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15 aprile 2016 - 7 Nisann 5776
PAGINE EBRAICHE 24

ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
Celebrando un matrimonio con huppa sorridente su di un terrazzo del quartiere di Harmon haNatziv con vista sconfinata su Gerusalemme (est), mi sono sorpreso a recitare la prima beracha’ matrimoniale in contemporanea con la voce di un muezzin che invitava i fedeli alla preghiera. Potremmo, a questo punto, decidere se seguire una facile via di inno alla convivenza e alla spiritualità condivisa o sentire la voce lontana del muezzin come un elemento esotico, di minoranza se non addirittura una minaccia..
 
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
In Europa e un po’ in tutto il mondo occidentale uscito dalla devastazione del secondo conflitto mondiale siamo arrivati alla conclusione necessaria e altamente morale che non avremmo mai più voluto e potuto regolamentare i conflitti attraverso l’uso delle armi. Noi italiani lo abbiamo messo anche nell’articolo 11 della nostra Costituzione. Poi abbiamo sviluppato una ineffabile teoria della pace, dichiarandola valore e patrimonio imprescindibile a cui tendere in ogni momento come singoli e come nazioni. Facendo perno su questi due principi gemelli – no alla guerra e sì alla pace – abbiamo esteso il campo delle nostre relazioni umane, fondando le nostre società sul principio del progresso e dello sviluppo economico come solo strumento possibile per dare sostanza a quei due principi. La diffusione del benessere, ci siamo detti, comporterà l’abbandono progressivo delle pratiche di conflitto.
 
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Sanders in Vaticano
Dopo aver partecipato in serata al dibattito con l’avversaria alle primarie Hillary Clinton – in cui si è parlato molto di Israele e palestinesi (Haaretz, Arutz Sheva) -, il candidato democratico alla Casa Bianca Bernie Sanders si appresta a sbarcare a Roma per intervenire oggi in Vaticano a un convegno per i 25 anni dell’Enciclica sociale di Giovanni Paolo II ‘Centesimus annus’ organizzato dalla Pontificia accademia delle Scienze sociali. Protagonista di un’intervista pubblicata oggi su Repubblica, Sanders spiega che sarà felice di incontrare Bergoglio, “se questo sarà possibile. E di discutere i temi sociali, economici e ambientali che propongo da decenni e sui quali ho molte similarità con lui. Poi tornerò negli Stati Uniti”. Rispetto alla sua partecipazione Sanders che il motivo dell’invito è che “molti degli argomenti che il papa affronta sono simili ai miei. Sono un grandissimo sostenitore del pontefice, anche se ho opinioni diverse dalle sue su alcuni temi, a partire dalla legalizzazione delle coppie omosessuali. Ma penso che Francesco sia una figura carismatica che sta aiutando l’opinione pubblica a prendere coscienza delle diseguaglianze di reddito e ricchezza che vediamo in tutto il mondo”. “Non è previsto – spiega Carlo Marroni sul Sole 24 raccontando della visita di Bergoglio a Lesbo, isola greca simbolo dell’emergenza migranti – che Sanders (che è di religione ebraica) incontri il Papa, ha precisato Lombardi, ma naturalmente non sono escluse sorprese”.

La violenza palestinese. Avvenire titola “Ritorna l’intifada dei coltelli” per raccontare il tentato attentato da parte di un palestinese in Cisgiordania che con un ascia ha aggredito un soldato israeliano. L’attentatore è stato ucciso dalle forze di sicurezza israeliane. In un discorso pubblico tenutosi ieri, il Primo ministro Benjamin Netanyahu

25 aprile, Milano-Lampedusa. Il sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini, sarà in piazza Duomo per la manifestazione del 25 Aprile. Tra le parole d’ordine della manifestazione, spiega Repubblica Milano facento riferimento al comunicato dell’Anpi, ci sarà anche quella della “solidarietà, per ripristinare quella sensibilità civile, quell’attenzione ai più deboli, cardini di un mondo giusto e vivibile per tutti, perché l’Europa nella quale si sta pericolosamente ripresentando il virus del nazionalismo e della xenofobia, sembra soltanto capace di erigere muri”.
 
