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12 dicembre 2017 -  25 kislev 5778
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LETTERATURA E TRADUZIONI

Ariel, in bilico tra ebraico e italiano

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img headerAriel Rathaus (a cura di) / POETI ISRAELIANI / Einaudi

Ariel Rathaus è figura che si pone – per parafrasare la regista Nurith Aviv intervistata qualche tempo fa per Pagine Ebraiche – «entre»: entre Roma, città natale e di formazione, e Gerusalemme dove è approdato con l’aliyah; entre filosofia e tradizione (ha studiato due anni in yeshivà), entre letteratura italiana, ebraica e israeliana. Mentre alla Hebrew University si è occupato di italianistica, di poesia ebraica in Italia nel Rinascimento e nell'epoca barocca tenendo corsi su Boccaccio e su Petrarca, all’Università degli Studi di Milano ha tenuto corsi di cultura ebraica.

Oltre all'insegnamento all'Università Ebraica, un'attività che ti accompagna da molti anni è quella di traduttore, come è cominciata?
Ci sono arrivato negli Anni ottanta, traducendo in italiano un libro di saggi di Yeshayahu Leibowitz. Successivamente mi sono occupato soprattutto di poesia, ho cominciato con Amichai poi Meir Wieseltier, Natan Zach, ma ci sono state anche due novelle di Agnon uscite da Adelphi. Viceversa le mie traduzioni dall'italiano all'ebraico comprendono più prosa che poesia, anche se ho comunque cominciato da quella, preparando un'antologia di poeti italiani dei primi del Novecento, il cui filo conduttore erano i poeti innovatori: i futuristi, Dino Campana, il primo Ungaretti. Questa antologia riscosse un certo successo perché in Israele c'è un debole per la poesia avanguardistica dei primi del Novecento attraverso il futurismo russo. Tre anni fa ho curato un'antologia di poesie di Primo Levi. Ha suscitato molto interesse perché qui non si sapeva nulla della produzione poetica di Levi, fatta eccezione per la poesia posta in esergo a Se questo è un uomo. Per quanto riguarda la prosa ho tradotto alcuni classici. All'inizio insieme a Gaio Sciloni, con cui abbiamo tradotto La coscienza di Zeno di Svevo, successivamente ho ripreso in mano e portato a termine la sua traduzione del Decamerone di Boccaccio, che era rimasta incompiuta. Da allora ho preso due direzioni. Da una parte mi sono occupato della traduzione di grandi classici: La scienza nuova di Vico e poi il Dialogo dei massimi sistemi di Galileo, cui ho lavorato per cinque anni e che ancora non è uscito. Parallelamente ho tradotto grandi classici moderni, come Calvino, e altri libri di Svevo.

Anna Linda Callow e Cosimo Nicolini Coen
Pagine Ebraiche, dicembre 2017

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LETTERATURA PER L’INFANZIA

Raccontare gli anni bui ai bambini

img headerLia Tagliacozzo / LA SHOAH E IL GIORNO DELLA MEMORIA / Edizioni EL

“Che vuol dire Shoah?”, chiede Alma.

“Che c’entra la Seconda guerra mondiale con il Giorno della Memoria a scuola?”, aggiunge Tommi.

Sentendo le voci dei bambini il signor Giacinto si volta, spegne il televisore e li guarda con la faccia seria: “Vi avevo detto di restare in cucina, non volevo vedeste queste immagini.”
Sono queste le prime battute del dialogo tra tre bambini, Giacomo, Alma e Tommi, e il signor Giacinto, il nonno di Giacomo. E danno inizio a “Che storia! La Shoah e il Giorno della Memoria”, libro per giovanissimi lettori di Lia Tagliacozzo, pubblicato dalle edizioni EL.
Il racconto gira intorno alle intense giornate passate dai tre pargoli ad ascoltare un anziano signore che ha vissuto la guerra e visto le ingiustizie delle leggi antiebraiche e delle deportazioni. Un argomento difficile da affrontare, specie con i più piccoli, ma da qualche parte bisognerà pur cominciare. E così il signor Giacinto racconta ai tre bambini, giorno dopo giorno, la storia sua (Giacinto Bricarelli, ex internato militare, che vive oggi a Genova e ha quasi 95 anni) e di alcuni suoi “amici”. Racconta loro di Lina Zarfati, maestra “licenziata” dopo le leggi del ’38 (era la nonna dell’autrice), e di Virginia, bambina che durante l’occupazione nazista si dovette nascondere, del signor Piero (e cioè Piero Terracina), che sopravvisse ai campi di sterminio, e di Antonio Marchetti, che salvò ebrei a Roma il 16 ottobre 1943. E poi ancora la storia di Mario Amati, che da bambino scampò alle razzie con la sua famiglia, e di Anna Maria Levi, che era stata una partigiana.

Marco Di Porto

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Società

La libertà di parola dev'essere libera

narrativa

Invito alla festa con Chabon

Timothy Garton Ash / LIBERTÀ DI PAROLA / Garzanti

È curioso e anche scoraggiante che noi qui, rannicchiati nel tepore delle poche e sempre più assediate democrazie del mondo, siamo più terrorizzati dai pericoli dell'espandersi senza limiti della libertà di parola che dalle enormi, inaudite possibilità con cui grazie a internet milioni di esseri umani prima muti o ridotti al silenzio possono finalmente esprimersi. Esprimersi con banalità, forse. Ma anche quello del dire banalità è un diritto fondamentale. Un po' come la globalizzazione: noi qui, nelle nostre nicchie del benessere, ce ne lamentiamo, imprechiamo furiosi contro le sue conseguenze, ci sentiamo declassati e impoveriti, ma nemmeno ci vogliamo rendere conto che intanto, nelle periferie del mondo, centinaia di milioni di persone, anzi miliardi, sono uscite grazie alla globalizzazione da una condizione di miseria assoluta, di fame e disumanità.

Pierluigi Battista, Corriere della Sera,
12 dicembre 201
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Michael Chabon / SOGNANDO LA LUNA / Rizzoli

Per chi ama Michael Chabon, la sua sfrenata fantasia, il suo radicamento nella cultura popolare e fumettistica "Sognando la luna" (traduzione di Matteo Colombo, Rizzoli, pp. 528, 22) è una vera festa. E anche se non si tratta del miglior romanzo dell'autore di "Le fantastiche avventure di Kavalier e Klay" e di "Il sindacato dei poliziotti yiddish", il libro appena pubblicato indica una continua evoluzione e un grandissimo coraggio di un romanziere che avrebbe potuto limitarsi a ripetere formule già sperimentate e quindi facili. "Sognando la luna" è un testo che va oltre i generi stabiliti; contesta l'idea del progresso e della stessa verità dei fatti. La storia in apparenza è un memoir con forti momenti comici, nonostante le tragedie narrate.





Wlodek Goldkorn, L’Espresso,
10 dicembre 201
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