
Elia Richetti,
rabbino
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Quando
D.o decide di non provocare più la fine di tutta l’umanità, la
motivazione addotta sembra la più pessimistica possibile: “poiché la
conformazione (yétzer) del cuore dell’uomo è malvagia (ra‘) dalla sua
giovinezza”. È possibile che D.o giudichi così negativamente ciò che
Egli stesso ha fatto? Ha quindi sbagliato?
Nella Ghemarà (Sukkà 52b) è detto che se la tendenza al male, lo
“yétzer ha-rà‘”, si imbatte in noi, dobbiamo trascinarlo al Beth
Ha-Midràsh, dove si studia Torah: se è di pietra si scioglie, se è di
ferro si spezza.
Questo brano contiene un’idea abbastanza chiara, che lo studio della
Torah possa essere l’antidoto allo “yétzer ha-rà‘”; meno chiaro è il
seguito, perché ci aspetteremmo che il ferro si sciogliesse (come
avviene di fronte ad un’adeguata fonte di calore) e la pietra si
spezzasse, e non viceversa.
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
Di Gerusalemme
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Nella
memorabile recensione di un libro apparso alcuni anni fa, una celebre
scrittrice di espressione italiana scriveva press’a poco questo: “Non
ho letto il libro, ma ne deploro e condanno i contenuti”. Ribaltando
contesto e logica, il Presidente Obama potrebbe dire: “Non ho fatto
nulla per avere il Premio Nobel per la pace, ma mi vanto del premio e
del nuovo ordine strategico-militare che ho contribuito a creare in
Medio Oriente”. Raramente un ideale politico mal concepito e peggio
gestito ha facilitato tanti conflitti e tante vittime. Il capitolo
tunisino è stato ora premiato con un altro Nobel nonostante il
fastidioso incidente di percorso del Museo del Bardo. E in questi
ultimi giorni vediamo la definitiva concretizzazione di un concetto di
società civile islamica, da Ankara a Baghdad, da Teheran a Sana’a, da
Damasco a Gerusalemme. C’erano un paio di libri istruttivi sui
conflitti di civiltà e sul Medio Oriente ma, purtroppo, Obama non li ha
mai letti, li ha solo recensiti.
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Medio-Oriente, Israele rafforza la sicurezza |
Dopo
una nuova giornata di violenze segnata dall’attacco (fortunatamente
sventato alla porta di Damasco) e un’aggressione alla stazione centrale
degli autobus, il governo israeliano ha deciso di prendere nuove misure
di sicurezza e ha circondato e chiuso le aree di Gerusalemme dalle
quali proveniva l’80% dei terroristi. La situazione è così descritta
dal Corriere della sera: “I blocchi di cemento e i furgoni della
polizia di traverso lungo la strada per controllare l’accesso e
l’uscita dai quartieri arabi di Gerusalemme. L’esercito dispiegato nel
paese e le guardie che ritornano sugli autobus (c’erano fino al 2008).
La decisione di togliere la residenza agli attentatori e demolirne la
casa di famiglia”. Il presidente palestinese Abu Mazen, dopo aver
dichiarato “Non cederemo alla logica della tirannia”, ha mostrato la
foto di un ragazzino insanguinato come simbolo della violenza
d’Israele. Senza però spiegare, sottolinea il Corriere, come quello sia
il terrorista di 13 anni che ha pugnalato un suo coetaneo in bicicletta
riducendolo in fin di vita. Intanto, per placare la tensione, il
segretario di Stato Usa John Kerry starebbe cercando di organizzare un
vertice in Giordania per far incontrare il premier israeliano Benjamin
Netanyahu e Abu Mazen. A commentare la situazione su Repubblica, lo
scrittore sopravvissuto alla Shoah Elie Wiesel: “Certo, chiudere
transito e accessi tra Est e Ovest di Gerusalemme è una misura
radicale, drammatica. Però se Israele la ritiene necessaria per la
sicurezza ha fin troppe buone ragioni, e sono convinto che sarà
temporanea”. “Israele vuole la pace, credetemi “, conclude infine
Wiesel. Esprime invece preoccupazione Ban Ki-moon, segretario Onu:
“Quello che sta accadendo là è gravissimo. Si sta creando una
situazione insostenibile: un’eruzione di violenza che è causa di grande
allarme. Israeliani e palestinesi devono tornare a discutere senza
ulteriori ritardi” (Corriere).
