Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
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Scrive
Etgar Keret in “Sette anni di felicità” (ed. Feltrinelli): “Dal giorno
in cui sei nato in Israele, ti hanno insegnato che quello che è
successo in Europa negli ultimi tre secoli non è stato altro che una
serie di persecuzioni e pogrom e le lezioni di quella educazione, sorde
ai dettami del buonsenso, continuano ad incancrenirsi in qualche punto
delle tue viscere”.
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
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Quattro
anni fa David Bidussa dedicava poche righe straordinarie per descrivere
il significato del massacro di Srebrenica per noi, uomini e donne ormai
assuefatti agli stermini. Oggi fanno vent’anni da quei terribili
giorni, e non è cambiato granché da allora, anzi. Si va verso il
peggio. Se il tema di fondo è l’indifferenza, assistiamo a un
pericoloso accentuarsi del problema. In questo breve periodo abbiamo
fatto in tempo – per rimanere fermi all’Europa e ai suoi immediati
dintorni – ad assistere senza colpo ferire al massacro di centinaia di
migliaia di civili di varie etnie e credi religiosi in Siria e Iraq,
all’esplosione di una guerra civile in Ucraina, anche lì con migliaia
di vittime civili uccise su base etnico-linguistica, alla morte per
annegamento di decine di migliaia di persone nel Mediterraneo,
imbarcate alla ricerca di un asilo e vittime del mercanteggiamento
delle mafie locali delle due coste del mare, coperte da autorità
politiche talmente immobili da diventare di fatto conniventi.
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La promessa di Bibi |
“Faremo
di tutto per riportarli a casa”. Così il premier israeliano Benjamin
Netanyahu, dopo la rivelazione del capo politico di Hamas Khaled
Mashaal che ieri ha dichiarato di tenere in ostaggio due cittadini
dello Stato ebraico. I due israeliani, ricorda oggi la Stampa,
avrebbero attraversato spontaneamente il confine e sarebbero un ragazzo
di origine etiope, Avraham Mangisto (in cura per problemi mentali), e
un beduino la cui identità è ancora segreta. Quello tra Hamas e
Israele, continua il quotidiano, è un braccio di ferro “che conferma
l’esistenza di trattative negli ultimi mesi”. Netanyahu pretende la
liberazione degli ostaggi, mentre Hamas chiede di riavere liberi gli 80
leader del gruppo terroristico catturati durante l’operazione Margine
Protettivo.
Nucleare in Iran: si tratta. Ancora in stasi l’accordo definitivo sul
nucleare in Iran con i Paesi del 5+1. “L’orologio diplomatico è fermo”
scrive Repubblica. “L’accordo – si legge – è appeso ad un filo che si
può rompere o rafforzare”. Una situazione che viene così commentata dal
segretario di Stato Usa John Kerry: “Lavoreremo fino a quando sarà
necessario ma non siamo disposti a restare al tavolo ancora a lungo.
Restano irrisolti gli aspetti più duri”.
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israele
Il Ramadan e le gazzelle
Un
paio di settimane fa ero a Gerusalemme. Da poco è stata aperta al
pubblico la Valle delle Gazzelle, un parco naturale intra-urbano, e non
ho perso l’occasione per visitarla.
Conoscendo le abitudini di questi animali, sapevo che per poter vedere le gazzelle bisogna aspettare il tardo pomeriggio.
Sono arrivato verso le 17.00 e sul cartello all’entrata era scritto
“Apertura fino alle 19.30”, quindi stavo sereno. Alle 18.15, dopo aver
girato il parco in lungo e in largo senza nessun avvistamento, il
giovane e unico custode mi dice da lontano che entro mezz’ora avrebbe
chiuso il parco.
Gli chiedo come mai così presto ma non capisco la risposta. Un po’
contrariato, riprendo a scrutare fra l’erba alta e finalmente vedo un
paio di gazzelle che escono dalla macchia, e poi altre due ancora.
Emozionato (chi ha mai sentito di gazzelle che vivono in città?),
inizio a fotografarle con il tele-obiettivo in tutte le pose e
posizioni immaginabili. Sarei rimasto lì ancora per molto se il custode
non fosse tornato, poco dopo, a richiamare verso l’uscita tutti i
visitatori (non molti a dire il vero). Parecchie proteste, anche se mi
sembra io fossi l’unico realmente interessato a vedere gli animali.
Gli chiedo se solo quel giorno chiudeva prima e mi dice: “Fino a che
dura il Ramadan” (ecco qual era la risposta che non avevo capito
prima). Poi aggiunge: “O fino a che non trovano un custode ebreo”.
