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Paolo Sciunnach,
insegnante
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E
per l’arca farai un coperchio di oro puro, la sua lunghezza sarà di due
Ammot e mezza e la sua larghezza sarà di una Ammah e mezza. E farai due
Cherubini di oro, li dovrai fare ricavandoli direttamente dal blocco di
oro del coperchio tramite una lavorazione con martello, li porrai alle
due estremità del coperchio. Farai un Cherubino da una estremità e
un’altro Cherubino dall’altra estremità, realizzerete entrambi i
Cherubini alle sue due estremità dal medesimo blocco di oro puro del
coperchio. E i Cherubini saranno con le ali dispiegate verso l’alto,
coprendo e proteggendo il coperchio con le loro ali, e li loro volti
saranno diretti l’uno verso l’altro anche se nello stesso tempo i visi
dei Cherubini saranno inclinati verso il coperchio. E collocherai il
coperchio al di sopra dell’Arca, ma prima dentro l’Arca avrai messo la
Testimonianza che io ti darò, cioè la Torah. E quando io vorrò fissare
una udienza con te nel Mishkan, questa avverrà la, e parlerò con te da
sopra al coperchio in mezzo ai due Cherubini che sono sopra il
coperchio dell’Arca della Testimonianza, tutto ciò che ti dico la è ciò
che io ti ordino di dire ai figli di Israele (Esodo 25, 17 – 22).
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Anna
Foa,
storica
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Un
utente di Facebook, un turco residente in Austria, ha postato sotto una
foto di Hitler una sua presunta affermazione che diceva: “Avrei potuto
sterminare tutti gli ebrei del mondo, ne ho lasciati in vita alcuni
perche sapessero perchè li ho uccisi”. Accusato di propaganda
antisemita, si è difeso sostenendo di averlo fatto contro la politica
di Israele a Gaza. Un giudice di Linz lo ha assolto perchè ha rinvenuto
nel post una manifestazione di antisionismo ma non di antisemitismo.
Dal 1967 in poi la sovrapposizione tra “sionista” ed “ebreo” ha fatto
scorrere fiumi d’inchiostro sia fra gli ebrei che tra gli antisionisti.
Nel momento in cui la Shoah viene attribuita all’odio verso il
sionismo, si torna semplicemente a fare dell’antisemitismo puro. Sia da
parte dell’autore del post, naturalmente, sia da quella del giudice di
Linz. Il che è ancora più grave.
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"Vogliamo la verità"
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“Vogliamo
sapere quello che è accaduto e conoscere i responsabili in tempi
brevi”. Così il governo italiano alle autorità egiziane, da cui si
attende una risposta sul barbaro assassinio di Giulio Regeni
(Repubblica). Si apprende intanto che l’università di Cambridge chiese
allo stesso di intensificare le ricerche all’interno del sindacato. Era
dicembre. “E Regeni – scrive il Corriere – finì vittima di interessi
che andavo oltre i semplici approfondimenti della realtà egiziana. Per
questo bisogna adesso scoprire chi ha ricevuto i suoi report,
soprattutto l’uso che ne è stato fatto”.
La diga di Mosul, dove presto interverranno ingegneri e tecnici
italiani, è a rischio crollo. Ad evidenziarlo è un nuovo studio
americano, che delinea scenari altamente drammatici: “Se dovesse
crollare, un’onda alta oltre 55 metri sconvolgerebbe il bacino del
Tigri. Mosul sarebbe investita meno di quattro ore dopo. Poi sarebbero
inondate le città e i centri urbani verso Sud. Bagdad sarebbe raggiunta
due giorni dopo. Mezzo milione di persone potrebbero perdere la vita”
(Corriere).
“Sono tutti laureati, studiano musica, seguono i mercati finanziari e
programmano software. Hanno respirato l’ebraismo sin da bambini,
orgogliosi della tradizione italiana, ma vanno a studiare anche in
Israele, nelle yeshivot (Istituti religiosi ebraici), dove apprendono
l’approfondimento. È la generazione under 40 di giovani rabbini
italiani. E ha il compito di dare continuità a duemila anni di
tradizione rabbinica”. Una tradizione in cui, spiega il rabbino capo di
Roma Riccardo Di Segni a La Stampa,” c’è uno stile di bellezza,
passione linguistica e filologica, grande apertura alle scienze”. A
parlarne sono anche rav Jacov Di Segni, rav Roberto Di Veroli, rav
Ariel Di Porto e Paolo Sciunnach.
