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14 aprile 2016 - 6 Nisan 5776
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ETICA MEDICA E TRADIZIONE EBRAICA

Uomini, animali e piante: quali regole
per la sperimentazione

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Il progresso medico non può prescindere dalla sperimentazione su animali e, successivamente, su esseri umani. Quali sono i criteri per una sperimentazione regolamentata? In generale, si ritiene che sia sufficiente il consenso informato da parte del paziente. È ormai pratica comune che qualsiasi terapia e trattamento medico, tanto più se sperimentale, richieda la firma di appositi moduli da parte del paziente (o di un familiare, nel caso di pazienti minori o altrimenti impossibilitati a decidere). D’altra parte, è difficile che il paziente sia veramente informato; molto spesso il suo consenso è piuttosto influenzato dalla volontà del medico o dello sperimentatore. In campo ebraico, per molto tempo non ci si è occupati della questione, forse anche perché essa non era stata sottoposta all’attenzione delle autorità rabbiniche. Rabbi I. Jakobovits è stato fra i primi importanti rabbini a interessarsi a fondo del problema. In sintesi, i punti principali su cui ci si deve basare per una disamina della questione sono: il valore della vita è infinito (questo punto ha rilevanza anche per la discussione sull’eutanasia); ogni possibilità di cura, anche lontana, in grado di salvare una vita umana va messa in atto a tutti i costi; l’obbligo di preservare una persona da eventuali rischi per la sua vita o la sua salute ricade su ognuno che sia in grado di farlo (“Non rimanere inerte quando il tuo prossimo è in pericolo”, Levitico 19: 16); ogni vita ha lo stesso valore, senza distinzione di età, stato di salute, livello sociale o culturale; non si ha il diritto di rifiutare una cura atta a salvare la propria vita se ritenuta necessaria da medici competenti; terapie, anche quelle che comportino una certa dose di rischio, possono essere intraprese se hanno lo scopo di impedire una morte altrimenti certa.

Gianfranco Di Segni, rabbino
Collegio Rabbinico Italiano e Istituto di Biologia Cellulare e Neurobiologia, CNR, Roma


Questo intervento è stato proposto nel corso di un incontro del ciclo di seminari organizzati da Biblioteca Ambrosiana e Associazione Medica Ebraica, e promossi da CO.RE.IS Italiana, Collegio IPASVI MI‐LO‐MB, Fondazione IRCCS Ca’ Granda. Il prossimo incontro ““Accoglienza e rispetto del pluralismo religioso e culturale nelle strutture sanitarie”, è in programma giovedì 14 aprile alle 16.30. Tra i relatori rav Ariel Di Porto, rabbino capo di Torino, e Giorgio Mortara, presidente dell'Associazione Medica Ebraica e consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.

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SATIRA E SOCIETà

Una retorica senza sbocco

img headerMaurizio Crozza, in una sua copertina a DiMartedì, in riferimento ai recenti attentati di Bruxelles, ha esordito sostenendo che “siamo in guerra, un po' attacca uno un po' attacca l'altro, noi attacchiamo con i droni, loro con i trolley”. La reazione del politologo Edward Luttwak, presente in studio, non si è fatta attendere: “Crozza fa l'equivalenza tra i terroristi e i piloti americani”. Crozza del resto – il quale quando si limita a descrivere lo scenario politico italiano risulta anche piacevole – non ha fatto altro che esprimere la vox populi: il terrorismo islamico non è altro che la risposta, o la resistenza, all'imperialismo perpetrato dall'Occidente verso il resto del mondo. Certo è innegabile che ogni intervento militare ha ragioni strategiche ed economiche che oltrepassano quelle umanitarie, che la guerra in Iraq voluta da George Bush è stata disastrosa e ha complicato ulteriormente i precari equilibri della regione e che “l'esportazione della democrazia” è un nonsense rivelatosi fin dall'inizio fallimentare. Ma ridurre l'integralismo islamico alla retorica “terzomondista” è una banalizzazione e a tratti una legittimazione che non tiene conto della storicità e della complessità di un fenomeno che in fondo si avvale di giovani martiri nati in Europa e miete vittime anche nei paesi islamici, dove in origine è nato più realisticamente come riscontro o riflesso a un'idea di modernità.

