Elia Richetti,
rabbino
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U-sfartèm
lakhèm mi-machoràth ha-Shabbàth eth ‘Òmer ha-tenufà, shéva‘ shabbathòth
temimòth tihyéna”, “Conterete per voi dall’indomani della festa l’Òmer
dell’elevazione, sette settimane complete saranno”. Con questo verso la
Torah prescrive il conteggio dei giorni del periodo dell’Òmer, cioè del
periodo tra Pésach e Shavu‘òth nel quale ci troviamo.
L’Òmer, la misura d’orzo che veniva portata al Santuario, logicamente
non viene più né presentata né elevata. Invece il conteggio è rimasto.
Perché?
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
Di Gerusalemme
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L’Italia
e Israele condividono un triste primato, quello dell’instabilità dei
governi. Secondo dati del Cross National Time Series Data Archive
citati da Luigi Guiso su il Sole 24 Ore relativi a 40 paesi a partire
dal 1970, l’Italia è al primo posto assoluto al mondo con una media di
una crisi governativa ogni dieci mesi, mentre Israele è all’ottavo
posto con una crisi ogni 22 mesi.
La frequenza delle cadute o dei grossi rimpasti di governo è un sintomo
inequivocabile del livello di governabilità di un paese, da cui deriva
la capacità di dirigere e riformare la società nell’interesse comune.
In Italia le interminabili discussioni sull’Italicum cercano per lo
meno di affrontare il tema di quale possa essere un metodo elettorale
capace di garantire alla popolazione sufficiente rappresentanza
democratica, e allo stesso tempo al governo stabilità e quindi capacità
di programmazione ed esecuzione. In Israele questo necessario dibattito
non è neanche iniziato nelle sedi competenti ed è stato appena
accennato a livello accademico e pubblicistico. Oggi, nel giorno in cui
il premier designato Benyamin Netanyahu deve sciogliere il mandato
affidatogli dal Presidente Rivlin dopo le elezioni del 17 marzo, appare
in tutta la sua drammaticità la quasi impossibilità di costituire in
Israele un governo che abbia una parvenza di stabilità. La modifica del
metodo elettorale proporzionale puro diviene per Israele una priorità
urgente. Senza cambiamento il paese rischia di finire sullo scivolo
della paralisi e del caos, se non peggio.
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MILANO
- Al Circolo Culturale Noam presentazione questa sera del libro
di Daniel Fishman “Il grande nascondimento. La straordinaria storia
degli ebrei di Mashad”, editore Giuntina.
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Israele, formato il governo
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Diverse
concessioni all’alleato Naftali Bennett e un esecutivo che poggia su
una maggioranza di un solo voto alla Knesset (61 seggi su 120). Prende
così forma il nuovo governo di Israele, guidato dal primo ministro e
leader del Likud Benjamin Netanyahu. Ci sono voluti 42 estenuanti
giorni di trattative per formare la coalizione, come ricorda oggi
Repubblica, e a uscire rafforzato da questo braccio di ferro è stato il
leader di Habayt HaYehudi Bennett: con la defezione dell’ex alleato di
Netanyahu Avigdor Lieberman – ministro degli Esteri uscente che ha
scelto di stare all’opposizione – il peso politico di Bennett è
cresciuto notevolmente, tanto da costringere Netanyahu a concedergli il
ministero della Giustizia, che sarà guidato da Ayelet Shaked (“le sue
posizioni estremiste preoccupano già gli attivisti per i diritti
civili, anche se il primo ministro ha posto dei limiti al mandato”,
scrive il Corriere). “Un’estorsione”, affermano i vertici del Likud,
uscito nettamente vincitore dalle ultime elezioni, riuscendo a
sottrarre parte dell’elettorato proprio alla destra oltranzista di
Bennett. Ma le concessioni di Netanyahu al leader di Habayt HaYehudi
potrebbero essere riequilibrate in un futuro non tanto lontano: il
Primo ministro ha nel cassetto l’idea di creare un governo di unità
nazionale con il partito di centro sinistra Unione sionista guidato da
Isaac Herzog. A lui Netanyahu vorrebbe affidare, nel caso di larghe
intese, il ministero degli Esteri, al momento rimasto vacante.
