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12 Agosto 2016 -  8 Av 5776
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
Se guardiamo al contesto storico e sociale degli anni prima di quei fatidici 9 di Av nei quali per ben due volte fu distrutto il Tempio di Gerusalemme ad opera dei Babilonesi prima e dei Romani poi, dobbiamo affrontare la realtà di un popolo ebraico dilaniato da conflitti politici, religiosi e sociali. Un popolo ebraico dove palpabile era la distanza tra le persone, la tensione fratricida, la costante diffidenza come elemento di relazione quotidiana. Il digiuno del 9 Av è forse la migliore occasione per una riflessione sulle relazioni umane nelle nostre comunità e società ebraiche in nome di un vero recupero di una sana intimità ebraica così rarefatta dalla sovraesposizione mediatica, politica e sociale alla quale ci esponiamo e siamo esposti. Una intimità che fino ad una generazione fa era patrimonio identitario e identificativo di molti ebrei nel mondo, anche in Italia. È nei primi capitoli de “Il giardino dei Finzi Contini” che troviamo una meravigliosa descrizione di una intimità ebraica che era al contempo relazione tra persone e relazione ebraica con se stessi: “Per quanto concerne me personalmente, nei miei rapporti con Alberto e Micol c’era sempre stato qualcosa di più intimo. Le occhiate di intesa, i cenni confidenziali che fratello e sorella mi indirizzavano ogniqualvolta ci incontravamo nei pressi del Guarini non alludevano che a questo, lo sapevo bene, riguardante noi e soltanto noi. Qualcosa di più intimo. Che cosa propriamente? Si capisce: in primo luogo eravamo ebrei e ciò era più che sufficiente. […]”. Il 9 di Av probabilmente viene a ricordarci che essere ebrei è un dato più che sufficiente per riconoscere il rispetto necessario all’interno delle nostre comunità, un valore che è religioso per chi crede nella necessità della ricostruzione del terzo Tempio, così come un laico modus vivendi di una ebraicità naturale e quotidiana come ci insegna Giorgio Bassani.
 
Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
“Il Nomade non è necessariamente qualcuno che si muove. I nomadi non sono coloro che si spostano come emigranti; sono quelli che non si muovono, sono quelli che diventano nomadi per restare nello stesso posto sfuggendo ai codici”.
Emmanuel Lévinas
 
I silenzi del sindaco
AInquietante silenzio da parte del sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, cui ieri la presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni e la presidente della Comunità napoletana Lydia Schapirer hanno inviato un messaggio chiedendo la revoca del conferimento della cittadinanza onoraria del capoluogo campano a un terrorista palestinese, per 14 anni nelle carceri israeliane. Nessuna replica ufficiale al messaggio, riportato oggi con grande evidenza da Repubblica e Corriere del Mezzogiorno.
“Gentile Sindaco – scrivevano ieri Di Segni e Schapirer – lei più volte ha manifestato l’intenzione di fare della città che amministra un laboratorio di pace e di convivenza tra i popoli e le religioni del mondo. Un’ambizione che è nelle corde di Napoli, porta di accesso e tra le grandi capitali del Mediterraneo.
Ci chiediamo però come possa coerentemente raggiungere questo obiettivo se, al tempo stesso, la sua amministrazione continuerà a promuovere iniziative di segno diametralmente opposto. L’ultima delle quali il conferimento della cittadinanza onoraria al palestinese Bilal Kayed, che tutto è fuorché un uomo di pace”.
“Si tratta infatti – si legge ancora – di un pericoloso estremista, che ha trascorso 14 anni nelle carceri israeliane per le sue azioni violente e gode del sostegno di un’organizzazione terroristica quale è Hamas, che non esita a uccidere civili innocenti, compresi donne, anziane e bambini, pur di alimentare un conflitto permanente nella regione mediorientale. Siamo pertanto attonite e preoccupate da questa iniziativa, ultima di una serie, quando oggi tutte le Istituzioni italiane sono chiamate a collaborare per la garanzia dei fondamentali valori costituzionali e a una rigorosa verifica di chi risiede e dimora nelle nostre città”.
“Al fine di salvaguardare la storia e l’immagine di Napoli, quale città sempre attenta ai valori della vera democrazia – concludevano il messaggio – La preghiamo di intervenire al più presto per revocare tale iniziativa. Ben venga il suo impegno per un dialogo costruttivo, di conoscenza e di pace tra i due popoli, ma per conseguire tale fine occorre dare voce e spazio a chi si dedica a dare senso e valore alle nostre vite, da entrambe le parti”.
Ricorda Il Foglio: “Non è la prima volta che De Magistris dà prova di militanza antisraeliana. Il comune di Napoli ha concesso una sala al documentario “Israele – Il Cancro”, per la cui proiezione De Magistris ha dato addirittura la sala comunale in piazza del Gesù Nuovo, intitolata a Tommaso Campanella. De Magistris ha poi ricevuto la cittadinanza palestinese, ha dato quella di Napoli ad Abu Mazen e la sua città ha fornito patrocinio alla Freedom Flotilla per Gaza.
 
