
Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
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Che
generazione strana questa nostra: si citano versetti, parole, pensieri,
maestri, guide spirituali, nonni, nonne, antenati, presenze culturali e
spirituali a vario titolo. Si cita l’“autorità” per non esporsi, per
non incorrere in errore, per non prendere la responsabilità di un
pensiero proprio, per attaccare con più veemenza il pensiero altrui,
per poter illuminare di luce altrui ciò che non riusciamo ad illuminare
con luce nostra. Ci si cita addosso, tanto per citare un celebre saggio
irriverente dell’ebreo Allan Stewart Königsberg al secolo Woody Allen.
Eppure i maestri che stabilirono i giorni di Channukkah ci insegnano ad
impegnarsi in prima persona, a non cercare il rifugio dell’autorità, a
prendere decisioni anche scomode al di là delle belle luci che brillano
intorno a noi.
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
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Il
fatto che la Chiesa di Roma abbia indetto il giubileo della
misericordia (e non un giubileo e basta) mi sembra richieda una
riflessione sullo stato delle relazioni fra gruppi umani e fra comunità
religiose. Il punto nodale su cui è necessario ragionare mi sembra
questo: siamo sicuri che parlando di misericordia intendiamo tutti la
stessa cosa? Prendiamo in considerazione i linguaggi religiosi e
politici che caratterizzano per lo più il nostro ambiente: cristiani,
ebrei e musulmani, ma anche atei e non credenti (molti dei quali
provengono solo per nascita dalle componenti religiose, ma non vi si
riconoscono e non intendono ad esse ridursi). E poi il linguaggio della
politica e quello dello spettacolo (compreso lo sport).
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Un cammino complesso
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Forte
attenzione nei media internazionali (meno in quelli italiani) al nuovo
testo prodotto dalla commissione vaticana per i rapporti religiosi con
l’ebraismo in occasione del cinquantenario della dichiarazione Nostra
Aetate.
Molteplici i temi affrontati, come ricordavamo ieri anche sul nostro
notiziario quotidiano. Dall’impatto della dichiarazione conciliare allo
statuto teologico del dialogo ebraico-cattolico; dalla relazione tra
Antico e Nuovo Testamento al mandato evangelizzatore della Chiesa in
relazione all’ebraismo.
“Vatican Says Catholics Should Not Try to Convert Jews” titola il New
York Times, mettendo in rilievo uno degli aspetti più significativi.
Ampio spazio ai contenuti sull’Osservatore Romano, che pubblica le
relazioni presentate in conferenza stampa. E in particolare gli
interventi del cardinale Kurt Koch, del rabbino David Rosen e del
teologo Edward Kessler. “Insieme per la redenzione del mondo”, titola
il quotidiano della Santa Sede.
Il modo in cui i media UCEI hanno recepito il testo è raccontato da
Avvenire, anche in relazione al documento congiunto di 25 rabbini
modern orthodox che hanno parlato di nascita del Cristianesimo come
parte di un piano divino “affinché ebrei e cristiani possano lavorare
insieme per la redenzione del mondo”.
“Parole, queste – scrive Avvenire – accolte con freddezza da Moked, che
lo definisce ‘un documento estremamente divisivo, che scarsi consensi
sembra riscuotere all’interno degli ambienti ortodossi e che lascia
immaginare una rottura da parte di alcuni rabbini decisamente
aperturisti e modernisti'”.
Renzi: “Un premier non gioca a Risiko”.
L’atteggiamento dell’Italia nella lotta internazionale al terrorismo?
“Di serietà e buon senso” dice il primo ministro Matteo Renzi. Un
presidente del Consiglio, ha affermato il premier nel suo intervento al
Forum del Mediterraneo, “non gioca a Risiko per far contenti i
commentatori, ma chiede che ci sia una strategia di lungo periodo in
Iraq, Siria ed Africa”.
Del resto, scrive la Stampa, “le immagini dei nostri droni che partono
dal Kuwait, spiano le posizioni del califfato nel deserto indicando gli
obiettivi ai caccia alleati, sono la testimonianza del ruolo italiano
in quei territori”.
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dialogo - il presidente dei rabbini italiani
"La lettera dei rav modernisti distoglie dai veri obiettivi"
“Comprendo
lo spirito con cui è stato scritto, ma le definizioni di carattere
teologico rischiano di far danno. È più utile concentrarsi su ambiti in
cui la collaborazione tra ebrei e cattolici può trasformarsi in
qualcosa di concreto”. Non prevede grandi spaccature all’interno del
rabbinato, anche perché “tanti nomi autorevoli” figurano tra i
firmatari. Resta comunque l’impressione che tali iniziative non aiutino
a raggiungere i “veri obiettivi”. E cioè, tra i vari esempi, azione
comune sul fronte della giustizia, del sociale e dell’ambiente. Così
rav Giuseppe Momigliano (nell’immagine), presidente dell’Assemblea dei
Rabbini d’Italia, nel riferire a Pagine Ebraiche le proprie impressioni
in merito al documento congiunto firmato diversi esponenti del
rabbinato internazionale appartenenti alla corrente modern orthodox in
cui si interpreta la nascita del Cristianesimo come parte di un piano
divino “affinché ebrei e cristiani possano lavorare insieme per la
redenzione del mondo”.
