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27 ottobre 2016 - 25 Tishiri 5776
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav


Elia Richetti,
rabbino
Nel racconto della Creazione, la Torah dice che Ha-Kadòsh Barùkh Hu ha “benedetto” e “santificato” lo Shabbat. Il Midràsh riporta l’opinione secondo la quale la benedizione speciale dello Shabbat consiste nel fatto che la luminosità del volto di chi vive lo Shabbat è diversa da quella della stessa persona negli altri giorni della settimana.
 
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
Di Gerusalemme
All’assemblea generale della Hevràt Yehudé Italia (HYI), che si è tenuta ieri sera a Gerusalemme, sono emersi e si sono confrontati due diversi modelli del vivere in Israele: l’uno, come un gruppo di origine con una propria personalità, lingua e cultura destinato a mantenersi separato e distinto dalla maggioranza della società nei tempi lunghi; l’altro, come un gruppo destinato a fondersi e ad assimilarsi nella corrente centrale della società israeliana pur tenendo viva la tradizione ebraica italiana. La realtà sociale ovviamente comprende elementi dell’uno e dell’altro modello.
 
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Scosse nel Centro Italia
torna la paura terremoto
Ore di angoscia e preoccupazione in tutto il paese per le popolazioni colpite ieri sera dal sisma nel Centro Italia. Le organizzazioni degli ebrei italiani, dopo la solidarietà concreta portata ad Amatrice e nelle altre località devastate in agosto, seguono con attenzione l’evolversi dei fatti.
“Se confermata l’assenza di vittime e feriti gravi il bilancio del terremoto di ieri sera è miracoloso vista l’intensità delle scosse” dichiara intanto il ministro dell’Interno Angelino Alfano.

Gentiloni: “Se si voterà di nuovo all’Unesco, l’Italia sarà per il no”. Come riportano i media nazionali, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, dopo aver incontrato alla Farnesina la Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni, ha spiegato al parlamento il cambio di rotta della diplomazia italiana all’Unesco, che nelle scorse ore ha votato una nuova risoluzione (Repubblica) che nega il rapporto tra ebraismo e Monte del Tempio di Gerusalemme (l’Italia non era tra gli aventi diritto al voto). “Se le stesse proposte ci saranno ripresentate ad aprile, il governo italiano passerà dall’astensione al voto contrario”, ha spiegato Gentiloni durante il question time alla Camera. “La risoluzione – ha sottolineato il ministro – si ripropone due volte l’anno dal 2010. Dal 2014 contiene le formulazioni che negano le radici ebraiche del Monte del Tempio”. “Con grande apprezzamento – ha dichiarato la Presidente Di Segni, che ha guidato la delegazione di cui hanno fatto parte il vicepresidente dell’Unione Giorgio Mortara, il segretario generale UCEI Gloria Arbib e la Presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello – accolgo le rassicurazioni del ministro, siamo certi che d’ora in poi in sede Unesco e nelle altre istituzioni internazionali i nostri rappresentanti faranno registrare un deciso cambio di rotta” (tra gli altri, Avvenire e il Foglio). Per Gentiloni infatti “non si può accettare l’idea” che l’Unesco “invece di concentrarsi sul patrimonio culturale diventi cassa di risonanza di tensioni politiche: l’Unesco faccia l’Unesco”.

Unesco, la vergogna continua. Nelle scorse ore il World Heritage Committee dell’Unesco (in cui l’Italia al momento non è rappresentata) ha confermato la vergognosa risoluzione votata la scorsa settimana dall’organizzazione delle Nazioni Unite che si dovrebbe occupare di cultura, negando il rapporto tra ebraismo e Gerusalemme. In risposta, il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha richiamato l’ambasciatore d’Israele all’Unesco, spiega il Giornale. Secondo Libero, il governo israeliano ha chiesto anche al Vaticano di mobilitarsi per ostacolare iniziative come quella del World Heritage Committee, in quanto nega anche il legame tra cristianesimo e Gerusalemme. E su questo tema, diverse le riflessioni che compaiono sui quotidiani italiani: sull’inserto Origami de La Stampa David Bidussa parla sia del voto Unesco sia della scelta del governo austriaco di abbattere la casa natale di Hitler. E sul primo spiega che scegliere di non menzionare il nome ebraico del Monte del Tempio e riferirsi ad esso con il solo nome islamico, come fa la risoluzione Unesco, non è una scelta neutra. “I nomi – scrive Bidussa – contengono storia. Eliminarli equivale a togliere pezzi di storia”. Sul Corriere della Sera compare invece un’editoriale a firma Tzipi Livni, ex ministro degli Esteri israeliano: secondo Livni, “la risoluzione approvata dall’Unesco rischia di trasformare il conflitto (tra israeliani e palestinesi) in una guerra di religione” ed è pertanto un ostacolo alla pace.

