Se non visualizzi correttamente questo messaggio, fai click qui

1 maggio 2015  - 12 Iyar 5775
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
Mi ha chiesto un amico italki di Israele: “Perché vai al Moked di Milano Marittima?”.
Ho risposto con frasi sensate tra il lavoro e lo svago. Allora lui, più israeliano che Italki, ha insistito: “E perché porti i tuoi figli grandi con te?”.
 
Leggi

Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
Siamo in clima di apertura dell’Expo, ma anche di crisi nelle relazioni nel Mediterraneo, e non sarà forse inutile ricordare le interessanti e per certi versi paradossali parole utilizzate da Benito Mussolini nel 1934 all’inaugurazione di un’altra Esposizione, la Fiera del Levante di Bari.
 
Leggi

 
 
Expo al via
Al via oggi l’Expo milanese. Grande l’allerta sicurezza, con agenti e forze dell’ordine dispiegate in tutta l’area. Si temono eventuali azioni di gruppi anarchici. “Obiettivi possibili: il padiglione di Israele, quello americano, quello turco. Anche se gli analisti hanno registrato soprattutto un’accentuazione della propaganda anti-israeliana” 
 
Leggi

 
  davar
 qui milano -  l'esposizione universale al via
"Expo, oggi inizia il domani"
“Oggi inizia il domani. Expo sarà uno spazio di libertà, di dialogo e confronto con le nuove generazioni. L’impresa più bella inizia oggi”. Così il Primo ministro Matteo Renzi ha salutato l’apertura di Expo Milano 2015, l’esposizione universale che da oggi fino al 31 ottobre porterà milioni di persone a scoprire Milano, l’Italia e il mondo all’interno di Expo. Applausi ed entusiasmo tra il pubblico presente e discorsi, come quello del premier italiano, improntati alla fiducia per un evento dalla portata internazionale attorno a cui gravitano grandi aspettative. “Ce l’abbiamo fatta”, le prime parole pronunciate dal sindaco di Milano Giuliano Pisapia, a cui sono seguiti i discorsi del presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, e di Ferdinand Nagy, presidente del Bureau International des Espositions.
Sono già migliaia le persone che hanno attraversato i cancelli milanesi e stanno visitando gli oltre 140 padiglioni presenti.

Leggi

qui milano
Expo, Israele già protagonista
“Veramente molto interessante e ben fatto”. Il commento semplice ma significativo dell’ambasciatore di Israele in Italia Naor Gilon, in merito a Fields of Tomorrow (I campi di domani) ovvero il Padiglione israeliano realizzato per Expo 2015. L’ambasciatore infatti è stato uno dei primi oggi ha visitare assieme al Commissario generale israeliano per Expo Elazar Cohen, il Padiglione: un progetto che sin dalla sua struttura esterna colpisce l’occhio dei visitatori.
Centinaia infatti le persone che si sono fermate per immortalare il “campo verticale”, una avveniristica distesa coltivata con cereali, sezionata in diverse aeree, dal forte impatto visivo e che nel corso dei mesi cambieranno colore (seguendo il ritmo della stagione).
Leggi

A colloquio con il gran rabbino di francia
"Mai più il silenzio dei buoni"
II Gran rabbino di Francia Haim Korsia è fra i protagonisti al Moked, la tradizionale convention primaverile dell’Unione delle Comunità Ebraiche organizzata dal rav Roberto Della Rocca che riunisce l’Italia ebraica per uno Shabbath a Milano Marittima. Rav Korsia interverrà questa sera sul tema Libertà d’espressione e di satira, al centro del dibattito dopo i drammatici fatti di Parigi e domani sera dialogherà con il direttore della redazione sui destini degli ebrei in Europa. Al Gran Rabbino di Francia è dedicata la grande intervista del numero di maggio di Pagine Ebraiche attualmente in distribuzione che proponiamo qui di seguito.