Regno Unito al voto. Oggi si aprono le urne Oltremanica e i sondaggisti
prevedono un pareggio tra i due principali contendenti: il conservatore
nonché premier uscente David Cameron e il laburista Ed Miliband. Se
nessuno dei due riuscirà a prevalere sull’altro, scrive Repubblica, per
entrambi si profila il rischio di una fine anticipata della propria
carriera ai vertici dei rispettivi partiti. “Qualcuno sostiene che i
due sono più simili di quanto sembri – sostiene Repubblica – Uno figlio
di un banchiere, l’altro di uno storico marxista di origine ebraica
(ieri il Sun è stato accusato di un attacco antisemita a Miliband, per
averlo sbeffeggiato con una foto in cui quasi si strozza mangiando un
panino alla pancetta), vengono però dalla stessa università di élite (
Oxford ), fanno entrambi politica da quando erano giovanissimi, hanno
casa nei quartieri più chic delle rispettive tribù londinesi e si sono
entrambi allontanati dal centro dell’elettorato, Cameron su posizioni
liberiste, Miliband con richiami al socialismo. Ciascuno inoltre ha il
peggior nemico in casa propria: il sindaco di Londra Boris Johnson
potrebbe portare via il posto a Cameron, l’ex-ministro degli Esteri
laburista David Miliband potrebbe portarlo via a suo fratello minore
Ed”.
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israele
Netanyahu si regge su un voto
Israele
ha un nuovo governo grazie all'intesa trovata in extremis ieri notte
dal primo ministro Benjamin Netanyahu e il leader di Habayt HaYehudi
Naftali Bennett. Un governo che si regge però su una maggioranza di un
solo seggio (61 sui 120 totali) e quindi profondamente instabile. A
Netanyahu non è bastato sbaragliare con il suo Likud avversari e
alleati (o presunti tali) alle elezioni di marzo per dare seguito alla
promessa pre-elettorale di voler dare a Israele un esecutivo più
stabile e solido. “I cittadini israeliani meritano un governo nuovo,
migliore, più stabile; un esecutivo più rappresentativo che possa
governare”, aveva affermato il Primo ministro lo scorso dicembre,
ponendo fine al suo governo, licenziando i suoi ministri della
Giustizia e delle Finanze (ovvero Tzipi Livni e Yair Lapid) e indicendo
nuove elezioni. Alle urne, contro i pronostici della vigilia, Netanyahu
era riuscito a ottenere una chiara vittoria: 30 seggi contro i 24 del
partito di centro-sinistra Unione Sionista, guidato da Isaac Herzog e
Tzipi Livni. Eppure, come scrive Nahum Barnea sul quotidiano Yedioth
Ahronoth, in Israele “c'è una sola cosa peggiore di perdere le
elezioni. Vincerle”. E così dopo 42 giorni di intense trattative
Netanyahu si è trovato con l'inattesa defezione del suo ex braccio
destro Avigdor Lieberman – che lunedì ha dichiarato di voler sedere
all'opposizione – e con un Naftali Bennett improvvisamente catapultato
in una posizione di assoluta forza. Tanto da portare in dote al suo
partito, oltre al ministero dell'Educazione e quello per l'agricoltura,
anche quello di grande rilievo della Giustizia, su cui siederà Ayelet
Shaked, poco amata, secondo quanto riferiscono i quotidiani israeliani,
da Netanyahu e signora.