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malumori sul nome di dayan Brasilia e l'ambasciatore sgradito Quali alternative per Israele
Il
problema sicurezza in Cisgiordania continua ad essere in cima
all’agenda delle autorità israeliane. Nelle scorse ore, nei pressi di
Hebron, un motociclista palestinese ha lanciato il suo veicolo contro
un gruppo di soldati cercando di investirli. Non vi sono stati feriti
mentre l’attentatore è stato ucciso. Poco prima, nelle vicinanze del
valico di Gilboa (a nord del confine tra Israele e Cisgiordania) un
uomo ha aperto il fuoco contro un checkpoint israeliano: i soldati
hanno risposto all’attacco e, secondo le ricostruzioni, l’attentatore è
fuggito a bordo di una macchina dirigendosi verso la zona controllata
dall’Autorità nazionale palestinese. E mentre la violenza non sembra
volersi fermale, nell’agenda di Gerusalemme trova posto un altro
problema, questa volta diplomatico: dal Brasile – considerato un
mercato potenzialmente strategico per Israele – non è arrivato l’ok per
l’accreditamento di Dani Dayan, l’uomo scelto dal Premier Benjamin
Netanyahu per guidare l’ambasciata a Brasilia. La scelta di Netanyahu
era stata ufficializzata in estate ma da allora la presidente
brasiliana Dima Rousseff non ha dato risposte a Gerusalemme.
E mentre la violenza non sembra volersi fermale, nell'agenda di
Gerusalemme trova posto un altro problema, questa volta diplomatico:
dal Brasile - considerato un mercato potenzialmente strategico per
Israele - non è arrivato l'ok per l'accreditamento di Dani Dayan
(nell'immagine), l'uomo scelto dal Premier Benjamin Netanyahu per
guidare l'ambasciata a Brasilia. La scelta di Netanyahu era stata
ufficializzata in estate ma da allora la presidente brasiliana Dima
Rousseff non ha dato risposte.
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L'INIZIATIVA DEL ROMA CLUB GERUSALEMME Israele, lo sport che unisce
Arabi
ed ebrei, insieme nel nome dei valori più autentici dello sport. Una
sfida rilanciata in queste ore dal Roma Club di Gerusalemme, che per la
giornata di domenica e nel quadro del progetto sociale Kinder + Sport,
ha organizzato un torneo di calcio a 16 squadre che vuole parlare,
ancora una volta, la lingua del dialogo. “L’educazione e la formazione
dei giovani sono un nostro obiettivo da sempre. Ben prima dei risultati
sul campo, vengono infatti valori irrinunciabili quali amicizia,
fiducia, reciproca comprensione. Valori cui non intendiamo rinunciare”
spiega a Pagine Ebraiche il vicepresidente del club Samuele Giannetti.
In programma a Tel Aviv con il sostegno dell’ambasciata italiana in
Israele, il torneo si prefigge così di portare un “piccolo ma
significativo contributo” all’allentamento dei conflitti che
attraversano la regione. “L’integrazione è un obiettivo possibile, sia
per i giovani che per gli adulti. Mai perdere la speranza”, sottolinea
Giannetti.
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Miracoli |
Da
più di duemila anni facciamo festa perché un piccolo avanzo è durato
inaspettatamente otto giorni. Detto in questo modo potrebbe contribuire
ad alimentare qualche vecchio pregiudizio sugli ebrei, e in effetti, in
apparenza, non sembra particolarmente rilevante che quasi ventidue
secoli fa si sia potuta anticipare di una settimana l’accensione di una
luce in un santuario che non esiste più da quasi venti secoli. Volendo
dare una spiegazione storica si potrebbe dire che i Maestri che hanno
istituito la festa abbiano voluto a tutti i costi cercare un pretesto
per far passare in secondo piano la vittoria militare dei Maccabei. E
se così fosse potrebbe essere un insegnamento importante: la vittoria
militare non può essere di per sé un motivo per far festa; dovrebbe
essere un mezzo, non un fine. E forse è anche importante ricordare che
la storia ebraica, per la maggior parte del tempo, non va avanti a
forza di eventi clamorosi e spettacolari, ma di piccoli miracoli
quotidiani e in apparenza poco significativi la cui importanza
diventerà evidente solo con il tempo.
Anna Segre, insegnante Leggi
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Impuniti
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"Erano
oltre un centinaio a circolare nella terra dei sogni irrealizzati, in
quel fittizio Adriatisches Küstenland, mentre sulla lista pubblicata
dai giornali di nomi ce ne sono sì e no una quindicina. E dove sono i
soldati semplici? Dov’è la polizia tedesca? Dove sono gli ucraini? Dove
sono i cosacchi? E dove sono le donne, o i familiari che li raggiunsero
per le vacanze estive sulla costa adriatica o quelle invernali dal 1943
al 1945? E dove sono gli italiani al servizio del Reich? E dove sono i
civili, gli osservatori silenziosi e tutti gli invisibili che
parteciparono alla guerra? […] L’elenco potrebbe essere infinito.
L’Elenco è, a tutti gli effetti, infinito”. Questi interrogativi sono
estrapolati dal romanzo di Daša Drndić, Sonnenschein (Bompiani, 2015).
Opera che ho letto in ritardo nei tempi e per puro caso, poiché
generalmente attuo una rigida selezione su tutto ciò che concerne la
Shoah in ambito narrativo e cinematografico, sia perché si tratta di un
argomento che inevitabilmente mi tormenta e mi porta a maledire la
storia, sia perché escluse le testimonianze dirette dei sopravvissuti
quello che ultimamente viene prodotto perde spesso di spessore e
finisce per banalizzare il periodo.
Francesco Moises Bassano, studente Leggi
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