tisha beav 5776
Alla ricerca dell'unità perduta
Uno
degli elementi che tiene unito il popolo ebraico da secoli a dispetto
di dispersioni e persecuzioni è l’uniformità delle regole di scrittura
e di lettura del Sefer Torah. Mentre i non ebrei azzardano ipotesi e
contro ipotesi sulla composizione del Pentateuco, noi ebrei siamo
ferrei: una lettera in più, in meno o differente invalida l’intero
rotolo finché non si provveda a correggerlo. Insomma, è affidata ai
Maestri la facoltà di interpretare la Torah a patto che non si giunga a
intaccarne il testo consegnatoci dalla Tradizione (Massorah). Anche la
lettura pubblica della Torah segue criteri rigorosamente unitari. Se il
lettore sbaglia una sola vocale, che peraltro nel testo non figura,
viene prontamente ripreso. E il brano letto di volta in volta è
identico in tutte le Comunità del mondo. Vero, ma fino a un certo
punto. Ci sono degli anni in cui per un certo periodo in Israele e
nella Diaspora non si legge la stessa Parashah settimanale. Per
l’esattezza in Eretz Israel sono avanti di una Parashah rispetto a
Chutz la-Aretz. Ciò accade allorché il secondo giorno di Shavu’ot o,
come quest’anno, l’ottavo giorno di Pesach cade di Shabbat. È noto il
fatto che fuori da Israele si aggiunge un giorno di Mo’ed in più
rispetto alla madrepatria. In Israele questa giornata è lavorativa a
ogni effetto, a meno che non cada di Shabbat. In tal caso vi si legge
la prima Parashah settimanale disponibile, mentre in Diaspora sarà
necessario attendere altri sette giorni. La compensazione avrà luogo
non appena giungeranno due Parashot che per tradizione si prestano a
essere unite: in Israele si leggeranno separatamente, mentre in Golah
saranno lette di seguito nella stessa giornata consentendo in tal modo
il “conguaglio”. Le coppie di Parashot unibili sono sette in tutto,
perlopiù concentrate da Pesach in avanti. Ci aspetteremmo che la scelta
ricada sulla coppia più prossima, in modo da limitare nel tempo il più
possibile l’effetto della discrepanza: eppure non è sempre così. Il
problema è ulteriormente amplificato quest’anno dal fatto di essere un
anno embolismico, dotato cioè di 13 mesi. Il mese aggiunto richiede già
di dover separare almeno quattro delle sette coppie. Ciò circoscrive
fortemente il numero di coppie disponibili per il “conguaglio”. Per una
tradizione che risale, a quanto pare, al Medioevo, in un anno come il
nostro, embolismico e con l’ottavo giorno di Pesach di Shabbat, la
discrepanza si protrae per oltre tre mesi. Per l’esattezza il
“conguaglio” è previsto avvenire solo con le Parashot di Mattot e
Mas’è, che in Diaspora si leggeranno unite a metà del periodo “fra i
due digiuni” commemorativi della distruzione di Yerushalaim. Ciò
sebbene nel frattempo si siano lette diverse altre Parashot considerate
unibili. Perché attendere tanto?
È molto raro in genere che Mattot e Mas’è si leggano separatamente. Fra
i due digiuni del 17 Tammuz e del 9 Av intercorrono tre settimane
esatte. Al terzo Shabbat è destinata per definizione la Parashat
Devarim, in cui Moshe rimprovera al popolo le sue malefatte nel deserto
e in particolare la “trasgressione degli esploratori” avvenuta il 9 Av:
il triste episodio che impedì alla generazione uscita dall’Egitto di
entrare in Israele. Le due Parashot precedenti sono Mattot e Mas’è. Se
noi le leggessimo separate, ecco che Pinechas, quella che giunge ancora
prima, verrebbe letta fuori dalle tre settimane. Ma noi abbiamo un
valido motivo per fare invece in modo di leggerla subito dopo il 17
Tammuz. In che modo? Unendo Mattot e Mas’è nello stesso Shabbat! Il
valido motivo è il seguente. La Parashat Pinechas parla della Chaluqqat
ha-Aretz, la suddivisione di Eretz Israel fra le varie tribù delineata
in prospettiva all’epoca di Moshe Rabbenu. A distanza di secoli e in
particolare dopo l’esilio e la distruzione del Tempio di Yerushalaim,
ecco che la lettura di questo brano dopo il digiuno del 17 Tammuz fu
sentita come una fonte di consolazione: non tutto è definitivamente
perduto, fa tornare le tribù al possesso della terra, “rinnova i giorni
nostri come in antico”! Comprendiamo a questo punto perché si voglia
attendere proprio la coppia Mattot-Mas’è per compiere il “conguaglio”
di quest’anno nella Diaspora. Anche a costo di prolungare la
discrepanza nella lettura settimanale della Torah fra Eretz Israel e
Golah per alcuni mesi.
Dicevamo all’inizio che la lettura della Torah è un fattore unificante
del popolo ebraico. È lecito domandarsi perché nel nostro caso
questa argomentazione passi apparentemente in secondo piano. Il
messaggio che si vuol dare in realtà è chiaro. La sequenza delle
Parashot è costruita in maniera per cui Pinechas la “consolatrice”
quest’anno viene letta dopo il digiuno proprio in Diaspora, mentre in
Israele lo si farà lo Shabbat precedente. È la Diaspora che in primis
ha bisogno di essere consolata. Ricordiamoci peraltro che la Golah è sì
causa di disgregazione, ma ne è anche l’effetto. Il secondo Tempio fu
distrutto, dicono i Maestri (Yomà 9b), per l’odio immotivato fra gli
individui. Se fossimo davvero rimasti uniti, non saremmo stati
esiliati! Trovarci per tre mesi in ritardo sulla lettura della Parashah
rispetto a Eretz Israel ce lo vuole rammentare. E chissà che proprio
questo fattore non ci stimoli a un ripensamento? Chissà che questa
temporanea disunità non ci porti essa stessa a ricercare l’antica unità
perduta?
Rav Alberto Moshe Somekh |
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