La gente inizia a rumoreggiare. Una coppia dice che è venuta apposta da
Tel Aviv e chiede di entrare almeno per un giro rapido. Un altro tizio,
appena arrivato, tipico israeliano un po’ ruvido, dice con arroganza al
giovane arabo: “La libertà religiosa non mi interessa, non è un
problema mio; sul cartello c’è scritto che il parco è aperto fino alle
19.30, io entro”. E si incammina all’interno nonostante le vivaci
proteste del custode, il quale dice, implorando: “È da stamani che sono
a digiuno, fra un’ora è il tramonto e devo andare via”. Il tizio
replica: “Chiama la polizia, vengano loro a tenere aperto”. A quel
punto capisco che le cose si complicano. Una signora ebrea, religiosa
(a giudicare dall’abbigliamento), dice all’israeliano arrogante: “Ma un
po’ di sensibilità!”. Intervengo anche io e gli dico: “Signore, io sono
un ebreo religioso e osservante e so cosa significa rispettare le
regole della religione, il giovane custode ha diritto ad andare a casa
per mangiare”. A quel punto l’israeliano si volta, mi guarda e mi dice:
“Mi hai convinto". Ed esce dal parco senza ulteriori polemiche. Anche
io me ne vado, contento per essermi guadagnato la mia mitzvah
quotidiana, in senso stretto e in senso lato.
L’altro giorno, in occasione del digiuno del 17 di Tamuz, leggo su
Ha’aretz (grazie alla segnalazione di Reuven Ravenna) che il problema è
generale. Per la legge israeliana, coloro che digiunano, ebrei e
musulmani, hanno diritto nei rispettivi giorni di digiuno ad andare via
dal lavoro due ore prima del solito. Solo che la cosa sta suscitando le
proteste degli altri lavoratori, non religiosi, che affermano che
quelle ore di lavoro mancate sono a spese della collettività. Ecco un
non comune caso di solidarietà fra arabi ed ebrei.
rav Gianfranco Di Segni, Collegio rabbinico italiano
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medio oriente
L'Iran e l'accordo in bilico
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le fila del governo di Gerusalemme si parla di un oramai imminente
accordo sul nucleare tra le potenze occidentali e l'Iran. Nonostante le
dichiarazioni del presidente Usa Barack Obama – per cui, fino a martedì
scorso, le possibilità di un'intesa erano inferiori al 50 per cento – e
la miccia alla controparte iraniana del suo Segretario di Stato John
Kerry (nella foto) di abbandonare le trattative in corso a Vienna, la
politica israeliana sembra convinta che la firma alla fine arriverà. A
dichiararlo al Jersualem Post, alcune fonti dell'ufficio del Primo
ministro Benjamin Netanyahu, da sempre contrario all'accordo. Secondo
l'entourage di Netanyahu, il gruppo dei 5+1 (Usa, Cina, Gran Bretagna,
Francia, Russia più la Germania) sta aprendo la strada a un Iran dotato
di un'arma nucleare e non il contrario. I limiti imposti a Teheran, ha
più volte affermato pubblicamente il Premier israeliano, non sono
sufficienti per garantire la sicurezza di Israele, paese più volte
minacciato dal regime degli Ayatollah (che fornisce armi a gruppi
terroristici come Hamas e Hezbollah). E l'ostilità iraniana nei
confronti dello Stato ebraico in queste ore ha preso la forma di una
grande manifestazione di massa: migliaia di persone, riportano i
quotidiani israeliani, sono scese oggi per le strade di Teheran e di
altre città iraniane invocando la distruzione di Israele, degli Stati
Uniti e bruciandone le bandiere.
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VARATO IL NUOVO ORGANO ESECUTIVO
Roma, la Giunta è unitaria
Nasce
nel segno dell'unità, e della volontà di aprire una nuova fase, la
Giunta varata in luglio dal Consiglio comunitario. L'organo esecutivo,
alla cui definizione si è arrivati al termine di settimane di intenso
confronto e mediazione, dà infatti rappresentatività a tutte e quattro
le liste che hanno corso alle elezioni dello scorso 14 giugno: al suo
interno quattro membri della formazione “Per Israele”; due a testa per
le liste “Israele siamo noi” e “Menorah”; uno per il gruppo “Binah”.
Viene così rispettato lo schema 4-2-2-1 di cui si era iniziato a
parlare a poche ore dallo spoglio e che ha rappresentato per molti la
migliore sintesi dei risultati ottenuti dai diversi gruppi nell'urna.
Assieme alla neo presidente Ruth Dureghello, entrano in Giunta i neo
vicepresidenti Claudia Fellus (cui è stata assegnata una delega a
formazione e innovazione) e Ruben Della Rocca (delega a relazioni
esterne e comunicazione), gli assessori Daniela Debach (scuola),
Antonio Spizzichino (organizzazione, programmazione e risorse umane),
Marco Sed (culto), Giorgia Calò (cultura e archivio storico), Maurizio
Tagliacozzo (enti) e Roberto Coen (bilancio).
