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23 novembre 2017 - 4 kislev 5778
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Società

Incontri e riscontri

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Ogni evento ha le sue cause e i suoi effetti: è contemporaneamente conclusione di un passato e creazione di un futuro. “Potrebbero due camminare insieme se non si fossero prima incontrati?” si domanda il Profeta Amos (3,3). L’incontro apparentemente fortuito fra due persone rientra nei Piani Alti del nostro mondo. Tutto sta venirne a conoscere il significato. La radice del verbo “sapere” (y.d.’.) e del verbo “darsi appuntamento” (y.’.d.) in ebraico sono una l’anagramma dell’altra. Voglio condividere due incontri casuali del recente passato che hanno lasciato il segno. Il primo si è verificato a Torino alcuni mesi fa. Una mattina mi trovavo nei pressi della Comunità quando a una certa distanza, sul marciapiede davanti a me, notai un uomo piuttosto distinto che parlava al cellulare in modo concitato. Avvicinandomi mi capitò di origliare mio malgrado la conversazione e di capirne gli estremi. “Ospedale M.? Sono il chirurgo dottor X. Avvertite per favore il primario dottor Y che questa mattina non potrò presentarmi in sala operatoria. Poco fa sono stato derubato dell’automobile. Avevo lasciato dentro anche il borsello e ora non ho più né documenti, né soldi!”. Conosco il primario di chirurgia di quell’ospedale e i dati corrispondevano: compresi che il malcapitato stava dicendo la verità. Come si dice in ebraico: nikkarin divrè emet, “affermazioni veritiere si riconoscono”. Istintivamente ho messo mano al portafogli e ne ho estratto tutto quello che portavo con me: una banconota da venti euro. Mi avvicinai al medico e gliela porsi. Si schermì. A quel punto insistetti: “Lei è un chirurgo – argomentai - Io ho l’obbligo di darle questi soldi e lei ha il dovere di accettarli.

Rav Alberto Moshe Somekh, Pagine Ebraiche, novembre 2017

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MACHSHEVET ISRAEL

Sionismo fra tradizione e rinascimento

img headerIn occasione del V congresso sionista a Basilea (1901) Buber sottolineava come la “forza spirituale” del popolo ebraico “si espresse nell’esilio solo in un’attività […] indescrivibilmente unilaterale, che ci rese ciechi a ogni bellezza della natura e della vita. Ciò da cui ogni popolo seguita a trarre la sua lieta, sempre rinnovata energia – la contemplazione di un bel paesaggio e di belle creature – ci era stato tolto” (Mondadori 2013, p. 12). Il sionismo aveva dunque tra gli altri compiti quello di ripristinare le condizioni in base alle quali il popolo ebraico potesse portare il suo contributo – in quanto collettività – alle più diverse forme artistiche: poesia, letteratura e musica non meno di pittura e scultura. Su questa falsariga, nell’articolo “Rinascimento ebraico” (1901), da cui il suddetto volume trae il titolo, Buber auspicava che la fine dell’esilio, “congegno di tortura”, comportasse il venir meno tanto dell’“asservimento esteriore da parte dei popoli ospiti” quanto della “tirannia interiore della legge” ambedue responsabili di aver sviato “il sentimento della vita dalla sua naturale espressione” (p. 36). In altro contesto Levinas scrive che “le judaisme est frère du message socratique” poiché, come si esprime Socrate nel Fedro, “preferisce alla campagna e agli alberi la città ove si rincontrano gli uomini”. Tale passaggio del Fedro, che rimanda al distacco rispetto ai filosofi della physis, è funzionale in Levinas a polemizzare contro quella filosofia – Heidegger – per la quale “ritrovare il mondo, significa ritrovare un’infanzia rannicchiata misteriosamente nel Luogo, aprirsi alla luce dei grandi paesaggi, alla fascinazione della natura […]” (Heidegger, Gagarine et Nous, 1961, poi in Difficile Liberté, Albin Michel, pp. 347-350). La ‘natura’ e il ‘paesaggio’ giocano un ruolo tutt’altro che aneddotico.

Cosimo Nicolini Coen

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ORIZZONTI  

Polonia nera
   

Il governo nazional-conservatore polacco elogia i sessantamila dimostranti nazionalisti in piazza sabato sera a Varsavia per la festa dell'indipendenza, i media pubblici come la tv parlano di «grande marcia di patrioti». Il governo israeliano chiede la punizione degli organizzatori della marcia. L' Europa occidentale è in allarme. «Si tratta di una marcia pericolosa, organizzata da elementi estremisti e razzisti», ha detto ieri sera il ministero degli Esteri israeliano, aggiungendo: «Esprimiamo fiducia che le autorità polacche operino contro gli organizzatori; la Storia insegna che questi fenomeni di odio razziale vanno affrontati rapidamente e in maniera determinata». C'erano anche rappresentanti di movimenti radicali di molti altri Paesi europei, alla grande manifestazione nazionalista. Roberto Fiore, afferma il Guardian, è venuto dall'Italia, Stephen Lennon della "English defence league" dal Regno Unito. Rilanciati dai media mondiali, slogan e striscioni ben espliciti. «Polonia pura, Polonia bianca, Europa bianca», «fuori i rifugiati», hanno scandito sabato sera i dimostranti.