Firenze e i libri ebraici salvati dall’alluvione. Apre oggi al pubblico (inaugurazione alle 17.30, preceduta da una tavola rotonda alle 15.30) la mostra “E le acque si calmarono” che la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze ospita per tre mesi dedicandola ai libri ebraici alluvionati e al loro emozionante ritorno in città a 50 anni dall’esondazione dell’Arno. “La mattina del 4 novembre – racconta il Corriere Fiorentino – i rabbini Fernando Belgrado e Umberto Sciunnach furono sorpresi dall’onda di fango che aveva spalancato le porte del Tempio di via Farini sommergendo le panche e tutti gli oggetti rituali che trovava. Prima di essere costretti a mettersi in salvo, riuscirono ad aprire l’armadio sacro che conteneva oltre cento Sefer Torah, i rotoli della legge, e a portarne al sicuro alcune decine”. “Ne abbiamo conservati tre come testimonianza – racconta al quotidiano il vice presidente della Fondazione per i Beni Culturali Ebraici in Italia, Renzo Funaro – due esposti nel museo ebraico di Firenze, e uno, il meno danneggiato è questo”, indicando, al centro della Sala di Dante della Biblioteca Nazionale Centrale, il pezzo più importante della mostra.

Sul fondo della coscienza. Il dialogo religioso e i conflitti contemporanei. È il tema del dibattito organizzato dall’Enciclopedia Reccani che si tiene questa mattina alle 10,30 a Roma, nella sede dell’Enciclopedia a Palazzo Mattei di Paganica. Dopo l’introduzione, affidata a Massimo Bray, seguiranno, moderati dal giornalista Antonio Polito, gli interventi di studiosi ed esponenti di varie religioni: rav Riccardo Di Segni, Daniele Menozzi, Giorgio Pressburger, Abdellah Redouane, Lucetta Scaraffia, Davide Scotto, Silvano Maria Tomasi, Giovanni Maria Vian (Avvenire e Corriere della Sera).

Milano, il no di Sala a “via Almirante”. Il Giornale Milano riporta l’ennesima iniziativa che vorrebbe intitolare a Giorgio Almirante una via, questa volta a Milano. Il quotidiano riporta il no di Giuseppe Sala, sindaco della città, rispetto a questa proposta portata avanti da Fratelli d’Italia: “Io non dimentico Salò”, la risposta di Sala. “Il fascismo è stato un male non solo per gli ebrei ma per tutti gli italiani. Ha portato guerra, dolore e distruzione. Trovo impropria un’iniziativa del genere. Preferirei persone che abbiano costruito qualcosa di positivo”, il commento sul quotidiano di Davide Romano, assessore alla Cultura della Comunità ebraica di Milano.
 
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  davar
da firenze un pensiero agli sfollati 
Catastrofi e solidarietà concreta
Ebrei al fianco dei terremotati