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  davar
L'ERBA DELLA RAi - le reazionI 
“Israele, il servizio pubblico
sia all'altezza del suo compito"

 Raccontare Israele rappresenta una sfida complessa per l'informazione italiana. Per questo è fondamentale che chi opera in questo settore, specialmente quando si tratta di servizio pubblico, presti la massima attenzione alla scelta degli argomenti e agli ospiti che vengono invitati a parlare o ad offrire una testimonianza. Certe leggerezze, volute o meno, costituiscono infatti una grave distorsione della realtà che si riversa su un pubblico di molti milioni di telespettatori". Così il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna commenta l'ultima puntata de L'erba dei vicini, il programma di approfondimento condotto da Beppe Severgnini su Raitre che ieri sera ha proposto un confronto tra Italia e Israele.
Afferma la presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello: "Ciò che amareggia è che in Italia si continuino ad invitare esponenti che non rappresentano né l’ebraismo né Israele a parlare d’ebraismo e Israele. Ebrei che per professione dicono menzogne sullo Stato ebraico servono solo a nascondere un certo tipo di propaganda. Il richiamo al boicottaggio d’Israele fa rabbrividire perché ci riporta ai momenti bui della nostra storia recente. Israele non è il paese del conflitto e la sua falsa rappresentazione costituisce un pericolo perché non aiuta a spiegarne le ragioni, ma legittima l’ignoranza e insinua solo odio e pregiudizio". 

L'ERBA DELLA RAI 
Il vero Israele e quello di Beppe
L’ultima puntata della seguitissima trasmissione di Beppe Severgnini L’erba dei vicini dedicata alla realtà di Israele impone anche al mondo ebraico italiano la necessità di una riflessione seria sul dovere di comunicare in una maniera corretta e positiva la realtà dello Stato ebraico.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti: la migliore televisione, affidata a uno dei migliori e dei più onesti giornalisti italiani che si avvale fra l’altro di uno staff di prim’ordine, non è comunque riuscita a produrre altro che un pasticcio, certo ricco di spunti, ma dove le poche voci responsabili e competenti sono state continuamente disturbate da una sarabanda di luoghi comuni, di personaggi improbabili e inconferenti e anche di malintenzionati di cattivo gusto.
L’apice lo si è toccato quando si sono fatte per l’ennesima volta indossare le vesti di politologo a un personaggio del mondo dello spettacolo che in passato si era affermato per la sua capacità di destreggiarsi sulla scena riproponendo alcune barzellette.
Bene, quindi, e congratulazioni a Severgnini, quando, anche resistendo a molte pressioni degli antisemiti mascherati da antisionisti che pure ci sono state, si riesce a parlare della società vera di Israele e di un paese vivo, ricco di speranza e di slanci, di fermenti e di progressi, laboratorio di democrazia e di dignità umana. Male quando a questo lodevole tentativo segue la ricaduta nei grossolani stereotipi di sempre.
L’Israele reale e l’Israele di comodo, quello dei cagnolini addomesticati dei salotti Rai, sono rimaste così nonostante tutto due realtà assai distanti.  
E il mondo ebraico, la società civile che difende Israele, sono contemporaneamente i primi danneggiati, ma anche corresponsabili di questo disastro.
Recentemente siamo arrivati a toccare il fondo con la grottesca intimazione di un improbabile personaggio rivolta all’ambasciata di Israele e all’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. A quel tale non bastava dissentire, magari a sproposito, ciò che ovviamente è lecito. Ma pretendeva che al più illustre dei demografi dell’Università ebraica di Gerusalemme, uno dei massimi studiosi e analisti del mondo ebraico, il consigliere strategico di tanti Esecutivi e in particolare di Ariel Sharon, fosse impedito di esprimersi in quanto alcune opinioni da lui espresse non erano di suo garbo. Va bene, nessuno si sarà degnato di prendere sul serio un messaggio del genere, ma vogliamo renderci conto del degrado, del danno generato da questi piazzisti della propaganda?
Sono anni che all’immagine dell’ebraismo italiano e dello Stato di Israele viene inflitto il danno di esibizionisti incompetenti che senza alcuna reale cognizione, senza alcun ritegno e senza alcun senso di responsabilità rumoreggiano a sproposito. E chi specula sui meccanismi perversi della demenza digitale e dei social network dovrebbe pure saperne qualcosa.
Se siamo noi i primi a tollerare questo scempio di informazione corretta riguardo a Israele, a consentire che chiunque, al solo fine di dare sfogo alle sue smanie, grafomane o esibizionista che sia, parli a sproposito di Israele, come possiamo pretendere che l’emittenza pubblica e la televisione di massa eviti di esporre indecorosamente al pubblico le intemperanze di personaggi che dovrebbero rimanere circoscritti al repertorio del teatro comico?

