24-30 aprile 2015 |
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"Il più grande segno di successo per un insegnante è poter dire: 'I bambini stanno lavorando come se io non esistessi'."
Maria Montessori |
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Education 2.0 @eduduepuntozero
27 aprile
“Quale memoria per quale società?”, di S. Meghnagi | Education 2.0 http://bit.ly/1dAgvxR
Stefania Giannini @SteGiannini 25 aprile
#ilcoraggiodi trasmettere la memoria, di studiare per crescere, di
criticare rispettando l'altro. Grazie partigiani @70esimo @MiurSocial
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Contraddizioni e tradimenti
Scrive Anna Foa, in occasione dell’uscita in Italia della prima
edizione completa degli scritti di Anne Frank, insieme a racconti,
lettere, fotografie e molti documenti: “Il Diario scritto da Anne Frank
è divenuto a partire dalla fine degli anni Cinquanta il simbolo stesso
della persecuzione nazista degli ebrei e del tragico destino
dell'ebraismo europeo. (...) E quindi il resoconto di un tentativo di
sopravvivere, delle sue difficoltà e dei sentimenti contrastanti di
speranza e paura che ne nascono, e insieme del suo fallimento.” Il
Diario ha avuto una notorietà straordinaria, a partire dalla prima
pubblicazione, avvenuta nel 1947: tradotto in 67 lingue, venduto in
oltre trenta milioni di copie, portato sulle scene teatrali e al
cinema, letto nelle scuole, ha avuto milioni di lettori e spettatori
attenti e partecipi. E proprio l’accanimento negazionista, che ha
cercato di sostenere la falsità dell'opera, rivela come Anne sia
diventata un simbolo di grande importanza. (Avvenire, 29 aprile)
Probabilmente proprio per questo colpisce la notizia che si sia
scoperto chi la fece arrestare e deportare. In “Bep Voskuijl” (Basta
silenzio) libro appena uscito nei Paesi Bassi e scritto da Jeroen De
Bruyn e Joop van Wijk, si racconta come a tradirla sia stata
probabilmente la sorella di Elisabeth, quella Bep che cercò di salvare
i Frank dai nazisti. (Gente, 28 aprile)
Vietato entrare. È
successo nel nord Francia: a una quindicenne di Charleville Mézière è
stato vietato l’ingresso a scuola per via della gonna nera “troppo
lunga” che indossava, considerata “un segno vistoso di appartenenza
religiosa”. La ragazza, che fuori dalla scuola porta il velo, ha
descritto quella gonna, acquistata per soli 2 euro, come “davvero nulla
di particolare: è semplicissima e non ha nulla di vistoso, senza alcun
segno religioso”. Numerose - spiega l’Avvenire il 30 aprile - sono le
reazioni “Nel cyberspazio, fra sdrammatizzazioni ironiche e accuse
d’islamofobia contro gli ayatollah della laicità”, mentre il Garantista
lo stesso giorno raccontando la vicenda lancia lo slogan “Porto la
gonna come voglio”.
Resistenza e porte sbarrate. Molti
i racconti che hanno in questa settimana ricordato quegli atti eroici e
quelle storie piccole e importanti che hanno permesso in alcune
occasioni di salvare persone e cose durante gli anni terribili del
nazifascismo. C’è stato anche chi ha rischiato la vita affrontando un
comando tedesco armata solo di coraggio e parole, per salvare il
diritto allo studio. La professoressa Ciccone, docente della facoltà di
Fisica a Pisa, impedì nel ‘44 di minare e radere al suolo la sua
università, riuscendo a far indietreggiare i nazisti, con la forza
datale dalla fiducia assoluta nell’importanza di difendere la
possibilità di studiare, e di imparare. (Corriere fiorentino, 25 aprile)
Svastiche. Viene
spiegato sul New York Times (28 aprile) l’episodio appena citato
lo stesso giorno dal Quotidiano Nazionale: “Maus”, il capolavoro a
fumetti sulla Shoah firmato da Art Spiegelman e ritirato dalla vendita
a Mosca non è stato vittima di censura, ma di un piano del governo che
voleva far cancellare ogni simbolo del nazismo in occasione del giorno
in cui si celebra la sconfitta della Germania ad opera della Russia.
Far sparire le svastiche, era l’ordine, e nell’ansia di eseguire le
istruzioni è stato ritirato anche il graphic novel, che porta in
copertina una grande svastica nera.
Memoria. A Padova,
nel cortile dell’università, gli studenti si sono distesi per terra a
riprodurre esattamente la posizione dei corpi dei ragazzi massacrati
dai terroristi nell’università di Garissa, in Kenya. Racconta Paolo
Giordano sul Corriere (30 aprile): “Per qualche istante si è creata una
corrispondenza autentica con i colleghi trucidati a Garissa: i pensieri
di noi tutti erano là. In un certo senso, la performance di Padova è
stata un modo di pregare per gli studenti kenioti, di pregare in
maniera laica, adeguata a un tempio dell'istruzione e del sapere, uniti
non da una fede ma dall'appartenenza comune all'idea di università —
qualcosa che non ha veri confini territoriali né temporali, qualcosa di
universale, come suggerisce la parola”.
Ada Treves twitter @atrevesmoked
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