Roberto
Della Rocca,
rabbino
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Al
momento di attraversare il Mar Rosso gli ebrei sono incastrati: c’è
l’armata egiziana da una parte e il mare dall’altra. Il popolo si
divide in quattro gruppi. Il primo dice: “…siamo spacciati, dobbiamo
arrenderci e tornare schiavi in Egitto...”. Il secondo sostiene:
“…gettiamoci in mare e suicidiamoci. È meglio morire liberi che vivere
come schiavi…”. C’è poi chi incita al combattimento: “…prendiamo in
mano il nostro destino, e combattiamo gli egiziani…”. C’è infine chi
dice "...bisogna pregare...”.
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Dario
Calimani,
anglista
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Non
so esattamente perché, ma negli ultimi tempi un certo ruolo della
Germania ha cominciato a preoccuparmi. E mi è capitata sotto gli occhi
una battuta di Karl Kraus: "Il guaio dei tedeschi non è il fatto che
gettino bombe, ma che ci incidano sopra citazioni kantiane".
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Obama rassicura Israele
sull'accordo con Teheran
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“Intervistato
dal giornalista del New York Times Thomas Friedman (oggi su Repubblica
la traduzione), il presidente Barack Obama cerca di rassicurare Israele
e il suo primo ministro Benjamin Netanyahu sulla bontà dell’accordo
quadro stipulato a Losanna con Teheran in merito al nucleare iraniano.
“Capisco i timori del popolo ebraico, però solo così potremo garantire
la sicurezza dell’area nel modo più efficace”, sostiene Obama in merito
all’intesa con l’Iran. “Sono assolutamente impegnato per fare in modo
che Israele mantenga la qualità della sua superiorità militare, e possa
scoraggiare potenziali attacchi futuri”, afferma Obama, dichiarando di
rispettare Netanyahu e avvisando l’Iran che in caso di attacco a
Israele gli Stati Uniti scenderanno al suo fianco per difenderlo. Il
presidente Usa toglie però dal piatto dell’accordo con Teheran il
riconoscimento da parte del regime degli Ayatollah dello Stato di
Israele, spiegando che altrimenti nessuna trattativa sul nucleare
sarebbe possibile. Su quest’ultima, e sulle diverse interpretazioni tra
Usa e Iran sull’accordo preliminare, si sofferma l’analisi de La
Stampa. Punti, come la questione delle sanzioni, che avranno un ruolo
chiave nel raggiungimento effettivo di un’intesa finale sul programma
nucleare iraniano.
Gli ottant’anni di rav Laras. “Rav Giuseppe Laras ha compiuto ieri
ottant’anni, è un’autorità tra i rabbini europei, da allora ha dedicato
buona parte della sua vita allo studio. La filosofia medievale e
rinascimentale, il pensiero di Maimonide, i venticinque anni da rabbino
capo di Milano e la cattedra alla Statale, fino a quella summa
plurimillenaria del pensiero ebraico, dalla Bibbia a Hannah Arendt,
appena completata con il secondo volume di «Ricordati dei giorni del
mondo» (EDB)”, così Gian Guido Vecchi sul Corriere della Sera celebra
gli ottant’anni di rav Laras, presidente del Tribunale Rabbinico del
Centro Nord Italia. Un affresco della vita del rav, dai tempi del
nazifascismo quando la sua famiglia cadde vittima di una delazione e la
madre (che assieme alla nonna non tornerà da campi di concentramento)
pagò alcuni fascisti per salvare la vita del figlio, all’amicizia con
il cardinale Martini.
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israele
Kahlon, mano tesa ai laburisti
Sono
solo congetture, eppure l'ipotesi di un governo di unità nazionale
targato Likud e sostenuto dalla sinistra laburista sembra aver trovato
un'ulteriore sponda, quella di uno degli uomini chiave delle ultime
elezioni, Moshe Kahlon. Il suo partito, Kulanu, è l'ago della bilancia
per la formazione del prossimo governo israeliano grazie ai 10 seggi
ottenuti alle elezioni nazionali di metà marzo. Al momento però le
trattative condotte dagli uomini del primo ministro Benjamin Netanyahu
(leader del Likud, uscito vincitore dalle urne con 30 seggi ottenuti
alla Knesset, il parlamento israeliano) sono in una fase di stallo a
causa di alcune divergenze con l'alleato apparentemente naturale HaBayt
HaYehudì e con lo stesso Kahlon. Quest'ultimo ha fatto capire a
Netanyahu di volere per sé e per i suoi, oltre al già promesso
ministero delle Finanze, altre posizioni di rilievo in ambito
socio-economico, in modo da poter intervenire in modo concreto su
alcune problematiche che affliggono la società israeliana come il
carovita.
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a tre mesi dagli attentati di parigi
"Siamo in guerra con la barbarie"
A
tre mesi dall’attacco alla redazione di Charlie Hebdo e al supermercato
casher di Porte de Vincennes il presidente del Conseil Représentatif
des Institutions juives de France, Roger Cukierman, è stato ospite
della prima serata di BFMTV, il più importante canale di informazione
d’Oltralpe, per ricordare i tragici fatti di gennaio, definire
l’impegno per la sicurezza e commentare la nuova percezione che vi è
nell’opinione pubblica del pericolo che le società progredite e
democratiche sono costrette ad affrontare.
“A tre mesi da quell’orrore il sentimento di solidarietà è
significativo. Giornalisti, politici, comunità ebraica: le iniziative
adottate hanno permesso un rafforzamento delle misure di sicurezza.
