Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
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Celebrando
un matrimonio con huppa sorridente su di un terrazzo del quartiere di
Harmon haNatziv con vista sconfinata su Gerusalemme (est), mi sono
sorpreso a recitare la prima beracha’ matrimoniale in contemporanea con
la voce di un muezzin che invitava i fedeli alla preghiera. Potremmo, a
questo punto, decidere se seguire una facile via di inno alla
convivenza e alla spiritualità condivisa o sentire la voce lontana del
muezzin come un elemento esotico, di minoranza se non addirittura una
minaccia..
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
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In
Europa e un po’ in tutto il mondo occidentale uscito dalla devastazione
del secondo conflitto mondiale siamo arrivati alla conclusione
necessaria e altamente morale che non avremmo mai più voluto e potuto
regolamentare i conflitti attraverso l’uso delle armi. Noi italiani lo
abbiamo messo anche nell’articolo 11 della nostra Costituzione. Poi
abbiamo sviluppato una ineffabile teoria della pace, dichiarandola
valore e patrimonio imprescindibile a cui tendere in ogni momento come
singoli e come nazioni. Facendo perno su questi due principi gemelli –
no alla guerra e sì alla pace – abbiamo esteso il campo delle nostre
relazioni umane, fondando le nostre società sul principio del progresso
e dello sviluppo economico come solo strumento possibile per dare
sostanza a quei due principi. La diffusione del benessere, ci siamo
detti, comporterà l’abbandono progressivo delle pratiche di conflitto.
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Sanders in Vaticano
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Dopo
aver partecipato in serata al dibattito con l’avversaria alle primarie
Hillary Clinton – in cui si è parlato molto di Israele e palestinesi
(Haaretz, Arutz Sheva) -, il candidato democratico alla Casa Bianca
Bernie Sanders si appresta a sbarcare a Roma per intervenire oggi in
Vaticano a un convegno per i 25 anni dell’Enciclica sociale di Giovanni
Paolo II ‘Centesimus annus’ organizzato dalla Pontificia accademia
delle Scienze sociali. Protagonista di un’intervista pubblicata oggi su
Repubblica, Sanders spiega che sarà felice di incontrare Bergoglio, “se
questo sarà possibile. E di discutere i temi sociali, economici e
ambientali che propongo da decenni e sui quali ho molte similarità con
lui. Poi tornerò negli Stati Uniti”. Rispetto alla sua partecipazione
Sanders che il motivo dell’invito è che “molti degli argomenti che il
papa affronta sono simili ai miei. Sono un grandissimo sostenitore del
pontefice, anche se ho opinioni diverse dalle sue su alcuni temi, a
partire dalla legalizzazione delle coppie omosessuali. Ma penso che
Francesco sia una figura carismatica che sta aiutando l’opinione
pubblica a prendere coscienza delle diseguaglianze di reddito e
ricchezza che vediamo in tutto il mondo”. “Non è previsto – spiega
Carlo Marroni sul Sole 24 raccontando della visita di Bergoglio a
Lesbo, isola greca simbolo dell’emergenza migranti – che Sanders (che è
di religione ebraica) incontri il Papa, ha precisato Lombardi, ma
naturalmente non sono escluse sorprese”.
La violenza palestinese. Avvenire titola “Ritorna l’intifada dei
coltelli” per raccontare il tentato attentato da parte di un
palestinese in Cisgiordania che con un ascia ha aggredito un soldato
israeliano. L’attentatore è stato ucciso dalle forze di sicurezza
israeliane. In un discorso pubblico tenutosi ieri, il Primo ministro
Benjamin Netanyahu
25 aprile, Milano-Lampedusa. Il sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini,
sarà in piazza Duomo per la manifestazione del 25 Aprile. Tra le parole
d’ordine della manifestazione, spiega Repubblica Milano facento
riferimento al comunicato dell’Anpi, ci sarà anche quella della
“solidarietà, per ripristinare quella sensibilità civile,
quell’attenzione ai più deboli, cardini di un mondo giusto e vivibile
per tutti, perché l’Europa nella quale si sta pericolosamente
ripresentando il virus del nazionalismo e della xenofobia, sembra
soltanto capace di erigere muri”.
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L'ERBA DELLA RAi - le reazionI
“Israele, il servizio pubblico
sia all'altezza del suo compito"
Raccontare
Israele rappresenta una sfida complessa per l'informazione italiana.
Per questo è fondamentale che chi opera in questo settore, specialmente
quando si tratta di servizio pubblico, presti la massima attenzione
alla scelta degli argomenti e agli ospiti che vengono invitati a
parlare o ad offrire una testimonianza. Certe leggerezze, volute o
meno, costituiscono infatti una grave distorsione della realtà che si
riversa su un pubblico di molti milioni di telespettatori". Così il
presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna
commenta l'ultima puntata de L'erba dei vicini, il programma di
approfondimento condotto da Beppe Severgnini su Raitre che ieri sera ha
proposto un confronto tra Italia e Israele.