Andrea Tarquini, La Repubblica,
13 novembre 2017


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orizzonti 

L'effetto Weinstein svela
l'ombra di Tariq Ramadan  

Harvey Weinstein sta assistendo in queste ore a uno spettacolo tragico e grandioso: le sue molestie sessuali producono lo sgretolamento della carriera ma anche conseguenze planetarie sulle vicende più disparate, dai cinepanettoni italiani all'Islam di Francia. La campagna nata come #balancetonporc («denuncia il tuo maiale») su Twitter coinvolge anche Tariq Ramadan, il più controverso e celebre intellettuale islamico d'Europa. Ramadan è oggetto di denunce in Francia e Svizzera, accusato di violenze sessuali e di comportamenti degradanti descritti con particolari univoci da molte donne. Lui controquerela, ma la credibilità di musulmano sposato, rigorista e pudico è già in frantumi. Si apre allora un'altra questione: chi ha protetto Ramadan in tutti questi anni? Chi, accecato dall'ideologia, lo ha sempre trattato da interlocutore rispettabile? Il settimanale satirico Charlie Hebdo mette in copertina Edwy Plenel, ex guida di Le Monde e poi fondatore di Mediapart, con i baffi che gli tappano occhi, bocca e orecchie. In Francia, il caso Weinstein diventa così il caso Ramadan che diventa il caso Plenel. Si scontrano con toni violenti «due sinistre irriducibili», secondo l'espressione dell'ex premier Manuel Valls: da un lato quella che difende in modo intransigente la laicità e vede in Ramadan un predicatore ambiguo, mellifluo sulle tv europee ed estremista quando parla in arabo ai correligionari.

Stefano Montefiori, Corriere della Sera,
16 novembre 2017


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Shir shishi - una poesia per erev shabbat

Il Cantico dei Cantici alla vigilia

img headerln onore di Guido Ceronetti e per il suo novantesimo compleanno:

L'altro giorno, il Centro Pannunzio ha svolto a Torino un convegno in onore del saggista, poeta, traduttore, uomo di teatro e giornalista Guido Ceronetti, che tra le diverse traduzioni dal latino ed ebraico si è occupato, o meglio, ha scrupolosamente indagato, il Cantico dei Cantici. Nel 1975, Ceronetti ha ricreato la parola del Canto in italiano, l'ha riplasmata, studiata e scritta, creando un unicum di materia linguistica che aspira alla radice stessa di ogni Davar, parola e cosa. Mentre preparavo il testo sulla Megillah, mi venivano in mente le affermazioni di Rabbi Akiva e la storiella hassidica del nostro maestro di Breslaw:

Rabbi 'Aqiva ha detto: "Il mondo non è mai stato un luogo meritevole come quando fu dato il Cantico dei Cantici al popolo di Israele; tutto quello che vi è scritto è santo ma il Cantico dei Cantici è più sacro di ogni sacralità"

Rav Nachman, da parte sua, aggiunge: Un terribile racconto sulla recita intonata e colma di devozione del Cantico dei Cantici. Si narra di un ebreo, un semplice artigiano, che non aveva avuto la fortuna di studiare tanto, ma aveva preso l'abitudine, ogni venerdì pomeriggio, di andare a immergersi nel bagno rituale. Dopo il bagno indossava i vestiti del sabato e si metteva seduto nell'angolo della sua casa a recitare il Cantico dei Cantici, parola per parola, ben intonato e con grande gioia. Era solito prolungare la lettura fino a due ora circa. Dopo la sua morte, nel giudicare il suo operato la corte dei cieli lo destina a scendere negli inferi e lo consegna al Responsabile della Geenna. In quel preciso istante si ode un accenno al Canto dei Cantici con una meravigliosa intonazione, una melodia piacevole e attraente che continua finché ogni movimento delle ruote, incluso il fuoco dell'inferno, non cessa. Anche il Responsabile, pure lui attratto dal canto, si ferma in attesa che quella voce si interrompa ma la melodia continua a crescere e quando il Responsabile si accorge che perfino il fuoco dell'inferno si è bloccato, va su tutte le furie e convoca lo Shamas (l'inserviente) affinché riporti indietro l'uomo, poiché fintanto che lui è presente, il Cantico dei Cantici e la sua musica non finiscono. E finché non finiscono di suonare le ruote degli inferi restano ferme. L'inserviente riporta l'uomo al Tribunale Supremo che emette la sua sentenza: l’uomo viene liberato e portato al cospetto dell'Onnipotente. Alla sera di sabato il defunto appare in sogno al rabbino della città e gli racconta tutta la faccenda per poter diffondere la virtù su tutta l'assemblea. E scrisse il nostro maestro Rabbi Nahman di Breslaw, che sia ricordato in benedizione il Suo nome, "Tutte le medicine che si trovano nel mondo sono indicate e incluse nel Cantico dei Cantici, ed esso serve a ciascuno che necessiti di un medicamento o di una qualche salvezza, affinché la persona possa essere "visitata" dalla benedizione della salvezza e della misericordia, insite nella recita del Cantico dei Cantici.

Sarah Kaminski, Università di Torino

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