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18 dicembre 2015 - 6 Tevet 5776
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
Esiste nell’ebraismo il dovere di הכרת הטוב di riconoscere il bene, di ringraziare e rispettare coloro che lo compiono. La sofferenza, il dolore, le difficoltà collettive del nostro popolo e le nostre personali non devono mai offuscare la nostra capacità di vedere il bene, di riconoscerlo, di renderlo più forte di ogni buio e di ogni tentativo che il male compie per affermarsi. Questa che vi racconto è una storia di bene e di persone che lo hanno compiuto. Martedì scorso, 15 dicembre, a Palermo si è tenuta una marcia per la pace alla presenza di pastori e guide di ogni fede; dal rabbino che scrive a svariati imam, ed alla presenza del sindaco di Palermo e di molti suoi collaboratori che cercano di costruire la pace. Nel cammino di questa marcia sono state dette molte e significative parole di pace, ma sono state ascoltate anche parole faziose che parlavano di guerra, dell’ultima guerra di Gaza; parole pronunciate da un imam confuso tra l’impegno personale in nome della pace e l’uso della platea pubblica che Palermo, inconsapevolmente, gli stava offrendo.
 
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
In Burundi, un piccolo paese del centro Africa grande come la Lombardia, si è più che vicini alla riapertura di una guerra civile che è nel contempo tribale e politica fra Hutu e Tutsi. Si tratta di un’area dove non c’è petrolio e dove non ci sono neppure i tagliagole fondamentalisti dell’Isis. Di religione sono per la gran parte cristiani (anche se c’è l’ipotesi che i Tutsi derivino dagli ebrei di Etiopia, di cui conserverebbero molte delle ritualità, in particolare la festività di Sukkot). Non ne so molto, e fra i lettori di questa rubrica forse se ne sa ancora meno. Non ci commuoviamo e non ne sappiamo quasi nulla. Ma fra Ruanda e Burundi fra l’inizio degli anni ’60 e il 1994 si sono consumati tre genocidi, con il massacro di uomini e donne che ci parla di centinaia di migliaia morti alla volta. Il mondo si è accorto solo dell’ultimo massacro in Rwanda, e nei Giardini dei Giusti sono stati piantati alberi per ragionare su quello sterminio. Ma la memoria è cortissima, e dopo vent’anni il mondo si prepara ad assistere non dico senza reazione militare (ché ci sono voluti 4 anni solo per intervenire in Siria…), ma neppure con un sussulto morale.
 
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Odio sulla rete,
interviene la Procura
Manager, intellettuali, professori universitari, giornalisti, cantanti e attori. Ebrei o colpevoli di vicinanza al mondo ebraico e Israele. La delirante lista stilata dal sito Radio Islam, giacente sul web da molti anni, riceve in queste ore le attenzioni della Procura di Roma.
Ieri infatti è stato aperto un fascicolo e tra i reati ipotizzati, per il momento contro ignoti, vi sono minaccia e diffamazione, con l’aggravante dell’odio razziale.
Numerose le reazioni all’inquietante iniziativa. Dai vertici della Federazione Nazionale della Stampa Italiana alla presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello. Sorprende però che venga presentata come una novità assoluta da molti quotidiani, trattandosi di un elenco con informazioni e profili estremamente datati.

Colosseo bloccato, per gli urtisti ipotesi di reato. Accesso al Colosseo bloccato per trenta minuti, alcune transenne divelte. Quindi l’intervento delle Forze dell’ordine, che hanno ripristinato la normalità.
La clamorosa iniziativa degli urtisti, gli storici venditori di ricordi (alcuni dei quali appartenenti al mondo ebraico romano), ritrovatisi ieri in gran numero per protestare contro l’allontanamento dall’area, è raccontata in toni fortemente critici dai quotidiani.
“Dopo lo spettro del terrorismo – si legge sul Messaggero – le minacce degli ambulanti. Non c’è pace per il Colosseo. È il leitmotiv della mattinata di follia, ieri, all’Anfiteatro Flavio, quando un centinaio di urtisti (e, a detta della Soprintendenza, centurioni in borghese) hanno preso d’assalto gli ingressi al monumento, tenendolo ‘sotto sequestro’ mezz’ora”.
“Illegale. Indecente. Indifendibile. Indegno di una qualsiasi Capitale europea. Potremmo continuare di questo passo e divertirci per allungare l’elenco degli aggettivi e delle definizioni adatte a ciò che è accaduto al Colosseo” scrive Paolo Conti in un editoriale sul sito del Corriere.
“Stiamo valutando l’ipotesi di interruzione di pubblico servizio” afferma intanto la direttrice Rossella Rea.
 
