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21 Ottobre 2016 -  19 Tishri 5777
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL

alef/tav

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
In pochi si rendono conto, nel veloce passaggio delle letture bibliche per Shemini Atzeret- Simchat Torah, che in quel giorno di festa e gioia rileggiamo e rinnoviamo il racconto della morte di Moshè Rabbenu.
È il ricercatore e studioso Avraham Yairi che ci fa notare nel suo testo “Toledot Chag Simchà Torah” che: “L’uso della Francia del Nord e della Germania ancora è sopraffatto dalla gioia e dalla malinconia (tristezza) e lo stesso vale per il minhag di Aram (Aleppo in Siria) Yemen, Cochin… per i minhaghim di Provenza, Nord Africa, Italia dove invece la tristezza ha la meglio sulla gioia e molti componimenti poetici, pyutim, che vengono detti dopo la lettura della Torah sono pyutim sulla dipartita di Moshe che in parte sono chiamati con il nome di kinot ( componimenti in stile di lamentazioni) e sono anche recitati da dei lamentatori e così si capovolge la gioia della fine della lettura della Torah in lutto per la morte di Moshe.”
 
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
Lo andiamo ripetendo da anni in tanti: il bene culturale, il retaggio materiale del passato umano, è un elemento imprescindibile per la civiltà in generale e per la conoscenza dei fondamenti delle singole e diverse identità. Chi nel recente passato ha voluto suscitare parole divisive, contrapponendo alle politiche di salvaguardia la necessità di investire sui vivi e sul futuro, di fronte alle polemiche suscitate dalle mozioni dell’Unesco su Gerusalemme si dovrebbe interrogare sul senso di quello che sta accadendo. L’investimento di risorse nelle politiche sociali e educative non solo non è in contrapposizione, ma per come la penso io è inevitabilmente legato a un lavoro attento di recupero, conservazione e gestione del patrimonio culturale che abbiamo ereditato dal passato. In questo senso assume un rilievo importante a livello nazionale l’evento che fra qualche giorno ricorderà – grazie al lavoro della Fondazione per i Beni Culturali Ebraici Italiani – la tragedia dell’alluvione di Firenze e il duro lavoro di salvataggio dei libri ebraici antichi conservati da quella comunità. Una scuola senza la sua biblioteca e un archivio da studiare, una comunità religiosa che crede di poter fare a meno dei suoi antichi cimiteri (e di chi lì è sepolto), un gruppo che crede di poter guardare avanti dimenticandosi della sua storia (che non sempre contiene espressioni coerenti con quel che vorrebbe fosse il suo presente) è condannato a perdersi rapidamente. Oggi è la volta del Monte del Tempio, cui viene negato un rapporto storico e materiale diretto con il passato ebraico.
 
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Lettera aperta
In una lettera aperta pubblicata sulla prima pagina de La Stampa la presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni si rivolge al capo dello Stato Sergio Mattarella a pochi giorni dalla sua visita in Israele. Il tema è il recente voto della vergogna all’Unesco che (con l’astensione dell’Italia) ha riscritto millenni di storia ebraica. “Diverse – scrive Di Segni – le civiltà del passato che hanno violato e distrutto il nostro Tempio. Diverse le ragioni che nei secoli hanno fatto percorrere ai pellegrini la lunga distanza dai remoti luoghi di provenienza. Come non comprendere che oggi gruppi estremisti e aggregazioni di ogni genere, che di civile nulla detengono, cercano la distruzione e l’annientamento? Come accettare che l’Unesco, agenzia preposta allo sviluppo della cultura, si esprima in tal modo? Per ben due volte, a distanza di pochi giorni, nonostante chiari segnali d’allarme, il rappresentante italiano ha scelto attraverso l’astensione di rimanere in silenzio. Un silenzio che dimentica le raffigurazioni riportate sull’Arco di Tito. Un silenzio assordante. Un silenzio che concorre ad un negazionismo contro il quale oggi tutti alziamo la voce”.
“Illustre Presidente – sottolinea Di Segni nella conclusione del suo intervento – le scrivo perché gli ebrei italiani restano fiduciosi che dall’alto del suo prestigio il Quirinale possa risvegliare un orientamento di saggezza ed equilibrio, l’unico che possa rappresentare i sentimenti di tutte le identità e di tutti i cittadini, e affermare i nostri più importanti valori costituzionali. Non abbiamo altro da chiedere che tenere in alto l’onore dell’Italia e garantire al nostro Paese un ruolo da protagonista nell’immenso lavoro di costruzione della pace che ci deve vedere tutti impegnati”.
 
