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25 marzo 2016 - 15 Adar II 5776
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
Perché se tu in questo momento taci, aiuto e liberazione sorgeranno per gli Ebrei da un altro luogo
כִּי אִם-הַחֲרֵשׁ תַּחֲרִישִׁי, בָּעֵת הַזֹּאת–רֶוַח וְהַצָּלָה יַעֲמוֹד לַיְּהוּדִים מִמָּקוֹם אַחֵר Ester, 4, 14.
Pungente e diretto questo avvertimento di Mordechai ad Ester: “Puoi scegliere se agire in nome della salvezza del tuo popolo o restare ferma nelle tua apparente e fragile sicurezza e non fare nulla: la salvezza giungerà da un altro luogo”.
 
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
Ho partecipato da volontario alle giornate di primavera organizzate dal FAI nello scorso fine settimana. A Conegliano Veneto avevano deciso di inserire fra i luoghi nascosti della cultura del territorio da far conoscere anche il vecchio cimitero ebraico (1545-1882) che si adagia su una bella collina di fronte al Castello della città, fuori dalle mura. Si tratta di uno dei pochi esempi di cimitero ebraico rurale che abbiamo ancora a disposizione in Italia.
 
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Una svolta nella sicurezza
"Se non vai dietro ai terroristi, i terroristi vengono dietro a te" dice Leo Gleser, un esperto di sicurezza israeliano al Foglio. "L’Europa soffre per colpa della politica debole e del suo amore per la liberté. I vostri politici non capiscono la situazione e ancora non vogliono accettare che dovete cambiare. Non sto dicendo che ci vuole una dittatura, ma prendiamo per esempio la questione del profiling: individuare persone sospette e sottoporle a un controllo, fermare persone a campione, fare domande, e farlo di nuovo e ancora se necessario. Compilare liste di sospetti. Il profiling è la base essenziale della sicurezza, ma in Europa è considerato un attentato alla libertà personale".

Se il lutto diventa propaganda. "Canaglie in piazza. E il lutto diventa propaganda anti-Israele" titola Libero nel raccontare l'iniziativa di alcuni passanti che, a Bruxelles, hanno oltraggiato il memoriale spontaneo realizzato nel cuore della città. "Proprio di fronte alla Borsa, nella stessa piazza, esattamente lì dove sono stati posati i fiori e le candele - si legge - hanno fatto allegramente irruzione due sorridenti giovani dall'aspetto mediorientale. In mano avevano una bandiera palestinese che si erano procurati prelevandola tra le altre che sventolavano sotto il colonnato del palazzo della Borsa. Hanno calpestato le scritte di pace e hanno raggiunto un punto esatto dove giaceva, stesa tra le altre, la bandiera israeliana. Ci sono saliti sopra e si sono fatti fotografare mentre sventolavano la loro palestinese con aria strafottente".

Il terrorismo e la responsabilità dei media. Titoli ad effetto e considerazioni piuttosto azzardate caratterizzano una parte significativa della produzione editoriale odierna, ridotta ai minimi termini per via dello sciopero nazionale dei poligrafici. "Allah e Occidente sono inconciliabili" titola la redazione del Giornale. Un nuovo pessimo esempio di informazione a due giorni dall'inqualificabile "Cacciamo l'Islam da casa nostra" che appariva in testa a una riflessione del direttore Sallusti.
 
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  davar
qui bruxelles - le voci della comunità ebraica 
"Le strade deserte sono un errore
ma la sicurezza deve cambiare"