Afferma
la presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello: "Ciò che
amareggia è che in Italia si continuino ad invitare esponenti che non
rappresentano né l’ebraismo né Israele a parlare d’ebraismo e Israele.
Ebrei che per professione dicono menzogne sullo Stato ebraico servono
solo a nascondere un certo tipo di propaganda. Il richiamo al
boicottaggio d’Israele fa rabbrividire perché ci riporta ai momenti bui
della nostra storia recente. Israele non è il paese del conflitto e la
sua falsa rappresentazione costituisce un pericolo perché non aiuta a
spiegarne le ragioni, ma legittima l’ignoranza e insinua solo odio e
pregiudizio".
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L'ERBA DELLA RAI
Il vero Israele e quello di Beppe
L’ultima
puntata della seguitissima trasmissione di Beppe Severgnini L’erba dei
vicini dedicata alla realtà di Israele impone anche al mondo ebraico
italiano la necessità di una riflessione seria sul dovere di comunicare
in una maniera corretta e positiva la realtà dello Stato ebraico.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti: la migliore televisione,
affidata a uno dei migliori e dei più onesti giornalisti italiani che
si avvale fra l’altro di uno staff di prim’ordine, non è comunque
riuscita a produrre altro che un pasticcio, certo ricco di spunti, ma
dove le poche voci responsabili e competenti sono state continuamente
disturbate da una sarabanda di luoghi comuni, di personaggi improbabili
e inconferenti e anche di malintenzionati di cattivo gusto.
L’apice lo si è toccato quando si sono fatte per l’ennesima volta
indossare le vesti di politologo a un personaggio del mondo dello
spettacolo che in passato si era affermato per la sua capacità di
destreggiarsi sulla scena riproponendo alcune barzellette.
Bene, quindi, e congratulazioni a Severgnini, quando, anche resistendo
a molte pressioni degli antisemiti mascherati da antisionisti che pure
ci sono state, si riesce a parlare della società vera di Israele e di
un paese vivo, ricco di speranza e di slanci, di fermenti e di
progressi, laboratorio di democrazia e di dignità umana. Male quando a
questo lodevole tentativo segue la ricaduta nei grossolani stereotipi
di sempre.
L’Israele reale e l’Israele di comodo, quello dei cagnolini
addomesticati dei salotti Rai, sono rimaste così nonostante tutto due
realtà assai distanti.
E il mondo ebraico, la società civile che difende Israele, sono
contemporaneamente i primi danneggiati, ma anche corresponsabili di
questo disastro.
Recentemente siamo arrivati a toccare il fondo con la grottesca
intimazione di un improbabile personaggio rivolta all’ambasciata di
Israele e all’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. A quel tale non
bastava dissentire, magari a sproposito, ciò che ovviamente è lecito.
Ma pretendeva che al più illustre dei demografi dell’Università ebraica
di Gerusalemme, uno dei massimi studiosi e analisti del mondo ebraico,
il consigliere strategico di tanti Esecutivi e in particolare di Ariel
Sharon, fosse impedito di esprimersi in quanto alcune opinioni da lui
espresse non erano di suo garbo. Va bene, nessuno si sarà degnato di
prendere sul serio un messaggio del genere, ma vogliamo renderci conto
del degrado, del danno generato da questi piazzisti della propaganda?
Sono anni che all’immagine dell’ebraismo italiano e dello Stato di
Israele viene inflitto il danno di esibizionisti incompetenti che senza
alcuna reale cognizione, senza alcun ritegno e senza alcun senso di
responsabilità rumoreggiano a sproposito. E chi specula sui meccanismi
perversi della demenza digitale e dei social network dovrebbe pure
saperne qualcosa.
Se siamo noi i primi a tollerare questo scempio di informazione
corretta riguardo a Israele, a consentire che chiunque, al solo fine di
dare sfogo alle sue smanie, grafomane o esibizionista che sia, parli a
sproposito di Israele, come possiamo pretendere che l’emittenza
pubblica e la televisione di massa eviti di esporre indecorosamente al
pubblico le intemperanze di personaggi che dovrebbero rimanere
circoscritti al repertorio del teatro comico?
gv
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L'ERBA DELLA RAI
Quei lunghi minuti di imbarazzo
Le
interviste a Tzipi Livni ed Etgar Keret, annunciate con grande evidenza
nei giorni precedenti? Non c'è tempo per la diretta, neanche per un
rapido passaggio. Chi vuole se le andrà a vedere sul sito. Per parlare
di Israele meglio affidarsi a un noto intrattenitore, che si spaccia
per esperto di Medio Oriente e che senza alcun contraddittorio si
lancia nei consueti strali. Israele il cattivone, Israele che è tutto
sbagliato, Israele che pratica “apartheid”.
Aprendo la puntata dell'Erba dei vicini, il programma di
approfondimento che conduce su Raitre, Beppe Severgnini aveva
assicurato il massimo impegno. Perché parlare di Israele è una sfida
affascinante, un esercizio non semplice per un'informazione troppo
spesso incline ai cliché e alla superficialità. “Questa sarà la puntata
più difficile e più bella dell'Erba dei vicini” la promessa del
giornalista cremasco. Una promessa rispettata soltanto a metà. Perché
nonostante il genuino interesse e l'ammirazione che Severgnini ha
dichiarato di provare per la “vivace” e “dinamica” società israeliana,
il programma è stato piuttosto deludente. E in alcuni frangenti
decisamente imbarazzante.