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  davar
DOPO L'INTERVENTO DELLA PRESIDENTE UCEI
L'Italia e il voto della vergogna

Il Governo ora si muove
Qualcosa si muove e il Governo italiano ha chiaramente avviato una seria riflessione su quanto avvenuto all’Unesco dove, nei giorni scorsi, era stato approvato un grottesco e vergognoso documento volto a negare l’identità ebraica di alcuni luoghi sacri di Gerusalemme.
Erano trascorse solo poche ore dalla diffusione dall’invito alla riflessione rivolto dalla Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la reazione è subito rimbalzata su Palazzo Chigi. Prima ancora di rientrare in serata a Roma da Bruxelles, il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha scelto di rompere il silenzio, manifestando una netta contrarietà a quanto avvenuto all’Unesco e annunciando un vertice con il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. Un chiaro segnale di disponibilità a mettere meglio a fuoco la posizione italiana, su una vicenda che lo stesso Renzi ha definito “Incomprensibile, inaccettabile e sbagliata”.
"Una vicenda allucinante – ha detto Renzi - ho chiesto al ministro Esteri di vederci subito al mio ritorno a Roma. È incomprensibile, inaccettabile e sbagliato. Ho chiesto espressamente ieri che la si smetta con queste posizioni. Non si può continuare con queste mozioni finalizzate solo ad attaccare Israele. Se c'è da rompere su questo l'unità europea che la si rompa".
Sollievo, apprezzamento per l’evoluzione e attesa di seguire la vicino le prossime mosse del Governo sono state espresse in via informale dalla Presidente dell’Unione, che nei prossimi giorni si attende una maggiore messa a fuoco del ruolo italiano e di una politica estera attenta a conferire al nostro paese un ruolo di primo piano nell’immane lavoro di costruzione della pace fra tutte le genti che si affacciano sul Mediterraneo.
La speranza, ha valutato la Presidente UCEI, è che documenti simili non solo trovino una ferma opposizione, ma in futuro non arrivino nemmeno sul tavolo di organizzazioni che dovrebbero piuttosto assolvere al loro vero fine istituzionale. Che nessuno possa mai più giovarsi della loro legittimazione per iniziative come quella degli scorsi giorni.
 
Qui di seguito il testo della lettera aperta della Presidente Di Segni, ripresa nella sua forma integrale e in prima pagina sull’edizione odierna dal quotidiano La Stampa.
 