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  davar
dopo l'intervento dei leader ebraici
Napoli e l'omaggio al terrorista

L'imbarazzo di De Magistris
Imbarazzato silenzio da parte del sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, cui ieri la presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni e la presidente della Comunità napoletana Lydia Schapirer hanno inviato un messaggio chiedendo la revoca del conferimento della cittadinanza onoraria del capoluogo campano a Bilal Kayed, un terrorista palestinese per 14 anni nelle carceri israeliane. Nessuna replica ufficiale al messaggio, riportato oggi con grande evidenza da Repubblica e Corriere del Mezzogiorno.
“Gentile Sindaco – scrivevano ieri Di Segni e Schapirer – lei più volte ha manifestato l’intenzione di fare della città che amministra un laboratorio di pace e di convivenza tra i popoli e le religioni del mondo. Un’ambizione che è nelle corde di Napoli, porta di accesso e tra le grandi capitali del Mediterraneo.
Ci chiediamo però come possa coerentemente raggiungere questo obiettivo se, al tempo stesso, la sua amministrazione continuerà a promuovere iniziative di segno diametralmente opposto. L’ultima delle quali il conferimento della cittadinanza onoraria al palestinese Bilal Kayed, che tutto è fuorché un uomo di pace”.
“Si tratta infatti – si legge ancora – di un pericoloso estremista, che ha trascorso 14 anni nelle carceri israeliane per le sue azioni violente e gode del sostegno di un’organizzazione terroristica quale è Hamas, che non esita a uccidere civili innocenti, compresi donne, anziane e bambini, pur di alimentare un conflitto permanente nella regione mediorientale. Siamo pertanto attonite e preoccupate da questa iniziativa, ultima di una serie, quando oggi tutte le Istituzioni italiane sono chiamate a collaborare per la garanzia dei fondamentali valori costituzionali e a una rigorosa verifica di chi risiede e dimora nelle nostre città”.
“Al fine di salvaguardare la storia e l’immagine di Napoli, quale città sempre attenta ai valori della vera democrazia – concludevano il messaggio – La preghiamo di intervenire al più presto per revocare tale iniziativa. Ben venga il suo impegno per un dialogo costruttivo, di conoscenza e di pace tra i due popoli, ma per conseguire tale fine occorre dare voce e spazio a chi si dedica a dare senso e valore alle nostre vite, da entrambe le parti”.
Ricorda Il Foglio: “Non è la prima volta che De Magistris dà prova di militanza antisraeliana. Il comune di Napoli ha concesso una sala al documentario “Israele – Il Cancro”, per la cui proiezione De Magistris ha dato addirittura la sala comunale in piazza del Gesù Nuovo, intitolata a Tommaso Campanella. De Magistris ha poi ricevuto la cittadinanza palestinese, ha dato quella di Napoli ad Abu Mazen e la sua città ha fornito patrocinio alla Freedom Flotilla per Gaza.

RIgetTATA LA PROPOSTA di washington
Abu Mazen dice no a Kerry:

"Nessun incontro con Bibi"
Vano è stato il tentativo del segretario di Stato americano di istituire un nuovo tavolo negoziale diretto tra i leader israeliani e palestinesi nella sua recente missione diplomatica a Parigi. A opporre un fermo rifiuto, rivela in queste ore la stampa palestinese, è stato il leader dell’Anp Abu Mazen. Da parte sua, viene riferito, nessun incontro con Netanyahu fino a quando lo stesso “non congelerà gli insediamenti” e fino a quando un gruppo di prigionieri palestinesi oggetto di un recente accordo “non sarà rilasciato dal carcere”
Un rifiuto, quello di Abbas, che arriva a pochi mesi dall’importante apertura di Netanyahu, che in maggio aveva manifestato la propria disponibilità a incontrare il leader dell’Anp “oggi stesso, a Gerusalemme, o se vuole anche a Ramallah”.
Stando a quanto viene ricostruito, anche sui media israeliani, al futuro incontro avrebbero dovuto partecipare anche rappresentanti di Egitto, Giordania, Russia, Giappone, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.
Secondo gli analisti, il rifiuto di Abbas sarebbe motivato dalla volontà di non scavalcare la proposta francese di tenere una conferenza internazionale di pace con un focus proprio sul Medio Oriente. Una proposta che piace molto dalle parti di Ramallah ma che è stata rifiutata chiaramente da Gerusalemme, che punta a negoziati diretti e bilaterali.
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RIO 2016
Monaco '72, un nuovo ricordo

