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Speciale 9 Av 5776
PAGINE EBRAICHE 24

davar
 tisha beav 5776
Alla ricerca dell'unità perduta 

Uno degli elementi che tiene unito il popolo ebraico da secoli a dispetto di dispersioni e persecuzioni è l’uniformità delle regole di scrittura e di lettura del Sefer Torah. Mentre i non ebrei azzardano ipotesi e contro ipotesi sulla composizione del Pentateuco, noi ebrei siamo ferrei: una lettera in più, in meno o differente invalida l’intero rotolo finché non si provveda a correggerlo. Insomma, è affidata ai Maestri la facoltà di interpretare la Torah a patto che non si giunga a intaccarne il testo consegnatoci dalla Tradizione (Massorah). Anche la lettura pubblica della Torah segue criteri rigorosamente unitari. Se il lettore sbaglia una sola vocale, che peraltro nel testo non figura, viene prontamente ripreso. E il brano letto di volta in volta è identico in tutte le Comunità del mondo. Vero, ma fino a un certo punto. Ci sono degli anni in cui per un certo periodo in Israele e nella Diaspora non si legge la stessa Parashah settimanale. Per l’esattezza in Eretz Israel sono avanti di una Parashah rispetto a Chutz la-Aretz. Ciò accade allorché il secondo giorno di Shavu’ot o, come quest’anno, l’ottavo giorno di Pesach cade di Shabbat. È noto il fatto che fuori da Israele si aggiunge un giorno di Mo’ed in più rispetto alla madrepatria. In Israele questa giornata è lavorativa a ogni effetto, a meno che non cada di Shabbat. In tal caso vi si legge la prima Parashah settimanale disponibile, mentre in Diaspora sarà necessario attendere altri sette giorni. La compensazione avrà luogo non appena giungeranno due Parashot che per tradizione si prestano a essere unite: in Israele si leggeranno separatamente, mentre in Golah saranno lette di seguito nella stessa giornata consentendo in tal modo il “conguaglio”. Le coppie di Parashot unibili sono sette in tutto, perlopiù concentrate da Pesach in avanti. Ci aspetteremmo che la scelta ricada sulla coppia più prossima, in modo da limitare nel tempo il più possibile l’effetto della discrepanza: eppure non è sempre così. Il problema è ulteriormente amplificato quest’anno dal fatto di essere un anno embolismico, dotato cioè di 13 mesi. Il mese aggiunto richiede già di dover separare almeno quattro delle sette coppie. Ciò circoscrive fortemente il numero di coppie disponibili per il “conguaglio”. Per una tradizione che risale, a quanto pare, al Medioevo, in un anno come il nostro, embolismico e con l’ottavo giorno di Pesach di Shabbat, la discrepanza si protrae per oltre tre mesi. Per l’esattezza il “conguaglio” è previsto avvenire solo con le Parashot di Mattot e Mas’è, che in Diaspora si leggeranno unite a metà del periodo “fra i due digiuni” commemorativi della distruzione di Yerushalaim. Ciò sebbene nel frattempo si siano lette diverse altre Parashot considerate unibili. Perché attendere tanto?
È molto raro in genere che Mattot e Mas’è si leggano separatamente. Fra i due digiuni del 17 Tammuz e del 9 Av intercorrono tre settimane esatte. Al terzo Shabbat è destinata per definizione la Parashat Devarim, in cui Moshe rimprovera al popolo le sue malefatte nel deserto e in particolare la “trasgressione degli esploratori” avvenuta il 9 Av: il triste episodio che impedì alla generazione uscita dall’Egitto di entrare in Israele. Le due Parashot precedenti sono Mattot e Mas’è. Se noi le leggessimo separate, ecco che Pinechas, quella che giunge ancora prima, verrebbe letta fuori dalle tre settimane. Ma noi abbiamo un valido motivo per fare invece in modo di leggerla subito dopo il 17 Tammuz. In che modo? Unendo Mattot e Mas’è nello stesso Shabbat! Il valido motivo è il seguente. La Parashat Pinechas parla della Chaluqqat ha-Aretz, la suddivisione di Eretz Israel fra le varie tribù delineata in prospettiva all’epoca di Moshe Rabbenu. A distanza di secoli e in particolare dopo l’esilio e la distruzione del Tempio di Yerushalaim, ecco che la lettura di questo brano dopo il digiuno del 17 Tammuz fu sentita come una fonte di consolazione: non tutto è definitivamente perduto, fa tornare le tribù al possesso della terra, “rinnova i giorni nostri come in antico”! Comprendiamo a questo punto perché si voglia attendere proprio la coppia Mattot-Mas’è per compiere il “conguaglio” di quest’anno nella Diaspora. Anche a costo di prolungare la discrepanza nella lettura settimanale della Torah fra Eretz Israel e Golah per alcuni mesi.
Dicevamo all’inizio che la lettura della Torah è un fattore unificante del popolo ebraico. È lecito  domandarsi perché nel nostro caso questa argomentazione passi apparentemente in secondo piano. Il messaggio che si vuol dare in realtà è chiaro. La sequenza delle Parashot è costruita in maniera per cui Pinechas la “consolatrice” quest’anno viene letta dopo il digiuno proprio in Diaspora, mentre in Israele lo si farà lo Shabbat precedente. È la Diaspora che in primis ha bisogno di essere consolata. Ricordiamoci peraltro che la Golah è sì causa di disgregazione, ma ne è anche l’effetto. Il secondo Tempio fu distrutto, dicono i Maestri (Yomà 9b), per l’odio immotivato fra gli individui. Se fossimo davvero rimasti uniti, non saremmo stati esiliati! Trovarci per tre mesi in ritardo sulla lettura della Parashah rispetto a Eretz Israel ce lo vuole rammentare. E chissà che proprio questo fattore non ci stimoli a un ripensamento? Chissà che questa temporanea disunità non ci porti essa stessa a ricercare l’antica unità perduta?  

Rav Alberto Moshe Somekh

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