gv 

L'ERBA DELLA RAI 
Quei lunghi minuti di imbarazzo 
Le interviste a Tzipi Livni ed Etgar Keret, annunciate con grande evidenza nei giorni precedenti? Non c'è tempo per la diretta, neanche per un rapido passaggio. Chi vuole se le andrà a vedere sul sito. Per parlare di Israele meglio affidarsi a un noto intrattenitore, che si spaccia per esperto di Medio Oriente e che senza alcun contraddittorio si lancia nei consueti strali. Israele il cattivone, Israele che è tutto sbagliato, Israele che pratica “apartheid”.
Aprendo la puntata dell'Erba dei vicini, il programma di approfondimento che conduce su Raitre, Beppe Severgnini aveva assicurato il massimo impegno. Perché parlare di Israele è una sfida affascinante, un esercizio non semplice per un'informazione troppo spesso incline ai cliché e alla superficialità. “Questa sarà la puntata più difficile e più bella dell'Erba dei vicini” la promessa del giornalista cremasco. Una promessa rispettata soltanto a metà. Perché nonostante il genuino interesse e l'ammirazione che Severgnini ha dichiarato di provare per la “vivace” e “dinamica” società israeliana, il programma è stato piuttosto deludente. E in alcuni frangenti decisamente imbarazzante.
Rare le eccezioni. Come l'intervento del demografo Sergio Della Pergola, una delle storiche firme di Pagine Ebraiche, che nei pochi minuti concessi ha cercato di portare ogni riflessione sul piano della complessità.
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l'iniziativa ucei
Pesach, a tavola con K.it
I pacchi nelle Comunità 

In arrivo nei centri di smistamento i 500 cartoni alimentari low cost realizzati dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane per la prossima festa di Pesach. All'interno numerosi prodotti, dal vino al pane azzimo, dagli affettati ai biscotti, in vendita nelle 21 Comunità territoriali al prezzo calmierato di 20 euro.
Un'iniziativa che si rivolge all'intero ebraismo italiano e che nasce da K.it, il marchio di certificazione promosso dall'UCEI. "L’apprezzamento che ha suscitato e continua a suscitare questa iniziativa è davvero notevole. Sia nei leader comunitari che nei rabbini che nei singoli iscritti. Una ulteriore dimostrazione che la strada che stiamo percorrendo è quella giusta” ha affermato Jacqueline Fellus, assessore UCEI e referente del progetto K.it sin dagli inizi. 
 

qui torino - il sito sugli archivi delle comunità
La storia del Piemonte ebraico,
carte e immagini in un click

