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10 luglio 2015 - 23 Tamuz 5775
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
Scrive Etgar Keret in “Sette anni di felicità” (ed. Feltrinelli): “Dal giorno in cui sei nato in Israele, ti hanno insegnato che quello che è successo in Europa negli ultimi tre secoli non è stato altro che una serie di persecuzioni e pogrom e le lezioni di quella educazione, sorde ai dettami del buonsenso, continuano ad incancrenirsi in qualche punto delle tue viscere”.
 
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
Quattro anni fa David Bidussa dedicava poche righe straordinarie per descrivere il significato del massacro di Srebrenica per noi, uomini e donne ormai assuefatti agli stermini. Oggi fanno vent’anni da quei terribili giorni, e non è cambiato granché da allora, anzi. Si va verso il peggio. Se il tema di fondo è l’indifferenza, assistiamo a un pericoloso accentuarsi del problema. In questo breve periodo abbiamo fatto in tempo – per rimanere fermi all’Europa e ai suoi immediati dintorni – ad assistere senza colpo ferire al massacro di centinaia di migliaia di civili di varie etnie e credi religiosi in Siria e Iraq, all’esplosione di una guerra civile in Ucraina, anche lì con migliaia di vittime civili uccise su base etnico-linguistica, alla morte per annegamento di decine di migliaia di persone nel Mediterraneo, imbarcate alla ricerca di un asilo e vittime del mercanteggiamento delle mafie locali delle due coste del mare, coperte da autorità politiche talmente immobili da diventare di fatto conniventi.
 
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La promessa di Bibi
“Faremo di tutto per riportarli a casa”. Così il premier israeliano Benjamin Netanyahu, dopo la rivelazione del capo politico di Hamas Khaled Mashaal che ieri ha dichiarato di tenere in ostaggio due cittadini dello Stato ebraico. I due israeliani, ricorda oggi la Stampa, avrebbero attraversato spontaneamente il confine e sarebbero un ragazzo di origine etiope, Avraham Mangisto (in cura per problemi mentali), e un beduino la cui identità è ancora segreta. Quello tra Hamas e Israele, continua il quotidiano, è un braccio di ferro “che conferma l’esistenza di trattative negli ultimi mesi”. Netanyahu pretende la liberazione degli ostaggi, mentre Hamas chiede di riavere liberi gli 80 leader del gruppo terroristico catturati durante l’operazione Margine Protettivo.

Nucleare in Iran: si tratta. Ancora in stasi l’accordo definitivo sul nucleare in Iran con i Paesi del 5+1. “L’orologio diplomatico è fermo” scrive Repubblica. “L’accordo – si legge – è appeso ad un filo che si può rompere o rafforzare”. Una situazione che viene così commentata dal segretario di Stato Usa John Kerry: “Lavoreremo fino a quando sarà necessario ma non siamo disposti a restare al tavolo ancora a lungo. Restano irrisolti gli aspetti più duri”.
 
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  davar
israele
Il Ramadan e le gazzelle
Un paio di settimane fa ero a Gerusalemme. Da poco è stata aperta al pubblico la Valle delle Gazzelle, un parco naturale intra-urbano, e non ho perso l’occasione per visitarla.
Conoscendo le abitudini di questi animali, sapevo che per poter vedere le gazzelle bisogna aspettare il tardo pomeriggio.
Sono arrivato verso le 17.00 e sul cartello all’entrata era scritto “Apertura fino alle 19.30”, quindi stavo sereno. Alle 18.15, dopo aver girato il parco in lungo e in largo senza nessun avvistamento, il giovane e unico custode mi dice da lontano che entro mezz’ora avrebbe chiuso il parco.
Gli chiedo come mai così presto ma non capisco la risposta. Un po’ contrariato, riprendo a scrutare fra l’erba alta e finalmente vedo un paio di gazzelle che escono dalla macchia, e poi altre due ancora. Emozionato (chi ha mai sentito di gazzelle che vivono in città?), inizio a fotografarle con il tele-obiettivo in tutte le pose e posizioni immaginabili. Sarei rimasto lì ancora per molto se il custode non fosse tornato, poco dopo, a richiamare verso l’uscita tutti i visitatori (non molti a dire il vero). Parecchie proteste, anche se mi sembra io fossi l’unico realmente interessato a vedere gli animali.
Gli chiedo se solo quel giorno chiudeva prima e mi dice: “Fino a che dura il Ramadan” (ecco qual era la risposta che non avevo capito prima). Poi aggiunge: “O fino a che non trovano un custode ebreo”.
La gente inizia a rumoreggiare. Una coppia dice che è venuta apposta da Tel Aviv e chiede di entrare almeno per un giro rapido. Un altro tizio, appena arrivato, tipico israeliano un po’ ruvido, dice con arroganza al giovane arabo: “La libertà religiosa non mi interessa, non è un problema mio; sul cartello c’è scritto che il parco è aperto fino alle 19.30, io entro”. E si incammina all’interno nonostante le vivaci proteste del custode, il quale dice, implorando: “È da stamani che sono a digiuno, fra un’ora è il tramonto e devo andare via”. Il tizio replica: “Chiama la polizia, vengano loro a tenere aperto”. A quel punto capisco che le cose si complicano. Una signora ebrea, religiosa (a giudicare dall’abbigliamento), dice all’israeliano arrogante: “Ma un po’ di sensibilità!”. Intervengo anche io e gli dico: “Signore, io sono un ebreo religioso e osservante e so cosa significa rispettare le regole della religione, il giovane custode ha diritto ad andare a casa per mangiare”. A quel punto l’israeliano si volta, mi guarda e mi dice: “Mi hai convinto". Ed esce dal parco senza ulteriori polemiche. Anche io me ne vado, contento per essermi guadagnato la mia mitzvah quotidiana, in senso stretto e in senso lato.

