ARCHITETTURA
Bruno Zevi, tra architettura e identità
Bruno Zevi / EBRAISMO E ARCHITETTURA / Giuntina
Protagonista di animate battaglie civili, politiche, culturali e
urbanistiche, Zevi ha scritto di ebraismo in moto del tutto sporadico
sino al 1993, data della prima pubblicazione di Ebraismo e
architettura. Si tratta, come scrive Manuel Orazi nell'appassionata
introduzione intitolata "I love Bruno", di un volume in cui "l’autore
fa finalmente i conti con il suo ebraismo, che certo non era sostenuto
da un sentimento religioso. Il volume però non si limita alla questione
esistenziale, al raccordo fra il suo multiforme lavoro di architetto
con il sostrato ebraico delle sue origini, dei suoi affetti, delle sue
speranze. È connesso alle sue plurime battaglie civili, combattute
sempre in prima persona". Sono plurime le ipotesi sul perché Zevi abbia
tanto rimandato: poteva non sentirsi all'altezza, seguendo l'idea di
Wittgenstein secondo cui "Su ciò di cui non si può parlare si deve
tacere", o forse perché viveva con qualche difficoltà il suo essere
nella Diaspora. Poteva altresì esserci una qualche aderenza al dettato
crociano secondo il quale gli ebrei sopravvissuti avrebbero dovuto
"fondersi sempre meglio con gli altri italiani procurando di cancellare
quella divisione - continua in un preveggente scritto del 1945 - nella
quale hanno persistito nei secoli e che come ha dato occasione e
pretesto in passato alle persecuzioni, è da temere ne dia ancora in
avvenire". Protagonista di molteplici scelte eterodosse, partendo
spesso da posizioni minoritarie, Zevi ha animato nel corso della sua
vita movimentata, "scuole di pensiero, conventicole, consorterie che
sempre deviassero dalla strada maestra". Fu così dai tempi del liceo,
per proseguire con architettura, dove si trovò a convergere con
Lionello Venturi, uno dei pochi professori che rifiutarono il
giuramento di fedeltà al fascismo e fu maestro di Giulio Carlo Argan,
che sarebbe poi stato legato a Zevi per tutta la vita. Alla scelta
sionista della sua famiglia, emigrata prima della guerra, Zevi rispose
andando prima a Londra e poi negli Stati uniti, dove si unì ai circoli
degli esuli antifascisti.
Ada Treves, Pagine Ebraiche, febbraio 2018
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