nel giorno di Tishà Be Av
Gli undici nomi saranno scanditi lentamente. E per ciascuno sarà accesa una candela: undici luci a squarciare l’indifferenza che, per molti anni, ha accompagnato questa tragica vicenda ai più alti livelli dello sport mondiale.
Dopo la cerimonia di raccoglimento organizzata all’avvio del torneo nel villaggio olimpico, un nuovo momento di raccolta in ricordo delle vittime israeliane del massacro palestinese ai Giochi di Monaco del ’72 avrà luogo questa domenica all’interno del palazzo municipale di Rio de Janeiro.
Una data non casuale, il 14 agosto, scelto perché nelle stesse ore il calendario prevede la ricorrenza di Tishà Be Av, tra i giorni più luttuosi dell’anno ebraico.
Ad accendere le candele saranno le vedove di Yossef Romano, sollevatore di pesi, e di Andre Spitzer, allenatore di scherma. Anche in questo caso si tratta di una scelta ben precisa, combattendo entrambe da anni una difficile (e talvolta scoraggiante) campagna di sensibilizzazione dell’opinione pubblica internazionale.
“Per noi è la chiusura di un capitolo. È qualcosa di estremamente importante. Abbiamo aspettato 44 anni per ottenere questo ricordo e riconoscimento dei nostri cari brutalmente uccisi a Monaco”, ha affermato Ankie Spitzer.
Un momento di riflessione sul massacro del ’72 è previsto anche nel corso della cerimonia conclusiva di Rio 2016.

(Nell’immagine Ankie Spitzer e Ilana Romano)

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pilpul
Rio, Atene e Gerusalemme
Il Talmud (Makkot 24a) racconta che Rabbì Akivà, vedendo una volpe che si aggirava tra le rovine del Tempio distrutto, rideva: se si era avverata la profezia relativa alla distruzione si sarebbe avverata anche quella relativa alla rinascita. A Tishà Be-Av, che dovrebbe forse essere il giorno più triste dell’anno, inizia la consolazione. Ekhà, il libro delle Lamentazioni, si chiude con parole di speranza (al penultimo verso, che si usa ripetere dopo l’ultimo): “Facci ritornare a Te, Signore, e torneremo; rinnova i nostri giorni come prima.”
Intanto, mentre noi ebrei tingiamo di speranza il ricordo di una tragedia nazionale, in Italia si vive come una tragedia nazionale (prima notizia data mercoledì mattina da giornali radio e telegiornali) il fatto che la nostra campionessa di nuoto sia risultata la quarta più forte del mondo.
La coincidenza di Tishà Be-Av con le Olimpiadi può essere un’occasione per guardare con un po’ di diffidenza ai valori dell’antica Grecia, talvolta un po’ troppo idealizzata. Sarà perché insegno in un liceo classico, in cui il mito della grecità è accolto spesso acriticamente, sarà perché ho appena finito di leggere “Le Ateniesi” di Alessandro Barbero, un romanzo che offre della democratica Atene del V secolo a.e.v. un quadro fosco e terribilmente inquietante; mi scopro a domandarmi se, mentre esaltiamo giustamente i valori di pace, fratellanza, lealtà che dal mondo greco giungono a noi attraverso le Olimpiadi, non dovremmo al contempo stare in guardia contro la competizione fine a se stessa, la glorificazione del vincitore e l’umiliazione del perdente (o di chi non vince abbastanza), la mancanza di rispetto per l’impegno quando non è accompagnato da risultati. Un mondo in cui gli uomini non sono tutti uguali, un mondo fatto di vincitori e perdenti senza mezze misure, è anche un mondo che fatica a conoscere la speranza e la consolazione.


Anna Segre, insegnante
L'importanza della prevenzione
A differenza di Giovanni Belardelli, il quale scrive sul Corriere “che rischia di portare fuori strada, continuare ad evocare la mancata integrazione degli islamici europei di seconda generazione come un modo per combattere il terrorismo”, io continuo a credere invece che la lotta al terrorismo e la necessità di misure per l’integrazione non siano due percorsi su strade così distanti. Oltre a sostenere la solita tesi che prevenire è meglio che curare, è improponibile pensare di combattere il terrorismo islamico se non cerchiamo anche di includere quella parte di popolazione di origine musulmana che se non perfettamente integrata può cadere facilmente preda del radicalismo. Del resto non mi è neanche chiaro cosa proporrebbe all’opposto Belardelli per arginare il fenomeno, a parte equiparare giustamente l’Isis ai totalitarismi del XX secolo ed ufficializzare una guerra in corso.

Francesco Moises Bassano
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