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1 febbraio 2018 - 16 Shevat 5778
PAGINE EBRAICHE 24


ALEF / TAV DAVAR PILPUL
alef/tav


Elia Richetti,
rabbino
Al versetto “Partirono da Refidìm e giunsero al deserto del Sinai”, Rashì commenta: “Come il loro arrivo al deserto di Sinai era in stato di Teshuvah, anche la loro partenza da Refidìm fu in stato di Teshuvah”.
Questa interpretazione è incomprensibile se non partiamo da un’altra interpretazione, relativa al nome di Refidìm, che viene interpretato come contrazione di “rifyon yadàyim”, mollezza di mani, ossia rinunciatarismo..
 
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
di Gerusalemme
Ho firmato anch'io una delle numerose petizioni che circolano in Israele contro l'espulsione dei rifugiati dall'Africa. Sono oggi circa 40.000 persone giunte negli scorsi anni soprattutto dall'Eritrea e dal Sudan. In passato, ogni notte, intere carovane di profughi valicavano il confine di Israele nel deserto del Negev dopo avere attraversato l'Egitto. In Egitto, i profughi venivano inseguiti dalle forze di sicurezza, in parte feriti e uccisi, finché, chi riusciva, arrivava al confine israeliano. Sul comportamento degli egiziani non mi pare di aver mai letto una riga di biasimo.
 
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“Colpita tutta la Francia”
“Un attacco all’intera Repubblica”. Così, sul proprio profilo Twitter, il presidente francese Emmanuel Macron ha definito l’attacco antisemita subita da un bambino ebreo parigino nelle scorse ore. Secondo la testimonianza della vittima, riporta tra gli altri Repubblica, “due ragazzi nascosti dietro a una pattumiera hanno sbarrato la strada, fatto lo sgambetto e poi lo hanno riempito di calci mentre era a terra”. I giovani non avrebbero proferito nessun insulto antisemita nei confronti della vittima, che indossava una kippah, “ma le autorità giudiziarie non hanno dubbi sulla matrice del gesto”.
Nel frattempo il governo francese ha annunciato il rafforzamento dell’operazione Sentinelle che prevede l’invio di militari per pattugliare le strade.

Repubblica traduce e pubblica una lettera-appello firmata da centinaia di ebrei polacchi, tra cui alcuni Testimoni della Shoah, a proposito del testo approvato dalla Camera in cui si vieta di associare il paese ai crimini perpetrati dai nazisti.”Senza dubbio – si legge – l’espressione ‘campi polacchi di sterminio’ è un vistoso errore. I campi di sterminio furono predisposti dai nazisti sul territorio dell’allora Polonia occupata al solo scopo di sterminarvi il popolo ebraico nel contesto della ‘soluzione finale'” si legge nel messaggio. L’adozione degli emendamenti alla legge nella loro forma attuale, si dice poi, potrebbe però condurre a penalizzare “chi racconta la verità al riguardo dei ricattatori polacchi e di quei cittadini polacchi che assassinarono i loro vicini di casa ebrei”.

Rimossa a Venezia una pietra d’inciampo recentemente dedicata a Gustavo Corinaldi, 63 anni, che dalla Laguna iniziò il suo viaggio senza ritorno verso Auschwitz. Un’operazione premeditata secondo Marco Borghi, direttore dell’Istituto veneziano per la storia della Resistenza, che al Corriere del Veneto dice: “Attenzione a minimizzare, banalizzare, relativizzare perché si diventa complici due volte”.

Insulti antisemiti nei confronti della giornalista Fiamma Nirenstein sul profilo Facebook di Stefano Apuzzo, candidato alle regionali in Lombardia nella lista civica di Giorgio Gori. “Apuzzo non ne è l’autore – scrive il Giornale – ma il post compare fra le sue foto perché un amico lo ha taggato, cioè ha inteso condividerlo con altri, fra cui lui, che non ha ritenuto di prenderne le distanze o cancellarlo in tanti mesi”.

