Roberto
Della Rocca,
rabbino
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Abramo arma i ‘Chanichav’, i suoi educandi (Bereshìt, 14; 14) per andare a liberare suo nipote Lot prigioniero di guerra.
Si porta dietro 318 discepoli. È una delle rarissime volte, in tutta la
Torah, in cui compare la radice della parola Chinuch-educazione.
La radice Chinuch va ben oltre l’insegnamento. Chinuch è educazione nel
senso di iniziazione. Chinuch è inaugurare. Nelle parole di Rashì,
Chinuch è iniziare una persona negli strumenti che gli serviranno in
futuro. Come una casa che si inaugura solo dopo averla costruita,
rifinita, e riempita di contenuti.
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Dario
Calimani,
anglista
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Ogni
tanto fa piacere cambiare idea, fa bene alla salute mentale. Da qui, da
Gerusalemme, le cose le si vede in una prospettiva diversa. Anzi le si
vede da prospettive plurime. La mente ti si confonde e rischi di capire
che cosa sia la sindrome di Stendhal. Forse questo è l’unico luogo in
cui le contraddizioni accettano di coesistere in frastornante
consonanza. Qui le polemiche sulla Spianata ti sembrano assurde, perché
i musulmani hanno certamente il diritto di pregare tranquillamente nei
loro luoghi, e tuttavia non si vede perché non lo possano fare anche
gli ebrei che lo desiderano. Qui i diritti dei palestinesi appaiono
leggermente conculcati dagli insediamenti cisgiordani, e tuttavia non
si capisce perché si metta in discussione il diritto degli ebrei a
riconoscere come luogo ebraico il Muro del Pianto, come se non lo
avessero costruito loro duemila anni fa.
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Israele, ancora violenza |
Continua
a salire il bilancio delle aggressione per mano dei terroristi
palestinesi ai danni di civili e soldati israeliani. Solo ieri ci sono
stati tre nuovi attacchi in uno dei quali un soldato, pugnalato, è
rimasto gravemente ferito. Intanto il Primo ministro di Israele
Benjamin Netanyahu pensa, secondo quanto riporta il Fatto Quotidiano,
di revocare lo status di cittadini di Gerusalemme ad alcuni palestinesi
residenti nella parte Est della città, zona dalla quale proviene il
maggior numero degli attentatori che hanno scosso il Paese nelle ultime
settimane. A commentare la situazione sulla Stampa, lo scrittore
Abraham Yehoshua: “Sono attacchi suicidi personali. Non parliamo di
gente indottrinata da Hamas, da fanatici, dall’esterno. Sono giovani
che agiscono da soli. E questo suscita uno stato d’animo che non
abbiamo mai provato prima”.
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ROMA - I LAVORI DEL WORLD JEWISH CONGRESS
“La nostra forza? Nell'unità”
In
svolgimento i lavori del direttivo del Congresso Ebraico Mondiale,
riunito in queste ore a Roma per un confronto sui principali temi
strategici e le sfide di interesse generale.
Lotta all’odio e all’antisemitismo. Difesa di Israele contro la
delegittimazione. Sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulle molte
minacce che gravano sulle società progredite, a partire dal terrorismo
islamico nelle sue molteplici ramificazioni. Questi alcuni dei temi
discussi nel corso della giornata.
Un confronto di estremo interesse, che si è aperto con le parole del
presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna.
Intervenendo a nome delle 21 Comunità territoriali, il presidente
dell’Unione si è soffermato sull’esperienza ebraica italiana e sulla
capacità di ciascun nucleo di vivere in dialogo con la società
circostante preservando al tempo stesso “i propri valori” e “le proprie
tradizioni”. Gattegna ha inoltre invitato a una sempre più stretta
collaborazione tra le realtà della Diaspora così da superare gli
ostacoli e raggiungere “i molti obiettivi comuni”.
Nell’inaugurare la seduta, che segue la visita avvenuta ieri sera alla
Comunità ebraica romana (a fare gli onori di casa la presidente Ruth
Dureghello), il presidente del Congresso Ronald Lauder ha ripercorso
l’impegno profuso in questi anni nei diversi scenari. Le molte
iniziative adottate, quello che resta ancora da fare. Anche sul fronte
del dialogo interreligioso. A tal proposito Lauder guiderà domani una
delegazione in Vaticano, per confrontarsi con Bergoglio sulle relazioni
tra ebrei e cristiani a cinquanta anni dalla promulgazione della Nostra
Aetate.