Illustre Presidente Mattarella,
il momento della sua partenza per l’attesa visita in Israele, la prima nel suo mandato di Presidente della Repubblica, è ormai vicino.
Alla vigilia di questo importante appuntamento, vorrei condividere in questo messaggio i nostri sentimenti di ebrei italiani, cittadini che credono nella pace e nel progresso.
La sua visita si annuncia intensa e carica di significati, volta a riaffermare la storica amicizia che lega lo Stato ebraico all’Italia, ai suoi rappresentanti, al suo popolo, alla sua cultura. Italia e Israele sono oggi al fianco in molte sfide. Collaborano strettamente sul piano istituzionale, e questo viaggio ne è la più alta conferma, ma la cooperazione si estende anche in molti altri campi.
Un flusso continuo di persone, idee e progetti che rafforza un comune impegno al servizio dell’intera collettività e del suo benessere economico, intellettuale, spirituale. Un vissuto plurimillenario, che tra ebraismo e cristianesimo, tra Gerusalemme e Roma, due capitali della civiltà mediterranea, testimonia un confronto vivo, talvolta contrastato, ricco di storia, di vicende, di speranze talvolta tradite, di conquiste che hanno spesso un risvolto quasi miracoloso.
Per questo gli ebrei italiani, e con loro tutti i cittadini che si riconoscono nel primario valore che è la verità vissuta, che agiscono in buona fede e trasparenza, che credono e accordano la loro fiducia alle massime istituzioni democratiche, sono sconcertati e feriti dal comportamento tenuto in questo mese di ottobre dalla rappresentanza diplomatica italiana all’Unesco. Sulla base di una proposta di alcuni Paesi arabi, e con un’alzata di mano di altri che vi hanno aderito, è stata negata l’identità ebraica di Gerusalemme e dei suoi storici luoghi di preghiera e raccolta, di pianto e feste, di inno alla vita e alla libertà ritrovata.
Diverse le civiltà del passato che hanno violato e distrutto il nostro Tempio. Diverse le ragioni che nei secoli hanno fatto percorrere ai pellegrini la lunga distanza dai remoti luoghi di provenienza. Come non comprendere che oggi gruppi estremisti e aggregazioni di ogni genere, che di civile nulla detengono, cercano la distruzione e l’annientamento? Come accettare che l’Unesco, agenzia preposta allo sviluppo della cultura, si esprima in tal modo?
Per ben due volte, a distanza di pochi giorni, nonostante chiari segnali d’allarme, il rappresentante italiano ha scelto attraverso l’astensione di rimanere in silenzio. Un silenzio che dimentica le raffigurazioni riportate sull’Arco di Tito. Un silenzio assordante. Un silenzio che concorre ad un negazionismo contro il quale oggi tutti alziamo la voce.
Illustre Presidente, tra qualche giorno lei avrà modo di visitare Gerusalemme, di camminare lungo le vie in cui ogni pietra dichiara come la città sia la capitale del risorto Stato di Israele e la casa di tutti coloro che amano la pace, di varcare la soglia dei luoghi sacri alle grandi religioni monoteiste, di vedere davanti ai suoi occhi scorrere la vita quotidiana degli abitanti di questa città che non conosce eguali.
Potrà facilmente constatare come ogni luogo di Gerusalemme, capitale unica e indivisibile dello Stato di Israele, parli una lingua plurimillenaria. La lingua dell’identità, della spiritualità, del più autentico rispetto dell’altro. Tra le centinaia di dediche, di rappresentazioni artistiche, di canzoni religiose, epiche, più allegre e più tristi dedicate nei secoli a Gerusalemme, Le cito quella sul Kotel (parole di Yosi Gamzu), che con la sua musica struggente insegna che al di là di quanto si sente e si vede, al di là di come si è vestiti conta quanto si è donato e sacrificato nei millenni ed ancora oggi: “Esistono pietre con un cuore umano e uomini con cuore di pietra”, troppo vero.
Illustre Presidente, le scrivo perché gli ebrei italiani restano fiduciosi che dall’alto del suo prestigio il Quirinale possa risvegliare un orientamento di saggezza ed equilibrio, l’unico che possa rappresentare i sentimenti di tutte le identità e di tutti i cittadini, e affermare i nostri più importanti valori costituzionali. Non abbiamo altro da chiedere che tenere in alto l’onore dell’Italia e garantire al nostro Paese un ruolo da protagonista nell’immenso lavoro di costruzione della pace che ci deve vedere tutti impegnati.