L’altro giorno, in occasione del digiuno del 17 di Tamuz, leggo su Ha’aretz (grazie alla segnalazione di Reuven Ravenna) che il problema è generale. Per la legge israeliana, coloro che digiunano, ebrei e musulmani, hanno diritto nei rispettivi giorni di digiuno ad andare via dal lavoro due ore prima del solito. Solo che la cosa sta suscitando le proteste degli altri lavoratori, non religiosi, che affermano che quelle ore di lavoro mancate sono a spese della collettività. Ecco un non comune caso di solidarietà fra arabi ed ebrei.

rav Gianfranco Di Segni, Collegio rabbinico italiano

medio oriente
L'Iran e l'accordo in bilico
Tra le fila del governo di Gerusalemme si parla di un oramai imminente accordo sul nucleare tra le potenze occidentali e l'Iran. Nonostante le dichiarazioni del presidente Usa Barack Obama – per cui, fino a martedì scorso, le possibilità di un'intesa erano inferiori al 50 per cento – e la miccia alla controparte iraniana del suo Segretario di Stato John Kerry (nella foto) di abbandonare le trattative in corso a Vienna, la politica israeliana sembra convinta che la firma alla fine arriverà. A dichiararlo al Jersualem Post, alcune fonti dell'ufficio del Primo ministro Benjamin Netanyahu, da sempre contrario all'accordo. Secondo l'entourage di Netanyahu, il gruppo dei 5+1 (Usa, Cina, Gran Bretagna, Francia, Russia più la Germania) sta aprendo la strada a un Iran dotato di un'arma nucleare e non il contrario. I limiti imposti a Teheran, ha più volte affermato pubblicamente il Premier israeliano, non sono sufficienti per garantire la sicurezza di Israele, paese più volte minacciato dal regime degli Ayatollah (che fornisce armi a gruppi terroristici come Hamas e Hezbollah). E l'ostilità iraniana nei confronti dello Stato ebraico in queste ore ha preso la forma di una grande manifestazione di massa: migliaia di persone, riportano i quotidiani israeliani, sono scese oggi per le strade di Teheran e di altre città iraniane invocando la distruzione di Israele, degli Stati Uniti e bruciandone le bandiere.
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VARATO IL NUOVO ORGANO ESECUTIVO
Roma, la Giunta è unitaria
Nasce nel segno dell'unità, e della volontà di aprire una nuova fase, la Giunta varata in luglio dal Consiglio comunitario. L'organo esecutivo, alla cui definizione si è arrivati al termine di settimane di intenso confronto e mediazione, dà infatti rappresentatività a tutte e quattro le liste che hanno corso alle elezioni dello scorso 14 giugno: al suo interno quattro membri della formazione “Per Israele”; due a testa per le liste “Israele siamo noi” e “Menorah”; uno per il gruppo “Binah”. Viene così rispettato lo schema 4-2-2-1 di cui si era iniziato a parlare a poche ore dallo spoglio e che ha rappresentato per molti la migliore sintesi dei risultati ottenuti dai diversi gruppi nell'urna.
Assieme alla neo presidente Ruth Dureghello, entrano in Giunta i neo vicepresidenti Claudia Fellus (cui è stata assegnata una delega a formazione e innovazione) e Ruben Della Rocca (delega a relazioni esterne e comunicazione), gli assessori‎ Daniela Debach (scuola), Antonio Spizzichino (organizzazione, programmazione e risorse umane), Marco Sed (culto), Giorgia Calò (cultura e archivio storico), Maurizio Tagliacozzo (enti) e Roberto Coen (bilancio).
Voto quasi unanime a sostegno della squadra di governo (una sola astensione), che presenta molti volti nuovi rispetto al passato. A coordinare le attività del Consiglio per il prossimo quadriennio è stato chiamato Roger Hannuna, mentre ulteriori competenze (esterne alla Giunta) saranno decise prossimamente.
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la rassegna settimanale di melamed
La scuola e l'ora di religione
Melamed è una sezione specifica della rassegna stampa del portale dell’ebraismo italiano che da tre anni è dedicata a questioni relative a educazione e insegnamento. Ogni settimana una selezione della rassegna viene inviata a docenti, ai leader ebraici e a molti altri che hanno responsabilità sul fronte dell’educazione e della scuola. Da alcune settimane la redazione giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane aggiunge al lavoro di riordino e selezione settimanale un commento, per fare il punto delle questioni più trattate sui giornali italiani ed esteri. Per visualizzare la newsletter settimanale di melamed cliccare qui.