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MELAMED - i lavori dell'ihra a lucerna Le buone pratiche della Memoria
“Non
ha senso fare ricerca senza lavorare sulla formazione e soprattutto
sull’educazione, è ben chiaro a tutti noi, ed è proprio per questo che
abbiamo voluto aprire l’anno di presidenza svizzera dell’International
Holocaust Remembrance Alliance con la presentazione dei risultati
dell’Education Research Project dell’IHRA”. Con queste parole,
pronunciate da Monique Eckmann, professore onorario della Haute ècole
de travail social di Ginevra, specializzata in trasmissione della
storia e della memoria della Shoah e responsabile del progetto, si sono
aperti i lavori di una conferenza internazionale che raccoglie studiosi
da tutto il mondo, riunitisi nella sede della Padagogische Hochschule
di Lucerna, il centro di pedagogia e didattica che si occupa della
formazione degli insegnanti, che organizza la due giorni insieme
all’IHRA, e con il sostegno del Dipartimento Federale degli Affari
Esteri della Confederazione Svizzera. Coinvolta nei lavori anche la
redazione giornalistica dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
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QUI PARIGI - LA NOMINA DI AUDREY AZOULAY Hollande, la nuova ministra
parla la lingua del dialogo
Fino
a qualche giorno fa non aveva un profilo Twitter e nessuna voce su
Wikipedia. È entrata a sorpresa nella scena politica francese, Audrey
Azoulay, nominata dal presidente Francois Hollande nuovo ministro della
Cultura e della Comunicazione. Classe 1972, il ministro appena
insediatosi è figlia di André Azoulay, economista e uomo politico di
primo piano del Marocco, oltre che noto esponente della locale comunità
ebraica, già consigliere dei sovrani Hassan II e Mouhammed VI.
Attualmente attivo nella Fondazione Anna Lindh, impegnata per favorire
il dialogo tra le culture del Mediterraneo, suo padre ha avuto un ruolo
chiave nell’integrazione fra ebrei e musulmani e si è impegnato in
prima linea per la risoluzione del conflitto israelo-palestinese. Con
la moglie scrittrice Katia Brami – la madre di Audrey – ha inoltre
investito nella valorizzazione della sua città d’origine, Essaouira
(chiamata Mogador fino alla fine del protettorato francese), ponendo
l’accento sull’eredità araba ed ebraica. Leggi
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QUI FIRENZE
Sergio Levi, un lascito vivo
Negli
scorsi giorni la dirigenza dell’Ospedale Pediatrco Universitario Meyer
di Firenze ha voluto rendere omaggio alla memoria di Sergio Levi,
pediatra, considerato uno dei padri della Neuropsichiatria Infantile in
Italia, dedicandogli un convegno nel quale è stato presentato il libro
Una vita sospesa, scritto dal figlio Giulio Levi, a sua volta medico e
neuroscienziato, per ricordarne le vicissitudini, in particolare quelle
vissute in un periodo storico drammatico per molti ebrei.
Giulio Levi, nato nel 1937, è stato testimone diretto delle vicende
paterne, a partire da quando questi, giovane medico ventottenne presso
l’ospedalino Meyer, (detto così in quanto ospedale dei bambini)
ricevette la lettera di sospensione dal servizio il 13 ottobre 1938,
firmata dal rettore dell’Università di Firenze Arrigo Serpieri, solerte
e puntiglioso nell’applicare le reggi razziste. A Firenze le facoltà
più colpite da sospensioni e decadenze dei docenti furono quelle di
Lettere e Medicina. In quest’ultima non vi erano professori ordinari,
ma furono circa 16 quelli allontanati: prevalentemente oculisti e
pediatri, come Nathan Cassuto, oculista morto in lager. Alessandro
Fiano, emigrato nel 1939 verso Ramat Gan. Umberto Franchetti, cui viene
tolta la libera docenza e si nasconde in casa dei contadini Ciuccoli,
poi riconosciuti Giusti, nelle campagne di Arezzo.
