24 maggio 2017 - 29 Iyar 5777 |
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Su Pagine Ebraiche 24, la Newsletter
quotidiana di metà giornata, oggi i pensieri del rav Giuseppe Momigliano e
Davide Assael. Nella sezione pilpul una riflessione di Alberto
Cavaglion, Francesco Lucrezi e Francesco Lotoro.
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Gran Bretagna, massima allerta dopo la strage di Manchester
Il
livello di allerta nel Regno Unito è stato alzato a “critico”, ovvero
il più alto possibile, dopo l’attentato suicida di Manchester di lunedì
in cui sono state uccise 22 persone e 59 sono rimaste ferite. “Un altro
attacco potrebbe essere imminente”, ha avvertito la premier britannica
Theresa May in televisione, riporta il Corriere. L'attentato è stato
rivendicato dall'Isis e a farsi esplodere nella Manchester Arena è
stato un giovane inglese di origini libiche, Salman Abedi, 22 anni. Le
autorità indagano per capire se avesse dei complici: “il capo della
polizia di Manchester, Ian Hopkins, ha fatto intendere di credere
sempre meno alla teoria del 'lupo solitario' – spiega il Corriere,
descrivendo la figura del terrorista - e propende invece per quella di
un gruppo organizzato e legato all'Isis, dove qualche esperto di
esplosivi gli ha consegnato l'ordigno infarcito di pezzi di ferro”. Il
Messaggero parla di “intelligence nel mirino” per non essere riuscita a
fermare la strage il cui bersaglio erano ragazzi giovanissimi, andati
ad ascoltare il concerto della cantante Ariana Grande.
Manchester, la risposta della città.
Repubblica racconta sia lo strazio dei famigliari delle piccole vittime
dell'attentato terroristico, costretti ad andare negli ospedali per
identificare i corpi, sia la risposta della città all'attacco. “Nel
pomeriggio ad Albert Square, dopo l'attentato di lunedì sera, -
racconta il quotidiano - è sorta una veglia luttuosa, straziante e
affollatissima, intorno a un municipio che pensa di essere il Big Ben.
Studenti, atei, musulmani, ebrei, cristiani, famiglie, vecchi. Molti
ripetono questa parola: comunità”. Della città parla anche lo scrittore
britannico Howard Jacobson in un editoriale pubblicato dal New York
Times (e tradotto da Repubblica). “I terroristi parlano di se stessi
come soldati, ma in atti terroristici del genere entra in gioco
qualcosa di simile al livore: le uccisioni sono indiscriminate, ma
anche personali; la vita stessa, e il vivere che esemplifica la vita,
sono i bersagli. - scrive Jacobson - In certo senso, quindi,
Manchester, anche se ora appartiene a una lunga lista di città colpite
dal terrorismo, può pensare di essere stata scelta appositamente. È una
città che possiede un vigore raro. E una sala concerti è vicina al
cuore di quel vigore”.
Trump e la ricerca del compromesso in Medio Oriente.
Oggi a Roma (città blindata per l'occasione, scrive il Messaggero) e in
Vaticano per incontrare rispettivamente il premier Paolo Gentiloni e
Bergoglio, il presidente Usa Donald Trump lascia alle sue spalle la
prima visita in Medio Oriente. Dopo aver incontrato il Primo ministro
israeliano Benjamin Netanyahu e il leader palestinese Mahmoud Abbas,
Trump ha affermato che “la pace è possibile” ma servono “compromessi”
(Giornale). Come sottolineano tra gli altri Messaggero e Corriere della
Sera, il presidente Usa non ha mai parlato pubblicamente della
soluzione dei due Stati. “La pace non può mai mettere radici in un
ambiente dove la violenza è tollerata, finanziata e persino premiata”,
ha affermato Trump, parlando con Abbas. Dunque, scrive La Stampa ,“la
precondizione per la ripresa delle trattative è la tolleranza zero per
il terrorismo”. Il leader palestinese, ricapitola il quotidiano, “ha
risposto che 'noi non abbiamo un problema con il giudaismo, ma con
l'occupazione'. Ha detto di essere favorevole ad un accordo, ma basato
sulla creazione di due Stati lungo i confini del 1967, con Gerusalemme
Est capitale di quello palestinese”.
Medio Oriente, la via sunnita.
A prescindere dalle parole di Abbas, Trump vuole coinvolgere nel
processo di pace i Paesi arabi del mondo sunnita, considerati la chiave
per calmare il Medio Oriente: una politica, quella del presidente Usa,
che piace all'analista israeliano Mordechai Kedar. Intervistato da La
Stampa, Kedar spiega che Trump “a differenza di Obama, ha parlato
rivolgendosi direttamente ai governi (dei paesi arabi) e chiedendo ai
leader in sala di prendere misure energiche per combattere il
terrorismo. È un uomo realista, che sa che gli accordi si stringono con
i leader, che sono i governi a poter mettere in atto misure efficaci
contro il terrorismo, e non certo parlando alle masse”. La questione
della guerra al terrorismo, sottolinea Carlo Marroni sul Sole 24 Ore,
sarà al centro anche del G7 di Taormina, ultima tappa estera di Trump.
La presidenza italiana non voleva che il summit in Sicilia fosse
monopolizzato “dal tema della sicurezza, intesa come lotta al
terrorismo. - spiega Marroni - Ma la strage di Manchester ha mutato
radicalmente la lista delle priorità”.
Roma, Ute Lemper e le melodie della Memoria.
“Come tedesca nata dopo la guerra, sento la necessità di testimoniare
la storia dell'Olocausto. Voglio non solo rendere omaggio alla cultura
ebraica, ma anche stimolare il dialogo su un terribile passato”, così
la cantante Ute Lemper spiega al Corriere Roma il suo spettacolo Songs
for Eternity, di scena al Teatro Brancaccio della Capitale. “Lo
spettacolo – spiega il giornale - è costruito con le canzoni scritte
nei campi di concentramento da musicisti ebrei deportati, molti morti
nelle camere a gas”.
Daniel Reichel twitter @dreichelmoked
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