezioni più o meno rispettate per la seconda, decisamente inattese per il primo. E così Netanyahu ha di che gioire. “Lo chiamato per augurargli buona fortuna - ha dichiarato il grande sconfitto Herzog – ma una cosa sia chiara, i problemi rimangono gli stessi. Qualcosa deve cambiare”. E il cambiamento potrebbe portarlo Moshe Kahlon, vero ago della bilancia di questa tornata elettorale. Il suo partito Kulanu, nato dal nulla pochi mesi fa, ha raccolto 10 seggi e ora sembra entrerà nella grande coalizione che Netanyahu si prepara a riunire sotto di lui.
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elezioni in israele - l'analisi
Cosa significa il voto in Eretz
Nessuno si aspettava che Benjamin Netanyahu riuscisse ad invertire in questo modo i sondaggi che lo davano dietro all'Unione Sionista. Di certo non ci si aspettava un tale disparità tra i seggi ottenuti dal Likud, 30, e quelli della compagine di centro-sinistra, 24. Le proiezioni, fino allo scrutinio, davano i due partiti testa a testa e con questa notizia hanno aperto tutti i giornali internazionali. “I sondaggisti hanno fatto però un terribile errore - spiega Sergio Della Pergola, demografo, docente all'Università Ebraica di Gerusalemme e autorevole analista della politica israeliana – non hanno tenuto conto delle ultime ore, chiudendo le proiezioni su dati di metà pomeriggio”. Ed è possibile che nelle ore successive molti dei delusi e astenuti dell'area di destra si sia recata al voto, spinta in particolar modo da una massiccia campagna mediatica del Likud al fotofinish: tra cui, l'appello di Netanyahu ad andare a votare per il partito perché “gli elettori arabi stanno andando a votare in massa”. “In ogni caso Netanyahu è riuscito a spostare i voti verso il Likud, prendendoli soprattutto da Habayt Hayehudì e da Israel Beitenu (compagini della destra più oltranzista)”, spiega Della Pergola, sottolineando che il Likud non ha presentato un programma elettorale e come Netanyahu abbia mostrato un certo disinteresse per un tema caro ai cittadini come il costo della vita. “Ha vinto il suo pragmatismo, la sua capacità di trasmettere agli elettori affidabilità”, il pensiero di Avi Simchon, docente di Economia all'Università Ebraica. “Non aveva un programma e quindi non ha fatto grandi promesse ma ora dovrà lavorare per rispondere alle esigenze sui temi sociali” e lo farà probabilmente assieme a Moshe Kahlon, leader del partito Kulanu ed ex uomo del Likud, che può contare su 10 seggi alla Knesset. “Chiederà un prezzo molto salato a Netanyahu, tra cui ovviamente il ministero dell'Economia”, afferma Della Pergola. Ma la cosa importante di queste elezioni, per il diplomatico israeliano Sergio Minerbi, è che “Netanyahu è riuscito a battere chi voleva sostituirlo. Questa sostituzione non ci sarà”.
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elezioni in israele
Partiti arabi, l'unità premia
L’unità premia, talvolta. Presentatasi al voto come un blocco compatto, legando in una sola proposta politica il partito di sinistra arabo-ebraico Hadash (Fronte Democratico per la Pace e l’Uguaglianza), i due partiti laici Balad e Taal e il partito islamico Raam, la coalizione unitaria araba si aggiudica infatti 14 seggi, tre in più rispetto a quelli ottenuti nell’ultima tornata elettorale quando ciascun partito aveva corso per sé, e il terzo posto assoluto in graduatoria. “È un risultato storico. Gli arabi israeliani hanno compreso l’importanza del voto e per noi hanno votato anche ebrei progressisti che non hanno accettato la deriva razzista di Netanyahu” ha affermato il leader Ayman Odeh, 41 anni, avvocato con trascorsi da consigliere municipale ad Haifa. Tra i rappresentati di coalizione che siederanno alla Knesset anche la deputata Hanin Zoabi, esponente di Balad, che la scorsa estate aveva rifiutato di classificare il rapimento e l’uccisione dei tre studenti di yeshiva nel Gush Etzion come un atto terroristico. Alcune sue recenti intemperanze l’hanno portata a una sospensione dall’attività parlamentare per sei mesi.
“Il fine ultimo è che Netanyahu perda il potere, è in assoluto la cosa più importante. Non facciamo parte della squadra di Herzog, ma siamo interessati ad ascoltare cosa ha da dirci”, sosteneva Odeh alla vigilia del voto. Con Bibi sembra sempre più saldo al comando, resta da capire quale sarà – concretamente – il peso del partito unitario nella nuova Knesset. La sfida è comunque quella portare “le istanze di pace e di giustizia sociale degli arabi israeliani e dei nostri fratelli palestinesi”.
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elezioni in israele
Knesset, numeri che sorprendono
l volti nuovi, sorprese, cadute e risalite: a votare i nuovi membri che popoleranno la Knesset, il Parlamento unicamerale israeliano, è stato il 71,8 % degli aventi diritto, il numero più elevato dal 1999. Il 13.7% dei cittadini si è recato alle urne durante le prime tre ore di apertura.