“Qualche mese un soldato che faceva la guardia davanti alla nostra sinagoga mi ha detto che i loro fucili non avevano proiettili. Era tutta scena. Ma vi sembra normale?”. A parlare è rav Menachem Hadad, rabbino della comunità Shomre Hadas Haredi di Bruxelles, che in un'intervista alla radio dell'esercito israeliano non risparmia critiche alle forze di sicurezza belghe. Critiche che arrivano dopo il grave doppio attentato compiuto da terroristi islamici nella capitale belga martedì scorso. La preoccupazione del rav, condivisa da altre voci della comunità ebraica, è che la stretta sulla sicurezza duri solo poche settimane e poi “si tornerà alla stessa situazione di prima”. La sicurezza belga e le forze di intelligence del Paese sono state investite in queste ore di pesanti critiche da parte dei media e lo stesso Primo ministro belga ha ammesso alcune responsabilità. D'altra parte il rav ha sottolineato che il peggior segnale che si possa dare in questo momento è lasciare “le strade vuote. Farsi prendere dal panico”.
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L'ANNIVERSARIo e le testimonianze ebraiche
Venezia e i 500 anni del Ghetto
La Reuters racconta l'attesa

Cresce l’attesa per l’avvio delle iniziative per il Cinquecentenario del Ghetto di Venezia, che si apriranno martedì prossimo al teatro la Fenice con l’esecuzione, da parte dell’orchestra diretta da Omer Meir Wellber, della Sinfonia n.1 in re maggiore Titano di Gustav Mahler e con una prolusione dello storico Simon Schama, che inquadrerà l’esperienza del Ghetto nelle sue diverse dimensioni.
Quale il significato di questo anniversario? Quali le sfide di una realtà ebraica chiamata sì a ricordare quel difficile passato, ma anche a dare continuità nelle generazioni?
La voce di alcuni protagonisti della vita comunitaria veneziana nel servizio realizzato da Philip Pullella (testo) e Alessandro Bianchi (foto) per la Reuters.

(Nell’immagine il direttore della biblioteca del Museo ebraico Gadi Luzzatto Voghera)
 

Qui roma 
"Io, Tripoli, la Comunità ebraica
I miei primi 35 anni di impegno"

“Posso solo dire che, davvero, non me l’aspettavo”. Come avviene a ogni festa a sorpresa che riesca nel suo intento, sono state queste le prime parole di Scialom Tesciuba al suo ingresso nel tempio Beth El di Roma, dove lo attendevano amici e compagni di avventura per un abbraccio che ricordasse ed esprimesse tutta la riconoscenza per i suoi trentacinque anni di impegno comunitario. Tesciuba è l’anima della componente tripolina della Comunità ebraica romana, nel Consiglio della quale è entrato per la prima volta nel 1981 e per la quale ha lavorato instancabilmente all’insegna dell’integrazione con la componente italiana e di una vita ebraica attiva e ricca. A portare il loro saluto, tra gli altri, il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, l’attuale presidente della Comunità Ruth Dureghello e alcuni altri ex presidenti, tra cui Riccardo Pacifici, Sergio Frassineti, Enzo Ottolenghi, e Leone Paserman.
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qui milano
La religione entra nelle carceri
e aiuta al reinserimento sociale

La religione, come indicato dall’ordinamento penitenziario, è uno dei fattori del reinserimento sociale a cui punta l’esecuzione penale. La conoscenza delle diverse pratiche religiose deve dunque entrare a far parte del bagaglio di competenze degli operatori che prestano servizio negli istituti. Da qui muove il seminario promosso, tra gli altri, dalla Comunità ebraica di Milano e che vedrà un gruppo di lavoro interculturale e interreligioso svolgere delle attività di supporto all'interno della realtà penitenziaria milanese. “Il lavoro di gruppo – si legge nel comunicato legato all'iniziativa che sarà presentata il 30 marzo al Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria  - deriva da valori condivisi tanto dalle tradizioni abramiche (ebrei-cristiani-musulmani) quanto da altre tradizioni religiose o ideali umanistici laici”. Oltre alla Comunità e al Provveditorato, protagonisti dell'iniziativa sono la COREIS Italiana, le Università del Sacro Cuore e degli Studi di Milano, la Diocesi della città, la Caritas ambrosiana e la Veneranda Biblioteca Ambrosiana.

pilpul
Nelle scorse edizioni i contributi di alcuni collaboratori sono apparsi in una forma non completa o non coerente. Li riproponiamo oggi nella loro versione corretta, scusandoci con i lettori e con gli autori.