In una lettera inviata a La Stampa Angelo Pezzana, nel centenario dalla nascita di Bruno Zevi, ricorda il suo ruolo nel Partito Radicale e il suo legame con Marco Pannella: “Fu sotto la presidenza di Bruno che Pannella scelse Gerusalemme quale luogo per il Congresso del Pr, ci sia concesso di sottolineare – perché c’eravamo – ‘il partito radicale di Pannella’. Sotto la sua guida fu il partito più vicino a Israele, una storia che ha avuto termine con le morte del leader radicale”.
 
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  davar
varsavia contestata a livello internazionale
Shoah, la Polonia falsa la Storia
e calpesta la Memoria

Nella notte il Parlamento polacco ha approvato la controversa legge, voluta dal partito ultraconservatore Diritto e Giustizia, che vieta di accusare la Polonia di complicità con i crimini nazisti. La norma proibisce anche di definire i campi di concentramento costruiti in Polonia dai nazisti come lager “polacchi”. “Chiunque asserisce, pubblicamente e in contrasto con i fatti, che la nazione polacca o la Repubblica di Polonia è responsabile o corresponsabile dei crimini nazisti commessi dal Terzo Reich, o di altri reati che costituiscono crimini contro la pace, crimini contro l' umanità o crimini di guerra, o chiunque altrimenti riduca gravemente la responsabilità dei veri autori di tali crimini, è punito con una multa o con la reclusione fino a tre anni”, recita uno degli articoli della nuova legge polacca, approvata in Senato con 57 voti favorevoli e 23 contrari. Ora toccherà al presidente Andrzej Duda firmarla e, nonostante le pressioni internazionali, questa sembra la sua intenzione. Il governo di Varsavia sostiene che la norma tuteli la reputazione della Polonia da distorsioni in merito alla Seconda guerra mondiale ma la legge è stata criticata da più parti perché di fatto attribuisce allo Stato polacco il potere di decidere quali siano i fatti. “Nessuna tolleranza per la distorsione della verità, l’alterazione della storia o la negazione dell’Olocausto”, la dura reazione del Primo ministro d'Israele Benjamin Netanyahu quando ancora la norma non era passata al Senato.
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le analisi sull'obiettivo della legge polacca
'I polacchi, ma anche gli italiani
in Europa c'è chi riscrive la storia'

I polacchi “non facevano parte dei meccanismi nazisti” ma “hanno assolutamente aiutato, hanno ucciso autonomamente e nei modi più crudeli. Sono stati pubblicati libri che i polacchi stessi hanno scritto e ora è proibito dirlo o scriverne”. A parlare Halina Birenbaum, nata in Polonia, sopravvissuta alla Shoah e diventata celebre in Israele come scrittrice. La Birenbaum, intervistata da Yedioth Ahronoth, accusa il governo polacco di voler falsificare la storia con la nuova legge che vieta di associare la Polonia alla Shoah (la norma prevede fino a tre anni di reclusione). “È una bugia”, il commento della sopravvissuta in merito alla legge. Per lo Yad Vashem se nessuno può mettere in dubbio che i campi di sterminio in Polonia non possono essere definiti polacchi – ma costruiti e gestiti dai nazisti nella Polonia occupata – il provvedimento votato da Varsavia “mette in pericolo il libero e aperto confronto sul ruolo del popolo polacco nella persecuzione ebraica”. Per Vittorio Ravà, esperto di comunicazione, il piano del governo polacco è un tentativo pianificato di modificare la storia del Paese. “La legge non è un'invenzione che nasce per caso a tre quarti di secolo dalla fine della guerra, ma fa parte di un piano preciso di rivalutazione del popolo polacco. Il primo segnale che avevo notato è stato il film La signora dello zoo di Varsavia, uscito nell'autunno 2017 – afferma a Pagine Ebraiche Ravà - nel quale i polacchi vengono presentati come grandi salvatori degli ebrei e la cosa mi aveva insospettito ma le nuove disposizioni del governo di Varsavia indicano che c'è un piano integrato di controinformazione”. Un problema di riscrittura del passato che Ravà sottolinea non è solo polacco ma succede in diverse parti d'Europa. E coinvolgeanche l'Italia.
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la rappresentazione sul sito della rai
Il processo alle Leggi razziste,
online lo spettacolo teatrale 