Rare le eccezioni. Come l'intervento del demografo Sergio Della
Pergola, una delle storiche firme di Pagine Ebraiche, che nei pochi
minuti concessi ha cercato di portare ogni riflessione sul piano della
complessità. Leggi
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l'iniziativa ucei
Pesach, a tavola con K.it
I pacchi nelle Comunità
In
arrivo nei centri di smistamento i 500 cartoni alimentari low cost
realizzati dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane per la prossima
festa di Pesach. All'interno numerosi prodotti, dal vino al pane
azzimo, dagli affettati ai biscotti, in vendita nelle 21 Comunità
territoriali al prezzo calmierato di 20 euro.
Un'iniziativa che si rivolge all'intero ebraismo italiano e che nasce
da K.it, il marchio di certificazione promosso dall'UCEI.
"L’apprezzamento che ha suscitato e continua a suscitare questa
iniziativa è davvero notevole. Sia nei leader comunitari che nei
rabbini che nei singoli iscritti. Una ulteriore dimostrazione che la
strada che stiamo percorrendo è quella giusta” ha affermato Jacqueline
Fellus, assessore UCEI e referente del progetto K.it sin dagli
inizi.
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qui torino - il sito sugli archivi delle comunità
La storia del Piemonte ebraico,
carte e immagini in un click
Nella
sala ipogea dell’Archivio di Stato di Torino è stato presentato il
nuovo sito web, frutto del progetto “Percorsi negli archivi ebraici del
Piemonte”, promosso dalla Soprintendenza archivistica e bibliografica
del Piemonte e della Valle d’Aosta. Molti gli interventi per presentare
la genesi e lo sviluppo del progetto, culminato nell’apertura al
pubblico di un sito ricco di materiali, immagini, carte provenienti
dagli archivi delle numerose Comunità ebraiche piemontesi. Tre sono
anche le figure centrali che hanno permesso la realizzazione del
progetto: Micaela Procaccia, della Direzione generale Archivi del
Ministero dei Beni Culturali, alla quale si può far risalire l’avvio
dell’iniziativa, il soprintendente Paolo Franzese, che l’ha portata a
compimento, e la direttrice dell’Archivio di Stato di Torino Monica
Grossi. A presentare l'iniziativa anche il presidente della Fondazione
per i Beni Culturali Ebraici in Italia e della Comunità Ebraica di
Torino Dario Disegni e il Consigliere dell'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane Claudia De Benedetti. Leggi
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Provviste e tradizioni |
Dato
che per questo Pesach, con tutti i giorni di mezza festa lavorativi,
non prevedo di invitare gente a cena ho potuto limitarmi alla pura
sopravvivenza: cinque formaggi (bisogna provarne vari tipi, non è
vero?), petti di pollo, affettati di tacchino, tonno e vitello tonnato,
crema di melanzane, caramelle, qualche litro di latte (in otto giorni
ne berrò al massimo due ma non si sa mai), qualche varietà di biscotti
(stesso discorso dei formaggi), dadi e qualcos’altro che non ricordo.
Oltre naturalmente al mezzo pacco di matzot che conto di scroccare.
Anna Segre, insegnante
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Esodi |
Tra
i molti ezidi che ho incontrato nel campo profughi di Idomeni non ho
mai avuto problemi a rivelare le mie origini ebraiche, soprattutto per
una sorta di spirito di solidarietà. Come ho già accennato in questi
campi gli ezidi vivono un doppio dramma, perché verrebbero sovente
minacciati da alcuni gruppi di musulmani radicali.
Un episodio che mi ha impressionato particolarmente è stato quando un
signore di nome Nasser, con forte emozione, si è avvicinato e mi ha
raccontato la storia degli ebrei di Zakho (attualmente nel Kurdistan
Iraqeno) i quali furono più volte attaccati dagli arabi musulmani
all’inizio del XX secolo, e secondo Nasser, difesi e aiutati a scappare
dagli stessi ezidi. Successivamente alcuni ebrei sarebbero poi tornati
a ringraziarli.
Francesco Moises Bassano, studente
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Tradurre |
Tradurre
mi ha sempre messo a disagio. Al contrario, trovare le parole giuste
per esprimere e comunicare quello che penso, vedo e percepisco mi ha
sempre dato un senso di appagamento, tranquillità e soddisfazione.
Tradurre pone di fronte all’esperienza della realtà ambivalente e
molteplice che non si può cogliere con uno sguardo o una parola: se da
una parte rivela significati e unisce costruendo ponti, dall’altra
recide o dà luce proprio ai vuoti e alle mancanze. Chi riesce a
sopportare “il compito del traduttore” – per usare una espressione di
Walter Benjamin – si colloca allora in una dimensione superiore che si
misura col senso umano del limite.
Ilana Bahbout
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