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6 marzo 2016 - 26 Adar 5776
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diritti civili - un dibattito che divide l'opinione pubblica

Matrimonio, la Chuppah non piace a tutti

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Perché in Israele, paese all'avanguardia sotto molti profili rispetto al riconoscimento dei diritti delle coppie, non esiste il matrimonio civile? È uno dei grandi interrogativi che attraversa la società israeliana. L'elefante nella stanza che in molti, soprattutto tra i banchi della Knesset, fanno finta di non vedere ma che prima poi dovrà essere affrontato. Soprattutto perché la maggioranza dell'opinione pubblica, il 70 per cento secondo un sondaggio di Haaretz e poco meno secondo uno commissionato dal canale Arutz 10, vorrebbe vedere istituito anche in Israele il matrimonio civile. E non tanto per celebrare in questo modo le proprie nozze (il 65 per cento degli intervistati da Arutz 10 dichiarava di voler comunque sposarsi con il rito ebraico) ma per avere una possibilità di scelta. Ma il tema è molto complesso: non si tratta (solo) di una questione dei diritti individuali ma siamo di fronte a una decisione che potrebbe segnare la stessa identità dello Stato ebraico, ammette l'ex giudice della Corte suprema israeliana Aharon Barak. E qui si gioca la partita, con la forte opposizione del mondo religioso contro il matrimonio civile – seppur in Israele molti dei diritti delle cosiddette coppie di fatto siano riconosciuti – visto come un fattore “che porterà alla distruzione del popolo ebraico”, almeno secondole considerazioni di alcuni esponenti del Rabbinato centrale di Israele.

Daniel Reichel

(nell'immagine, La Kuppà di Emanuele Luzzati)

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il mercato della difesa 2.0

Leader in cyber-sicurezza

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Lo scorso dicembre attacchi informatici su larga scala hanno colpito alcune centrali elettriche in Ucraina e alcune banche in Turchia, provocando in entrambi i casi gravi danni economici e, nel caso ucraino, forti disagi alla popolazione, rimasta a lungo senza elettricità nel cuore dell'inverno. Secondo esperti israeliani dietro agli attacchi vi potrebbero essere la Russia e l'Iran. A riguardo i media internazionali hanno sottolineato due aspetti: da un lato la crescita esponenziale delle aggressioni informatiche osservata negli ultimi anni, dall'altro il ruolo particolare di Israele, come bersaglio e nel contempo leader mondiale nello sviluppo di sistemi di difesa.

Aviram Levy, economista
 
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il caso sodastream

Bds, il danno ai palestinesi

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"A seguito di forti pressioni dai media e dai rivenditori nordeuropei, abbiamo deciso persino che i nostri prodotti per quei mercati portassero la dicitura ‘made in China’, la madre dei diritti umani”. Prima di fare l’amministratore delegato di Sodastream, Daniel Birnbaum era il capo della Nike in Israele. Un lavoro molto più semplice. Birnbaum sapeva che il suo nuovo incarico sarebbe stato più politico. Ma non avrebbe mai immaginato di dover chiudere la sua fabbrica principale e licenziare seicento palestinesi a seguito di una campagna di boicottaggio di Israele.


Giulio Meotti, Il Foglio, 2 marzo 2016

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la mostra del museo israele

I faraoni e Canaan

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"Nella Bibbia l’Egitto è una meta ambigua, un po’ come il suo nome Mitzraim - che in ebraico porta una desinenza duale. Luogo della schiavitù per antonomasia da cui uscire guidati dalla mano del Signore per trovare la libertà, ma ancor prima se stessi, l’Egitto è anche terra generosa dove non mancano mai le pentole piene di carne. Ed è soprattutto una destinazione ricorrente in un via vai storico e mentale che attraversa secoli di storia ebraica e non solo. Oggi giorno, ad esempio, la stele dello scriba Ramose dedicata alla dea Qadesh (circa 1300 a.C.) è partita dal Museo Egizio di Torino per approdare al Museo d’Israele a Gerusalemme. Sarà uno dei pezzi più importanti di una grande mostra che guarda all’Egitto antico in una prospettiva decisamente nuova. «Faraone e Canaan: la storia non detta» è il titolo di questa esposizione che racconta l’epoca del dominio egiziano in terra di Canaan: in altre parole, la Terra Promessa, quella cui approdano le tribù d’Israele dopo l’Esodo e quarant’anni di vagabondaggi nel deserto.

Lea Luzzatti, La Stampa, 3 marzo 2016
 
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la maratona nella capitale

Gerusalemme di corsa

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Gerusalemme prega, Tel Aviv si diverte. Venerdì 18 marzo il concetto più celebre (e reale) di Israele verrà ribaltato quando migliaia di appassionali podisti si daranno appuntamento alla sesta edizione della Jerusalem Winner Marathon. C'è chi si accontenterà di una sgambata da 5 km, chi si cimenterà con le più impegnative gare sui 10 km e mezza maratona e chi, infine, vorrà emulare Fidippide e percorrere i 42,195 km della maratona completa, magari a caccia di un record personale. La differenza. rispetto alle decine di altre manifestazioni di questo genere che si svolgono a ogni latitudine (ormai non c'è grande città che non organizzi una maratona), è che a Gerusalemme si corre accanto a tremila anni di storia, legati a tutte le religioni e letteralmente sfiorando alcuni dei luoghi più sacri del cristianesimo, dell'ebraismo, dell'lslam, qualsiasi sia la distanza prescelta. Nella maratona completa è a circa metà percorso che si entra nella Old City, il momento di maggior emozione.

Lorenzo Cazzaniga, Sport Week, 5 marzo 2016

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il mondo del pallone si affida all'ex real hierro per volare in alto

Calcio, modello spagnolo per la rivoluzione

img headerDopo aver passeggiato sulla più quotata Bosnia dei romanisti Pjanic e Dzeko (allora al Manchester City), i tifosi israeliani avevano cominciato a sperare. Forse quest'anno riusciamo a qualificarci alle fasi finali dell'Europeo di calcio! Ma quel 3 a 0 rifilato ai bosniaci davanti ai trentamila del Sammy Ofer Stadium di Haifa è stata un'agrodolce illusione. Israele prima per una sera nel girone e il sogno di squadra e tifosi di calcare per la prima volta il palcoscenico più importante per le nazionali europee. Ma in Francia, ad Euro 2016, la selezione bianco-azzurra non ci sarà. Di nuovo. Come è accaduto dal 1994 - anno in cui l'Israele del calcio ha iniziato a far parte dei tornei Uefa – in avanti. L'ultima e unica qualificazione ai Mondiali risale al 1970, quelli di Italia-Germania 4 a 3, quelli di Pelé che in finale sale in cielo e trafigge di testa il portiere azzurro Albertosi. Quasi mezzo secolo di digiuno dal grande calcio dunque per Israele che ora pensa a una rivoluzione o a una rifondazione. E le chiavi per questo cambiamento strutturale saranno affidate allo spagnolo Fernando Hierro, “El Mariscal”, il maresciallo, soprannome che in una terra di soldati e generali di certo non sfigura. A lui il ministro della Cultura e dello Sport Miri Regev vuole dare il compito di rilanciare il calcio israeliano. Un triennale da consulente, lautamente retribuito dicono i media locali, per portare il modello spagnolo a Tel Aviv, Haifa, Gerusalemme.

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