Jonathan Sacks, rabbino
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Possiamo
mandare un messaggio che sia tanto potente quanto l'estremismo
religioso, ma che porti lontano dalla violenza e invece conduca verso
il rispetto tra le fedi?
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David
Bidussa,
storico sociale
delle idee
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A
proposito dei libri messi sotto osservazione dal sindaco di Venezia. La
battaglia ai libri è sempre stata la bandiera dei totalitarismi. Il
principio è sempre lo stesso: non voglio turbare i miei amministrati.
Hanno ben altro cui pensare. È interessante l’altruismo quando gronda
rispetto da tutti gli artigli.
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Terrore al Cairo |
“L’Italia
sa che quella contro il terrorismo è una sfida enorme che segna in
profondità la storia del nostro tempo”. È quanto ha detto il primo
ministro Matteo Renzi al presidente egiziano Al Sisi in seguito allo
scoppio di un’autobomba di fronte all’edificio del consolato italiano
al Cairo. L’attentato, avvenuto intorno alle sei di mattina, ha avuto
come vittima un passante e ha causato dieci feriti. Dietro vi è
sicuramente una formazione jihadista, anche se in queste ore si tenta
di capire a chi esattamente ricondurlo. Il governo egiziano, riporta
Repubblica, ha subito puntato il dito contro i Fratelli musulmani,
anche se nel pomeriggio è arrivata via Twitter la rivendicazione
dell’Isis.
Intervistato da Repubblica, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni,
che domani sarà al Cairo per portare la sua solidarietà al personale
della sede diplomatica, si è detto non sorpreso della rivendicazione
dell’Isis, anche se ha sottolineato la difficoltà di attribuire una
effettiva responsabilità in mancanza di elementi certi. “Le
caratteristiche dell’attacco ci dicono che lo scopo era sicuramente
intimidatorio, colpire la presenza internazionale nell’ambito di uno
scontro fra terrorismo fondamentalista ed Egitto. Ma noi non ci
lasciamo intimidire”, ha dichiarato. E sulla presa di mira dell’Italia
ha invitato alla cautela: “Non vorrei che si esagerasse con la
dietrologia, attentati come questo possono anche avere aspetti casuali,
cioè essere legati alla possibilità logistica di colpire una nazione
occidentale che sostiene la lotta al terrorismo del governo egiziano.
Noi siamo e restiamo il Paese del dialogo – afferma Gentiloni – abbiamo
rapporti di amicizia con le diverse parti in tutta l’area di crisi,
tanto con l’Arabia Saudita quanto con la Turchia, tanto con l’Iran
quanto con Israele, e più che mai continuiamo ad avere un ruolo di
ponte e di mediazione”.
Srebrenica, disordini alle commemorazioni. Un fitto lancio di sassi e
altri oggetti ha bersagliato ieri a Srebrenica il premier serbo
Aleksandar Vucic, nella città bosniaca per la cerimonia di
commemorazione nel ventesimo anniversario del massacro nel quale 8mila
musulmani vennero uccisi dai serbi di Bosnia dopo la caduta
dell’enclave sotto la protezione dell’Onu. Motivo della protesta, che
ha costretto Vucic alla fuga, il rifiuto di classificare la tragedia
come genocidio. L’attacco è stato definito dalla Serbia un “attentato”,
anche se una volta tornato in patria il primo ministro ha dichiarato
che “la mano della riconciliazione resta tesa”.
“Solo punendo i colpevoli potremo dare un senso di giustizia a coloro
che hanno perso i loro cari e solo chiamando il male con il suo nome,
genocidio, possiamo trovare la forza di superarlo”, il messaggio del
presidente Usa Barack Obama. “Non bastano vent’anni per perdonare,
forse a volte nemmeno cinquanta”, le parole invece del presidente della
Camera Laura Boldrini, che a Srebrenica ha rappresentato l’Italia
(Corriere).