Noemi Di Segni,

presidente Unione delle Comunità Ebraiche Italiane

Ancora numerose le reazioni sul voto Unesco e sui segnali del mondo politico. Dichiara la presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello in un comunicato diffuso questa mattina: "Le parole del Presidente del Consiglio Matteo Renzi in merito alla votazione Unesco su Gerusalemme e sull'astensione dell'Italia rappresentano una presa di posizione importante che ci solleva rispetto al silenzio di questi giorni. Era per noi inaccettabile come ebrei romani pensare che il nostro Governo si astenesse di fronte a una mozione così antistorica e palesemente antisemita. Vorremmo capire come si è arrivati a questa astensione e cosa farà il Governo per porvi rimedio. Ora che la votazione all'Unesco è definitiva, c'è bisogno di un atto politico che dia seguito alle dichiarazione di questa mattina. Siamo certi che l'Italia saprà prendere una posizione chiara e netta per rimediare a quell'astensione così vergognosa".
Significativa anche la decisione del Centro Unesco di Firenze che, su impulso della docente universitaria Silvia Guetta, ha chiesto alla presidente della Federazione Italiana dei Centri e dei Club Unesco di manifestare la propria vicinanza alla direttrice generale dell'organizzazione Irina Bokova, che ha espresso la propria contrarietà alla risoluzione e che per questo ha ricevuto persino delle minacce di morte.
domenica la prima iniziativa
Firenze, a 50 anni dall'Alluvione Arte e libri ebraici in mostra
Cresce l’attesa a Firenze per il grande ritorno dei libri ebraici alluvionati, in esposizione nella mostra “E le acque si calmarono” che si inaugurerà giovedì 27 ottobre alla Biblioteca Nazionale Centrale su iniziativa della Fondazione Beni Culturali Ebraici in Italia.
Libri di preghiera, Sefer Torah, arredi e tessuti. Testimonianze preziose, sottoposte a un lungo lavoro di restauro e conservazione, che permettono di abbracciare molti secoli di storia ebraica fiorentina. Un’iniziativa tra le più prestigiose del significativo calendario di appuntamenti organizzati per il 50esimo anniversario dell’alluvione.
Quattro novembre 1966. Devastazione ovunque, ma anche la voglia di ripartire subito con nuovo slancio. Come testimonia l’emozione suscitata dalle storie dei tanti “angeli del fango” che si precipitarono a Firenze nelle ore successive all’esondazione delle acque dell’Arno. È il filo conduttore degli eventi dei prossimi giorni, tra cui l’inaugurazione di una seconda mostra a carattere ebraico nei locali della Comunità, prevista per questa domenica alle 10.30.
In esposizione documenti sette-ottocenteschi, arredi e opere d’arte ebraica rituale. Ad inaugurare la mostra il presidente della Comunità ebraica fiorentina Dario Bedarida, il vicepresidente della Fondazione Beni Culturali Ebraici in Italia Renzo Funaro, il rabbino capo Joseph Levi. L’inaugurazione si aprirà con un ricordo dell’ingegner Giuseppe Viterbo, da poco scomparso, che molto si spese per il ripristino della biblioteca ebraica alluvionata.
Seguiranno alcuni interventi di specialisti tra cui quelli delle storiche Liana Elda Funaro e Dora Liscia Bemporad e di Gabriella Todros della Soprintendenza Archivistica. Al termine della visita alla mostra sarà inoltre ricordata la figura di Luciano Camerino, Testimone romano della Shoah che fu un “angelo del fango” e che in quelle ore drammatiche perse la vita per un malore.
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qui roma - viaggio della memoria
Shoah, il ruolo degli scienziati

I medici in visita ad Auschwitz
Cinquanta tra medici, pediatri e ricercatori degli ospedali Israelitico e Bambino Gesù di Roma affronteranno dall’8 al 10 novembre prossimi un viaggio della Memoria dedicato al tema della medicina nella Shoah. Per comprendere a fondo non solo la portata dell’orrore, ma anche quale ruolo ebbe la scienza – o per meglio dire le teorie pseudo-scientifiche propugnate dai nazisti come l’eugenetica – nello sterminio.
L’iniziativa è stata presentata questa mattina a Roma, alla Casina dei Vallati, sede della Fondazione Museo della Shoah. Sarà proprio quest’ultima a coordinare il progetto sotto la supervisione del suo direttore scientifico Marcello Pezzetti, che accompagnerà il gruppo a Cracovia e ad Auschwitz-Birkenau. Al viaggio parteciperà anche Sami Modiano, uno dei pochissimi sopravvissuti alla deportazione della comunità ebraica di Rodi, che porterà la sua testimonianza e i suoi ricordi di quei luoghi dell’orrore.
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pilpul
A ritmi alternati
In anni come questo, in cui i giorni festivi non sono mai durante il weekend, Tishrì diventa un mese curiosamente bifronte, in cui si vive a ritmi alternati: tre giorni (più la sera della vigilia) di calma e quattro frenetici di maratone per recuperare le cose non fatte nei giorni festivi: lezioni da preparare, compiti da correggere, cumuli di mail a cui rispondere. Costruire e mantenere intorno a sé l’atmosfera gioiosa della festa in giorni che per tutti intorno a noi sono feriali è una sfida difficile ma entusiasmante. E a Sukkot, tra giorni di festa e mezza festa, la sfida si fa ancora più difficile e l’atmosfera festiva si regge su equilibri molto precari; del resto Sukkot non è appunto la festa della precarietà? Poi alla fine arriva la Simchat Torah, tra canti e balli e grande allegria, e dal giorno dopo inizia il periodo più lungo del calendario ebraico senza feste o ricorrenze: chissà se in fondo, oltre a gioire per la Torah, non festeggiamo anche un po’ il ritorno a una routine quotidiana che, dopo un mese sopra le righe, ci appare in una luce molto più gradevole del solito?