Riflettori puntati anche sul Medio Oriente e i suoi molti interrogativi
aperti. "Un tempo non lontano la questione del nucleare iraniano era
'il problema' per eccellenza, adesso purtroppo è soltanto uno dei
problemi" ha sottolineato tra gli altri l'ambasciatore israeliano a
Roma Naor Gilon.
Di stretta attualità anche la relazione del vicepresidente UCEI Roberto
Jarach, intervenuto per illustrare il contributo degli ebrei italiani
nell’assistenza ai migranti. Jarach ha portato in particolare una
testimonianza sulle porte aperte al Memoriale della Shoah milanese (di
cui è vicepresidente). “Viviamo quasi quotidianamente con l’immagine
della grande scritta ‘Indifferenza’ che campeggia all’ingresso del
Memoriale davanti ai nostri occhi. Questo fatto – ha affermato – non ci
ha lasciato scelte alternative di fronte alla situazione di afflusso
crescente di profughi e rifugiati di passaggio a Milano
materializzatasi dallo scorso mese di giugno”.
Suddivisi in più sessioni, i lavori hanno coinvolto un significativo
numero di partecipanti tra cui il consigliere UCEI Cobi Benatoff, che
del Congresso Mondiale è tra i vicepresidenti e che nel pomeriggio
interverrà sul “cambiamento di approccio” nei rapporti tra Europa e
Israele. Presenti alla riunione anche il segretario generale UCEI
Gloria Arbib e la presidente nazionale Adei Wizo Ester Silvana Israel.
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In ventimila contro il social network “Facebook fermi gli istigatori,
basta ignorare l’odio palestinese”
Era
stato ricoverato due settimane fa in condizioni gravissime, Richard
Lakin, una delle vittime dell’attentato compiuto da due terroristi
palestinesi sull’autobus 78, a Gerusalemme.
Nonostante
le cure dei medici israeliani, Lakin, settantaseienne con cittadinanza
americana e israeliana, non è riuscito a sopravvivere alle ferite. Con
lui, su quell’autobus, sono state uccise altre tre persone e almeno
venti ferite. “Ti amiamo papà e faremo del nostro meglio per vivere nel
rispetto e amare la vita”, l’affettuoso addio dei figli affidato ai
social network. Ma mentre c’è chi usa i nuovi media per esprimere il
proprio affetto e dolore, c’è chi li adopera come arma di propaganda e
per istigare all’odio: è quanto sta accadendo in queste ultime
settimane sul fronte palestinese, con il diffondersi sui social network
di post, vignette, video, che incitano ad aggredire e uccidere gli
ebrei in Israele. Una situazione considerata tanto insostenibile e
pericolosa da portare a una vera e propria class action contro
Facebook: nelle scorse ore 20mila israeliani hanno intentato, presso la
Corte suprema di New York, una causa contro la piattaforma di Mark
Zuckerberg. L’accusa è di non aver bloccato le istigazioni,
continuamente rilanciate sui social, da parte palestinese a compiere
atti terroristici contro Israele. Leggi
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qui roma
Cinquant'anni da Nostra Aetate, si rinnova la sfida del dialogo
Cosa
è cambiato cinquanta anni dopo l’emanazione di Nostra Aetate, il
documento che ha segnato l’apertura della Chiesa nei confronti
dell’ebraismo e delle altre fedi? Quali i risultati raggiunti, quanta
la strada già fatta e quanta ancora da percorrere? Questo lo spirito
con il quale si è aperto ieri il convegno di tre giorni organizzato
dalla Pontificia Università Gregoriana che vede il confronto tra i
protagonisti che da anni sono in prima linea per favorire il dialogo
interreligioso. A partecipare alla tre giorni, tra gli altri, il
rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni. In queste ore invece a
intervenire è stato il rabbino David Rosen, direttore internazionale
per i Rapporti Interreligiosi dell’American Jewish Committee,
protagonista di una tavola rotonda dedicata al rapporto tra la ricerca
della pace e la religione assieme ad Abdellah Redouane, segretario
generale del Centro islamico culturale d’Italia, e don Rocco D’Ambrosio
(nell'immagine). Prendendo la parola, il rabbino Rosen ha spiegato:
“Quella di Nostra Aetate è stata una vera e propria rivoluzione
copernicana che ha ribaltato il modo della Chiesa di rapportarsi con
gli ebrei, aprendo la strada per il Dialogo. Dobbiamo però ammettere
che il percorso davanti a noi è ancora lungo. Oggi sono qui per parlare
di una realtà scandalosa ovvero quella che vede le religioni, i primi
strumenti che dovrebbero favorire la pace, paradossalmente come parte
del problema dell’assenza della pace stessa".