Ore di angoscia e preoccupazione in tutto il paese per la sorte delle popolazioni colpite dal terremoto. Le organizzazioni ebraiche e israeliane, dopo la solidarietà concreta portata ad Amatrice e nelle altre località devastate in agosto dal sisma che già colpì il Centro Italia, seguono con attenzione l’evolversi dei fatti.
L’uomo davanti alle catastrofi naturali: il lutto, l’angoscia, il senso di sfiducia. La sfida di una reale prevenzione che possa attutire i colpi. Ma anche la necessità di ripartire al più presto, tutti insieme, come un’unica forza, con uno sguardo rivolto al futuro. Temi che in queste e nelle prossime ore saranno centrali a Firenze, dove è prevista nel pomeriggio, nel quadro delle iniziative per il Cinquantenario dell’alluvione, l’inaugurazione della grande mostra “E le acque si calmarono” che segna il ritorno in città della biblioteca ebraica devastata dall’Arno mezzo secolo fa. Libri antichi, volumi a stampa, manufatti: opere e testimonianze preziose, riportate a nuova vita grazie all’impegno e a una stretta collaborazione tra enti ebraici, istituzioni, professionisti, volontari.
Un ritorno carico di significati simbolici e che regala un sorriso in una giornata difficile.

DOPO L'INCONTRO CON LA DELEGAZIONE EBRAICA
Gentiloni alla Camera: "Unesco,
l'Italia cambierà atteggiamento"

“Se le stesse proposte ci saranno ripresentate ad aprile, il governo italiano passerà dall’astensione al voto contrario”.
Parole ferme e inequivocabili quelle pronunciate ieri dal ministro degli Esteri Paolo Gentiloni alla Camera dei deputati, dove era atteso da un question time dedicato tra i molti temi al recente voto che all’Unesco, con duplice astensione italiana, ha negato la storica identità ebraica di alcuni luoghi di Gerusalemme.
Rassicurazioni significative, quelle del ministro, che sono arrivate a poche ore da un costruttivo incontro alla Farnesina con una delegazione ebraica guidata dalla presidente UCEI Noemi Di Segni e di cui facevano anche parte la presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello, il vicepresidente dell’Unione Giorgio Mortara e il segretario generale UCEI Gloria Arbib.
“Credo che dobbiamo lavorare affinché l’Unesco faccia l’Unesco, perché non c’è dubbio che si tratta di una delle Organizzazioni delle Nazioni Unite che potenzialmente ha il ruolo più importante e per noi italiani un ruolo fondamentale. Noi siamo orgogliosi di essere il Paese al mondo che ha il maggior numero di siti definiti dall’Unesco patrimonio dell’umanità, ma contemporaneamente – ha affermato il ministro alla Camera – non possiamo accettare l’idea che, invece di concentrarsi sulla tutela del patrimonio culturale, l’Unesco diventi cassa di risonanza di conflitti di natura politico-religiosa”.
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franceschini presenterà il museo a tel aviv 
Mattarella e il Meis, in Israele
cresce l'attesa per la visita

Grande attesa in Israele per l'arrivo del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che inizierà ufficialmente con la visita allo Yad Vashem di Gerusalemme, a cui seguirà una lectio magistralis all'Università Ebraica in occasione dell'inaugurazione del nuovo anno accademico. E il capo dello Stato, accompagnato tra gli altri nel viaggio dalla Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni, sarà anche presente il 2 novembre al Museo Eretz Israel di Tel Aviv, quando il ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, Dario Franceschini, presenterà al pubblico israeliano il grande progetto del Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah, in via di realizzazione a Ferrara. A spiegare l'importanza a livello nazionale e internazionale dell'iniziativa, fortemente appoggiata dal governo italiano, al fianco del ministro Franceschini ci saranno Simonetta Della Seta e Dario Disegni, rispettivamente direttore e presidente del Meis, oltre al sindaco di Ferrara Tiziano Tagliani.
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Qui Torino - la lezione dedicata allo scrittore 
I tedeschi secondo Primo Levi
La Lezione Primo Levi giunge quest’anno alla sua ottava edizione, che sommata alle precedenti dà la percezione di quanto il mondo letterario e biografico di Levi assomigli sempre più a “un continente da scoprire che si fa via via che lo si studia sempre più vasto e ricco di territori ancora inesplorati”. Così Ernesto Ferrero, presidente del Centro Internazionale di Studi Primo Levi, sintetizza con una metafora l’avvincente e complesso mondo della ricerca che sta dietro alla preparazione di ogni Lezione. Quest’anno il tema scelto è il rapporto tra Primo Levi e i tedeschi. A guidare il pubblico in questo terreno ambiguo e scivoloso, ma allo stesso tempo stimolante proprio perché nuovo, è la studiosa Martina Mengoni, filosofa e dottoranda in Letteratura Italiana presso la Scuola Normale Superiore di Pisa con un progetto di ricerca su I sommersi e i salvati. Autrice di alcuni saggi su Levi, tra cui Variazioni Rumkowski, 2011; Doktor Primo Levi, 2014; Gli autoritratti periodici di Primo Levi, 2015) e ha pubblicato l’edizione del carteggio tra Primo Levi e Claude Lévi-Strauss (2015). “Le Lezioni di Primo Levi – spiega Fabio Levi, direttore del Centro Internazionale Primo Levi – rientrano in un più ampio programma di iniziative di cui il Centro si fa promotore, che ha come obiettivo la ricerca costante di nuovi pubblici e di nuovi collaboratori”.