Nella sala ipogea dell’Archivio di Stato di Torino è stato presentato il nuovo sito web, frutto del progetto “Percorsi negli archivi ebraici del Piemonte”, promosso dalla Soprintendenza archivistica e bibliografica del Piemonte e della Valle d’Aosta. Molti gli interventi per presentare la genesi e lo sviluppo del progetto, culminato nell’apertura al pubblico di un sito ricco di materiali, immagini, carte provenienti dagli archivi delle numerose Comunità ebraiche piemontesi. Tre sono anche le figure centrali che hanno permesso la realizzazione del progetto: Micaela Procaccia, della Direzione generale Archivi del Ministero dei Beni Culturali, alla quale si può far risalire l’avvio dell’iniziativa, il soprintendente Paolo Franzese, che l’ha portata a compimento, e la direttrice dell’Archivio di Stato di Torino Monica Grossi. A presentare l'iniziativa anche il presidente della Fondazione per i Beni Culturali Ebraici in Italia e della Comunità Ebraica di Torino Dario Disegni e il Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Claudia De Benedetti.
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Qui Roma - Il convegno al Pitigliani
Persecuzioni sotto silenzio
Le ragioni del silenzio sono quelle di chi è stato messo a tacere per eliminare la sua identità. Le ragioni del silenzio sono anche quelle di chi non ha voluto parlare per la vergogna di fronte a una società non pronta ad ascoltarlo. “Le ragioni del silenzio. Il triangolo rosa della Shoah” è il titolo di un convegno tenutosi ieri sera al Centro ebraico il Pitigliani a Roma per raccontare la persecuzione degli omosessuali da parte dei regimi nazista e fascista, organizzato dal Magen David Keshet Italia, la prima organizzazione indipendente ebraica LGBT italiana. A descrivere la tragedia e il dolore della testimonianza, spesso mancante, sono stati la psicoterapeuta Anna Segre e lo storico e insegnante Gianfranco Goretti, coordinati da Raffaele Sabbadini di Magen David Keshet Italia. A portare i loro saluti il presidente dell’organizzazione Serafino Marco Fiammelli e l’assessore alla cultura del Pitigliani Daniele Fiorentino. A corredare gli interventi anche alcune testimonianze video di sopravvissuti e letture a cura dell’attore Olec Mincer.
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pilpul
Provviste e tradizioni
Dato che per questo Pesach, con tutti i giorni di mezza festa lavorativi, non prevedo di invitare gente a cena ho potuto limitarmi alla pura sopravvivenza: cinque formaggi (bisogna provarne vari tipi, non è vero?), petti di pollo, affettati di tacchino, tonno e vitello tonnato, crema di melanzane, caramelle, qualche litro di latte (in otto giorni ne berrò al massimo due ma non si sa mai), qualche varietà di biscotti (stesso discorso dei formaggi), dadi e qualcos’altro che non ricordo. Oltre naturalmente al mezzo pacco di matzot che conto di scroccare.

Anna Segre, insegnante
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Esodi
Tra i molti ezidi che ho incontrato nel campo profughi di Idomeni non ho mai avuto problemi a rivelare le mie origini ebraiche, soprattutto per una sorta di spirito di solidarietà. Come ho già accennato in questi campi gli ezidi vivono un doppio dramma, perché verrebbero sovente minacciati da alcuni gruppi di musulmani radicali.
Un episodio che mi ha impressionato particolarmente è stato quando un signore di nome Nasser, con forte emozione, si è avvicinato e mi ha raccontato la storia degli ebrei di Zakho (attualmente nel Kurdistan Iraqeno) i quali furono più volte attaccati dagli arabi musulmani all’inizio del XX secolo, e secondo Nasser, difesi e aiutati a scappare dagli stessi ezidi. Successivamente alcuni ebrei sarebbero poi tornati a ringraziarli.


Francesco Moises Bassano, studente
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Tradurre
Tradurre mi ha sempre messo a disagio. Al contrario, trovare le parole giuste per esprimere e comunicare quello che penso, vedo e percepisco mi ha sempre dato un senso di appagamento, tranquillità e soddisfazione. Tradurre pone di fronte all’esperienza della realtà ambivalente e molteplice che non si può cogliere con uno sguardo o una parola: se da una parte rivela significati e unisce costruendo ponti, dall’altra recide o dà luce proprio ai vuoti e alle mancanze. Chi riesce a sopportare “il compito del traduttore” – per usare una espressione di Walter Benjamin – si colloca allora in una dimensione superiore che si misura col senso umano del limite. 

Ilana Bahbout
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