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22 febbraio 2018 - 7 adar 5778
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eventi

Cultura ebraica e comunicazione

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Nella sala del Centro Bibliografico “Tullia Zevi” affollata di amici, colleghi, familiari e semplici curiosi si viveva un doppio clima di festa: era l’ottavo giorno di Chanukkah, e quattro interessanti lavori venivano discussi a conclusione del percorso di studio del Master in Cultura ebraica e Comunicazione, dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane. Fiorella, Andrea, Claudia e Ivan, residenti a Roma, Palermo, Milano, orientati verso il Master da ragioni diverse, hanno manifestato la propria individualità nella scelta di un argomento particolare, come si può vedere in questa pagina. I loro percorsi si erano d’altronde già diversificati quando avevano scelto di effettuare lo stage previsto dal percorso formativo del Master: Fiorella presso il Museo Umberto Nahon di Gerusalemme, Andrea presso l’Archivio storico della Comunità di Roma, Claudia presso “Redazione aperta”, il laboratorio di giornalismo della redazione UCEI e Ivan presso il Memoriale della Shoah di Milano. Per due di loro non si è trattato di un’esperienza limitata allo stage istituzionale, Ivan viene spesso incaricato di accompagnare le visite al Memoriale; Claudia ha attivamente collaborato con lo staff UCEI all’organizzazione della Giornata della Cultura del settembre scorso, a Palermo.

Myriam Silvera, Pagine Ebraiche, febbraio 2018

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sTORIA

La donna ebrea nel Basso Medio Evo      

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Le banchiere nel Basso Medio Evo esistevano. Erano ebree, anzi quasi tutte askenazite. Le prime a comparire in numero non esiguo sono quelle della Renania nel XII e XIII secolo, grazie alla lungimiranza di rabbini tedeschi come Rabbenu Gershom nell’XI secolo e uomini di fede quali i pietisti, Hassidei Ashkenaz, che, da un lato, all’epoca assegnarono alle loro donne diritti patrimoniali senza eguali nel mondo ebraico e cristiano del tempo, e forse anche in quello occidentale di oggi (attraverso lasciti testamentari non unicamente in linea maschile, doti femminili cedute ai consorti non in proprietà, bensì esclusivamente in usufrutto, divorzi solo consensuali e non gratuiti), e, dall’altro lato, impedirono loro di dedicarsi “anima e corpo” agli amati studi talmudici, spesso ottenendo dalle loro mogli di supportare finanziariamente le famiglie e, per eterogenesi dei fini, di emanciparsi, con sensibili miglioramenti nel loro empowerment. Le terribili persecuzioni iniziate in Germania nel 1096 con le Crociate, i successivi massacri incitati dall’odio antigiudaico per presunti omicidi rituali e dissacrazioni dell’ostia, la fuga dovuta sia alle tante accuse mosse agli ebrei tedeschi e austriaci di essere gli “untori” che avevano causato la peste nera del 1348-1350, sia alle continue tribolazioni di natura economica da essi subite a partire dalla seconda metà del ’300, comportarono negli ultimi due secoli del Basso Medioevo (di nuovo per eterogenesi dei fini) un benefico flusso di askenaziti nel nord Italia, inizialmente giunto nel Friuli-Venezia Giulia, poi espanso, per ondate susseguenti, verso il Piave e il Po, fino ad arrivare più tardi, nell’area del centro, alle rive dell’Arno.

Fiorella Kostoris, economista
Pagine Ebraiche, febbraio 2018


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MACHSHEVET ISRAEL

Guido Ceronetti, la mistica irriverente  

img headerHo sempre avuto una grande ammirazione per Guido Ceronetti. E anche una certa soggezione. È irriverentemente geniale, sconfortantemente necessario. La sua è la voce di un contemporaneo Giobbe, che però ha rifiutato l’happy end; un nuovo Qohelet, senza mitzwot; un incrocio innaturale ma felice tra lo spirito di Kafka, il senso critico di Benjamin e la prosa di Beckett. Ovviamente, grida nel deserto. In tempi in cui la cultura italiana (anche ebraica) snobbava la Bibbia e ignorava il Talmud, Ceronetti ha studiato ebraico e aramaico (come faceva in parallelo Paolo De Benedetti, stessa leva) e ci ha dato le originalissime traduzioni, appunto, dei Libri di Giobbe e di Qohelet, dei Salmi e di Isaia, nonché del Cantico dei cantici, il manifesto di ogni ‘attesa’ e di ogni ‘ricerca’. Nell’anno dei grandi anniversari (Dichiarazione Balfour, Rivoluzione russa, guerra dei sei giorni) ossia il ’17, Ceronetti ha celebrato i novant’anni pubblicando la raccolta dei sui testi (2002-1017) sul messia e ha intitolato le tre paginette di introduzione “Pensare il messia”. Graffianti, profonde, vere. E anche sincere. Scrive: “Non lo aspetto, non mi pare di averlo mai aspettato. Resta però nell’armadio delle speranze cieche, le sole che valgono, e mai ne butterò via la chiave. Si è nel messianico finché si è nell’umano”.