Alice Fubini
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QUI ROMA - il festival della diplomazia
Come governare l'insicurezza
"Ecco cosa ci insegna Israele"

L’unità europea che si sgretola, la crisi dei migranti, la minaccia del terrorismo islamico, nuovi conflitti che si affacciano drammaticamente nella nostra quotidianità.
Una “stagione di incertezze”, come riporta nel titolo di questa edizione il Festival della diplomazia in svolgimento a Roma. Una stagione di incertezze, ma al tempo stesso una stagione di opportunità per tramutare l’angoscia in pragmatismo, crescita di consapevolezza, definizione chiara dei propri obiettivi e dei valori da difendere.
L’esperienza di Israele, paese costretto a convivere ogni giorno con situazioni critiche, con piccole e grandi emergenze, con vicini apertamente ostili e bellicosi, può rappresentare in questo senso un modello. Un tema di cui molto si è parlato in questi mesi e che è stato centrale ieri in occasione del panel “La percezione dell’insicurezza” tenutosi al Centro Studi Americani davanti a un folto pubblico.
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SEGNALIBRO - WALTER ARBIB A ROMA
"Per aiutare ci vuole coraggio"
Arriva in queste ore a Roma Don’t Shoot! I’m the good guy (ed. Malcom Lester), avvincente biografia che il giornalista israeliano Yossi Melman ha dedicato all’imprenditore tripolino Walter Arbib (nel disegno, a sinistra). Un libro tutto da scoprire, protagonista questa sera di un evento molto atteso in città.
Scrive Simonetta Della Seta su Pagine Ebraiche di novembre, tratteggiando una biografia di Arbib: “Lavora per gli Stati Uniti, per l’Italia, per Israele. Lo Stato ebraico gli affida missioni nei Paesi arabi, con i palestinesi. Dove non arriva l’esercito, giunge in soccorso Arbib. Nel 2011 è in Israele che Walter festeggia i suoi settanta anni, circondato da autorità e vip di ogni genere. Eppure lui non perde la consapevolezza delle sue origini. Aiuta la comunità degli ebrei libici in Israele (finanziando il museo di Or Yehuda) e in Italia (finanziando la sala degli ebrei libici al museo ebraico di Roma). In Israele fa nascere una foresta a nome di Giorgio Perlasca, il Giusto italiano tra le Nazioni più noto anche all’estero. Walter è instancabile. Quando in Canada fa freddo, si ritira con la famiglia nella casa ai Caraibi. Quando ha voglia, torna nella sua amata Roma. Con la Libia, mantiene un conto aperto. Chissà di quali sorprese è ancora capace”.