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le impressioni degli italkim
Israele, la vita non si ferma
“Non
mi interessa molto sapere se queste violenze somigliano o sono diverse
da quelle del passato, quello che vorrei capire è dove si approdano,
dove stiamo andando”. C'è uno scetticismo realista nelle parole di
Sergio Minerbi, già ambasciatore di Israele a Bruxelles e autorevole
voce degli Italkim (la comunità italiana in Israele), nel descrivere
l'attuale situazione israeliana, che ha visto esplodere un'escalation
di violenza nelle ultime settimane. “Quanto
sta accadendo non mi impressiona molto ma io dalla mia ho l'età.
L'esperienza segna e insegna” afferma Minerbi a Pagine Ebraiche,
rispondendo alla domanda sugli attentati terroristici palestinesi degli
scorsi giorni. L'ambasciatore la sua Aliyah l'ha fatta ancor prima
della nascita dello Stato ebraico, nel 1947. Diverse
invece le impressioni di un più giovane oleh come rav Pierpaolo Pinhas
Punturello che osserva, in particolare a Gerusalemme, un cambiamento
significativo nella vita quotidiana. “Non
c'è panico ma uno stato di allerta e attenzione molto più elevato".
D'accordo anche il ventenne David Zebuloni, in procinto di servire
nell'esercito israeliano, e rimasto impressionato dalle ultime vicende:
“È la prima volta che vivo questo tipo di violenza. Credo che la
tensione sia percepibile, soprattuto per strada. La cosa che spaventa è
l’imprevedibilità di queste aggressioni che hanno toccato diverse parti
del paese".
(Nell'immagine Sergio Minerbi, rav Pierpaolo Pinhas Punturello e David Zebuloni)
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la mobilitazione degli ebrei italiani "Non lasciamo Israele da solo"
Lo
Stato di Israele, vittima in questi giorni di una escalation di
violenza da parte palestinese, ha bisogno dell'amore e del sostegno di
chi crede nella verità, nella pace, nella democrazia. È inoltre
fondamentale combattere la sottovalutazione e l'assuefazione di fronte
alle notizie quotidiane di aggressioni e accoltellamenti contro i
civili, di ferite e di vittime.
Per questo l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e la Comunità
ebraica di Roma invitato ad aderire e partecipare al presidio
organizzato per domenica mattina, a partire dalle 11, davanti alla sede
dell'ambasciata israeliana nella Capitale (via Michele Mercati 14).
Diversi gli interventi previsti, con l'obiettivo di sensibilizzare
un'opinione pubblica troppo spesso distratta e tracciare un netto solco
tra chi ogni giorno si batte per la vita e chi invece predica e mette
in pratica un'ideologia di odio e di morte.
"Vogliamo e dobbiamo far sentire allo Stato di Israele e alla sua
popolazione tutta la nostra vicinanza, la nostra solidarietà, il nostro
affetto e il nostro sostegno" scrivono in un messaggio congiunto
rivolto a tutti i leader dell'Italia ebraica il presidente dell'Unione
Renzo Gattegna e la presidente della Comunità romana Ruth Dureghello.
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LEGGE DEL RITORNO - LE PRIME CITTADINANZE Portogallo, ritorno a casa
Si
chiama Alfonso Paredes Henrique, vive a Panama e un suo avo era
rabbino. Da qualche giorno ha con sé un nuovo passaporto, che esibisce
con orgoglio: quello portoghese, restituitogli dal governo di Lisbona
in ragione della legge approvata a marzo che accorda questa possibilità
ai discendenti degli ebrei sefarditi cacciati dal paese durante
l'Inquisizione.