Massimo Giuliani, docente al Diploma Studi Ebraici, UCEI

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orizzonti    

La strategia per fermare
gli ayatollah    

VStati Uniti ed Europa hanno iniziato contatti informali per arrivare ad un approccio comune all'Iran degli ayatollah. II primo intento è un miglioramento dell'accordo sul nucleare iraniano siglato a Vienna il 14 luglio 2015 e ratificato dalla risoluzione 2231 del Consiglio di Sicurezza dell'Onu. A chiedere una revisione del «Joint Comprehensive Plan of Action» (Jcpoa) è la Casa Bianca ritenendolo il «peggior accordo di sempre» per tre ragioni convergenti addebitate agli errori negoziali commessi da Barack Obama: ha una durata limitata di 15 anni e dunque offre a Teheran la possibilità di diventare una potenza nucleare; non obbliga Teheran a sottoporsi a ispezioni a sorpresa nei siti militari dove in passato sono avvenute attività illegali; non include limiti ai vettori balistici che possono trasportare armi nucleari.Il presidente americano Donald Trump si è rifiutato di certificare il rispetto dell'accordo di Vienna da parte di Teheran, rinviando l'adozione di nuove sanzioni all'Iran fino a maggio con l'evidente intenzione di offrire agli alleati europei l'opportunità di migliorare il testo prima di farlo cadere.

Maurizio Molinari, La Stampa,
18 febbraio 2018


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società 

Fanatismi incombenti
     

«Il pericolo scaturisce anche da altri elementi. La crisi economica prima di tutti, perché esaspera i contrasti di interessi tra le varie forze sociali. La crisi politica, che porta sempre a tentazioni estremiste. La crisi culturale, che sfocia nel tentativo di recuperare certe posizioni di destra, "illiberali" in senso inglese, cioè restauratrici. Non voglio dire che l'Europa sia alla vigilia di un'involuzione, penso che siano tutti fenomeni passeggeri. Ma queste polarizzazioni, queste nostalgie negative favoriscono il fanatismo. E il fanatismo si può manifestare nella diffamazione di una razza, ebrea o araba, come in atti terroristici». Chi così si esprime non è un osservatore dell'Europa prossima alla fine del primo ventennio del Terzo millennio, ma uno storico che commentava la situazione europea all'inizio dell'ultimo ventennio del Secondo millennio. Lo storico era George L. Mosse intervistato da «La Stampa» il 16 ottobre 1982. Mosse avrebbe compiuto cento anni il prossimo 20 settembre. Era nato a Berlino ed è morto a Madison nel Wisconsin il 22 gennaio 1999.


Emilio Gentile, Il Sole 24 Ore Domenica,
18 febbraio 2018 


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Shir shishi - una poesia per erev shabbat

Patto eterno

img headerPiù volte nei matrimoni festeggiati in Israele, lo sposo canta per la sposa, o vice versa. Oppure un gruppo di amici dedica un'esecuzione amatoriale agli sposi e, in maggiore parte dei casi, il pubblico si aggrega con entusiasmo e gioia al canto; esprimendo in questo modo non solo le varie modalità per celebrare la nuova copia ma anche l'unità culturale e antropologica condivisa da una nazione. Il canto in pubblico, shira betzibur, è un fenomeno locale ben noto di cui abbiamo già parlato e dai tempi dello Yishuv, o meglio ancora dalle Hachsharot, i campi di addestramento dei gruppi sionisti in Europa, in cui il periodo di preparazione, corpo e anima, alla Aliya, veniva accompagnato dalle canzoni unificatrici, HaTikva, in primo luogo e poi tante traduzioni di nostalgici canti russi. Da allora è passato un secolo ma il fenomeno canto è rimasto saldo. Infatti, al matrimonio di mia sorella, il marito, nipote del famoso compositore Yehuda Sharet, ha rispettato la tradizione e per la felicità di tutti ha scelto la bellissima e profonda poesia-canzone, Brit Olam, Patto Eterno, scritta da Matti Caspi. Caspi è considerato in Israele un'istituzione. È  un raffinato autore e musicista, creatore di testi per più di mille canzoni. Le sue sembrano solo canzoni ma pongono al traduttore ostacoli linguistici, musicali e barriere culturali, cominciando dalla stessa parola Brit che ci rimanda ai rapporti tra Dio e il popolo di Israele, la promessa del regno fatta a David e al patto con la stirpe dei sacerdoti. La poesia, tuttavia, non esprime solo quello che rappresenta la cerimonia nuziale, parla invece di paura, speranza e sogno.

Manca poco
per essere un corpo solo.
Hai messo la tua mano
nella mia, per sempre.
Tu sei la testimone
di questa mia paura
e perciò tremo
stanotte.
 
Ogni giorno e ogni notte
sempre
su un unico sentiero –
non segnato.
Ogni giorno e ogni notte
sempre
insieme e da solo
a te e a me
sono fedele.
 
Ti amo stanotte e con te mi sento triste
Ti amo stanotte e con te gioisco
fino al cuore, fino al dolore – spero, mi avvicino.
 
Piano piano
scopriremo
chi sono io – chi sei tu
Forse
forse impareremo –
a rinunciare
e a dare di più
finché rimarrà
solo il nostro amore.
 
Tra poco
sorgerà la luce
e sono ubriaco;
vorrei ricordare te –
e tenere in serbo
fino alla fine dei tempi,
finché non passeremo
e verrà meno il battito del tamburo.

Sarah Kaminski, Università di Torino

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