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  davar
PAGINE EBRAICHE GENNAIO 2016
Dialogo, i segnali da cogliere
Come interpretare le nuove testimonianze di amicizia pervenute dalla Chiesa cattolica? E come collocarle all’interno di un percorso dialogico che sembra imprimere una svolta significativa alle relazioni tra ebrei e cristiani?
Ampio approfondimento sul tema sul numero di gennaio di Pagine Ebraiche in distribuzione, che ospita tra gli altri un’intervista al presidente dei rabbini italiani Giuseppe Momigliano, un intervento del direttore dell’Osservatore Romano Giovanni Maria Vian e alcune considerazioni del direttore dell’emittente televisiva cattolica Tv2000 Lucio Brunelli.
Dal documento sul dialogo recentemente emesso dalla commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo della Santa Sede alla prossima visita di Bergoglio nella sinagoga di Roma, terzo papa nella storia a varcare quella soglia. Molteplici sono gli spunti e gli argomenti che sono trattati e che costituiscono vivo argomento di riflessione tra i consiglieri della massima assise dell’ebraismo italiano.
Come il legame di stretta parentela tra ebraismo e cristianesimo affermato dai firmatari del documento vaticano. O ancora, il fatto che la Chiesa debba comprendere l’evangelizzazione rivolta agli ebrei in maniera diversa “rispetto a quella diretta a coloro che appartengono ad altre religioni o hanno altre visioni del mondo”. Non ultimo, nella direzione opposta, un controverso documento firmato da diversi esponenti del rabbinato internazionale appartenenti alla corrente modern orthodox in cui si interpreta la nascita del Cristianesimo come parte di un piano divino per la comune redenzione del mondo.
A proposito del documento vaticano Lisa Billig, rappresentante dell’American Jewish Committee in Italia e presso la Santa Sede, su Vatican Insider-La Stampa sostiene che il principio esplicitato secondo cui “il riconoscimento che la Torah è per gli ebrei ciò che Cristo è per i cristiani” segna un ulteriore svolta nei rapporti. “Per l’interlocutore di fede ebraica, ancora segnato dal ricordo, nei secoli di storia della Chiesa, di conversioni forzate e dell’insegnamento del disprezzo’ (per usare la terminologia di Jules Isaac), queste sono probabilmente le dichiarazioni più significative, che aprono la strada ad una nuova fiducia e all’apertura al dialogo in corso tra le due fedi ‘fraterne’. Allo stesso tempo – aggiunge – queste stesse affermazioni avvolte nelle contraddizioni del ‘mistero divino’ aiutano a comprendere la riluttanza della Commissione a proclamarlo documento ufficiale del Magistero”. Leggi
ACCOLTA l'istanza della redazione ucei
Giornalisti, formazione continua
L'Ordine riconosce l'Unione