Voto quasi unanime a sostegno della squadra di governo (una sola
astensione), che presenta molti volti nuovi rispetto al passato. A
coordinare le attività del Consiglio per il prossimo quadriennio è
stato chiamato Roger Hannuna, mentre ulteriori competenze (esterne alla
Giunta) saranno decise prossimamente.
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la rassegna settimanale di melamed
La scuola e l'ora di religione
Melamed
è una sezione specifica della rassegna stampa del portale dell’ebraismo
italiano che da tre anni è dedicata a questioni relative a educazione e
insegnamento. Ogni settimana una selezione della rassegna viene inviata
a docenti, ai leader ebraici e a molti altri che hanno responsabilità
sul fronte dell’educazione e della scuola. Da alcune settimane la
redazione giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
aggiunge al lavoro di riordino e selezione settimanale un commento, per
fare il punto delle questioni più trattate sui giornali italiani ed
esteri. Per visualizzare la newsletter settimanale di melamed cliccare qui.
Religioni a scuola. Indispensabili?
“Nella società in cui viviamo, lo studio della storia delle religioni è
più importante che mai. Deve fare parte sempre di più della formazione
dei ragazzi affinché diventino cittadini capaci di affrontare una
realtà sempre più multietnica e quindi multireligiosa”. Sono parole del
professor Giovanni Filoramo, docente all’università di Torino e autore
di volumi che sono diventati classici della storia delle religioni, che
in una intervista rilasciata al Corriere del Trentino il 3 luglio
spiega: “La religione ha una funzione identitaria che definisce un
gruppo sociale, permette ad una collettività di trovare un legame con
il passato, una coerenza ed un fattore aggregativo”. E aggiunge: “Sono
sempre più frequenti anche in Italia i casi di classi multietniche e
quindi plurireligiose. Quello che vedo è che gli insegnanti non sono
preparati a gestire queste situazioni. Si pensi, ad esempio, alla
questione dei pasti nelle mense, ma anche a come trattare alcuni temi
con gli alunni. Bisogna aiutare gli insegnanti ad imparare a gestire
queste situazioni”.
Il sentimento religioso, però, per il 25 per cento dei “Millennial”,
ossia dei nati dopo il 1980, pare non avere alcuna importanza. Così per
lo meno dicono due nuovi studi citati da un articolo apparso sul New
York Times e ripreso il 4 luglio dal Corriere della Sera.
Ada Treves
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Dall'altra parte del telefono |
Quando
frequentavo l’Hashomer Hatzair comunicare con i genitori a casa era
molto complicato: procurarsi gettoni o monete, lunghe code all’unico
telefono disponibile, a fianco del quale ricordo un cartellone
semiserio con le frasi da dire: sto bene, mi diverto, il cibo è buono,
il tempo è bello, ecc. L’idea che i genitori fossero un’entità da
tranquillizzare e con la tendenza a preoccuparsi per nulla era già
istintiva fin dai primi campeggi e si faceva ancora più forte quando si
diventava madrichim, guide, e i genitori da tranquillizzare non erano
più solo i nostri, ma soprattutto quelli dei ragazzini affidati alla
nostra custodia. Per caso recentemente ho avuto modo di incontrare un
po’ di amici con i figli al campeggio dell’Hashomer Hatzair. Oggi
telefonare è molto più facile, ma la preoccupazione pare essere quella
di un tempo. E, vista dall’altra parte del telefono, suona anche
abbastanza giustificata: notizie un po’ frammentarie di notti insonni,
cibo scarso, scherzi fatti o subiti.
Anna Segre, insegnante
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La casta |
Un
articolo di Umberto Eco, apparso un mese fa nella propria rubrica
sull’Espresso, rifletteva su come i politici siano ormai incapaci di
immedesimarsi nei problemi delle persone comuni. Scrive Eco: “La
politica, minacciata dal terrorismo, ha dato vita ai membri di una
casta condannata a non sapere nulla del paese che deve governare. Casta
sì, ma nel senso dei paria indiani, tagliati fuori dal contatto con gli
altri esseri umani”. Oggi di fronte alla crisi del debito greco, o alla
nostra crisi economica, sembra effettivamente che una gran parte dei
politici abbia un’idea limitata di ciò che comporti fare i conti con la
cosiddetta ‘austerity’, e nel concreto di cosa significhi l’incertezza
del proprio futuro, la precarietà, la disoccupazione, i tagli alla
propria pensione, o ai servizi pubblici. Viene piuttosto in mente
quella frase attribuita erroneamente a Maria Antonietta “Se [il popolo]
non ha più pane, che mangino brioche!”.
Francesco Moises Bassano, studente
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Cambiare prospettiva |
Rabbi
Nachman di Brazlav diceva “Non insistere mai perché tutto vada
esattamente come vuoi tu, anche nelle questioni spirituali”. Se
riuscissimo ad applicare questo suggerimento saremmo persone e comunità
più felici e sicuramente più ricche.
Ilana Bahbout
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