Le ferite di gennaio bruciano ancora. Eppure, nell’accogliere un ospite il Gran rabbino di Francia Haim Korsia a quel sorriso, allo sguardo sincero che accompagna il suo lavoro non vuole rinunciare. La responsabilità di essere a capo della più grande e della più difficile realtà ebraica d’Europa sembra non pesargli. Il tragico bilancio degli attacchi del terrorismo islamico alla redazione di un giornale e a civili indifesi che acquistavano il pane prima dello Shabbat si sente in modo straziante. Ma non è capace di spegnere la speranza, l’orgoglio di essere cittadini e artefici del proprio destino. La minaccia pressante di una società in ebollizione, dove si alternano segnali di speranza a pericoli gravissimi la conosce, ma ciò non sembra impedirgli di guardare avanti. “In queste settimane – commenta – si è molto parlato, e troppo spesso a sproposito. Ma per noi ebrei la regola è sempre la stessa. Non siamo fatti per le generalizzazioni, per la confusione. Siamo chiamati a distinguere. Ci piace vedere chiaro nelle cose”.

Eppure, Gran rabbino, sono in molti ad affermare che le lacerazioni che affliggono le società occidentali e l’Europa in particolare possono essere sanate solo attuando una decisa politica di amalgama, di integrazione.

L’ebraismo – ribatte – parla molto chiaro. Ti piace il latte? Ti piace la carne? Benissimo, puoi averli. Ma allora impara a distinguere, a separare. Non puoi godere della loro mescolanza, devi esercitare una capacità di discernimento.

Questo significa che in quanto ebrei siamo destinati a rimarcare con sempre maggior forza la nostra separazione dal resto della società?

Niente affatto. In quanto ebrei siano chiamati a dire che la vocazione dell’uomo è quella di assomigliare per quanto possibile al Creatore. Ognuno rappresenta il Suo volto. Ognuno ha pari dignità. Ognuno deve essere tutelato. La pari dignità di cui tutti, tutti gli esseri umani devono godere, si diffonde attraverso questa transitività. Con un’avvertenza, quella di sapere che tutti noi godiamo di pari dignità e ognuno di noi è unico. L’unità non è un dato di fatto, è da riconquistare, da ricomporre. Non è una sola persona il volto di D. Tutti insieme possiamo esserlo, se lo vogliamo.

Eppure quello che è avvenuto, le stragi dei fautori dell’odio, sembrano inquinare i peggiori incubi del l’Europa.

Fa bene a chiedere dell’Europa. La Francia ha certo problemi specifici, ma anche specifiche opportunità. Cominciamo con il dire che il problema riguarda tutta l’Europa nel suo complesso. Che la domanda è in quale Europa vogliamo vivere. Che quello che è avvenuto sarebbe purtroppo potuto avvenire anche altrove in Europa e non necessariamente con la stessa reazione sana, forte, impetuosa della popolazione.

Gran rabbino, lei fa riferimento alle grandi manifestazioni che hanno portato in piazza milioni di francesi per opporsi alla violenza e all’intolleranza. Si è trattato secondo lei di una svolta storica nella maturazione della società, o solo di una reazione destinata a essere presto dimenticata?

Si è trattato di un momento straordinario, di un fatto storico di grande vigore. Di qualcosa che nessuno nel Dopoguerra aveva mai conosciuto. Sono stato a lungo rabbino capo delle Forze armate francesi. Sono abituato ad apparire in pubblico. È una vita che mi sento addosso lo sguardo dei passanti. Vedono che sono ebreo, ho il capo coperto e non me ne vergogno e so che loro vedono, mi chiedo cosa pensano. Ma quando ho attraversato quell’oceano di gente, fra quei quattro milioni di francesi che sono scesi in piazza, per la prima volta ho sentito che lo sguardo della gente non pesava, che contavano gli ideali di libertà e di cittadinanza a noi comuni. A gran ragione è stato detto in quei giorni che non c’è Francia senza gli ebrei francesi. Forse anche voi Oltralpe potreste pensarla allo stesso modo.

Lei ha usato parole molto nette e forse non da tutti condivise per dire che la strage nella redazione del giornale satirico Charlie Hebdo non ha rappresentato solo un mostruoso attacco alla dignità della vita umana, ma prima ancora un attacco ai cardini della democrazia e che in quanto tale questo attacco costituisce una minaccia antiebraica.

Ho voluto essere molto chiaro. Noi ebrei abbiamo urgenza, abbiamo bisogno di vivere in una società democratica e progredita. La libertà di espressione, di stampa, anche di satira rappresenta un cardine irrinunciabile di questa società che è la nostra. Non c’è bisogno di negare la libertà d’espressione per puntellare la logica mostruosa delle forze dell’odio. Basta anche solo metterla in dubbio. Chi dice “la libertà d’espressione, ma…” deve sa pere che quel “ma” non è solo sbagliato, non è solo velenoso, ma è anche colpevole. Tutto quello che è un valore non merita il nostro “ma”. E ogni nostro cedimento, ogni nostra ipocrisia non sarà perdonata.