Francesco Moises Bassano, Pagine Ebraiche, aprile 2016

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CIVILTà A CONFRONTO

Mediterraneo, il bivio
tra affari e ideali 

Da sempre la politica estera Usa è divisa tra due scuole, gli «Idealisti», legati al presidente Wilson, contro i «Realisti» che hanno il loro campione nell’ex segretario di Stato Kissinger. Gli Idealisti credono che l’America debba affermare ovunque i suo i valori, i Realisti, scettici, preferiscono difendere gli interessi nazionali . Dilemma antico, se è vero che Atene, presunta madre della democrazia, ai poveri isolani di Melo che rivendicano il valore della neutralità, riserba guerra e deportazione. Torniamo ad affrontare quel bivio remoto, con le missioni del primo ministro Matteo Renzi a Teheran, dove ha incontrato il presidente riformista iraniano Hassan Rohani, e del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni a Tripoli, primo leader ricevuto dal premier libico Fayez al-Sarraj, dopo il rocambolesco sbarco del governo nella capitale. L’Italia deve limitarsi a sponsorizzare economia ed interessi nel Mediterraneo, come proporrebbero i Realisti alla Kissinger, o spingere perché gli ayatollah pongano fine alle esecuzioni, smorzino la propaganda anti Israele, concedano libertà a donne e dissidenti secondo la scuola di Wilson? In Libia e Iran, dopo le colonie e il coraggio di Enrico Mattei, dobbiamo parlare di pace, diritti, lotta al terrorismo o solo di affari??






Gianni Riotta, La Stampa
13 aprile 2016


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CIVILTà A CONFRONTO

Il dilemma occidentale

Che fare con l'Iran? L'accordo nucleare è destinato a rimanere un fatto isolato oppure è giusto considerarlo un punto di partenza? Sembra oggi possibile per l'Italia e per l'Europa muovere in direzione di più intensi rapporti con l’Iran, a partire da quelli economici. Ma è forse legittimo ignorare il comportamento del regime iraniano dalla pena di morte alla repressione del dissenso? Commerciare o condannare? Ma se scegliamo la via della condanna, non danneggeremo i nostri interessi, soprattutto se teniamo presente che qualche concorrente meno sensibile non chiede di meglio che prendere il nostro posto? Sono questi gli interrogativi che in questi giorni hanno accompagnato, spesso con accenti molto critici, la visita di Renzi a Teheran. Vale forse la pena di ricordare come non si tratti di qualcosa di unico, di una problematicità che riguarda soltanto i rapporti con l'Iran. Il dilemma fra interessi economici e principi ha caratterizzato l'intero percorso della Guerra Fredda, e oggi tocca anche le nostre relazioni non solo con l'Egitto, ma anche con Paesi come Russia, Cina, Arabia Saudita. Ecco una prima importante considerazione: i principi, se si vuole che siano credibili, impongono coerenza. La situazione dei diritti umani in Cina è pessima, con un controllo repressivo sui cittadini fra i più capillari, e i boia cinesi non sono certo secondi a quelli iraniani. Ma non abbiamo sentito molte voci, ultimamente, alzarsi per chiedere che non si facciano affari con la Cina.

Roberto Toscano, La Repubblica
13 aprile 2016


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Shir Shishi - una poesia per erev shabbat

Consolazione

img headerAlex Epstein ha scritto ultimamente:
Cos'è la consolazione, a detta di un bambino di cinque anni.
Questo albero è triste.
- E ora non lo è più?
 No.
Perché?
- Perché ha già pianto tutte le sue foglie.
E questa tenera lirica, chiara come un sorriso di un bambino mi ha fatto pensare ad una frase detta recentemente da una bambina di nove anni: “Guarda mamma che bella primavera, Dio ha fatto sbocciare i fiori”. Anni fa, mia figlia in un momento tragico della nostra vita disse:” Guarda mamma anche le nuvole piangono”. Fuori pioveva
.

Sarah Kaminski, Università di Torino

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