L’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane ha ottenuto il riconoscimento come ente formatore per i giornalisti professionisti italiani vincolati all’obbligo dell’aggiornamento professionale permanente. L’annuncio dell’accoglimento dell’istanza presentata dalla redazione giornalistica dell’Unione e dell’accredito congiunto da parte dell’Ordine nazionale dei giornalisti e del ministero per le Attività produttive, pervenuto nelle scorse ore, è stato diffuso a conclusione dei lavori del Consiglio nazionale dell’Ordine che si sono tenuti in Roma e che hanno fra l’altro intrapreso l’esame degli interventi mirati al riordino delle diverse norme della deontologia professionale.
L’Ordine professionale cui sono obbligatoriamente iscritti i giornalisti professionisti italiani (i giornalisti che hanno superato l’esame di Stato di abilitazione professionale e che hanno ottenuto il mitico tesserino rosso) e che esercita la vigilanza e la disciplina sull’esercizio della professione giornalistica, ha intrapreso negli scorsi mesi il processo di formazione professionale permanente dell’intera categoria, assoggettando tutti i giornalisti italiani all’obbligo di frequenza di corsi di formazione e di aggiornamento al fine di maturare i crediti necessari al raggiungimento per ogni triennio di esercizio professionale del quoziente richiesto. L’UCEI entra così, assieme a numerosi, prestigiosi enti e atenei italiani, nella rosa degli enti ammessi a organizzare e progettare autonomamente tali attività di formazione.
I corsi di formazione dedicati a materie di etica dell’informazione e della comunicazione, orizzonte su cui la redazione giornalistica dell’Unione ha già maturato una lunga esperienza attraverso l’organizzazione di seminari e incontri di formazione, ricevono la valutazione massima dell’Ordine nei criteri di assegnazione dei crediti.
I corsi si svolgono durante tutto l’anno e in tutte le regioni italiane, in modo da offrire ai giornalisti un’ampia facoltà di scelta e la possibilità di combinare la formazione con la propria vita professionale.
“Si tratta – commenta il direttore della redazione giornalistica dell’Unione, Guido Vitale, in un messaggio di congratulazioni rivolto ai colleghi giornalisti che hanno lavorato in questi mesi per ottenere l’accredito – non solo di un riconoscimento che costituisce una grande soddisfazione professionale, ma soprattutto di un’occasione importante per l’intero ebraismo italiano. Formare i giornalisti, metterli in condizione di comprendere meglio e di raccontare correttamente la complessità della società in cui viviamo e di questo elemento essenziale e profondamente radicato nell’identità nazionale che è l’ebraismo italiano, costituisce il migliore investimento per prevenire le storture quotidianamente prodotte dal sistema dell’informazione ai danni di una corretta percezione di Israele, della presenza e dell’identità ebraica, e più in generale di tutte le culture e le realtà sociali di minoranza. Il patrimonio ebraico di regole, di valori, di conoscenze e di esperienze ha molto da dire sul piano dell’etica dell’informazione; ma anche la corretta conoscenza della Storia, una stimolante e viva concezione della Memoria della Shoah, un’equilibrata analisi della realtà di Israele e del conflitto mediorientale, delle storture messe in rete dagli irresponsabili che speculano sulla demenza digitale dilagante, sono elementi su cui le istituzioni dell’ebraismo italiano devono impegnarsi per offrire maggiori elementi di cultura, di conoscenza e di giudizio. Per questo – conclude il messaggio – le difficoltà superate nel raggiungere questo importante traguardo non devono distoglierci dall’obbiettivo di mettere al lavoro, nel rispetto delle opinioni e delle autonomie di tutti, le diverse realtà dell’ebraismo italiano al fine di entrare in questo processo di formazione con un messaggio efficace e positivo. Il rabbinato italiano e le altre realtà professionali che operano nei diversi segmenti potranno offrire in questo quadro un contributo determinante per la riuscita del progetto”.
LA NOTA DEL PRESIDENTE UCEI
"Liste di odio antiebraico in rete

un pericolo per l'intera società"
 "
Il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha commentato:
"Le liste di proscrizione rimandano a un periodo non così lontano in cui essere indicati come ebrei significava l'allontanamento dal mondo della scuola e del lavoro.
Per questo è importante il passo compiuto ieri dalla Procura di Roma, che ha aperto un fascicolo d'inchiesta sui delinquenti che da molti anni impunemente seminano odio e pregiudizio antiebraico su un delirante sito web denominato Radio Islam. Si tratta di schede che contengono informazioni insensate, sconclusionate, inesatte e diffamatorie, ma la loro stessa esistenza sulla rete costituisce una violazione dei diritti fondamentali e un pericolo per l'intera società".
QUI ROMA - MINORANZE
Valdesi, trenta anni di Intesa
“Il superamento delle discriminazioni ma allo stesso tempo la possibilità delle religioni di portare la loro testimonianza in un mondo globalizzato”. Questa la sfida più significativa oggi per le minoranze religiose in Italia, a trent’anni dalla firma dell’Intesa tra lo Stato italiano e la Chiesa valdese, secondo Valdo Spini, docente universitario, ex ministro e direttore della rivista dei Quaderni del Circolo Rosselli, di cui è stato presentato a Roma, all’Istituto dell’Enciclopedia Italiana, il numero speciale per celebrare l’anniversario. Quella stipulata dalla Chiesa valdese fu la prima Intesa del genere – come ha sottolineato Spini che fu uno dei protagonisti delle battaglie politiche che portarono alla sua stipula – e a essa ne poterono seguire altre tra cui quella con l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (siglata nel 1989). Il Quaderno (intitolato Fede e istituzioni. A trent’anni dall’Intesa tra lo Stato italiano e la Chiesa Valdese, Pacini editore), curato da Francesca Cadeddu, ne ripercorre dunque la storia e ne analizza gli aspetti politici, giuridici e istituzionali ma allo stesso tempo affronta i temi della coscienza civile, etica e religiosa nella società italiana. A presentarlo, dopo un saluto del vicepresidente dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Mario Romano Negri, il moderatore della Tavola Valdese Eugenio Bernardini, il professor Francesco Margiotta Broglio, conosciuto come uno dei massimi esperti dei complessi rapporti fra lo Stato e le religioni, e il giurista ed ex presidente della Corte costituzionale Cesare Mirabelli.
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qui trieste
Memoria, un laboratorio vivo
Iniziato con le lezioni di due autorevoli studiosi come i professori Giacomo Todeschini e Giovanni Miccoli, proseguito con la presentazione di Roberto Spazzali e con gli interventi di Tullia Catalan, Tristano Matta e Davide Casali che hanno trattato ognuno un argomento specifico, il corso “Prima, durante e dopo la Shoah: un percorso di didattica della storia” – organizzato dal Museo della Comunità Ebraica di Trieste Carlo e Vera Wagner in collaborazione con l’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione nel Friuli Venezia Giulia – si è concluso con due importanti laboratori, che hanno coinvolto in modo attivo i partecipanti.