Religioni a scuola. Indispensabili?

“Nella società in cui viviamo, lo studio della storia delle religioni è più importante che mai. Deve fare parte sempre di più della formazione dei ragazzi affinché diventino cittadini capaci di affrontare una realtà sempre più multietnica e quindi multireligiosa”. Sono parole del professor Giovanni Filoramo, docente all’università di Torino e autore di volumi che sono diventati classici della storia delle religioni, che in una intervista rilasciata al Corriere del Trentino il 3 luglio spiega: “La religione ha una funzione identitaria che definisce un gruppo sociale, permette ad una collettività di trovare un legame con il passato, una coerenza ed un fattore aggregativo”. E aggiunge: “Sono sempre più frequenti anche in Italia i casi di classi multietniche e quindi plurireligiose. Quello che vedo è che gli insegnanti non sono preparati a gestire queste situazioni. Si pensi, ad esempio, alla questione dei pasti nelle mense, ma anche a come trattare alcuni temi con gli alunni. Bisogna aiutare gli insegnanti ad imparare a gestire queste situazioni”.
Il sentimento religioso, però, per il 25 per cento dei “Millennial”, ossia dei nati dopo il 1980, pare non avere alcuna importanza. Così per lo meno dicono due nuovi studi citati da un articolo apparso sul New York Times e ripreso il 4 luglio dal Corriere della Sera.


Ada Treves
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QUI ROMA
Isis, minaccia da combattere
“Solo ventiquattro mesi fa nessuno sapeva dell’esistenza dell’Isis; il gruppo terroristico non era altro che una componente minoritaria dei ribelli che combattevano Assad. Si può dire che questo sia stato il più incredibile esempio di sottovalutazione di un fenomeno da parte dell’Occidente degli ultimi decenni”. Con queste parole Marco Minniti, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega alle Informazioni per la Sicurezza, introduce l’incontro “Scenari Mediorientali e il fenomeno Daesh” ospitato ieri nella sede della Rai e organizzato, tra gli altri, dalle associazioni Capitale Roma e Progetto Dreyfus.
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pilpul
Dall'altra parte del telefono
Quando frequentavo l’Hashomer Hatzair comunicare con i genitori a casa era molto complicato: procurarsi gettoni o monete, lunghe code all’unico telefono disponibile, a fianco del quale ricordo un cartellone semiserio con le frasi da dire: sto bene, mi diverto, il cibo è buono, il tempo è bello, ecc. L’idea che i genitori fossero un’entità da tranquillizzare e con la tendenza a preoccuparsi per nulla era già istintiva fin dai primi campeggi e si faceva ancora più forte quando si diventava madrichim, guide, e i genitori da tranquillizzare non erano più solo i nostri, ma soprattutto quelli dei ragazzini affidati alla nostra custodia. Per caso recentemente ho avuto modo di incontrare un po’ di amici con i figli al campeggio dell’Hashomer Hatzair. Oggi telefonare è molto più facile, ma la preoccupazione pare essere quella di un tempo. E, vista dall’altra parte del telefono, suona anche abbastanza giustificata: notizie un po’ frammentarie di notti insonni, cibo scarso, scherzi fatti o subiti.

Anna Segre, insegnante
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La casta
Un articolo di Umberto Eco, apparso un mese fa nella propria rubrica sull’Espresso, rifletteva su come i politici siano ormai incapaci di immedesimarsi nei problemi delle persone comuni. Scrive Eco: “La politica, minacciata dal terrorismo, ha dato vita ai membri di una casta condannata a non sapere nulla del paese che deve governare. Casta sì, ma nel senso dei paria indiani, tagliati fuori dal contatto con gli altri esseri umani”. Oggi di fronte alla crisi del debito greco, o alla nostra crisi economica, sembra effettivamente che una gran parte dei politici abbia un’idea limitata di ciò che comporti fare i conti con la cosiddetta ‘austerity’, e nel concreto di cosa significhi l’incertezza del proprio futuro, la precarietà, la disoccupazione, i tagli alla propria pensione, o ai servizi pubblici. Viene piuttosto in mente quella frase attribuita erroneamente a Maria Antonietta “Se [il popolo] non ha più pane, che mangino brioche!”.

Francesco Moises Bassano, studente
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Cambiare prospettiva
Rabbi Nachman di Brazlav diceva “Non insistere mai perché tutto vada esattamente come vuoi tu, anche nelle questioni spirituali”. Se riuscissimo ad applicare questo suggerimento saremmo persone e comunità più felici e sicuramente più ricche.

Ilana Bahbout




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