Sul sito della Rai è da qualche ora disponibile “Il processo”, la rappresentazione teatrale andata in scena all’Auditorium Parco della Musica di Roma, in occasione del Giorno della Memoria e nell’ottantesimo anniversario delle Leggi razziste, su iniziativa di Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e Presidenza del Consiglio dei ministri. Lo spettacolo è stato trasmesso da Rai Storia lo scorso 27 gennaio all’interno di un documentario realizzato da Bruna Bertani.
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dopo l'aggressione a parigi
Ebrei francesi: “Tolleranza zero, unica via contro gli antisemiti”
"Tolleranza zero”. A chiederla alle istituzioni e alle forze dell’ordine è il presidente del Conseil représentatif des institutions juives Francis Kalifat, intervenuto a più riprese nelle scorse ore per commentare l’aggressione subita da un bambino parigino, chiaramente riconoscibile come ebreo, nel comune di Sarcelles. Un episodio che ha portato all’immediato intervento tra gli altri del presidente Emmanuel Macron, che l’ha affermato: “Ogni volta che viene aggredito un cittadino francese per via della sua età, appartenenza o per la sua confessione, è come se venisse aggredita l’intera Repubblica”.
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qui firenze
La lunga battaglia di Ida
Cosa lascia in consegna il Giorno della Memoria alle spalle? Senz’altro la necessità di andare sempre più a fondo delle singole vicende umane, tra normalità spezzata, vite da ricostruire, progetti e sogni che faticosamente sono stati riafferrati. Ma anche quello di lottare contro ogni ingiustizia, anche quando questa ha il volto grigio della burocrazia.
Tra i libri che sembrano indicare una strada c’è Gli occhiali del sentimento, della giornalista e filmaker Sabina Fedeli. Dedicato all’ebrea ferrarese Ida Bonfiglioli, il volume è stato protagonista in più di una circostanza nelle scorse settimane. Compresa, a Firenze, la rassegna “Leggere per non dimenticare” durante la quale una gran folla (presente tra gli altri in sala la Consigliera UCEI Sara Cividalli) si è fatta conquistare da questo racconto-intervista tra l’autrice e la testimone quasi centenaria di un’epoca. Un colloquio avvenuto ormai molto tempo fa, ma che resta ricco di spunti attuali.
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jciak
Un selfie con il Duce
“Quegli occhi... non si dimenticano! Anche allora la gente rideva, anche allora credevano fosse solo un comico”. Davanti all’uomo in divisa, nonna Lea (Ariella Reggio) cede allo sgomento e dà voce all’orrore del passato. Le sue parole, che evocano le leggi razziali e la persecuzione nazifascista, segnano uno dei passaggi più intensi della commedia Sono tornato di Luca Miniero, con Massimo Popolizio, da domani al cinema. Tratto dal tedesco Lui è tornato (2015) di David Wnendt, che metteva in scena l’improbabile ritorno di Hitler come attore televisivo, il film vede Benito Mussolini riapparire a Roma con la divisa sporca e il volto tumefatto. Ciò che segue è la cronaca di un viaggio nella rabbia e nelle abitudini dell’Italia di oggi, fra luoghi comuni e inquietanti tentazioni totalitarie.

