"I bambini entrano a scuola come punti interrogativi e la lasciano come punti"
Neil Postman
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C’è sempre qualche vecchia signora che affronta i bambini facendo delle
smorfie da far paura e dicendo delle stupidaggini con un linguaggio
informale pieno di ciccì e di coccò e di piciupaciù. Di solito i
bambini guardano con molta severità queste persone che sono invecchiate
invano; non capiscono cosa vogliono e tornano ai loro giochi, giochi
semplici e molto seri.".
Bruno Munari
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"La scuola deve imporsi. La storia recente tuttavia dimostra che il termine "autorità" si confonde con autoritarismo.
Tentare di imporre con la forza la propria volontà, è male. Ma avere autorità è salutare."
Bruno Bettelheim
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OECD @OECD
22 maggio
In OECD countries #inequality is highest in Chile, Mexico, Turkey, the US & Israel http://bit.ly/1DnaVVF #dataviz
Routledge Ed Arena @educationarena
22 maggio
Don’t miss out on free access to Equity and Excellence in Education’s Special Issue on the School-to-Prison Pipeline http://bit.ly/EEE_SI_Pipeline
Rai Scuola @RaiScuola
22 maggio
#terzapagina sab. h9 @RaiScuola #Istat: +18,6% di libri per ragazzi pubblicati nel 2014, rispetto al 2013 @pfallai @folliafolle
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Presunzione di razzismo
Due
diversi episodi hanno messo la scuola al centro dell’attenzione dei
media negli scorsi giorni, con un rincorrersi di articoli a forte presa
emotiva. Sono ben undici, infatti, gli articoli che il 16 maggio
raccontano quello che è successo fra due dodicenni all’uscita da
scuola, a Terni. La sequenza dei titoli: da “Terni, porta il
crocefisso. Il compagno di classe africano la prende a pugni” (Secolo
d’Italia) a “Islam violento a casa nostra. Botte e insulti ai
cristiani” (Il Giornale) fino a “Croci strappate e chiese invase.
Piccoli talebani crescono. Da noi” su Libero. Anche il Corriere della
Sera non ha dubbi e il titolo è “Aggredita a 12 anni perché porta il
crocefisso”, mentre è di segno diverso il titolo su la Repubblica:
“‘Mia figlia aggredita a scuola per il crocefisso’. Ma la preside
smentisce”. E nell’articolo si parla di un pugno rabbioso all’uscita da
scuola, insieme a “Qualche parola bofonchiata in una lingua non sua,
una lingua che non capisce, che non sa parlare”. Più avanti: “C'è
addirittura il germe di uno scontro di religione dentro l'episodio
accaduto a Terni giovedì pomeriggio? Serve cautela, nel raccontare
questa storia”. Una storia che ha luogo in una scuola di frontiera,
luogo di integrazione per un numero notevole di studenti stranieri, che
il ragazzino finito su tanti giornali frequenta da poche settimane dopo
essere arrivato - così scrive Repubblica - sulle carrette del mare per
raggiungere i genitori, che vivono a Terni da anni. È stato introdotto
a scuola neppure un mese fa e non parla italiano: si esprime a gesti.
Gesti sufficienti però per i bisticci con la compagna che ha poi
colpito all’uscita di scuola, dopo un colloquio organizzato proprio per
appianare il conflitto, fra la vicepreside, la mamma della ragazzina, i
due litiganti e la sorella del nuovo arrivato a fare da interprete. La
preside della scuola chiede prudenza “Un pugno è una cosa grave, non
voglio minimizzare (...) Non credo al motivo religioso, né la considero
una tragedia. I bambini vanno aiutati ad integrarsi, e vanno protetti
dalle speculazioni. E dalle strumentalizzazioni degli adulti.”
Precisazioni ulteriori arrivano dal Corriere della Sera del 17 maggio:
il ragazzino frequenta un oratorio, dove ogni pomeriggio va a fare i
compiti e impara l’italiano. Al mediatore ha raccontato una storia
molto diversa da quella apparsa sui giornali del giorno precedente: “Da
giorni lei e altri 2 ragazzi della prima media mi prendevano in giro,
dicevano brutte parole, alzavano le mani, lei stessa molto più alta di
me giovedì mi aveva dato una botta in fronte e io l'avevo detto alla
maestra, ma invano. Così alla fine ho deciso di rispondere da solo a
quelle botte e all'uscita di scuola l'ho colpita. Tutto qui”. E suo
padre, che vive e lavora in Umbria da 20 anni smentisce anche la storia
dell’arrivo su un barcone: “Sono andato io un mese fa a prenderlo in
Senegal dalla nonna e siamo venuti in Italia in aereo” e ha accettato
una lunga intervista, pubblicata da Repubblica (17 maggio).