Anna Segre, insegnante

Amicizie pericolose
Il candidato presidente del Partito Repubblicano Donald Trump, ha sostenuto recentemente “che gli unici che combattono veramente il Daesh sono Bashar al-Assad, la Russia e l’Iran”. Non so in quale dimensione viva Trump e su quali media stia seguendo il conflitto in Siria – sempre che lo stia seguendo – e non mi capacito neppure come un candidato alla presidenza Usa possa sostenere tali avversari. Rifletto soltanto sul fatto che i regimi di Damasco e di Teheran, i quali tra l’altro appoggiano Hezbollah, sono tra i principali nemici di Israele, e la Russia ha poi votato negli ultimi giorni la risoluzione dell’Unesco che nega l’identità ebraica di alcuni siti di Gerusalemme. Quella di Trump non è comunque una voce isolata, Vladimir Putin – o in misura minore anche Bashar al-Assad – in Occidente è sempre più venerato, non solo dalla destra, ma da una parte consistente di movimenti che si possono considerare “populisti”. Forse anche questa è un altro tipo di Soumission silenziosa dell’Europa.
“Si profila all’orizzonte una lunga volontaria sottomissione a singoli dittatori e usurpatori (creduti salvatori)” scriveva Jakob Burckhardt, il quale profetizzava già nel 1872 il tramonto delle democrazie liberali.
Chissà in questo mondo affascinato dai populismi, dai fanatismi e dalle dittature, quale sarà l’atteggiamento che emergerà nei confronti di Israele. La risoluzione approvata dall’Unesco non lascia granché sperare in bene. Ma a tal proposito, aggiungerei che definire la questione, come ha fatto Il Foglio, “Shoah culturale”, sia comunque inappropriato. Certe parole non possono essere usate con tale flessibilità e hanno una collocazione storica ben circoscritta. L’antisemitismo mascherato da antisionismo è già di per sé sufficiente per definire un sentimento d’intolleranza nei confronti degli ebrei o di Israele. Purtroppo costante e sempre rinvigorito nel tempo.


Francesco Moises Bassano


Paradosso
II legame negato tra ebraismo e Monte del Tempio a Gerusalemme da parte dall’Unesco nei giorni scorsi rimane una nota di amarezza e di sdegno. Contemporaneamente, la festa di Succot è in conclusione: la terza festa del pellegrinaggio che nella tradizione ha pure una valenza universalistica. Sembra davvero un paradosso.

Ilana Bahbout

La negazione e lo humor
Quando l’Unesco decide di non riconoscere più alcuna connessione tra il popolo del libro e la sua Capitale, anche il Primo ministro Netanyahu rivela uno senso dello humour sottile e tagliente. “Quale sarà il prossimo passo?”, scrive sul suo profilo Twitter. “Negare Batman a Robin? Il Rock al Roll?”.
E io aggiungerei, il popolo ebraico senza Gerusalemme è come Grillo senza un megafono, Fatah senza Hamas, Moni Ovadia senza una barzelletta scadente.


David Zebuloni





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