Anche se la preoccupazione resta alta”, ha affermato Cukierman. Per poi
aggiungere: “È angosciante pensare che gli ebrei, che vivono in questo
paese da 2mila anni e che ne sono cittadini a tutti gli effetti dai
tempi della Rivoluzione francese, abbiano bisogno di misure speciali a
difesa della loro incolumità”.
“È in corso una guerra contro una barbarie di stampo medievale. E in
questa guerra, di cui tutta Europa deve prendere coscienza, le prime
vittime sono i musulmani” ha proseguito Cukierman. Cordoglio e
vicinanza sono stati inoltre espressi alle comunità cristiane d’Oriente
e d’Africa che, proprio in queste ore, subiscono nuovi terribili
attacchi: “La solidarietà degli ebrei francesi ai nostri fratelli
cristiani è totale”.
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il presidente della comunità ebraica belga
"Il dialogo è una nostra priorità"
Ha
vinto a larghissima maggioranza, con il 92 per cento dei voti, Serge
Rozen, neoeletto presidente del Comité de coordination des
organisations juives de Belgique (Comitato di coordinamento delle
Comunità ebraiche del Belgio). Il CCOJB è l’organo rappresentativo
ufficiale che confedera le circa 40 organizzazioni politiche,
culturali, educative, sociali, religiose e sportive del Belgio, e
membro a sua volta del World Jewish Congress e dello European Jewish
Congress. Succeduto a Maurice Sosnowski, in carica nell’ultimo
quinquennio, Rozen, 62 anni, nella vita è ingegnere, ma è attivo
nell’ambiente delle istituzioni ebraiche da molto prima della sua
elezione. È infatti da tempo direttore della Fondazione Haim, che
finanzia associazioni e organizzazioni ebraiche a Bruxelles. “Questo
incarico – racconta a Pagine Ebraiche – mi ha permesso di entrare in
contatto con questo mondo, di incontrare molte persone e fare molte
esperienze. Ho potuto accorgermi del fatto che la situazione è sempre
più difficile”. Da ciò nasce la sua volontà di dare un maggiore
contributo. Leggi
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Qui roma
La disabilità. Ieri e oggi
Intitolato
"La Shoah delle persone disabili: ieri e oggi", il seminario di studio
in programma questo pomeriggio presso l'Istituto superiore antincendi
di Roma si prefigge di riflettere sulle barriere e lo stigma culturale
che ancora oggi, in molti casi, escludono dalla società le persone
disabili. Un momento di scambio e di riflessione che, sotto l'egida di
Roma Capitale, porta al tavolo dei relatori rappresentanti del governo
e delle istituzioni cittadine oltre a sindacalisti, addetti ai lavori,
storici.
Nel programma del seminario un inquadramento che dalla persecuzione
nazifascista arriva fino alle difficoltà di inserimento tuttora
esistenti in un clima di esclusione sociale che, viene spiegato, “non
consente un diritto alla cittadinanza attiva delle persone con
disabilità”.
Una domanda a stimolare gli interventi: “Nel 2015 non esiste più la
parola 'handicappato', ma siamo veramente sicuri di aver superato ogni
forma di pregiudizio?”.
Tra gli ospiti gli assessori di Roma Capitale Francesca Danese e Paolo
Masini. Mentre tra i molti relatori che daranno vita al confronto lo
storico Marcello Pezzetti, che interverrà su “Shoah e soluzione finale
dei disabili” e Daniela Pavoncello, dirigente Isfol oltre che
consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, che si
soffermerà sulle barriere all'inserimento lavorativo. Leggi
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La Memoria e i suoi laboratori |
In
giro per il mondo esistono Musei della Shoah da qualche decennio. I più
celebri – su tutti lo Yad Vashem di Gerusalemme – hanno subito, nel
corso del tempo, ristrutturazioni radicali, espansioni e cambiamenti
nel contenitore e nel contenuto, poiché anche la memoria della Shoah
riverbera l’evoluzione di una società e di una cultura. Il primo fu
quello di Parigi, negli anni Cinquanta, poi ne furono istituiti a
decine. I più importanti, oltre a Gerusalemme, sono quelli di
Washington e Berlino, celeberrimo per l’architettura di Daniel
Libeskind: colpì i visitatori a tal punto che, una volta finito, si
discusse se riempirlo o lasciarlo vuoto.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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Storie – In memoria di Rendina
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L’8
maggio la Casa della Memoria e della Storia a Roma sarà intitolata con
una cerimonia ufficiale all’ex comandante partigiano Massimo Rendina,
che fortemente ne aveva voluto l’istituzione. Lo ha annunciato il
presidente dell'Anpi di Roma, Ernesto Nassi, spiegando che "l'accordo è
stato raggiunto grazie all'assenso del Comune e di tutte le
associazioni presenti alla Casa della Memoria”. Sarà anche l’occasione
per un convegno sulla figura del comandante Max.
Mario Avagliano
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25 aprile di fiele? |
Qualche
rimando veloce, ma a ben guardare di antica radice, alla ventilata
astensione dell'Aned di Roma nel merito della manifestazione per il 25
aprile. Il primo rinvia al fatto che a dire di no non è una componente
ebraica (non importa nel qual caso quale avrebbe potuto essere), bensì
l'Associazione che raccoglie tutti gli ex deportati. Il peso morale e
civile di questa scelta, al di là della consistenza associativa, è
netto, a prescindere da qualsiasi ulteriore opinione di merito. Seconda
valutazione di principio: il rischio che le ricorrenze repubblicane, a
partire proprio dalla festa della Liberazione, si trasformino in un
campo di battaglia su questioni che poco o nulla hanno a che fare con
ciò che si ricorda, è oramai un dato di fatto.
Claudio Vercelli
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