Henrique è uno dei primi tre beneficiari della norma e il suo
nominativo è stato reso noto dal ministro della Giustizia portoghese,
che sta passando al vaglio le oltre duecento richieste pervenute. Anche
la Spagna, che ha seguito il Portogallo nell'approvazione della legge
nel giugno scorso, ha iniziato a ricevere le prime domande, che
ammontano oggi a 4300 unità. Due terzi - viene spiegato - dalla
Turchia. Significativo inoltre il flusso da Venezuela, Marocco e
Israele.
(Nell’immagine: la sinagoga di Belmonte, cittadina portoghese che
ospita una ex comunità criptoebraica fin dal 1297, riportata alla luce
da Samuel Schwartz nel XX secolo) Leggi
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qui roma
Armin Wegner, l'eroe normale
Chi era Armin Wegner?
Un
intellettuale eclettico, un convinto idealista, un uomo Giusto. E tale
è stato riconosciuto sia dagli ebrei che dagli armeni: un fatto
pressoché unico nella memoria del Novecento. L’affascinante personalità
di Wegner, tra i primi a prodigarsi per denunciare la duplice barbarie
genocida, è riecheggiata con forza al Tempio di Adriano, sede della
presentazione del romanzo dedicatogli da Gabriele Nissim, presidente
del Giardino dei Giusti di Milano e autore di “La lettera a Hitler”
(ed. Mondadori). Una poderosa opera di ricostruzione storica e umana
dello scrittore tedesco che – come recita il sottotitolo – fu
“combattente solitario” contro gli orrori del ventesimo secolo.
È
così un “sentito ringraziamento” quello che il presidente dell’Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna rivolge allo scrittore
per aver riportato alla luce l’intera vicenda facendo conoscere a un
ampio pubblico questa singolare figura di antieroe “che compie atti di
eroismo”. Moderato dalla giornalista Viviana Kasam, e proposto in
collaborazione da Gariwo e BrainCircle Italia, l’incontro è stato
caratterizzato da molti interventi. Oltre al presidente dell’Unione,
che ha aperto con un riferimento ai pericoli del pensiero unico e ai
meccanismi di repressione del dissenso, minaccia ancora viva in molti
paesi, hanno preso la parola i giornalisti Gian Antonio Stella e Wlodek
Goldkorn; l’ambasciatore armeno in Italia Sargis Ghazaryan: l’addetto
culturale dell’ambasciata tedesca Stefan Schneider; Armin Wegner, il
figlio di Armin. Stralci dell’opera di Nissim (“un libro che cambia le
persone”, ha detto Kasam) sono stati letti da Manuela Kustermann.
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qui roma - il seminario aned Memoria, la sfida che unisce
“Sentiamo
parlare sempre più spesso della crisi dell’Europa. Una crisi che può
migliorare solo attraverso iniziative che incentivino la collaborazione
tra Paesi. In questo senso, il seminario che si apre oggi ha una forte
valenza simbolica”. Così il presidente dell’Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane Renzo Gattegna nell’aprire la giornata di formazione
per insegnanti “Ripensare la storia dei Lager nazisti. Le politiche di
persecuzione, il lavoro forzato, lo sterminio degli ebrei” organizzato
da Laura Fontana, responsabile per l’Italia del Mémorial de la Shoah di
Parigi e Grazia Di Veroli dell’Associazione nazionale ex deportati dei
campi nazisti con il patrocinio di UCEI, Ministero dell’Istruzione,
Università e Ricerca, Regione Lazio, Comune di Roma. Ad intervenire
anche la presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello, il
presidente della Fondazione Museo della Shoah di Roma Mario Venezia,
Anna Piperno, in rappresentanza del Miur, il presidente dell'Aned
Maurizio Ascoli e Carla Di Veroli, responsabile delle politiche della
Memoria per il Comune di Roma. Leggi
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qui milano - la tenda di abramo
Cibo, nutrimento dell'anima
“Il
peggio arrivò verso la fine. Moltissime persone morirono proprio alla
fine, e io non sapevo se avrei resistito un altro giorno. Un contadino,
un russo, Dio lo benedica, vide in che stato ero, entrò in casa e ne
uscì con un pezzo di carne per me’. ‘Ti salvò la vita’. ‘Non lo mangiai
[…] Era maiale. Non ero disposta a mangiare maiale’. ‘Perché? […]
Perché non era casher?’. ‘Certo’. ‘Ma neppure per salvarti la vita?’.