Lei ora parla da cittadino o da Gran rabbino?

Vede, caro amico, qui le cose sono molto chiare. Legga sopra la porta delle istituzioni centrali dell’ebraismo francese. C’è scritto “Religione e Patria”.
Là dove non costituisce reato per la legge francese la stampa satirica qui è lecita e appartiene a una tradizione laica plurisecolare di grande valore. Possiamo non comprarla in edicola, siamo liberi di non leggerla, se non ci aggrada. Ma per noi resta un valore, non possiamo opporre un “ma”. Non sono io a dirlo, è la Torah. L’episodio degli esploratori mandati in avanscoperta per prendere conoscenza della Terra di Israele è ben chiaro. Sembravano i più credibili, i più saggi, e per meglio disseminare il loro veleno, per sminuire il reale valore di Israele hanno condito il loro rapporto di molte lodi, poi a un certo punto è arrivato il loro “ma”. Quel “ma” ipocrita uccide. E tutti sappiamo quel “ma” quanto ha pesato sul destino ebraico.

In definitiva, quale lezione possiamo trarre dai fatti di Parigi?

Dobbiamo sapere che nelle nostre società c’è chi vuole l’odio e la violenza.
Dopo il massacro di Tolosa molti hanno voluto parlare di un “lupo solitario”. Adesso è ben chiaro a tutti che i lupi non sono solitari. Ed è ben chiaro a tutti che là dove si annida la violenza sono gli ebrei a essere presi per primi di mira. Ma è anche chiaro che i signori dell’odio non vinceranno, perché il loro attacco è un attacco al bene di tutti. È proprio così, a volte i paranoici hanno un nemico per davvero e questi nemico è la società civile. E infine è chiaro che il problema non sono le malefatte dei cattivi. Il problema è, ed è sempre stato, il silenzio dei buoni. È quel silenzio che dobbiamo scongiurare.

Si è molto discusso dell’invito del Primo ministro israeliano agli ebrei francesi di lasciare il proprio paese. A suo avviso era giustificato? Ed è vero che stiamo assistendo a un esodo significativo?

Certo che è vero. La mobilità dei cittadini francesi, e credo più in generale europei, è molto elevata. E certo che Israele rappresenta un’opportunità meravigliosa. Ma per cortesia facciamo piazza pulita dalla propaganda e dalla strumentalità. È ben evidente che la vocazione dello Stato di Israele resta quella di accogliere tutti gli ebrei che intendano trasferirsi lì. Diciamo però le cose come stanno. Perché i giornali non raccontano mai le storie dei giovani francesi, ebrei e non ebrei, e magari anche dei giovani italiani, che lasciano la patria per andare a Londra, o a Berlino, o negli Stati Uniti? Diciamolo chiaro: le nuove generazioni vogliono pensare in termini globali e vanno dove trovano le migliori opportunità di studio e di lavoro. Vanno dove vedono un futuro. Noi abbiamo la responsabilità di far vedere loro un futuro nel nostro paese. E soprattutto abbiamo il dovere di tutelare le loro scelte in modo che siano sempre scelte consapevoli e libere, mai azioni dettate dalla paura e dalla costrizione. Ci sono molti francesi che vanno stabilirsi altrove, altri che vengono a stabilirsi in Francia. E ci sono molti francesi in Israele che proprio lì riscoprono l’orgoglio di essere francesi. È una storia interessante da raccontare, a condizione di raccontarla tutta e di raccontarla onestamente.

Lei è appena uscito da un vertice dell’Unione degli industriali francesi dove ha tenuto un intervento basato sulla pagina 31 del trattato Shabbat del Talmud. Ma si dibatteva di politica economica e delle grandi scelte di fondo che segnano il futuro delle nostre società. Cosa vogliono sapere le forze sociali di una democrazia avanzata da un rabbino?

In questi giorni si discute di un dilemma molto interessante. In Francia sono attivi tre operatori di telefonia mobile. C’è la forte richiesta di aprire il mercato a un quarto operatore. Chi è favorevole sostiene che questo si tradurrà in un vantaggio per gli utenti e in una riduzione delle tariffe determinata dall’intensificarsi della concorrenza. Chi è contrario afferma che una rincorsa feroce delle tariffe porterà a disinvestire sull’avanzamento tecnologico, con effetti disastrosi a lunga scadenza sul sistema paese. Un rabbino deve dire che cosa insegna la Tradizione ebraica a questo proposito.