Mentre lo spoglio delle schede giunge alla sua conclusione fioccano le prime cifre che ridisegneranno il paese. I numeri che saltano agli occhi sono di certo quelli che rivelano l’aumento della presenza delle donne nella Knesset che diventeranno 28 (nelle elezioni precedenti del 2013 erano 27 e nel 2009 solo il 21), e quello degli arabi che crescono del 29% (17 membri sederanno in Parlamento contro i 12 del 2013). Gli ebrei ultraortodossi scendono invece del 36% (25 membri contro i 39 delle elezioni precedenti). Per far votare i 5,883,365 israeliani che ne avevano il diritto, il paese ha fornito 10.119 urne, di cui 56 in 27 prigioni e 255 negli ospedali.
La Knesset è composta di 120 seggi, il cui numero richiama i 120 saggi che sedevano al Beth Hamikdash, il tempio di Gerusalemme. Per poter governare, la maggioranza dovrà formare una coalizione che coprirà almeno 61 seggi, anche se, per non rischiare di essere troppo debole, dovrebbe raggiungerne tra i 65 e i 70. I partiti che si sono presentati alle elezioni del 17 marzo sono 25 (il numero più basso dal 1992: due anni fa a presentarsi erano stati ben 32 partiti) e la soglia di sbarramento che si deve raggiungere per poter sedere nella Knesset è del 3,25%.
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pilpul
Ticketless - Norme che mancano
Una settimana di disegni di legge, ma anche di invocazioni a norme che mancano. Peccato che nessuno abbia ripreso l’articolo di Alberto Melloni, apparso sul “Corriere della Sera” del 10 marzo scorso (“Le norme che mancano sulla libertà religiosa”). L’Italia ha adesso una legge contro i negazionisti, ma non ha una legge in difesa della libertà religiosa. Commissioni, vari tavoli di lavoro, buone intenzioni, nulla che difenda dai soprusi credenti e non credenti. I fatti di Parigi, i nuovi scenari mediterranei che chiedono risposte sicure per accogliere chi fugge dalle guerre, ma anche la tutela del pluralismo religioso nelle scuole, dovrebbero farci capire quanto non sia più rinviabile una legge-quadro sui rapporti fra lo stato e le confessioni religiose, come ora ne esiste più d’una per i rapporti fra potere politico e magistratura. Per dirla con Melloni, questa legge che sembra non interessare nessuno, proteggerebbe “credenti e non credenti da padrinati poco limpidi”.

Alberto Cavaglion
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Periscopio - Senza alternative
L’inatteso recupero del partito di Netanyahu nelle elezioni israeliane e il deludente risultato raccolto dai suoi antagonisti non significa, a mio avviso, un entusiasmo dell’opinione pubblica nei confronti del governo uscente, ma, più modestamente, una mancanza di fiducia nell’esistenza di reali alternative effettivamente praticabili. Il desiderio di cambiamento c’era ma c’era anche la paura del cambiamento, la paura che Israele potesse venire spinto verso strade più rischiose. Tra le due cose, desiderio di novità e diffidenza, ha prevalso la seconda. Ma è evidente che, al di là del loro esito, le elezioni rappresentano sempre un evento di rilievo di per sé, per il solo fatto che si sono svolte, per il modo in cui si sono celebrate. Gli analisti si sono soffermati a lungo sulle persone e le parole dei vari candidati, sorvolando in genere sul fatto che, per me, è il più importante di tutti. L’anomalia della situazione mediorientale è data proprio dal fatto che c’è un Paese, e uno solo, nel quale si svolgono periodicamente le elezioni più libere del mondo, frutto di un confronto di idee intenso, serrato, aspro, nel quale tutti possono dire e ascoltare tutto di tutti. Un Paese nel quale chi vince non diventa il padrone di nulla, e chi perde non ha niente da temere. Mentre, al di là dei confini di questo piccolo Paese, non è proprio la stessa cosa.

Francesco Lucrezi, storico
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Pace
Sulle elezioni israeliani si è scritto e si scriverà molto, vi è però un dato incontrovertibile che credo debba far riflettere: l’assoluto disinteresse degli israeliani per la possibile o forse impossibile pace con i palestinesi, la questione sociale e il caro vita sono stati sono stati al centro del dibattito elettorale, e Bibi ha recuperato i consensi quando si è posto come il leader forte che può difendere il paese dalle minacce esterne.
La questione palestinese è ‘scomparsa’ dall’agenda politica israeliana, la ragione è semplice la totale sfiducia nella controparte nel valor raggiungere un’accordo duraturo è stabile, dopo anni di sterili concessioni che hanno portato a attentati e violenze due missioni a Gaza, gli israeliani preferiscono un mediocre status quo, a un pessimo trattato di pace.


Miky Steindler



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