Il secondo episodio arriva su molti giornali il 19 maggio: in un
istituto tecnico di Pisa un’alunna del primo anno, bravissima a scuola,
ha ricevuto una serie di messaggi e minacce a sfondo razziale. La
famiglia, dopo le cinque lettere infilate nel diario, con frasi in cui
il razzismo si mescola con l’invidia (“Non si è mai visto una negra che
prende 10 in Diritto”) e dopo libri e quaderni strappati ha sporto
denuncia. La ragazzina non si arrende e ha ribadito - con il suo
accento toscano - che vuole diventare avvocato. (Corriere della Sera,
Repubblica, Corriere Fiorentino tra le numerose testate che hanno
scritto della vicenda). Il giorno successivo la Repubblica pubblica una
lunga lettera in cui la studentessa modello scrive: “Oggi sono tornata
scuola dopo aver saltato un giorno perché sono convinta che bisogna
andare avanti. Se rimanevo a casa avrei dato una soddisfazione a queste
persone che mi hanno preso di mira e non voglio farlo.” E lo stesso
giorno il Corriere fiorentino racconta come un grande studio
internazionale di avvocati si stia interessando alla sua vicenda e come
suo padre abbia deciso di sostenerla facendo l’impossibile per farla
studiare all'università.
Divieto di statistica. Torna
su Figaro magazine (16 maggio) l’affaire Bezier: facendo statistiche
sulla religione degli alunni (dedotta solo dal nome degli stessi) il
sindaco della cittadina francese ha violato la Costituzione, e una
Legge del 1978 che impedisce di raccogliere e registrare informazioni
relative alle origini etniche o all’appartenenza religiosa.
Anne Frank.
“L'emozione non è affatto una virtù critica ma è difficile non provare
una fitta alla sola evocazione del suo nome, Anne Frank, per noi tutti
Anna com'era scritto sopra il titolo, Diario, nel volume di Einaudi”.
La prefazione al volume del 1966 era di Natalia Ginzburg, ed esce ora,
promossa dalla Anne Frank Fonds di Basilea un lavoro pluridecennale che
porta finalmente alla edizione di “Tutti gli scritti”, che escono in
italiano con la supervisione di Frediano Sessi. (il manifesto, 17
maggio)
Buone notizie. Compare
su la Repubblica la notizia che sono già 300 i giovani migranti che
sono stati protagonisti, dal 2012, del progetto pilota della Scuola di
lingua italiana per stranieri dell'ateneo di Palermo. Per la direttrice
della scuola, Mari D'Agostino, “L'università deve affrontare il
problema dell'istruzione dei migranti che arrivano qui. I minori
stranieri ci vengono segnalati dall'Ufficio nomadi e immigrati del
Comune di Palermo: accogliamo tutti, la selezione poi si fa qui dentro
perché tenere il passo è dura”.
Orgoglio prof. Sta
in un film la conferma definitiva della recente ondata di apprezzamento
per il mestiere di professore, un fenomeno confermato da segnali che
arrivano da direzioni molto diverse e che concretizza a Cannes, quando
alla fine della proiezione di "Mia Madre" le frasi degli ex alunni
concluderanno il ritratto di una professoressa che “ha insegnato la
vita, ancora più delle altre materie” Si tratta dell’amatissima
professoressa di latino e greco del Liceo Visconti di Roma, madre del
regista, Nanni Moretti.
Libri. Il venerdì
di Repubblica (15 maggio) dedica ampio spazio a “Bullismo omofobico.
Conoscerlo per combatterlo”, il volume dello psicologo inglese Ian
Rivers che presenta i risultati di oltre quarant’anni di studi e spiega
come affrontare le persecuzioni contro ragazzi e ragazze omosessuali (o
presunti tali) che rischiano di portare fino al suicidio. Ancora sui
giornali Roger Abravanel, intervistato questa volta dal Messaggero (16
maggio) che nel suo ultimo libro "La ricreazione è finita" traccia dei
percorsi pratici per studenti e famiglia e ribadisce all’intervistatore
che “In tutto il mondo da sempre le riforme della scuole sono le più
difficili perchè toccano milioni di voti di insegnanti, di genitori e
studenti . Ma il dibattito é molto più avanzato che da noi e non perche
si parli più di ‘cultura’, ma perché si è capito che nella scuola del
XXI secolo non é solo importante ‘cosa si insegna’, ma ‘come si
insegna’ e quindi ci si concentra molto più sulla qualità
dell’insegnamento".
Ada Treves
twitter @atrevesmoked
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