E cosa insegna?

Insegna che tutti i valori in gioco, il libero mercato, la tutela del consumatore, gli investimenti sulla qualità, sono valori reali e meritano di essere tutelati. Non siamo chiamati a sceglierne uno cancellando gli altri. Siamo chiamati a trovare il migliore equilibrio possibile per costruire un futuro migliore.

Guido Vitale


Pagine Ebraiche Maggio 2015

(Disegno di Giorgio Albertini)
la sfida della francia contro l'antisemitismo
Parigi dichiara guerra all'odio
Parigi dichiara guerra all’odio. Il Gran rabbino Korsia, che è stato a fianco dell’esecutivo nell’elaborare un vasto, ambizioso progetto, si dice confortato dai risultati. “Il nostro paese ha riaffermato quanto conti la fratellanza nella Repubblica, ha preso coscienza che dobbiamo lottare contro tutto ciò che ci divide e ci separa. È quello che ho voluto riassumere per la tribuna dell’Assemblée nationale il 13 di gennaio, dicendo semplicemente che gli ebrei francesi non devono più aver paura di essere ebrei”.


(Disegno di Giorgio Albertini)
Leggi

moked 5775 - l'apertura dei lavori
Aron-
Mosè, quale dialettica
“Se apriamo la Torah e scorriamo la parasha di Vaerà troveremo un verso con un particolare piuttosto strano: parlando di Aron e Mosè, ci si riferisce a loro usando il pronome al singolare U, lui e non il plurale Em, loro. Un vero e proprio paradosso strutturale".
Leggi

moked 5775
Mediazione, valore da riscoprire
Si è aperta giovedì una nuova edizione del Mokèd, tradizionale momento di incontro dell’Italia ebraica organizzato dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane a Milano Marittima. Tanti gli incontri promossi: confronti, seminari, dibattiti, workshop.
Leggi

moked 5775
Compromesso: necessità e virtù
Tema al centro del Mokèd di Milano Marittima, il fenomeno del compromesso può essere analizzato sotto i più diversi punti di vista. Una panoramica che ha descritto questa complessità è stata offerta nel corso dell'incontro "Compromesso: necessità o virtù", introdotto e moderato dal rav Roberto Della Rocca.
Leggi

Roma, inaugurata la mostra al museo ebraico
Rav Elio Toaff, maestro di tutti
“È un grande piacere essere qua. Non solo come ministro, ma anche come cittadino italiano. Rav Toaff è stato infatti parte della nostra vita, un punto di riferimento, una guida per tutti noi”. È emozionato il ministro Dario Franceschini nell’aprire ‘Shalom Moreno’, la mostra-omaggio dedicata al rabbino emerito di Roma scomparso appena due settimane fa.
Leggi