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qui roma - nel nome di ilan Halimi
"Contro l'odio, serve unità"
No
all’odio, no all’antisemitismo, no al fondamentalismo. Un triplice
monito lanciato nel nome di Ilan Halimi (1982-2006), il giovane ebreo
francese torturato e ucciso dalla “banda dei barbari” guidata
dall’estremista islamico Youssouf Fofana. Un monito che arriva al cuore
del pubblico ritrovatosi numeroso all’Auditorium della Conciliazione
per la prima di “24 giorni”, il film del regista Alexandre Arcady che
ricostruisce quella pagina d’orrore restituendo i drammi e i tormenti
quotidiani della famiglia Halimi fino al ritrovamento del corpo
agonizzante di Ilan. Basato sulla testimonianza autobiografica di Ruth,
la madre-coraggio di Ilan (“24 giorni. La verità sulla morte di Ilan
Halimi”, portato in Italia dalla casa editrice Salomone Belforte), il
film vuol essere un campanello d’allarme, o meglio un vero e proprio
pugno nello stomaco, per chi ancora oggi fatica a prendere
consapevolezza di determinate situazioni e problematiche. “Dobbiamo
essere tutti vigili contro l’antisemitismo. Una minaccia che non è solo
per gli ebrei ma per tutta Europa”, spiega dal palco dell’auditorium
Ruth. Il pubblico si alza in piedi e applaude le sue parole. Lei si
commuove ed incalza: “Servono pene più severe da parte dei governi, ma
serve anche un’azione più intensa sul piano culturale. Dobbiamo
prenderci cura dei nostri giovani, non lasciamoli soli”. Concorda il
filosofo Bernard-Henry Levy, secondo cui l’uccisione di Ilan “ha
costituito un prologo per nuovi drammi: l’agguato alla scuola ebraica
di Tolosa, l’azione al museo ebraico di Bruxelles, il terribile gennaio
di Parigi”. Tre, secondo l’intellettuale, i pilastri dell’antisemitismo
contemporaneo: la saldatura con l’antisionismo, la negazione della
Shoah e il fenomeno della “concorrenza delle vittime” i cui ideologi si
fanno sostenitori dell’idea che “a piangere troppo la Shoah, si
diventerebbe sordi al lamento degli altri martiri dell’umanità”. Per
quanto concerne la realtà italiana, Levy ha tracciato un quadro a tinte
meno fosche di quella francese sottolineando “la simbiosi tra cultura
ebraica e cultura nazionale” e ricordando, tra le molte figure, il
contributo universale di Primo Levi, Italo Svevo ed Elia Benamozegh.
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jciak
La verità di Ilan
Può
piacere o no, ma è uno di quei film che vanno visti per capire dove
stiamo andando. “24 jours, la vérité sur l’affaire Ilan Halimi” di
Alexander Arcady, in onda questa sera su Raidue, ci schiude una delle
tragedie più emblematiche degli ultimi anni. Il film ricostruisce il
rapimento, nel 2006, di Ilan Halimi, ventitreenne ebreo francese, che
dopo ventiquattro giorni di prigionia e torture sarà ritrovato
agonizzante e morirà in ospedale. Ilan è divenuto il simbolo di un
antisemitismo che da allora ha visto in Europa altri violenti attacchi,
a Parigi come a Bruxelles e a Copenaghen. Ripercorrere quei
ventiquattro giorni significa riannodare i fili di una storia
intollerabile, in cui l’odio dei sequestratori s’intrecciò al silenzio
colpevole di chi sapeva mentre la polizia e tanta stampa fino
all’ultimo vollero ignorarne la matrice antiebraica.
Daniela Gross
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Melamed – nel nome di Ilan Halimi
L’albero della memoria
“Alla
memoria d’Ilan Halimi, I. C-J.”. Questo la scrittrice franco-tunisina
Irène Cohen-Janca ha voluto fosse scritto in apertura di “L’albero di
Anne”, il volume illustrato da Maurizio Quarello e tradotto da Paolo
Cesari che la casa editrice orecchio acerbo ha pubblicato nel 2010.