L’Innominata
Il tema scelto quest’anno per la recita della scuola media ebraica di Torino (la Meghillat Ester raccontata attraverso quadri famosi) mi ha offerto l’occasione per riflettere sul curioso rapporto tra Ester e la cultura europea. La sua presenza nelle opere d’arte e in quelle letterarie è piuttosto discreta: tendenzialmente se ne sta nascosta (come è logico, visto che il suo nome contiene appunto il verbo “nascondere”), tanto da indurre a sospettare che la sua sia una storia specificamente ebraica, che non si presta (a differenza di altre vicende bibliche) a riletture e reinterpretazioni in chiave cristiana o di altro genere. Ma di tanto in tanto Ester salta fuori con una certa prepotenza (per esempio, nel ‘600 la troviamo spesso, in quadri e opere teatrali), per poi sparire di nuovo. Fuggita per sempre? O forse solo nascosta?

Anna Segre, insegnante
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Retorica terzomondista
In Italia il confine tra il comico e il politico è labile, il primo riceve più considerazione del secondo, e il secondo imita consapevolmente o meno il primo. Non ho idea quand'è che ciò abbia avuto inizio, o almeno qualche idea l'avrei ma preferisco tacere.
Martedì scorso Maurizio Crozza nella sua copertina a DiMartedì, in riferimentoe ai recenti attentati di Bruxelles, ha esordito sostenendo che “siamo in guerra, un po' attacca uno un po' attacca l'altro, noi attacchiamo con i droni loro con i trolley”. La reazione del politologo Edward Luttwak, presente in studio, non si è fatta attendere “Crozza fa l'equivalenza tra i terroristi e i piloti americani”.


Francesco Moises Bassano
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I colori dell’intelligence
Siamo spiati. Droni sulle nostre teste, ogni smart phone lascia tracce. E spiamo: i social network sono buchi nelle serrature. C’è chi dietro o ogni fatto vede un complotto, e poi tutti gli altri (anche noi?), che complottiamo… Piccolo spazio da instant kippur laico: i libri di spionaggio mi sono sempre piaciuti. Già dai tempi dei Tre Moschettieri e della Tavola Rotonda – avrò avuto quattro anni e nonna Elsa me li leggeva e rileggeva – le parti che preferivo erano quella della missione per recuperare la famosa collana, quella di Merlino che nascondeva Artù.
Ho letto di tutto – da i Segretissimo ai Le Carré; sono un patito dei romanzi popolati da spie, agenti di influenza, analisti. E anche al cinema, e in televisione, o nei giornali: se c’è una storia del genere, ci cado dentro, come una falena è attratta dalla fiamma.
Capirete dunque perché aspettavo con curiosità arrivasse alla mia libreria preferita il libro che avevo ordinato loro di procurarmi: I colori dell’intelligence – storia/letteratura/cinema/fumetto/humour. E non sono rimasto deluso.


Valerio Fiandra
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Periscopio - Purim
Da millenni, la festa di Purim sta a significare, per gli ebrei di tutto il mondo, sparsi nelle varie nazioni, essenzialmente due cose: da una parte, l'eterna esposizione al pericolo, e il perenne rischio che la situazione di fragilità e precarietà precipiti in una catastrofe, capace addirittura di portare all'annientamento dell'intero popolo d'Israele; dall'altra, allo stesso tempo, l'invito a non perdere mai la speranza, confidando nella possibilità che la fedeltà a se stessi e alla propria missione riesca a portare la salvezza. Perciò il significato della ricorrenza resterà eterno, valevole - come, a mio avviso, per tutto ciò che rappresenta l'essenza più profonda dello spirito dell'ebraismo - per tutti gli uomini: mai abbassare la guardia, mai disperare.

Francesco Lucrezi, storico
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La cura del corpo
"Abbiate cura del vostro corpo, è l'unico luogo dove dovete abitare". Che mi sia saltata agli occhi questa frase proprio a Purim, non credo sia un caso.

Ilana Bahbout
 



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