Daniela Gross
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  pilpul
Setirot - Un po’ di silenzio
Preoccupato e confuso. Di più: angosciato. Domenica scorsa sono tornato per l’ennesima volta al Memoriale della Shoah. E – se mai ce ne fosse stato bisogno – non mi capacito di quanto accade nel nostro paese e nel mondo. Quando ero piccolo e poi ragazzo – non soltanto nelle nostre famiglie – le parole fascismo antisemitismo razza nazismo ku klux klan erano letteralmente impronunciabili, inimmaginabili da ascoltare ancora. Ora tutto pare non soltanto sdoganato, ma pure all’ordine del giorno, perfino, talvolta, al nostro interno. Non mi ritrovo più. Per questo chiedo perdono alla redazione, al direttore, ai lettori, ma questa settimana non riesco a scrivere. Scusatemi. Un po’ di silenzio per rimettere insieme le idee e ritrovare la forza di combattere ciò che non smetteremo mai di combattere.

Stefano Jesurum, giornalista
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In ascolto - Maria Sanders
Oggi, a differenza del solito, non mi dilungherò in commenti o in approfondimenti, perché ritengo che la canzone che ho scelto si commenti da sola. La musica è uno strumento straordinario per raccontare storie e Storia e sa essere diretta, incisiva; agisce sulle emozioni ma al tempo stesso trasmette contenuti.
La ballata di Maria Sanders è cruda, proprio come lo furono le Leggi razziali. Il testo è di Bertolt Brecht, la musica di Hanns Eisler (1898 – 1962), compositore prolifico, allievo di Schoenberg che a metà degli anni ‘20 si allontana dal maestro per motivi ideologici e politici e decide di mettere la sua arte a servizio del popolo. Compone inni, canzoni in stile marcia e accessibili al proletariato. Qualche anno più tardi tornerà al serialismo, con un suo stile personale, che qualcuno definirà “serialismo dal volto umano”. La Ballata di Maria Sanders ha la grande capacità comunicativa di Eisler e ha chiari legami con il kabarett.


Maria Teresa Milano
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La grave omissione
Leggo la lettera di Stella Pende, nipote di Nicola, pubblicata dal ieri dal Corriere della sera.
Purtroppo per lei ha commesso vari errori, i primi due veniali: un refuso all’inizio sull’ottavo anniversario delle Leggi antiebraiche; dice inoltre che il Manifesto della Razza è uscito a inizio luglio del ’38, quando è stato pubblicato sul Giornale d’Italia il 15 luglio
.

Dario Coen

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Tra etica e halakhà
Se è vero che la dimensione etica pervade, pur senza esaurirla, tutta l’halakhà, il volume La giustizia seguirai. Etica e halakhà nel pensiero rabbinico (Giuntina) è una introduzione organica e limpida alle domande che la tradizione ebraica ha affrontato, elaborando costantemente una pluralità di risposte che, a propria volta, vengono a dare forma a nuove domande. L’autore Massimo Giuliani non rinuncia ad approfondire questioni come l’etica del lavoro, il primato della giustizia, il ruolo dei principi etici, delle mitzwot, di doveri e diritti, ma anche ecologia e vegetarianesimo, la sovranità nazionale ottenuta con la fondazione del moderno stato di Israele, la possibilità di un tiqqun ‘olam (aggiustamento del mondo) dopo Auschwitz.

Giorgio Berruto
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Lasciapassare
Il Muzej ratnog djetinjstva, museo dell’infanzia in guerra aperto a Sarajevo nel gennaio del 2017 dopo una prima esposizione temporanea del marzo precedente, ha tra le sue peculiarità di particolare efficacia una sezione dedicata agli oggetti dei bambini che hanno vissuto la guerra e l’assedio di Sarajevo, raccontati dagli ex bambini stessi che spiegano il significato particolare di quegli oggetti per loro.
Tra essi, un disegno di un documento di identità di una bambina che pensava, grazie ad esso, di poter avere un lasciapassare per lasciare la città assediata. Di per sé è un manufatto infantile, una testimonianza di un’esperienza di guerra.


Sara Valentina Di Palma
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