Paola Pini
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pilpul
Ricordiamo
La storia è una madre scarmigliata, sbigottita. Ha perduto i gioielli che una volta l’ornavano. “Testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra di vita, messaggera dell’antichità”, chi la loderebbe ancora con le parole di Cicerone? E chi ormai la corteggia, questa ‘magistra’ infelice, che non hai mai saputo educare i propri figli? Il mondo digitale fluisce, riluce, svanisce. Non è la durata della storia, che ci interessa, ma quella breve dell’evento. Chi sa ricaricarla, la batteria del passato, come si fa a riaccenderla e a quale scopo? La tradizione rabbinica, che di memoria si nutre, può forse aiutarci a distinguere l’essenziale. “Ricordati cosa ti fece Amalec”, recita il Deuteronomio (25. 17). Questo ‘ricorda’, che costituisce uno dei 248 precetti positivi, è da osservarsi in ogni luogo e in ogni tempo. Poco importa che del popolo degli amaleciti si sia persa la cognizione esatta.

Giulio Busi, Freie Universitaet Berlin
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Identità stagionale
Nelle scorse settimane molti politici e opinionisti si sono lanciati in rumorose crociate per difendere il presepe o i canti di Natale nelle scuole pubbliche, rivendicando a gran voce il peso della tradizione cristiana nella cultura italiana. Persino qualche voce ebraica mi è parsa dar loro ragione. Nessuno, però, sembra essersi chiesto cosa succede nel resto dell’anno. E, diciamoci la verità, la risposta a questa domanda – se confrontata con la passione dedicata in questi giorni a questioni tutto sommato secondarie – appare piuttosto sconcertante. Nello studio della letteratura latina difficilmente si arriva agli autori cristiani, che pure sarebbero previsti dai programmi scolastici; le citazioni bibliche nei testi letterari non sempre vengono messe in evidenza dai libri di testo, e persino autori come Dante e Manzoni vengono talvolta letti in chiave forzatamente laica. Non mi risulta che qualcuno abbia avuto da ridire per questo, o abbia sollevato polemiche. Sembra, dunque, che per qualcuno la vera esigenza non sia approfondire sul serio la conoscenza della tradizione cristiana, ma solo brandire qualche elemento esteriore del cristianesimo come una bandiera per marcare le differenze e far sentire gli ‘altri’ fuori posto. E visto che tra gli ‘altri’ ci siamo anche noi, forse vale la pena spendere ogni tanto due parole – parole di italiani che considerano Dante e Manzoni parte del proprio bagaglio culturale – per far notare quanto certe polemiche stagionali siano, a ben vedere, del tutto pretestuose.

Anna Segre, insegnante
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Radio Islam 
“Radio Islam è contro tutti i tipi e forme di razzismo, perciò è contro il razzismo ebraico verso i non-ebrei e gli obiettivi del sionismo internazionale”; sicuramente neanche Aristotele, padre dei sillogismi, poteva arrivare a conclusioni logiche così ardite. Ma Ahmed Rami, il fondatore di Radio Islam, “dissidente” marocchino, negazionista della Shoah e grande amico di Robert Faurisson, è riuscito finalmente a dimostrare come l’antisemitismo non sia sinonimo di odio e violenza. Chiunque potrebbe finire facilmente nella trappola, e ingannarsi che questo portale – da pochi giorni sotto accusa ed inserito in un fascicolo della procura di Roma – non sia nient’altro che un sito religioso creato per la comprensione o la diffusione della religione musulmana.

Francesco Moises Bassano, studente
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