(Disegno di Giorgio Albertini)
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cordoglio per la scomparsa dei coniugi ravà
Ruggero e Lucietta, un ricordo
L'ebraismo italiano e la Comunità ebraica di Venezia si stringono attorno alla famiglia di Ruggero Ravà e Lucietta Piperno Ravà, scomparsi negli scorsi giorni all'età di 93 e 91 anni. “Si erano sposati a Roma il Primo marzo del 1953 – ricorda Vittorio Ravà, uno dei quattro figli della coppia – E il loro è stato il primo matrimonio celebrato da rav Elio Toaff z.l. nelle vesti di rabbino capo di Roma”. L'ingegner Ruggero Ravà, nato il 12 giugno 1923 nonché figlio di una delle fondatrici dell'associazione Adei di Venezia, Adriana Finzi Ravà, e di Gino Vittorio, aveva portato avanti la tradizione di famiglia, diventata importante nel settore delle costruzioni edilizie a Venezia. Si dedicò molto alla Comunità ebraica lagunare, impegnandosi a titolo gratuito al restauro del suo patrimonio monumentale. L'ingegner Ravà aveva vissuto assieme alla moglie Lucietta – nata il 19 agosto del 1925 a Roma e figlia dell'ingegner Ruggero Piperno e della signora Rosina Piperno Piperno - tra la Laguna e Siena, partecipando alla vita sinagogale e comunitaria di entrambe le realtà. Dal loro matrimonio, oltre al figlio Vittorio, sono nate Gaia – attualmente Consigliere della Keillah veneziana -, Annarosa e Lisa, a cui sono seguiti quattro nipoti e tre bisnipoti.
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jciak
Quando alla regia c’è Bob Dylan
C’è chi, come Barbra Streisand, si è destreggiato fra musica e grande schermo per un’intera carriera, facendo man bassa di premi. E chi, come Bob Dylan, con la sua musica si è aggiudicato addirittura un Nobel – se poi lo accetterà è tutto un altro discorso – ma con il cinema non riesce a fare centro. Non per mancanza di interesse, perché fin dagli anni Sessanta ci prova a ripetizione, alternando i panni di regista, attore, sceneggiatore e sperimentando il mezzo in mille modi. Ma la scintilla non scocca e l’amore non è del tutto corrisposto.
Il primo buco nell’acqua ha dell’incredibile. Dylan è all’apice del successo, quando si cimenta alla regia con le riprese del tour inglese del 1966, girate da D.A. Pennebaker, che dovevano documentare il passaggio dal folk acustico al rock’ roll. Scontento del montaggio fatto da Pennebaker, riassembla il tutto in Eat the Document (1972).
Il montaggio, avant-garde e lievemente allucinato, intercala riprese delle prove e delle esibizioni a scene di pura fiction. È talmente complicato che Abc, che l’aveva commissionato, lo rifiuta perché di difficile comprensione per il grande pubblico. Il lavoro, in cui si vede Dylan duettare al piano con Johnny Cash e andare in giro in limousine perdutamente ubriaco con John Lennon, sarà proiettato solo per poco a New York e uscirà dalla circolazione.
Non va meglio con Renaldo e Clara (1978 - nell'immagine, un fotogramma del film).

Daniela Gross
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  pilpul
La Gerusalemme illuminata
Chi non ha visto la gioia del Bet haShoevà, in cui si attingeva l’acqua per il culto nel Santuario di Gerusalemme, non può dire di aver visto la vera gioia in tutta la sua vita. All’uscita del primo giorno di Sukkot (la festa delle capanne), i sacerdoti e i leviti scendevano nel cortile delle donne e approntavano una grande struttura per fare stare tutta la gente, uomini e donne, senza commistione. C’erano dei candelabri d’oro, con quattro calici d’oro in cima a essi, e quattro scale per ognuno dei calici. Quattro giovani kohanim tenevano in mano anfore contenenti centoventi log di olio e riempivano i calici dei candelabri; con i vestiti consumati dei kohanim si facevano degli stoppini che venivano accesi nei candelabri. E non c’era cortile di Gerusalemme che non risplendesse della luce del Bet haShoevà. I chasidim e gli uomini di azione ballavano davanti alla gente tenendo in mano delle torce accese e intonavano canti e pronunciavano parole di lode. I leviti suonavano le cetre, le arpe, i piatti e le trombe e innumerevoli strumenti musicali sui quindici gradini del Santuario che scendevano dal cortile di Israele al cortile delle donne, in corrispondenza dei quindici Shir haMa’alot (salmi dei gradini). Quando al sorgere dell’alba si udiva il canto del gallo, si suonava lo Shofar [… ]. Hanno insegnato i nostri Maestri: Chi non ha visto Gerusalemme nel suo splendore, non ha mai visto una città bella. Chi non ha visto il Santuario di Gerusalemme, non ha mai visto un edificio magnifico. (Adattato dal Talmud Bavlì, Sukkà 50b-51b).