la rassegna settimanale di melamed
Contraddizioni e tradimenti 


qui gerusalemme
Ricordare il 1967

pilpul
Sette anni di lavoro
Sette giorni della settimana. Ci sono i sette nani, in allegria, ma sono sette anche i giorni di lutto. E sono sette i samurai di Akira Kurosawa, come poi I magnifici sette di John Sturges. E da sette anni tondi esiste questo notiziario. Anni belli ed entusiasmanti, anni di sfide e di vittorie, di scoperte e di sconfitte, in cui un giorno dopo l’altro ci si misura con la difficoltà di fornire un servizio di qualità all’identità più complessa e litigiosa d’Italia.
Una minoranza ricca di valori, con una tradizione millenaria e un patrimonio da valorizzare, come cerchiamo di fare tutti i giorni, a partire da quel Primo maggio del 2008 in cui è nato il primo esperimento, fra l’incredulità generale di un pubblico che considerava il ritmo quotidiano di questo notiziario una sfida impossibile da vincere.
E invece l’Unione informa ha continuato, un giorno dopo l’altro, a raccontare, a proporre, a discutere grazie ai suoi tanti collaboratori, tutti volontari, che ogni giorno regalano il loro contributo prezioso di pensieri e di idee. E grazie alla decisione di investire in un gruppo di lavoro, assunta allora dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, che ha portato alla nascita e alla crescita di una redazione che ha saputo prima far nascere e poi far crescere un giorno dopo l’altro prima un prodotto, poi un altro, e poi un altro ancora, fino ad arrivare a tre mensili stampati – Pagine Ebraiche, Italia Ebraica e DafDaf – e i notiziari quotidiani bokertov e paginebraiche24, che insieme alla rassegna stampa forniscono informazioni in maniera rapida e professionale, per poi produrre anche due settimanali: l’edizione internazionale e la newsletter dedicata al mondo della scuola e dell’educazione.
Altro bolle in pentola, ovviamente, perché anche se sudiamo sette camicie non smettiamo di sognare, progettare, e combattere quotidianamente per dare sempre di più, sempre di meglio.
Ma possiamo farlo solo perché, oltre alla nostra tenacia e al sostegno dell’ente editore, abbiamo due risorse che ci permettono di superare anche i momenti difficili, inevitabili quando si lavora con passione mettendo tutta l’anima in qualcosa in cui si crede. Il sostegno dei lettori, innanzitutto, continua a superare di gran lunga le diffidenze e ci permette di continuare a guardare avanti con fiducia anche negli inevitabili momenti difficili, e le critiche, che ci obbligano a riesaminare quotidianamente quello che facciamo, cercando di correggere gli errori e di migliorare.
Ma la nostra arma segreta, quella che ci ha fatti arrivare fino a qui, è il carattere di una persona a cui si deve praticamente tutto quello che riusciamo a fare: senza la sua cocciutaggine, senza la volontà implacabile con cui il direttore della redazione ha continuato in questi meravigliosi e pazzeschi sette anni a costruire, un pezzetto dopo l’altro, a lottare, nonostante tutto e a volte contro quasi tutti, non saremmo qui.
Investire nei giovani, mettere le ali alla professionalità altrui, dedicare tempo, energie, risorse a un progetto a volte ritenuto folle, sorridere e spronare, e criticare, pretendere sempre di più, sempre di meglio, e di nuovo criticare, criticare, criticare, per non accontentarsi. Non è facile lavorare qui, bisogna ammetterlo, e sono molte le volte in cui è sembrato potesse prevalere la voglia di mandare tutto al diavolo, ma poter ora raccontare di aver vissuto questi sette anni e aver visto crescere questa redazione, che ha visto il compimento di sette praticantati giornalistici e appena ora l’avvio di un ottavo processo di formazione professionale, è fonte di orgoglio e un grande privilegio. Sette sono i colori dell’arcobaleno, sette sono le virtù e sette i peccati capitali, sette i veli della danza di Salomè e sette le arti liberali. E oggi, varcando in redazione la soglia dell’ottavo anno di lavoro, dico sette volte grazie.


Ada Treves, twitter @atrevesmoked

Non solo Comunità
Il Primo maggio 1975 nasceva Ha Keillah. Quarant’anni sembrano davvero tanti per un giornale che si definisce “nato quale foglio di dibattito e di battaglia politica all’interno della Comunità Ebraica di Torino”.

Anna Segre, insegnante
Leggi

Restituiranno
«Mottel corse alla catasta, raccolse un pezzo di carbone, e scrisse sull’intonaco bianco della villetta [del lager] cinque grosse lettere ebraiche: VNTNV. V’natnu “Ed essi restituiranno”»
Con queste ed altre parole, Primo Levi nel romanzo “Se non ora, quando?” (1982), raccontò la storia di una formazione partigiana ebraica che aderì alla resistenza antinazista nell’Europa centrale ed orientale.


Francesco Moises Bassano, studente
Leggi

La forza del compromesso
Il ‘Compromesso’ è il tema del Moked 5775. Interessante quello che ha detto rav Benedetto Carucci per il quale, ben lungi dall’essere un’azione/prospettiva/atteggiamento ‘debole’, il compromesso è una affermazione forte: significa “promettere con”, impegnarsi insieme, obbligarsi reciprocamente.
E leggere e interpretare non è forse promettersi reciprocamente – lettori e testo – un senso almeno temporaneamente vincolante? Ce lo suggerisce, in maniera un po’ fantasiosa ma mai totalmente casuale, la radice ebraica che dà origine all’idea della interpretazione, perush, che anagrammata genera proprio il compromesso, pesharà.

Ilana Bahbout