Bianca Bassi Leggi
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LIVELLI DI GUARDIA - DEMENZA DIGITALE Tagliagole in vista
Lo
sfogo scomposto di un tale che invoca il mio licenziamento con l’accusa
di aver consentito la pubblicazione dell’opinione di un collaboratore
esterno dove si offenderebbe, riportando parole di un suo rivale e di
sua moglie, la memoria dello statista israeliano Moshe Dayan, impazza
ora sui territori della demenza digitale.
Ogni incitazione al linciaggio necessita di pesanti semplificazioni. E
soprattutto impone di prendere in giro il pubblico. Le informazioni, i
concetti vengono distorti, storpiati a piacimento per dimostrare quello
che si vuole. Si punta su quelli che credono alle fandonie, che si
lasciano suggestionare. Si mettono a tacere quelli che vanno a
confrontare, a controllare.
E si evita così di dire che l’argomento in questione è stranoto da decenni a tutta l’opinione pubblica israeliana.
Si tace che quanto evocato in una libera opinione (che la redazione ha
il dovere di pubblicare, ma non ha mai condiviso né evidentemente ha
alcuna intenzione di condividere), è già apparso su molti autorevoli
giornali e addirittura libri. Altrimenti bisognerebbe chiedere il
licenziamento di alcuni fra i migliori giornalisti israeliani colpevoli
solo di aver fatto il proprio lavoro.
Quello che è a disposizione del lettore dei grandi quotidiani
israeliani e che la cosiddetta intellighenzia nostrana legge avidamente
a casa propria, va bene. Ma attenzione, che non finisca in mano ai
comuni cittadini. Al lettore italiano, stando a questi giustizieri
improvvisati, non deve assolutamente arrivare. Secondo la loro
delirante pretesa il lettore italiano dovrebbe essere trattato come un
minorato. Al lettore italiano deve bastare il manganello della
propaganda e del social network. Il resto è meglio metterlo a tacere.
Con le buone o con le cattive.
Conoscere, ragionare, confrontarsi serenamente con le opinioni altrui,
costruire mezzi di informazione liberi e autorevoli, non rientra nei
piani dei tagliagole.
La teoria secondo cui il lettore sarebbe un imbecille da tenere sotto
tutela ha fatto il suo tempo. È un trattamento che nessuno dei nostri
lettori merita.
Una nuova stampa ebraica sta qui per dimostrarlo.
Chi, con questi penosi tentativi di intimidazione, pretende il
contrario, prima ancora che un farabutto è qualcuno che offende
l’intelligenza degli ebrei italiani e dei loro amici. E nella grande
democrazia di Israele, prima ancora che chiamato a rispondere delle sue
malefatte, prima ancora che rimesso al proprio posto, sarebbe anche
coperto dal ridicolo.
gv
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Oltremare
- Libertà
Un
ex Primo Ministro in galera non è cosa da tutti i giorni. E abbiamo un
bel dire, fra israeliani, che è un bene, che la legge è davvero e senza
dubbio uguale per tutti, se perfino Olmert, ex ministro, ex sindaco di
Gerusalemme, ed ex primo ministro, adesso è un carcerato, uguale a
tutti gli altri carcerati e privato delle stesse libertà. Ora poi, che
gli abbiano dedicato una ala intera del carcere di Ramle, manco fosse
Magneto che può piegare le sbarre della cella con la sola forza del
pensiero, è in fondo logico. Lui e i suoi colleghi di crimine,
responsabili di uno dei più brutti e inutili ecomostri del Medio
Oriente, stanno bene lì, chiusi dentro e noi fuori, anche se questo
significa che noi l’ecomostro lo vediamo ogni volta che passiamo per
Gerusalemme e loro invece sono liberi almeno da quella visione. A
pensarci, un gran bel paradosso. Mentre loro passano un paio d’anni a
Ramle, noi restiamo fuori a rimirare l’orrenda altitudine delle cinque
torri già sbiadite e scrostate, collegate ai piani alti da una specie
di corona che fa sembrare il tutto un pezzo di nave spaziale di qualche
pianeta lontano, incagliato dopo una battaglia galattica di cui noi
umani non sappiamo nulla e neanche vogliamo troppo sapere.
Daniela Fubini, Tel Aviv
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