Gianfranco Di Segni, Collegio rabbinico italiano
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Setirot - Teatro e politica
Per la prima volta Habima, il Teatro nazionale israeliano, si esibirà nei territori “contesi/occupati”. Il 10 novembre sarà a Kiryat Arba e in marzo nell’insediamento di Ariel. Com’era prevedibile, lo “sconfinamento” oltre la Linea Verde della compagnia più importante di Israele suscita polemiche a non finire. Un paio di attori hanno già preannunciato che non parteciperanno agli spettacoli e un gruppo di intellettuali, tra cui il drammaturgo e regista Joshua Sobol, chiedono che il cartellone venga annullato. Da parte sua il Teatro ha respinto “con sdegno” ogni critica, considerandola un “appello al boicottaggio culturale di località dove risiedono cittadini israeliani”.

Stefano Jesurum, giornalista
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In ascolto - Mina, Adriano, Idan
“Per gli artisti Israele è uno dei luoghi più interessanti al mondo: per essere così piccolo fa un sacco di rumore”, ha dichiarato Idan Raichel al gruppo di addetti ai lavori del mondo della musica giunti in Israele con il progetto Reality della Charles and Lynn Schusterman Foundation.
Lui stesso in questi anni di rumore ne ha fatto davvero molto con il suo progetto. Idan è l’ambasciatore di un universo musicale in cui gli artisti infrangono le barriere geografiche e politiche e creano ponti tra le culture. La sua canzone “Bo’i”, un mix interessante di pop e world music con i suoni dell’ebraico e dell’amarico, viene trasmessa per la prima volta in radio nel 2003 ed è subito un successo. L’Idan Raichel Project fa il giro del mondo e lui, il tastierista timido cresciuto nelle band dell’IDF, un ashkenazita che raccoglie i rasta sotto un turbante nero e indossa i jeans dell’occidente, viene improvvisamente catapultato nello star system.


Maria Teresa Milano
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Time out - Imparare ad ascoltare
Nella demenza digitale inseriamo anche quelli che si ergono a giudici di situazioni complesse sentenziando manco fossero profeti? I giudizi sul popolo dei social è tendenzialmente populistico e demagogico, tanto quanto ciò che dai social viene fuori. Sarà, ma a me preoccupa più questa forma di elitarismo di un certo ebraismo a condannare invece che a comprendere, che l’idea che possano esserci idee differenti, da accettare, anche se non ci piacciono.

Daniel Funaro
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Il commissario Daquin
Théodore Daquin è un poliziotto tosto. Un cacciatore, nella vita privata come nel mestiere. Ha un fisico che si fa notare, un cervello duttile e l’abitudine di non mollare mai. I due romanzi noir che mi hanno preso gli ultimi giorni come non mi capitava da parecchio si intitolano Il sentiero della speranza e Oro nero; entrambi pubblicati da Sellerio, sono rispettivamente usciti in Francia nel 1995 e nel 2015, ma già Marco Tropea Editore aveva fatto conoscere al pubblico italiano il talento di Dominique Manotti.

Valerio Fiandra
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Danzare insieme
"D-o è morto", e noi l'abbiamo ucciso, scriveva Friedrich Nietzsche ne La gaia scienza nel 1882, siamo orfani di un sistema morale condiviso. "D-o è morto", confermava Francesco Guccini nel 1965, scrivendo il testo di una delle sue più celebri canzoni. Ma forse no, aggiungeva: nella rinascita di valori fondati su un'etica forte possiamo trovarne le tracce.
Seguivo il filo di questi pensieri, gocciolante di pioggia e lasciata in tutta fretta la Sukkà, uno dei giorni passati. E di nuovo, leggendo i canti delle Hakkafot di Simchat Torah, Shabbat di Chol HaMoed dopo pranzo..


Sara Valentina Di Palma
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