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ROMA – IL SEMINARIO del museo della shoah Memoria, il lavoro con le scuole
Promuovere
momenti di formazione per gli insegnanti, che a loro volta sapranno
trasmettere il valore della Storia ai giovani. È questo il compito più
importante per una fondazione che si occupa di Shoah, afferma lo
storico Marcello Pezzetti, che ha tenuto ieri alla Casina dei Vallati,
nuova sede della Fondazione Museo della Shoah di Roma, la prima lezione
di un seminario promosso assieme al Comune capitolino e dedicato ai
professori che accompagneranno le classi nei viaggi della Memoria.
“Si tratta della prima iniziativa specificamente dedicata alla città di
Roma”, ha spiegato a Pagine Ebraiche Pezzetti, coordinatore del
seminario organizzato con il ministero dell’Istruzione, dell’Università
e della Ricerca con cui è stata inaugurata il 16 ottobre la Casina dei
Vallati. L’edificio è stato individuato dall’amministrazione cittadina
in attesa della posa della prima pietra del memoriale, che sorgerà a
Villa Torlonia sulla base del progetto dell’architetto Luca Zevi. Leggi
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qui roma - il convegno alla farnesina
I media e la guerra al fanatismo
Con
un numero sempre crescente di video diffusi in rete, messaggi che
circolano sui quotidiani, e immagini e storie che arrivano nelle case
di tutto il mondo, la battaglia contro il terrorismo si combatte anche
attraverso i giornali, la televisione e il web.
A questo aspetto del fenomeno che sconvolge l’attualità è dedicato il
convegno “Radicalismi, censura e dialogo nei media e nelle società
musulmane”, in corso presso il Ministero degli Affari Esteri, promosso
da Reset – Dialogues on Civilizations, associazione di ricerca nel
campo dei diritti umani. Sotto la direzione di Giancarlo Bosetti, che
ha introdotto il convegno, Reset ha fondato nel 2013 l’Arab Media
Report, un osservatorio su tv, stampa e social network nei paesi arabi
e nei paesi a maggioranza musulmana per raggiungere una maggiore
consapevolezza di come essi stiano creando nuovi orizzonti culturali,
sociali e politici in Medio Oriente.
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La lezione dell'Expo |
La
scorsa settimana ho finalmente visitato l’Expo di Milano. La giornata
splendida ha mitigato la fatica delle file, e poi una manifestazione di
questa importanza non poteva essere del tutto ignorata. Scartata subito
l’ipotesi di affrontare i padiglioni più gettonati – in particolare,
Kazakistan e Giappone – ho concentrato gli sforzi su Italia e Israele.
E ce l’ho fatta. Il padiglione israeliano è tra quelli più aderenti
all’idea originaria di Expo, quella di “nutrire il pianeta”. Com’è
noto, molta parte di quell’intuizione è andata perduta nel corso degli
anni, vuoi per via della malagestione, vuoi per via dei molti interessi
di segno inevitabilmente opposto. Si è passati dagli orti a una schiera
fitta di padiglioni in muratura, acciaio e vetro, la cui destinazione
finale è oggi al centro del dibattito pubblico.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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Storie - I nazisti e il rifugio Usa |
Si
sapeva che gli Stati Uniti nel dopoguerra reclutarono scienziati
nazisti per i loro progetti di ricerca scientifica e che durante la
guerra fredda Cia e Fbi in Europa orientale si servirono di SS e
ufficiali nazisti come spie antisovietiche, ma erano solo parzialmente
note le dimensioni di questo arruolamento che riguardò addirittura
migliaia di persone. A raccontare questa pagina vergognosa della storia
americana è il libro I nazisti della porta accanto. Come l’America divenne un porto sicuro per gli uomini di Hitler
(Bollati Boringhieri, pp. 350), di Eric Lichtblau, giornalista del New
York Times, già Premio Pulitzer, che ha potuto esaminare materiale
desecretato negli ultimi anni e rapporti d’intelligence riservati, che
gli hanno permesso di aggiungere nomi, storie e dettagli.
Mario Avagliano
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