‘Se niente importa, non c’è niente da salvare’”. È il dialogo
raccontato da Jonathan Safran Foer in "Se niente importa. Perché
mangiamo gli animali?" (ed. Guanda). Uno scambio di battute tra lo
scrittore e sua nonna, sopravvissuta alla Shoah, che sottolinea come il
sistema di valori e regole in cui siamo cresciuti, anche alimentari,
formino la nostra identità e influenzino le nostre decisioni. Il
vegetarianesimo è una scelta di vita spiegava Foer nel suo libro, come
ha ricordato l’attrice Lella Costa, nell’appuntamento dedicato proprio
a questo tema e organizzato dalla Comunità ebraica di Milano
all’interno della manifestazione la Tenda di Abramo. E sul significato
di questa scelta hanno discusso, attraverso diverse prospettive, il
rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni assieme allo studioso Mino
Chamla, a monsignor Luigi Nason, e a Claudia Sorlini, docente di
Microbiologia agraria all’università di Milano.
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torino - fallisce il tentativo di boicottaggio Gestione delle risorse acquifere,
Italia e Israele per l'ambiente
Presentati
i risultati della collaborazione tra Italia e Israele sulla gestione e
la distribuzione delle risorse acquifere: un fronte su cui molte sono
le possibilità di cooperazione. L’iniziativa, rivolta agli studenti
d’ingegneria, è stata realizzata in partnership dal Technion di Haifa,
dal Politecnico di Torino e dal dipartimento di Scienze agricole,
forestali e alimentari dell’ateneo locale.
Ad aprire i lavori la presentazione dei vari partner e progetti
finanziati dall’Unione Europea e associazioni quali Netafim, Mortrem e
l’italiana Acqua Gas.
Il primo intervento, di Avi Ostfeld, ha avuto come tema la
presentazione di simulazioni computerizzate capaci di prevedere la
contaminazione di risorse idriche e algoritmi stocastici per la
previsione delle precipitazioni e movimenti delle falde. L’intervento è
stato brevemente interrotto a causa dell’intrusione di esponenti
propal, che hanno gridato slogan e distribuito volantini fino al
momento del loro allontanamento dell’aula, ma il professor Ostfeld,
senza scomporsi, ha continuato la sua presentazione facendo leva
sull’interesse reale degli studenti e l’importanza del tema trattato:
la riduzione dello spreco idrico e della contaminazione delle acque.
Emanuele Levi
(Nell'immagine l'incontro di oggi con i due relatori israeliani David Shem Tov e Rafi Nave) Leggi
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j-ciak
Woman in gold, una donna d'oro
Lei
è Adele Bloch-Bauer, regina dei salotti viennesi. Lui è Gustav Klimt
che nel 1907 la ritrae, bellissima, in un’aura d’oro e ceselli. Sullo
sfondo, la tragedia della Shoah. Adele, che muore nel 1925 di
meningite, ne viene risparmiata.
Il
magnifico ritratto segue invece la sorte di tanti altri beni artistici
appartenuti agli ebrei. È confiscato dai nazisti e finisce esposto al
Belvedere di Vienna, diventando uno dei simboli nazionali.
La
storia però non si conclude qui. La Monna Lisa d’Austria torna ai suoi
legittimi proprietari, con una svolta così avventurosa da essere
diventata un film, “Woman in Gold”, con una sempre notevole Helen
Mirren e Ryan Reynolds, da oggi nelle sale italiane.
Helen
Mirren è sempre una garanzia e la storia del quadro, restituito alla
nipote Maria Altmann solo dopo una lunga battaglia legale, vale la pena
di essere vista. Il film, diretto da Simon Curtis, non è però di quelli
che lasciano il segno. In molti passaggi sembra di guardare uno dei
tanti legal thriller che inzeppano la tivù e Ryan Reynolds è spesso
così poco incisivo da risultare improbabile, se non noioso, nei panni
di avvocato grintoso. Un peccato, perché la vicenda valeva un gran film
o quanto meno un film con qualche grammo di mordente in più.