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pagine ebraiche - dossier magia
Angeli e demoni, la mostra
che ha stregato Parigi
“Non
bisogna credere alle superstizioni, ma è più prudente rispettarle”,
scriveva Yehudah ben Samuel di Ratisbona nel Sefer Hasidim. Una frase
che riassume bene i contrasti e la ricchezza della mostra intitolata
“Magie. Anges et démons dans la tradition juive” (Magia. Angeli e
demoni nella tradizione ebraica) in corso al Musée d’art et d’histoire
du judaisme di Parigi fino al 19 luglio, che espone le centinaia di
opere e documenti usati – e ancora in uso – presso gli uomini per
rapportarsi con tutto ciò che sfugge al loro controllo. A raccontarla a
Pagine Ebraiche è il curatore Gideon Bohak, professore di filosofia
ebraica all’Università di Tel Aviv. Ciò su cui mette immediatamente
l’accento è la varietà che caratterizza i trecento oggetti esposti nei
tre piani della mostra. “Ad esempio abbiamo voluto mettere in evidenza
l’esistenza di una magia popolare, praticata in gran parte dalle donne
e che ha dato vita a oggetti di poco valore, piccoli amuleti spesso in
carta con un nome scritto sopra, che non necessitavano di essere belli
perché servivano a essere immediatamente sotterrati, ma accanto a essa
si ritrovano i prodotti di una magia più élitista, raffinata,
fabbricati soprattutto da uomini, più scritti e in materiali più
preziosi”. Un’altra opposizione è poi quella che riguarda i risultati
da ottenere con le pratiche magiche: “Accanto a una magia protettrice –
spiega Bohak – da utilizzare come arma contro le forze soprannaturali
che popolano il mondo degli uomini, vi è una magia aggressiva, che mira
nuocere, a distruggere un rivale, fare sì che qualcuno cambi idea su
una questione, far tacere le maldicenze, fino anche a vere e proprie
maledizioni, invocazioni dei demoni stessi contro qualcuno”.
da Pagine Ebraiche, luglio 2015
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qui roma
Il triste commiato degli urtisti:
"Lasciamo a chi sporca"
“Vi
consegniamo Roma cari concittadini, una Roma diversa da quella che 150
anni fa hanno deciso di accudire i nostri nonni e bisnonni. Con le
lacrime agli occhi la consegniamo a chi la sfrutta, la sporca, a chi la
mercifica e la vuole umiliare”. È l’amaro commiato che appare sulla
pagina Facebook gestita dagli urtisti, i venditori di souvenir, uno
degli storici mestieri della Roma ebraica, a poche ore dal
trasferimento in massa della categoria, allontanata dalle aree vicine
ai più importanti monumenti della capitale come implementazione delle
iniziative anti-degrado varate dall’amministrazione cittadina.
Un accostamento che i rappresentanti di categoria, anche attraverso
queste pagine, hanno sempre respinto con forza, vantandosi anzi di
essere vere e proprie sentinelle contro l’abusivismo imperante nelle
strade e nelle piazze del centro (supportati in questo, tra gli altri,
dal presidente del pd romano Tommaso Giuntella e dalla presidente del
Consiglio del Municipio XII Alessia Salmoni). Una funzione che
continuano a svolgere anche in queste ore, pur sradicati da quella che
è stata la loro area di competenza per così lungo tempo. Cioè da quando
una dispensa papale concesse l’esercizio della professione ad alcuni
ambulanti ebrei romani (professione poi trasmessa con regolare licenza
a figli, nipoti etc) fino a pochi giorni fa.
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il nuovo documentario su amy winehouse
Dai casting al palcoscenico,
il canto della solitudine
“Cantare
è sempre stato importante per me, ma non pensavo che sarei mai
diventata una cantante. Pensavo di essere fortunata perché c'era
qualcosa che avrei sempre potuto fare se avessi voluto, così
fortunata”. Parla così del suo dono una Amy Winehouse ancora agli
esordi in una delle interviste raccolte nel film documentario sulla sua
vita intitolato “Amy”, del regista inglese Asif Kapadia. Ha fatto il
suo esordio sfavillante al festival di Cannes e ora è nelle sale
cinematografiche, dove ha registrato un successo da record al
botteghino così come tra la critica, che un po' per la storia intima e
commovente che descrive, un po' per il grande lavoro di documentazione
dietro le quinte e la prospettiva inedita, anche da un punto di vista
identitario, lo ha definito imperdibile. Non sono poi mancate alcune
polemiche con la famiglia, e così Amy la cantante morta quattro anni fa
di overdose all'età di 27 anni e “Amy” la pellicola che la racconta non
smettono di far parlare di sé.
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Sinai di sangue |
Mentre
in Italia, e in Europa, ci si accapigliava per il referendum greco
sulle condizioni alle quali accettare o meno le richieste della
cosiddetta “Troika”, nel Sinai una nuova pagina della guerra
fondamentalista veniva scritta. I miliziani jihadisti, da tempo
interessati a costruire una solida testa di ponte sulla penisola –
ampia 61 mila chilometri quadrati (tre volte le dimensioni d’Israele e
duecento volte quelle della Striscia di Gaza, per intenderci), spazio
che collega l’Africa all’Asia, nonché storicamente luogo di transiti e
traffici, spesso illegali – hanno infatti ingaggiato una serie di
scontri armati con l’esercito egiziano, seguendo il copione di una
calcolata e preordinata azione di guerra. Il numero dei morti si
attesterebbe intorno al centinaio ma, il problema, evidentemente, non è
solo questo, rimandando semmai alla strategia di espansione e
contaminazione virale che il cosiddetto ‘califfato’ di Al-Baghdadi sta
cercando di mettere in atto in quella dozzina di paesi nei quali è
oramai stabilmente presente.
Claudio Vercelli
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