CULTURA
Metodo scientifico, rivoluzioni e identità
Molti
dei principi metodologici fondamentali della scienza moderna e dei suoi
criteri di autorappresentazione vengono elaborati durante quella che
gli storici definiscono la fase della «rivoluzione scientifica», cioè
il periodo convenzionalmente compreso fra la pubblicazione a Norimberga
del De revolutionibus orbium coelestium di Copernico (1543) e quella
dei Philosophiae Naturalis Principia Mathematica di Newton, avvenuta a
Londra nel 1687. Elementi che sembrano oggi del tutto ovvi, come il
fondamento innanzitutto empirico della scienza, la sua operatività sul
piano materiale (in quanto congiunta alla tecnica ma distinta da essa)
o la sua responsabilità sociale, si configurano in questo periodo, e
faticosamente si faranno strada nelle epoche successive. Gli Ebrei
partecipano in misura assai limitata a questo profondo rinnovamento
culturale, non solo – come è ovvio – in termini assoluti, ma anche
proporzionalmente alla consistenza numerica della popolazione ebraica
nell’Europa di quel periodo. E con buone ragioni: i più influenti
Maestri dell’epoca traggono dalla tradizione, a questo proposito,
indicazioni assai diverse. Non tanto, per la verità, sull’interesse e
l’importanza delle nuove scienze della natura, quanto sul fatto che il
dedicarsi ad esse costituisca per un Ebreo l’investimento più opportuno
del proprio tempo e delle proprie energie intellettuali. Senza nessuna
pretesa di completezza, si può così ricordare ad esempio il Maharal,
quando scrive che non può essere convenientemente definito «sapere»
quello di chi si occupa delle cose del mondo materiale, laddove il
«sapere» pertiene piuttosto all’attività di studio degli «argomenti
santi». D’altra parte Moses Isserles, l’autorevole guida della
accademia rabbinica di Cracovia, insiste ripetutamente sull’idea che
una adeguata conoscenza dei fenomeni del mondo fisico costituisce
implicitamente riconoscimento ed esaltazione della gloria del Creatore,
ed è in questo senso compito positivo degli Ebrei. In questo scenario
diviso, in cui gli insegnamenti tratti dalla tradizione sembrano
autorizzare strategie di segno diverso, non mancano – peraltro -
personaggi di sicuro rilievo.
Enzo Campelli, Pagine Ebraiche, febbraio 2018
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