Daniela Gross
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Setirot
- Life on Mars |
In
questi giorni cupi, angoscianti, segnati da un senso d’impotenza che
provoca rabbia, il banale invito alla presentazione di un libro può
evocare una bella storia che voglio condividere perché a me dà
speranza, e mi auguro possa darla a qualcun altro. Anni fa venne al
Corriere della Sera una ragazza che aveva chiesto di incontrarmi.
Timida ma con le idee piuttosto chiare, racconta che sta facendo una
tesi di Antropologia sulla rappresentazione della figura del soldato
nel cinema israeliano. Cerco di darle qualche consiglio, un paio di
contatti, la promessa di rivederci, il suggerimento di andare in Eretz
perché troverà un paese meraviglioso e immensamente affascinante nelle
sue mille contraddizioni. Congedandosi, accenna a non ricordo quale
legame parentale però non halakhico con l’ebraismo. Ci scriviamo, in
Israele è andata e poi tornata e si è laureata. Dopo non molto mi
sorprende: «Ciao, sono di nuovo in Israele e mi fermo qui a Tel Aviv
per un dottorato».
Stefano Jesurum, giornalista
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In ascolto - Kanye West |
A
volte succede. Media e social network preparano con attenzione
l’evento, creano grandi aspettative, l’attesa sembra non finire mai e
quando è il momento di godersi lo spettacolo il botto non arriva e ci
si ritrova a dire: “Beh? Tutto qui?”. A volte succede, anche ai grandi,
dunque non se ne abbia a male Kanye West, che da una settimana viene
bistrattato dai giornali israeliani, dopo due mesi di promozione a
tappeto per un concerto che a detta di tutti avrebbe dovuto essere
storico. Kanye West, produttore discografico e cantante, che ha venduto
30 milioni di brani digitali e ha vinto 11 Grammy Awards, è certamente
un grande artista ma ha non pochi problemi di egocentrismo e manie di
grandezza, è un uomo che definisce se stesso “un genio”, nonché “la
voce di una generazione”.
Maria Teresa Milano
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Madri d'Israele - Adva |
 Trovare
il coraggio di continuare, di rialzarsi. Trovare la forza di sorridere,
sempre. Trovare la luce nel buio, scintille di gioia nella tristezza
che spesso incombe. Non è forse uno straordinario dono questo? Il dono
di Adva Biton, Madre d’Israele, madre della piccola Adel. “Aveva solo
quattro anni quando fu vittima di quell’atroce attentato terroristico
la mia piccola Adel, quando si ritrovò a combattere tra la vita e la
morte, in una sorta di limbo infinito”, afferma Adva con voce ferma,
caratteristica dell’estrema dignità che l’ha sempre caratterizzata. Il
limbo durò due anni. Due anni di cure, di attenzioni e continue
sofferenze, di preoccupazioni, di apprensioni. Due anni di pura
speranza, due anni di fede. “Già, la fede è sempre stata una costante
della mia vita. Questa tragica esperienza non mi ha allontanato dal
Signore, ma non mi ha nemmeno avvicinato a Lui. Le mie convinzioni sono
rimaste le stesse di sempre: profonde e indistruttibili, un mezzo
prezioso, forse indispensabile, per affrontare ciò che ci era capitato”.
David Zebuloni
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La ragazza terribile |
A
tredici anni un ragazzo diventa adulto, responsabile dell’osservanza
delle mitzvot: a questa età Avraham decise di non seguire più
l’idolatria della casa paterna (Pirke d’Rabbi. Eliezer 26), suo figlio
Itzhak fu ‘svezzato’ (Bereshit 21:8), suo nipote Yakov si separò dal
gemello Esav per andare il primo alla Casa di studio ed il secondo alla
Casa degli idoli (Genesis Rabba 63:10); proprio a tredici anni Bezalel
ebbe da D-o l’incarico di costruire il Mishkan (Sanhedrin 69b). Da
questi illustri esempi, diverse fonti talmudiche fissano a tredici anni
l’eta della maturità fisica e spirituale.
Sara Valentina Di Palma, ricercatrice
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