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27 Dicembre 2016 - 27 Kislev 5777
PAGINE EBRAICHE 24
ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav
Paolo
Sciunnach,
insegnante
E si dissero l’uno all’altro: tuttavia noi siamo colpevoli nei confronti di nostro fratello in quanto abbiamo visto il suo animo angosciato quando ci stava supplicando e non abbiamo dato ascolto. Questo è il motivo per cui ci è capitata addosso questa pena. Reuven rispose a loro e disse: Non vi avevo forse avvisato dicendo: non peccate contro il ragazzo; e voi non avete dato ascolto? (Bereshit 42, 21 – 22).
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Dario
Calimani,
Università di Venezia
Non si può continuare a far finta di nulla. Israele è stata messa in un angolo. Israele si è messa in un angolo. Che l’antisemitismo sia in forte crescita e che gli ebrei non attirino molte simpatie in giro per il mondo è indubbio. E non siamo del tutto certi che ci sia un rapporto necessario e consequenziale fra antisemitismo e ani-israelianismo: l’antisemitismo c’è sempre stato, anche prima che esistesse Israele, come sventuratamente si sa.
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Israele, la rabbia di Bibi
“Abbiamo raccolto le prove e siamo sicuri che l’amministrazione di Barack Obama abbia coordinato, definito le parole e sostenuto fino in fondo il testo approvato. Come ho detto al segretario di Stato John Kerry: gli amici non portano gli amici davanti al Consiglio di Sicurezza”.
È la dura presa di posizione del premier israeliano Benjamin Netanyahu sul voto Onu sugli insediamenti, segnato dalla storica astensione statunitense. Diversi gli approfondimenti, diverse le voci che intervengono su questo nuovo capitolo (l’ultimo?) della difficile relazione Netanyahu-Obama. Anche alla luce della decisione annunciata ieri dal governo di Gerusalemme di procedere con la costruzione di oltre 600 nuove abitazioni a Gerusalemme Est.
“Le critiche Onu potrebbero spingere il Tribunale Internazionale in Olanda a intentare processi contro i politici israeliani condannando le colonie come crimini di guerra. E ciò potrebbe portare anche acqua al mulino al movimento che vuole il boicottaggio” dice Nahum Barnea al Corriere.
Scrive Fiamma Nirenstein sul Giornale: “La scelta di Obama di gettare Israele in pasto all’Onu per quello che riguarda il processo di pace, anche se viene da un leader importante, non ha nessun futuro. Obama ha violato la democrazia e il buon senso ergendosi contro l’evidente parere del popolo americano”.
Sostiene l’ex direttore del Foglio Giuliano Ferrara in un editoriale: “La piccola frazione di un villaggio israeliano in Cisgiordania fa di più per la nostra libertà e sicurezza di tutti i predicozzi malvissuti di una ideologia irenista di fede che ha smarrito se stessa. Figuriamoci il cinismo dell’Onu”.
 
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  davar
israele
Rivlin incontra i leader cristiani:

"Siria, non restiamo in silenzio"
“In tempi come questi, il silenzio non è un’opzione. Mi auguro che la comunità internazionale agisca con forza per aiutare gli innocenti, tutti i civili, uomini, donne e bambini. Non siamo ancora riusciti a ottenere la pace per il popolo siriano, ma vediamo queste terribili immagini e ascoltiamo le parole di chi soffre. Gli israeliani di tutte le fedi sentono il dovere di dare una mano, far sentire la propria voce”.
Lo ha affermato il presidente israeliano Reuven Rivlin, incontrando questa mattina una delegazione di leader delle comunità cristiane. “Sono orgoglioso – ha poi detto – per l’aiuto che Israele sta dando alla popolazione siriana da un punto di vista sia umanitario che medico. So bene che non è che una goccia nell’oceano, ma è sempre meglio di niente. Diciamo no al silenzio. Parliamo, agiamo, preghiamo. Tutti insieme”.
Durante l’incontro, il presidente Rivlin si è inoltre soffermato sul contestato voto del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sugli insediamenti. Un voto, segnato dalla storica astensione statunitense, che sta facendo parlare la politica israeliana e internazionale.
“Ci siamo stretti le mani più volte in questi anni, chiedendo una negoziazione diretta, senza pre-condizioni, senza ulteriori slittamenti” ha sottolineato Rivlin, rivolto alla leadership palestinese.
“La decisione di portare Israele al Consiglio di sicurezza – ha poi aggiunto – è stata sbagliata per due motivi: per aver forzato le pre-condizioni, ma anche per il modo in cui è stata condotta. La missione della comunità internazionale è infatti ben diversa: cercare di costruire fiducia, tra le parti, per risolvere le conflittualità esistenti. Esattamente l’opposto di quello che è stato fatto all’Onu”.
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PAGINE EBRAICHE - IL direttore degli uffizi
"Più arte contro la barbarie"
“Davanti alla barbarie imperante. Davanti ai nemici della civiltà, al terrorismo e al populismo in tutte le sue forme e manifestazioni, non possiamo restare fermi. È una lotta anzitutto culturale e per questo l’arte e i musei devono avere un ruolo di primo piano. Non oasi separate, non trofei e rifugi temporanei dalle bruttezze del mondo, ma attori protagonisti nella vita di ogni giorno. Questo è il ruolo che ci compete. Questo è la strada che intendo seguire con tutte le mie forze”.
Da quando è stato nominato alla guida degli Uffizi, dall’estate dello scorso anno, Eike Schmidt si è distinto per l’impegno sociale che ha voluto associare a quello di racconto e divulgazione dei grandi capolavori che ha l’onore e l’onere di amministrare. Una missione al campo di Mauthausen per affermare il valore universale della Memoria, la commemorazione dell’eroico guardiano dei tesori di Palmira sgozzato dall’Isis; la collaborazione avviata con Lampedusa sul tema dell’arte, del dialogo e della solidarietà: tanti i segnali positivi lanciati in questi mesi a raggiungere l’opinione pubblica.
Significativa anche l’attenzione dedicata ai linguaggi nartistici delle minoranze. In quest’ottica sta prendendo avvio una collaborazione con il Museo ebraico di Roma che porterà, nel 2018 o al massimo nel 2019, all’organizzazione di una grande mostra sugli antichi tessuti rituali che lo stesso ha raccolto e catalogato all’interno del progetto delle “Antiche Mappot”, presentato nelle scorse settimane agli Uffizi. Una collaborazione che, ci spiega Schmidt, si estenderà poi ad altre realtà e ad altri musei ebraici d’Italia.


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le cerimone di accensione
Chanukkah, luce in tutta Italia
Da Padova allla Calabria, da Vercelli a Verona: proseguono le accensioni di Chanukkiot in tutto il paese. Un importante momento di identità, in dialogo con tutta la cittadinanza.

(Nell'immagine il rabbino Elia Richetti e la presidente della Comunità ebraica di Vercelli Rossella Bottini Treves)
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otto giorni otto luci
La forza di Giacobbe
Isaiah Horowitz, meglio noto come Shelah ha-Kadosh (1565-1630), insegna che tutte le nostre feste hanno una relazione con i brani della Torà dei sabati in cui cadono. Così è anche per Chanukkà, che è in relazione con Giuseppe, perché coincide sempre con i due brani della Torà (Vayeshev e Miqqetz) che ne mettono in rilievo la figura. Levi Yitzchak di Berditchev (1740-1809), inoltre, nell’opera Kedushat Levi asserisce che addirittura il mese di Kislew è collegato con Giacobbe. Il collegamento lo rileva dal verso della Torà: “e Giacobbe partì per la località di Sukkot e costruì per sé una casa (vayven lo bait)”. Il valore della parola lo/per sé è 36 come i lumi che accendiamo sulle porte della casa negli otto giorni di Chanukkà, la cui durata è come quella della festa di Sukkot (7+1). Per vincere la forza accecatrice dei greci e dei loro eredi, bisogna risvegliare in noi la forza di Giacobbe che neanche quell’angelo rappresentante di Esaù, lo yakhol lo, ha potuto accecarlo intellettualmente.


Adolfo Locci, rabbino capo di Padova
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pilpul
Luce a Napoli
Accendere la Chanukkiah a Napoli, immersi nell’atmosfera più natalizia che si può. Recitare la prima benedizione la stessa sera della Vigilia. Sentirsi diversi, piacevolmente. Guardare con curiosità, divertimento, interesse le tradizioni altrui, della maggioranza. Stupirsi per un presepe, una chiesa affollata e un organista famoso o per un dolce di Natale. Che sia questa la condizione dell’ebreo nella Diaspora?

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas


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