Dona la parola a un vecchio ippocastano che per primo annunciava la
primavera: “Ho più di cento anni, e sotto la corteccia migliaia di
ricordi. Ma è di una ragazzina – Anne il suo nome – il ricordo più
vivo.” Una storia nota raccontata da un’angolatura diversa: “Dicono che
sotto la mia corteccia, insieme con i ricordi, si siano intrufolati
funghi e parassiti. E che forse non ce la farò. Sì, sono preoccupato
per le mie foglie, per il mio tronco, per le mie radici. Ma i parassiti
più pericolosi sono i tarli, i tarli della memoria. Quelli che
vorrebbero intaccare, fino a negarlo, il ricordo di Anne Frank.” Leggi
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FUNARO E DELLA ROCCA CANDIDATI A ROMA
Una pausa a testa alta
Due
fra i nostri collaboratori, Daniel Funaro e Tiziana Della Rocca,
affrontano in questi giorni come candidati la campagna elettorale per
il rinnovo del Consiglio della comunità ebraica di Roma. Per tornare a
leggere su queste pagine i loro apprezzati interventi il lettore dovrà
attendere che siano completate, il prossimo 14 giugno, le operazioni di
voto. A Daniel, candidato con la lista “Per Israele” condotta da Ruth
Dureghello e a Tiziana, candidata con la lista “Israele siamo noi”
condotta da Fiamma Nirenstein, i nostri sentimenti di amicizia e
l'augurio dei migliori successi negli impegni di questa stagione.
A tutti vorrei esprimere il nostro orgoglio nel poter contare su
contributori impegnati da schieramenti diversi sul fronte comunitario e
sensibili a un'etica dell'informazione che consiglia di non sovrapporre
il loro ruolo di firme di queste testate con i loro impegni elettorali.
Attenderli per qualche settimana e tornare a dare loro voce
all'indomani del voto è il nostro modo di intendere la libera
espressione delle opinioni e l'indipendenza del lavoro
dell'informazione dalla legittima esigenza di ricerca del consenso
politico alla viglia di una consultazione elettorale.
gv
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Setirot
- La felicità d’Israele |
Capita
spesso, andando da amici in Israele o leggendo narrativa israeliana o
gustandosi un film israeliano, di chiedersi – soprattutto in certi
periodi tragici – da dove arrivi la forza non soltanto di andare avanti
giorno dopo giorno, ma di essere o almeno apparire vivaci, vitali,
casinisti, allegri, si direbbe felici. Ce lo potrebbero spiegare certamente sociologi, politologi, psicologi e rabbanìm. Rimane
il fatto che, appena finito di leggere gli ultimi racconti di Etgar
Keret (“Sette anni di felicità”, ed. Feltrinelli), mi sono riproposto
per la centesima volta la medesima domanda: come fanno? Quale magia
evoca una frase come "Se un razzo ci può cascare in testa in qualsiasi
momento, che senso ha mettersi a lavare i piatti?".
Stefano Jesurum, giornalista
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Ridere e sperare |
Il
Gran Rabbino di Francia Haim Korsia ha rammentato al Moked di Milano
Marittima che la risata dell'anziana Sara, alla notizia che avrebbe
avuto un figlio ormai non più sperato, prima ancora di essere il riso
di Sara, è stato il riso del marito Abramo. Sara avrebbe riso dopo. E
il nome di questo figlio, Isacco, è il verbo ridere proiettato al
futuro. Come dire che abbiamo sognato (un figlio, un futuro), popolo
siamo diventati, hanno cercato più volte di sterminarci ma in qualche
modo ci siamo sempre risollevati. E rideremo, avremo ancora la
possibilità di sperare e di sorridere di noi stessi, guardando avanti.
Sara Valentina Di Palma, ricercatrice
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Un ricordo di rav Toaff |
In questa stagione avrebbe compiuto 100 anni il rabbino capo emerito di Roma Elio Toaff z.l.
In questa occasione, a pochi giorni dalla sua scomparsa, sua nipote Lia
Toaff ci regala un ritratto familiare commovente ed inedito, fatto di
racconti di vacanze, di giochi e di compere:
“Mi ritorna in mente quando venivo nel tuo studio in comunità e mi
tenevi sulle ginocchia; quando eri intento a fare le parole crociate;
quando nella stanza dei rabbini mi davi le caramelle e mi mettevo a
staccare i pezzi di cera dalle candele; quando sulla Tevah mi davi la
tua beracha sotto il talled…”.
Claudia Sermoneta
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